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Articolo 550 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 26/11/2024]

Lascito eccedente la porzione disponibile

Dispositivo dell'art. 550 Codice Civile

(1)Quando il testatore dispone di un usufrutto(2) o di una rendita vitalizia(3) il cui reddito eccede quello della porzione disponibile, i legittimari, ai quali è stata assegnata la nuda proprietà della disponibile o di parte di essa, hanno la scelta o di eseguire tale disposizione o di abbandonare la nuda proprietà della porzione disponibile. Nel secondo caso il legatario, conseguendo la disponibile abbandonata, non acquista la qualità di erede(4).

La stessa scelta spetta ai legittimari quando il testatore ha disposto della nuda proprietà di una parte eccedente la disponibile.

Se i legittimari sono più, occorre l'accordo di tutti perché la disposizione testamentaria abbia esecuzione(5).

Le stesse norme si applicano anche se dell'usufrutto, della rendita o della nuda proprietà è stato disposto con donazione(6)

Note

(1) La norma in commento prevede un'eccezione al divieto di cui all'art. 549 del c.c. attraverso la c.d. cautela sociniana.
Esempio: Tizio muore lasciando un solo figlio (erede legittimario), Caio. Il patrimonio ereditario è pari a 100 e il de cuius ha disposto in favore di un amico, Sempronio, un legato avente ad oggetto l'usufrutto su un immobile, lascito del valore di 75. Il diritto alla quota di legittima di Caio (pari a 50) è, pertanto, in tal modo leso. Caio ha la facoltà di scegliere se:
- dare attuazione alla volontà espressa dal testatore e conseguire la nuda proprietà dell'intero immobile oggetto di usufrutto (come legittimario avrebbe diritto soltanto alla metà di essa);
- abbandonare la nuda proprietà della porzione disponibile che diverrà del legatario, senza assunzione da parte di questo della qualità di erede.
La norma, quindi, consente al legittimario di tutelare le proprie ragioni senza essere costretto ad esperire l'azione di riduzione. La forma della scelta è libera e deve essere effettuata entro il termine ordinario di prescrizione (v. art. 2934 del c.c.) di dieci anni, ossia lo stesso disposto per l'azione di riduzione.
(2) L'usufrutto, a norma dell'art. 979 del c.c., può avere durata pari o inferiore a quella della vita dell'usufruttuario o essere a termine.
(3) La rendita vitalizia è un contratto con cui il vitaliziante, a fronte della cessione di un bene immobile o di un capitale, si obbliga a corrispondere al vitaliziato o ad un terzo una prestazione economica periodica per tutta la durate della vita del beneficiato.
(4) Muta quindi l'oggetto del legato disposto dal testatore: da usufrutto universale a piena proprietà della disponibile oppure da nuda proprietà dell'intero a piena proprietà di una sola quota.
(5) E' sufficiente la volontà anche soltanto di uno tra i legittimari per non eseguire la disposizione testamentaria, in quanto prevale il diritto di ciascuno di essi di ottenere la quota di legittima.
(6) Qualora il donante abbia riservato a sé l'usufrutto, la norma non trova applicazione in quanto con la morte del de cuius l'usufrutto si estingue.

Ratio Legis

La norma contempera l'esigenza di tutelare i diritti dei legittimari con quella di dare attuazione alla volontà del de cuius espressa per testamento. Al legittimario viene infatti concesso di scegliere se eseguire la disposizione testamentaria, ottenendo comunque un vantaggio, o se pretendere la propria quota di legittima, senza dover esperire l'azione di riduzione.

