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Articolo 1387 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 26/11/2024]

Fonti della rappresentanza

Dispositivo dell'art. 1387 Codice Civile

Il potere di rappresentanza(1) è conferito dalla legge [48, 320, 357, 360, 424, 643](2) ovvero dall'interessato [1392; 31](3).

Note

(1) Con la rappresentanza un soggetto (rappresentato) attribuisce ad un altro soggetto (rappresentante) il potere di sostituirlo nel compimento di una o più attività giuridiche; a seconda che gli effetti si producano in capo al rappresentato o al rappresentante essa si definisce, rispettivamente, diretta (1388 c.c.) o indiretta e, in tale ultimo caso, è necessario un ulteriore negozio per consentire agli effetti di prodursi nella sfera del rappresentato.
(2) La rappresentanza legale opera a favore dell'incapace (v. 320, 343, 357, 405, 424 c.c.). Ipotesi particolare è quella della rappresentanza organica, stabilita a favore di un ente e attribuita ad un organo apposito (19, 38, 2266, 2298, 2384 c.c.).
(3) La rappresentanza volontaria è conferita attraverso la procura (1392 c.c.).

Ratio Legis

La rappresentanza legale è prevista dall'ordinamento a tutela del soggetto che, senza di essa, si vedrebbe precluso il compimento di determinate attività (come nel caso dell'incapace, ad es. art. 320 c.c.) o, comunque, subirebbe un pregiudizio (ad esempio ciò potrebbe accadere al patrimonio dello scomparso, 48 ss. c.c.). La rappresentanza volontaria, invece, è prevista per agevolare i traffici giuridici, atteso che la sua operatività è rimessa alla scelta del singolo.

Brocardi

Dominus negotii
Procurator

Spiegazione dell'art. 1387 Codice Civile

I casi di rappresentanza legale. I sistemi di nomina del rappresentante legale

Secondo la fonte della rappresentanza (legge o volontà privata), questa si distingue in rappresentanza necessaria, o legale, e volontaria, o negoziale (cfr. sopra). Occorre qui aggiungere che la rappresentanza legale è data agli incapaci, quali i minori rappresentati dal genitore (articoli 320 e 327 cod. civ.), o dal tutore (art. 357 cod. civ.), quando cessi la responsabilità genitoriale o il suo esercizio da parte di entrambi i genitori (art. 343 cod. civ.), ed agli interdetti, cui si applicano le norme sulla tutela dei minori (art. 424 cod. civ.); ed è data altresì alle persone giuridiche, le quali han bisogno di un organo che manifesti la loro volontà ed agisca per loro. Per le associazioni non riconosciute un potere di rappresentanza è attribuito altresì dalla legge (articoli 36 , e 41 , cod. civ.). Legale è pure talora la rappresentanza nella comunione, nella società, nei consorzi di cui agli artt. 2602 seg. cod. civ. (cfi. art. 1131, 22662, 2278, 2297., 2310, 2613 cod. civ.). In realtà, per le persone giuridiche, che agiscono per mezzo dei loro organi, non ricorre il concetto della vera rappresentanza, in quanto l'agire dell'organo costituisce la stessa attività di un'altra personalità, e cioè della persona giuridica principio che la dottrina esprime parlando qui di rappresentanza organica.

Ma quando si afferma che la fonte della rappresentanza può essere la legge, non si esclude che svariati sono i sistemi di designazione concreta o di nomina della persona chiamata ad esplicare l'ufficio di rappresentante. Talora è la stessa legge che precede a siffatta designazione, come per il genitore, che rappresenta i figli nati e nascituri in tutti gli atti civili (cit. art. 320); ma più spesso la nomina, segue attraverso un provvedimento del magistrato, che, sia pure con modalità dalla legge stabilite, designa il rappresentante dell'incapace, come nel caso di apertura della tutela, in cui il giudice tutelare, appena avuta notizia del fatto da cui deriva l'apertura della tutela, procede alla nomina del tutore (articoli 346, 348 e 424, cod. civ. e cfr. articoli #242#-#245# e #330# cod civ. del 1865), o nei casi in cui l'autorità giudiziaria e autorizzata alla nomina di speciali rappresentanti (es. curatore al nascituro: articoli 339 cod. civ. e #236# cod. civ. del 1865). Svariati sono, infine, i modi di designazione dei cosiddetti rappresentanti delle persone giuridiche. Talora la nomina si contiene nello stesso atto costitutivo come quando il fondatore designi il rappresentante nell'atto di fondazione; tal'altra è dovuta all'autorità governativa (cfr. art. 25 cod. civ.); e tal'altra, infine, a speciali organi propri di quelle persone (es., assemblee generali).