Brocardi

Cautio sociniana

Spiegazione dell'art. 550 Codice Civile

La norma presuppone che, in base alla volontà del de cuius, il legittimario consegua qualche cosa meno della legittima, ma, d’altra parte, anche qualche cosa della disponibile.
La lesione della legittima può riguardare tanto il godimento quanto la nuda proprietà.
Esempio: asse 100, legittimario un solo figlio legittimo. Il de cuius dispone dell'usufrutto per 60 a favore di un terzo. Il figlio, invece della legittima 50 in piena proprietà, conseguirebbe 40 in piena proprietà e 60 in nuda proprietà. Oppure il de cuius dispone, a favore del terzo, della nuda proprietà per 60: allora il figlio conseguirebbe 40 in piena proprietà e 60 in usufrutto. In questi casi esiste senza dubbio una lesione qualitativa della quota. Ma è anche possibile una lesione quantitativa in relazione alla durata della vita della persona cui è attribuito il godimento, e pure questa lesione eventuale vuole evitare la legge, escludendo per il legittimario l’alea inerente alla capitalizzazione dell’usufrutto o della rendita vitalizia.

Quando l’ereditando, mediante testamento o donazione, abbia disposto in uno dei modi indicati, il legittimario può conformarsi alla sua volontà, oppure può pretendere integralmente la legittima, ma allora non può acquistare la parte della disponibile che gli era stata attribuita dall’ereditando: così si evita per via diversa da quella solita dell’imputazione il cumulo della legittima e della disponibile. Questa si devolve invece alle persone in cui favore il de cuius aveva disposto dell’usufrutto, della rendita o della nuda proprietà.

L'attuale codice, come già il corrispondente art. #810# del codice precedente, parla impropriamente di abbandono della disponibile da parte del legittimario. Intanto, se si trattasse di abbandono, la nuda proprietà della disponibile non sarebbe acquistata dai legatari dell’usufrutto o della rendita vitalizia, ma dagli eredi, legittimi o testamentari. Ma in realtà manca il presupposto non solo dell’abbandono, ma anche di un trasferimento inter vivos dal legittimario al destinatario della liberalità, e cioè l’acquisto della disponibile da parte del legittimario che ha reclamato la sua legittima. In realtà l’onorato acquista direttamente dall’ereditando e ope legis la nuda proprietà o il godimento, da quello attribuiti al legittimario. Pertanto, in base all’art. #810#, doveva ritenersi che il legatario dell'usufrutto o della rendita, acquistando la piena proprietà della quota disponibile o di una parte di essa, acquistasse anche la qualità di erede, per effetto di un singolare intreccio, nella vocazione, della volontà legislativa con la volontà testamentaria. E anzi, poiché l’art. #1091# del codice precedente estendeva il disposto dell’art. #810# anche alla donazione, si sarebbe dovuto concludere per l’innesto di una vocazione legale a titolo universale anche sulla mera attribuzione inter vivos, mediante donazione dell’usufrutto o della rendita. Conseguenza quest’ultima davanti alla quale la riluttanza sembrava giustificata, poiché in questo caso a sostegno della vocazione ereditaria veniva a mancare una qualunque volontà testamentaria.
La nuova disposizione esclude espressamente, con grave deroga al sistema, che l’acquisto della disponibile di cui è privato il legittimario faccia assumere al legatario o donatario dell’usufrutto o della rendita vitalizia la qualità di erede.

Nel silenzio dell’art. #810# si faceva la questione se, essendo più i legittimari, occorresse l’accordo di tutti per la scelta. La questione doveva probabilmente risolversi nel senso che la scelta potesse essere diversamente esercitata dai legittimari, poiché la legge non limitava il diritto di scelta. L'attuale codice ha invece risolto opportunamente la questione nel senso che occorra l’accordo di tutti perché la disposizione testamentaria abbia effetto.

Altra questione, non risolta espressamente dal codice, è se la norma si applichi, quando non una, ma più liberalità eccedano, per il godimento o la nuda proprietà, la disponibile. La dottrina anteriore lo negava, specialmente in considerazione degli inconvenienti che si verificherebbero nel riparto della disponibile tolta al legittimario. Si ritiene che la legge consideri l’ipotesi di un solo onorato limitatamente alla destinazione della disponibile di cui è privato il legittimario, e che perciò, se il legittimario reclami la legittima in natura nei confronti di più onorati, l’intera disponibile debba devolversi secondo le regole ordinarie della vocazione legittima o testamentaria.