Relazione al Libro delle Obbligazioni

(Relazione del Guardasigilli al Progetto Ministeriale - Libro delle Obbligazioni 1941)

254 Le norme sulla rappresentanza si iniziano con la enunciazione delle fonti del potere relativo (art. 272): tale sistema mi ha dato occasione di introdurre e di stabilizzare nella legge la nozione della procura, con qual nome la dottrina designa il negozio costitutivo della rappresentanza, distinguendolo nettamente dal mandato.
Essendosi la rappresentanza regolata a proposito dei contratti, per la mancanza di una parte generate, si è ritenuto nell'art. 273 di dovere accennare ad essi anziché agli atti, cui si riferiva, invece, 1'art. 30 del progetto del 1936. In quest'ultimo articolo non si enunciava l'agire nell'interesse altrui come presupposto della riflessione sul rappresentato degli atti compiuti dal rappresentante: ho completato la formula proposta dalla Commissione reale, considerando che non basta per tale riflessione la contemplatio domini.

Massime relative all'art. 1387 Codice Civile

Cass. civ. n. 26871/2022

In tema di contratto stipulato da "falsus procurator", il potere rappresentativo in capo a chi ha speso il nome altrui è un elemento costitutivo della pretesa del terzo nei confronti del rappresentato e, pertanto, il suo difetto è rilevabile anche d'ufficio; tuttavia il comportamento processuale dello pseudo rappresentato che, convenuto in giudizio, tenga un comportamento da cui risulti in maniera univoca la volontà di fare proprio il contratto concluso in suo nome e per suo conto dal "falsus procurator", opera anche sul terreno del diritto sostanziale e vale quale ratifica tacita di tale contratto. (Principio affermato dalla S.C. in una fattispecie in cui l'inefficacia di un contratto di noleggio di una tendostruttura, in quanto concluso da un "falsus procurator", era stata eccepita, da parte dell'opponente al decreto ingiuntivo per il pagamento del corrispettivo, solo all'esito della consulenza tecnica grafologica che attestava la falsità di un documento dalla stessa prodotto, a fronte di un'iniziale difesa imperniata sulla diversa qualificazione del contratto alla stregua di compravendita, con deduzione dell'integrale pagamento del prezzo).

Cass. civ. n. 15841/2022

Colui che, in qualità di "falsus procurator", abbia stipulato un contratto in nome e per conto di un terzo, al quale poi succeda "mortis causa", non può eccepirne l'inefficacia per carenza del potere rappresentativo, dovendosi ritenere che, alla stregua delle regole della correttezza, egli sia automaticamente vincolato in proprio al negozio per effetto dell'accettazione dell'eredità.

Cass. civ. n. 27008/2020

Il soggetto che firmi una dichiarazione negoziale con un nominativo altrui, lasciando apparire quest'ultimo come autore della medesima, non assume in proprio la paternità della stessa (sia pure nella veste di "falsus procurator" di colui al quale la sottoscrizione si riferisce), con la conseguenza che, non ricorrendo i presupposti per la ratifica ex art. 1399 c.c., il contratto deve ritenersi nullo per difetto del consenso. (Nella specie, la S.C., con riferimento a un contratto di leasing finanziario sottoscritto da un terzo mediante l'apposizione del nominativo del legale rappresentante della società utilizzatrice, ha escluso che la successiva attività di quest'ultima, consistente nella presa in consegna dell'autovettura, nel pagamento dei canoni e nella sua riconsegna, potesse integrare una ratifica, ai sensi e per gli effetti dell'art. 1399 c.c.).