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)

268 A proposito dell'art. 550 del c.c., che disciplina la cautela sociniana, ho creduto inopportuno ammettere l'intervento dell'autorità giudiziaria, se i legittimari siano più e non vi sia accordo tra essi, quando la disposizione testamentaria abbia carattere indivisibile. Nel dissenso tra i legittimari circa la scelta tra l'esecuzione della disposizione e la riserva, la prevalenza deve essere data in ogni caso al diritto alla riserva, che è sempre assicurato dalla legge. Nello stesso articolo ho risolto espressamente la questione se il legatario, conseguendo la disponibile abbandonata dal legittimari, acquisti o meno la qualità di erede. Ho accolto la tesi negativa, poiché la disponibile abbandonata costituisce in sostanza un mezzo di soddisfacimento del legato disposto dal testatore.
269 Ho migliorato la dizione del precedente testo dell'art. 550 del c.c. e art. 551 del c.c., sopprimendo ogni accenno di accettazione del legato. Questo, infatti, pel sistema del codice (art. 649 del c.c.), si acquista di diritto all'apertura della successione, e non occorre che sia accettato.

Massime relative all'art. 550 Codice Civile

Cass. civ. n. 3894/2012

In tema di c.d. cautela sociniana, la proposizione, da parte del legittimario al quale il "de cuius" abbia assegnato l'usufrutto sulla disponibile o su parte di essa, della domanda di divisione con attribuzione ad esso legittimario della quota di legittima in piena proprietà, può costituire esercizio della scelta di cui all'art. 550, primo comma, c.c., purché anteriormente alla proposizione di tale domanda l'attore non abbia manifestato, anche con un comportamento concludente, la volontà di dare esecuzione alla disposizione testamentaria lesiva della legittima.

Cass. civ. n. 511/1995

La norma di cui all'art. 500 (recte: 550) c.c. (cosiddetta cautela sociniana) — la quale, nell'ipotesi che il testatore abbia disposto di un usufrutto o di una rendita vitalizia il cui reddito eccede quello della porzione disponibile (comma 1) o della nuda proprietà di una parte eccedente la disponibile (comma 2), attribuisce al legittimario, al quale, rispettivamente, sia stata assegnata la nuda proprietà ovvero l'usufrutto della disponibile (o di parte di essa), il potere di incidere unilateralmente sulla successione, senza ricorrere all'azione di riduzione, la quale, impostata sul concetto di lesione quantitativa, non assicura al legittimario la qualità (piena proprietà), oltre che la quantità della legittima — configura, quale diritto potestativo, una scelta (per la legittima in piena proprietà, con abbandono del resto — cioè della nuda proprietà o dell'usufrutto della disponibile — ovvero per il conseguimento dell'oggetto della disposizione testamentaria) di cui la legge non determina la forma, con la conseguenza che essa, espressa o tacita, può essere provata anche per testimoni o per presunzioni, anche se è in questione l'usufrutto o la nuda proprietà di beni immobili. L'effettuazione di tale scelta è incompatibile con il successivo ricorso all'azione di riduzione per la diversità di presupposti, struttura e finalità delle norme di cui agli artt. 550 e 554 c.c. (Nella specie, la Suprema Corte ha annullato la sentenza, con cui il giudice di merito aveva accolto l'azione di riduzione esperita da legittimario — coniuge del de cuius — al quale il testatore aveva destinato alcuni beni in piena proprietà ed inoltre l'usufrutto di tutti gli altri beni, perché non erano state valutate, come fatto potenzialmente idoneo ad esprimere la scelta in questione, le circostanze relative al possesso e godimento esclusivo da parte dell'attore degli immobili costituenti l'asse ereditario).

Cass. civ. n. 141/1985

L'art. 550 c.c. che nell'ipotesi di legato di usufrutto eccedente il reddito della disponibile, regola la scelta del legittimario di eseguire la disposizione o di conseguire la legittima abbandonando la nuda proprietà della disponibile, si richiama, implicitamente, all'istituto dell'usufrutto regolato dagli artt. 978 e segg. c.c., onde la relativa normativa si applica sia nel caso di usufrutto disposto dal testatore per tutta la durata della vita dell'usufruttuario, sia nel caso di usufrutto disposto per una durata inferiore o a termine fisso, come consentito dall'art. 979 c.c.