Cass. civ. n. 5681/2020

La "contemplatio domini" non richiede l'uso di formule sacramentali, né per l'attività negoziale sostanziale né per quella processuale, cosicché la spendita del nome del rappresentato, contenuta nell'atto iniziale della lite, non dev'essere necessariamente ripetuta in ogni successivo atto del processo. (Nella specie, la S.C. ha confermato la decisione di merito, che aveva ritenuto che la mancata notificazione del ricorso in appello alla società di cartolarizzazione dei crediti dell'INPS non contrastasse con la previsione del litisconsorzio necessario di cui all'art. 13, comma 8, della l. n. 448 del 1998, essendosi costituito l'INPS, in primo grado, anche quale mandatario della suddetta società).

Cass. civ. n. 14894/2017

Il procuratore generale "ad negotia", cui siano conferiti anche poteri di rappresentanza processuale, diviene titolare di una legittimazione processuale non esclusiva rispetto a quella originaria del rappresentato, il quale può subentrargli e sostituirlo in qualunque momento del processo, non escluso quello iniziale del grado, senza che l’avvenuto conferimento di mandato al difensore, ad opera del rappresentante, comporti la necessità che questi appaia come la sola parte legittimata quanto meno nell’atto introduttivo del giudizio o del grado e con possibilità di sostituzione soltanto successiva. (Nella specie, un comune aveva appaltato la gestione del proprio patrimonio immobiliare conferendo alla società appaltatrice procura per lo svolgimento di tutte le attività, anche accessorie, nonché procura a stare in giudizio in nome e per conto dell'ente in tutti i procedimenti relativi ai servizi affidati; in applicazione del principio, la S.C. ha cassato la sentenza reiettiva della domanda di indennità per migliorie avanzata nei confronti del comune dagli occupanti di un immobile comunale per difetto di legittimazione passiva dell’ente).

Cass. civ. n. 18660/2013

Il conferimento di una procura ed il concreto esercizio di essa da parte del soggetto che ne è investito costituiscono, in mancanza di deduzioni in ordine alla riconducibilità della stessa a rapporti gestori attinenti alla rappresentanza di enti giuridici o imprese od altre situazioni o rapporti pure in astratto compatibili con il suo rilascio, elementi sufficienti per affermare che la procura è stata conferita in virtù di un rapporto di mandato, con il conseguente obbligo del rappresentante, ai sensi dell'art. 1713 c.c., di rendere il conto dell'attività compiuta e di rimettere al rappresentato quanto ricevuto nell'espletamento dell'incarico.

Cass. civ. n. 12202/2013

L'esistenza e la conoscenza da parte di chi agisce in giudizio della procura generale consente di notificare legittimamente la citazione alla persona del rappresentante indicato nella procura, purchè ritualmente prodotta in atti, che ha l'effetto di porre il procuratore nella medesima posizione del mandante e di costituirlo quale "alter ego" dello stesso, cosicchè i terzi possano indifferentemente trattare con l'uno o con l'altro.

Cass. civ. n. 2725/2007

I principi dell'apparenza del diritto e dell'affidamento incolpevole possono essere invocati con riguardo alla rappresentanza allorché non solo vi sia la buona fede del terzo che ha stipulato con il falso rappresentante, ma anche un comportamento colposo del rappresentato, tale da ingenerare nel terzo la ragionevole convinzione che il potere di rappresentanza sia stato effettivamente e validamente conferito al rappresentante apparente. (Nella specie, la Corte ha confermato la sentenza di merito che aveva escluso la tutela del contraente ritenendo colpevole l'affidamento sul presupposto dell'inesistenza della delibera di nomina del "falsus procurator" e della mancata ratifica da parte della società). (Rigetta, App. Milano, 25 Giugno 2002).

Cass. civ. n. 12848/2006

Il conferimento di una procura ed il concreto esercizio di essa da parte del soggetto che ne è investito costituiscono, in mancanza di deduzioni in ordine alla riconducibilità della stessa a rapporti gestori attinenti alla rappresentanza di enti giuridici o imprese od altre situazioni o rapporti pure in astratto compatibili con il suo rilascio, elementi sufficienti per affermare che la procura è stata conferita in virtù di un rapporto di mandato, con il conseguente obbligo del rappresentante, ai sensi dell'art. 1713 c.c., di rendere il conto dell'attività compiuta e di rimettere al rappresentato quanto ricevuto nell'espletamento dell'incarico.

Cass. civ. n. 10706/2006

Quando si verifica, nel periodo compreso tra la pubblicazione della sentenza di primo grado e la proposizione del gravame, la morte o la perdita della capacità di agire della persona fisica, non vi è ultrattività del mandato rilasciato al difensore, comprendente il potere di impugnazione, atteso che – in assenza di specifica regolamentazione del mandato ad litem – deve trovare applicazione con riguardo ad esso il principio generale di cui all'art. 1722 c.c., secondo il quale la morte del mandante estingue il mandato. Né rilevano a tal fine le due deroghe a tale principio generale, contenute nell'art. 300 c.p.c., relative alla facoltà del procuratore di continuare a rappresentare in giudizio la parte che sia defunta dopo la costituzione in giudizio e alla cristallizzazione del giudizio tra le parti originarie in caso di morte di una di queste verificatasi dopo la chiusura della discussione davanti al Collegio, che restano confinate al rigoroso ambito della rispettiva fase processuale in cui l'evento si è verificato e non possono espandersi nella successiva fase di quiescenza e di riattivazione del rapporto processuale.

Cass. civ. n. 10497/2006

L'atto di precetto deve essere sottoscritto dalla parte o da un suo rappresentante, ma non anche da un difensore necessariamente munito di procura alle liti, non trattandosi di atto del processo. Ne consegue che, ove sottoscritto da avvocato che si dichiari difensore dell'istante pur essendo sfornito di procura, esso è affetto da nullità sanabile con il conferimento successivo - fino al momento della costituzione nel giudizio di opposizione proposto dal debitore - della medesima, ovvero con qualsiasi altro atto o fatto che manifesti la volontà di avvalersene, denunziabile con l'opposizione agli atti esecutivi, ai sensi del primo comma dell'art. 617 cod. proc. civ. e soggetta al termine di decadenza di cinque giorni dalla relativa notifica, trascorso il quale la nullità in questione rimane sanata. Se, viceversa, per la parte istante tale difensore compie atti - come il pignoramento immobiliare - per i quali la procura è richiesta (ex artt. 125 cod. proc. civ. e 170 disp. att. cod. proc. civ.), gli atti stessi, in quanto posti in essere in difetto di rappresentanza processuale, sono affetti da nullità insanabile e rilevabile anche d'ufficio dal giudice. (Cassa senza rinvio, Trib. Foggia, 23 Gennaio 2002).

Cass. civ. n. 5896/2006

Poiché l'inesistenza della "causa debendi" è un elemento costitutivo (unitamente all'avvenuto pagamento e al collegamento causale) della domanda di indebito oggettivo (art. 2033 cod. civ.), la relativa prova incombe all'attore. (Rigetta, App. Bologna, 11 Aprile 2002).

Cass. civ. n. 23077/2005

In materia di responsabilità civile da circolazione di veicoli, il liquidatore dei sinistri non è un organo della compagnia assicuratrice, e in difetto di specifico mandato da parte di quest'ultima non ha il potere di rappresentarla nella trattativa in ordine al risarcimento dei danni, salva l'ipotesi della rappresentanza apparente, configurabile in presenza di un comportamento colposo del rappresentato tale da ingenerare nel terzo il ragionevole convincimento che al medesimo sia stato effettivamente conferito il relativo potere, cui corrisponda l'incolpevole affidamento del terzo contraente. (Rigetta, App. Venezia, 22 Luglio 2002).