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Consulenze legali
relative all'articolo 550 Codice Civile

Seguono tutti i quesiti posti dagli utenti del sito che hanno ricevuto una risposta da parte della redazione giuridica di Brocardi.it usufruendo del servizio di consulenza legale. Si precisa che l'elenco non è completo, poiché non risultano pubblicati i pareri legali resi a tutti quei clienti che, per varie ragioni, hanno espressamente richiesto la riservatezza.

Antonio chiede
giovedì 08/11/2012 - Umbria
“Salve,
vi pongo un quesito che rispecchia la situazione in essere nella mia famiglia.
Morto un genitore e aperta la successione entrambi i figli ricevono in eredità un immobile. Uno dei fratelli, sentendosi penalizzato dal minor valore del bene lui destinato e sostenendo che non è presente nel testamento una specifica volontà di penalizzarlo, contesta la lesione di legittima e procede per le vie legali. Immagino che il giudice procederà nel disporre la valutazione dei beni e nel verificare la sussistenza di quanto denunciato.
Qualora la differenza di valore dei beni fosse tale da aver effettivamente leso la legittima il giudice come procede? Impone all'altro fratello il reintegro fino alla quota stabilita o potrebbe addirittura annullare il testamento e ridistribuire in parti uguali i beni del genitore defunto?
Distinti saluti,
Antonio”
Consulenza legale i 09/11/2012

La pronuncia che dichiara la riduzione, una volta accertata la lesione dei diritti del legittimario, rende inefficace, nei confronti del legittimario, la disposizione lesiva della legittima e consente la soddisfazione dei diritti del legittimario.

Pertanto, la sentenza avrà come effetto quello di attuare la riduzione delle disposizioni testamentarie in maniera proporzionale, senza distinguere tra eredi e legatari (art. 558, comma 1 c.c.). Questo, al fine di conservare tra le disposizioni ridotte la medesima proporzione originariamente esistente.

Per ciò che concerne le modalità di riduzione è necessario indicare che, nel caso in cui il bene oggetto della disposizione lesiva della legittima si trovi ancora nel patrimonio dell’erede, legatario o donatario, l’azione di riduzione produrrà effetti diversi a seconda che la disposizione impugnata sia totalmente o parzialmente lesiva della legittima.

  • Nel caso di disposizione parzialmente lesiva della legittima, la pronuncia di riduzione determina normalmente l’instaurarsi di una comunione sulla massa ereditaria con effetti diversi a seconda del tipo di disposizione colpita da inefficacia (istituzione di erede, legato, donazione). Se viene ridotta una istituzione di erede, si instaura una comunione ereditaria tra il legittimario vittorioso nell’azione di riduzione ed il beneficiario della disposizione lesiva. Quando, invece, sono ridotti un legato oppure una donazione, si instaura una comunione su quello specifico bene tra il legittimario vittorioso nell’azione di riduzione ed il beneficiario del legato o della donazione. Si tratta di una contitolarità relativa a cose singolarmente individuate che non presenta, dunque, i caratteri propri della comunione ereditaria.
  • Nel caso di disposizione totalmente lesiva della legittima, il legittimario avrà diritto a recuperare interamente il bene nei confronti del beneficiario della disposizione lesiva.

Di solito, nell'ipotesi in cui il legittimario vittorioso risulti leso nella quota di legittima, ovvero abbia ricevuto beni di valore inferiore alla quota di legittima, con l’azione di riduzione, proposta prima della divisione, acquisterà una quota supplementare di eredità che, assieme a quella già ottenuta, sia tale da pareggiare la riserva. Non è, invece, in discussione la validità del testamento.