Cass. civ. n. 11326/2004

La procura è atto geneticamente sostanziale con rilevanza processuale (quale presupposto per la valida costituzione del rapporto processuale, da valutarsi con esclusivo riferimento all'atto introduttivo del giudizio, non potendo l'eventuale relativo iniziale difetto essere sanato mediante successiva ratifica), che va interpretato – secondo i criteri ermeneutici stabiliti per gli atti di parte dal combinato disposto di cui agli artt. 1367 c.c. e 159 c.p.c. nel rispetto in particolare del principio di relativa conservazione – in relazione al contesto dell'atto cui essa accede, rimanendo sotto tale profilo censurabile in ordine alle eventuali omissioni ed incongruità argomentative, e non anche mediante la mera denunzia dell'ingiustificatezza del risultato interpretativo raggiunto, prospettante invero un sindacato di merito inammissibile in sede di legittimità.

Cass. civ. n. 2244/1995

In difetto di espressa previsione normativa e, comunque, di uno specifico mandato dei singoli associati, le organizzazioni sindacali non sono legittimate alle rinunzie, transazioni o conciliazioni relative a diritti dei lavoratori; peraltro l'accordo sindacale che comporti rinunzia a diritti dei lavoratori è vincolante non solo nei confronti di quelli che lo hanno sottoscritto o che abbiano conferito un apposito mandato con rappresentanza alle organizzazioni sindacali stipulanti, ma anche nei confronti di coloro che vi abbiano prestato successiva acquiescenza, ovvero l'abbiano ratificato.

Cass. civ. n. 6150/1990

Il nostro ordinamento giuridico — secondo i principi desumibili dalla Costituzione (art. 39), dallo Statuto dei lavoratori e dalle norme sul processo del lavoro — riconosce alle organizzazioni sindacali la funzione di stipulare contratti collettivi, di sostenere le rivendicazioni dei lavoratori, di assisterli nelle conciliazioni e nelle controversie di lavoro e di svolgere opera di promozione dei medesimi, ma non attribuisce alle stesse organizzazioni — salvi uno specifico mandato ad hoc o la successiva acquiescenza o ratifica del lavoratore — alcun potere di rappresentanza in ordine a diritti ed atti di disposizione di diritti soggettivi acquisiti, essendo irrilevante che questi derivino da un precedente contratto collettivo, ove la relativa modifica peggiorata intervenga prima della scadenza, e perciò nel vigore, di tale contratto. (Nella specie, la Suprema Corte, alla stregua del principio suesposto, ha censurato l'impugnata sentenza, la quale aveva ritenuto l'operatività dell'accordo sindacale del 13 luglio 1978, sui diritti dai lavoratori maturati, in materia di computo degli scatti di anzianità, in virtù del contratto collettivo del 1974).

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Consulenze legali
relative all'articolo 1387 Codice Civile

Seguono tutti i quesiti posti dagli utenti del sito che hanno ricevuto una risposta da parte della redazione giuridica di Brocardi.it usufruendo del servizio di consulenza legale. Si precisa che l'elenco non è completo, poiché non risultano pubblicati i pareri legali resi a tutti quei clienti che, per varie ragioni, hanno espressamente richiesto la riservatezza.

W. M. chiede
giovedì 17/10/2024
“Si richiede un parere sulla legittimità di una richiesta di pagamento avanzata da una società di recruitment per un servizio prestato in assenza di un preventivo accordo economico scritto.
Siamo una società di gestione alberghiera che durante la stagione corrente si è valsa della collaborazione di un direttore ora dimessosi.
Al direttore non era consentito sottoscrivere contratti di fornitura di beni e servizi a fronte del pagamento di un corrispettivo. In verità questa clausola non era scritta ma convenuta verbalmente ed è stata sempre rispettata. Su tutti i contratti è prevalsa la firma del sottoscritto in qualità di amministratore.
La società di recruitment avanza una pretesa di pagamento di 1880 euro per aver selezionato, su richiesta del direttore, 4 figure effettivamente poi assunte con contratti a tempo determinato. Sicuramente non avrei consentito la sottoscrizione di un contratto così oneroso ben sapendo che sarebbe stato possibile operare la selezione su canali di ricerca ben più economici.
Chiedo fino che punto posso oppormi al pagamento richiesto ???”
Consulenza legale i 25/10/2024
Il tipo di contratto che una società di reclutamento stipula con un albergo per la fornitura di lavoratori, è conosciuto come contratto di somministrazione di lavoro; con questo tipo di contratto vengono regolate le modalità attraverso cui l'agenzia fornisce personale all'azienda (in questo caso l'albergo), i compensi e le condizioni di lavoro (Decreto Leg.vo 15 giugno 2015, n. 81).