Michelangelo chiede
martedì 23/10/2012 - Puglia
“Tre germani hanno rispettivamente ricevuto nel 1973 in donazione dall'unico genitore vivente i seguenti immobili: 1) nuda proprietà della casa del de cuius; 2) terreni agricoli; 3) terreni agricoli. All'apertura della successione (2002) un germano chiede l'integrazione della propria quota legittima. Il giudice fa valutare tutti gli immobili ed emette la relativa sentenza. Nel calcolo dell'asse ereditario (che si intende appellare) non sono state considerate le rendite percepite dai germani che hanno beneficiato dei terreni agricoli sin dal momento della donazione e fino all'apertura della successione. Si fa rilevare che, a differenza degli altri, il germano che ha avuto in donazione la nuda proprietà della casa non ha beneficiato di alcuna rendita dal 1973 al 2002. Quindi la domanda è: nel calcolo dell'asse ereditario, vanno considerate anche le rendite dei terreni agricoli? Grazie.”
Consulenza legale i 24/10/2012

Nel caso in esame uno dei figli del genitore defunto ha esperito azione di riduzione nei confronti dei fratelli coeredi, ma non risulta chiaro l'esito dell'azione (pare siano state dichiarate inefficaci le donazioni, con condanna alla restituzione degli immobili, o quantomeno al pagamento di un conguaglio in denaro).

Il dubbio, comunque, sembra riguardare in particolare l'appartenenza o meno delle "rendite" dei terreni agricoli, ossia i frutti di tali beni immobili, all'asse ereditario.

In riferimento ai beni immobili donati in vita, bisogna distinguere l'operazione di riunione fittizia dall'azione di restituzione del bene oggetto della donazione.

La riunione fittizia è un mera operazione di computo volta a determinare la quota del legittimario che agisce in riduzione. Il calcolo delle quote dei legittimari va effettuato sottraendo al c.d. relictum (le poste attive dell'eredità) i debiti del de cuius, sommando poi quanto da questi donato in vita. Ai fini di tale operazione, il valore degli immobili è calcolato ai sensi dell'art. 747 del c.c.: si tratta del valore che l'immobile aveva al momento dell'apertura della successione.

Discorso diverso vale per la richiesta di restituzione che solitamente costituisce normale esito dell'azione di riduzione. In tal caso, il legittimario leso nella sua quota può chiedere la restituzione dei frutti ai sensi dell'art. 561 del c.c. a decorrere dal giorno della domanda giudiziale, e sempre che abbia proposto autonoma domanda. Infatti, fino all'accoglimento della domanda di riduzione, il donatario è considerato proprietario, in quanto il titolo del suo acquisto è pienamente valido ed efficace, e quindi ha diritto a ritenere i frutti percepiti prima dell'apertura della successione (e fino alla proposizione della domanda di riduzione).

In generale si può dire che I frutti percepiti dal donatario mentre il donante era in vita non sono oggetto né della riunione fittizia né della domanda di restituzione. Ciò non significa, naturalmente, che nella stima dell'immobile ai fini del calcolo della quota dei legittimari non si tenga conto del fatto che esso sia suscettibile di produrre reddito.

Per un riferimento bibliografico vedere: Palazzo, I contratti di donazione, UTET, 2009.


Jessica chiede
giovedì 17/05/2012 - Veneto

“Buongiorno. Un usufruttuario di una casa può donare il suo usufrutto alla propria convivente più giovane di 20 anni ? E quest'ultima a sua volta può fare lo stesso con i propri figli avuti da precedente matrimonio ? Se la risposta fosse si e' comunque obbligatorio il consenso del proprietario ? In attesa ringrazio anticipatamente. Cordiali saluti . Jessica (l' usucapione invece prende oltre 20 anni ? )”

Consulenza legale i 18/05/2012

La legge disciplina all'art. 980 del c.c. la cessione dell'usufrutto, disponendo che l'usufruttuario può cedere il proprio diritto per un certo tempo o per tutta la sua durata, se ciò non è vietato dal titolo costitutivo.

In pratica, l'usufruttuario può cedere a terzi, gratuitamente o dietro pagamento di un corrispettivo, il proprio diritto di usufrutto. Tale cessione deve essere notificata al nudo proprietario che non ne può essere danneggiato. Invero, finché non viene notificata la cessione, l'usufruttuario è solidalmente obbligato con il cessionario verso il proprietario, ma non si richiede il suo consenso.

Dato che la durata dell'usufrutto non può eccedere la vita dell'usufruttuario il diritto si estingue senz'altro alla sua sua morte. Ciò non significa che l'usufruttuario non possa a sua volte cedere il diritto ad altri, ma in ogni caso il diritto cesserà sempre al momento della sua morte.

Nel caso prospettato, pertanto, il diritto di usufrutto può essere ceduto dal titolare alla propria convivente, e questa lo può a sua volta cedere ad altri terzi (sempre con l'obbligo di notifica al proprietario dell'immobile in entrambi i casi), ricordando però che il diritto si estinguerà con la morte del primo usufruttuario.


Valentina chiede
venerdì 18/02/2011 - Lazio
“Salve,
se un soggetto (coniugato e padre di quattro figli) dispone per testamento di destinare l'intera quota della legittima, pari al 25% del suo patrimonio, alla sua ultima compagna convivente unitamente all'usufrutto della casa in cui vivevano (che non è comunque una casa coniugale), e a lui intestata, mi chiedo se ciò non integri una lesione della legittima?
grazie.”
Consulenza legale i 18/02/2011

Come giustamente riferito, la quota disponibile in caso sopravvivano al defunto moglie e figli è di 1/4 del patrimonio ai sensi dell'art. 452 del c.c.. L'usufrutto su un bene del defunto è un bene a tutti gli effetti ed è certamente rappresentativo di un valore economico (che sarà più o meno elevato a seconda dell'età dell'usufruttuario). Tale valore, sommato ai valori degli agli altri beni eventualmente pure destinati alla compagna convivente, non deve superare il 25 % del valore dell'intero patrimonio del defunto. Diversamente si configura lesione della legittima. Occorrerebbe, pertanto, valutare correttamente il valore di tale usufrutto, considerando che per farlo, però, bisognerebbe conoscere l'età del futuro usufruttuario al momento dell'apertura della successione. Poiché questo, per ovvi motivi, non è possibile, è bene mantenersi prudenti e piuttosto errare per difetto nella disposizione testamentaria a favore della convivente.


Angelo G. chiede
lunedì 14/02/2011 - Lombardia

“ho la proprietà del 75% dell'appartamento dove vivo con mio figlio, che ha il restante 25%. vorrei vendere la mia quota a mio figlio, quindi in usufrutto e nuda proprietà, per evitare di lasciare dei beni per altri eredi. E' fattibile? posso vendere a lui la mia quota in usufrutto? rientrerà un domani nel patrimonio di successione? grazie”

Consulenza legale i 14/02/2011

Se la quota di proprietà del 25 % sull'immobile viene venduta uscirà dal patrimonio dell'alienante e, pertanto, non potrà in futuro cadere in successione. Sempre che, ovviamente, la vendita non sia simulata, dissimulando una donazione.


Simo chiede
martedì 18/01/2011

“Mia nonna, ora deceduta, con due figlie, aveva dato la nuda proprietà di un immobile a una sola figlia, riservandosi il diritto di usufrutto. Alla sua morte, l'appartamento rientra nel patrimonio ereditario anche se lei aveva solo l'usufrutto? La figlia che ha ricevuto la nuda proprietà dell'appartamento rimane l'unica proprietaria o deve dare la quota spettante all'altra erede?”

Consulenza legale i 20/01/2011

Il diritto di usufrutto, quanto a durata, non può eccedere la vita dell'usufruttuario (art. 979 del c.c.). Pertanto, alla morte di questo, la proprietà si consolida in capo al nudo proprietario.

Altra questione è quella, una volta determinato che la madre aveva donato - e non venduto - il bene ad una delle figlie, di stabilire se sia stata lesa la quota di legittima spettante all'altra, ossia se non residuino beni sufficienti a garantire anche alla sorella la propria quota (che va individuata in un terzo del patrimonio ereditario, ai sensi dell'art. 537 del c.c.: "Se i figli sono più, è loro riservata la quota dei due terzi, da dividersi in parti uguali tra tutti i figli").


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