Il contratto è, di norma, scritto; la possibilità per il direttore di sottoscriverlo dipende dal livello di autonomia attribuitogli e dal conferimento di specifica delega.

Ne consegue che rifiutare il pagamento potrebbe essere sostenibile ma dipende dalla possibilità di dimostrare che il direttore ha agito senza autorizzazione. Molto, quindi, dipende dal potere di rappresentanza dello stesso ( art. 1387 del c.c.).

Tuttavia, il fatto che fosse stabilito verbalmente che al direttore non fosse consentito sottoscrivere contratti di fornitura di beni e servizi a fronte del pagamento di un corrispettivo, potrebbe rendere difficile dimostrare che il direttore non fosse a ciò autorizzato.

In ogni caso, se nel contratto tra la sua società e il direttore, è prevista una limitazione dei suoi poteri, tale clausola (anche se non scritta) potrebbe essere un elemento chiave per sostenere che il direttore abbia agito senza autorizzazione.

Di contro, è bene che tenga presente anche il concetto di "rappresentanza apparente".
Se la società di recruitment poteva ragionevolmente credere che il direttore avesse l'autorità per impegnare la sua società, la pretesa potrebbe avere un qualche fondamento.
Questo potrebbe accadere nell’ipotesi in cui il direttore, per il passato, avesse assunto incarichi simili.

In ogni caso, se il direttore ha effettivamente agito oltre i suoi poteri, potrebbe considerare di esperire una richiesta di risarcimento nei confronti dello stesso.

Ciò detto, sarebbe opportuno che inoltrasse una lettera formale alla società di recruitment, contestando il pagamento e spiegando che il direttore ha agito oltre il potere conferitogli.
Ovviamente, dovrà essere pronto a sostenere questa posizione, nel caso in cui la questione dovesse finire in tribunale.

In alternativa, potrebbe cercare una negoziazione con la società di recruitment, spiegando la situazione e cercando di raggiungere un accordo, magari riducendo l'importo richiesto.


L. M. chiede
giovedì 09/06/2022 - Abruzzo
“Se cambia la denominazione sociale di una società, una procura speciale che porta la vecchia denominazione sociale necessita di aggiornamento e quindi va rifatta?
L' amministratore delegato che ha conferito la procura con la vecchia denominazione sociale è sempre lo stesso, anche con la nuova denominazione.
Cordialmente”
Consulenza legale i 13/06/2022
La modifica della denominazione sociale non comporta l’insorgenza di un nuovo e diverso soggetto giuridico, che rimane, pertanto, il medesimo che ha rilasciato la procura (con il medesimo codice fiscale).
Le parti (rappresentante e rappresentato) sono le medesime; non sarà, pertanto, necessaria una nuova procura speciale.

La circostanza che l’amministratore delegato non sia variato al variare della denominazione sociale è, in ogni caso, irrilevante; anche nell’eventualità dell’insediamento di un nuovo amministratore, sarebbe necessaria un’espressa revoca da parte di quest’ultimo, in quanto la procura è un atto della società e non dell’organo che l’ha rilasciata (Cass. Civ., 25 gennaio 2019, ordinanza n. 2183).


Cristina V. chiede
martedì 24/10/2017 - Lombardia
“In qualità di amministratore di sostegno, come nominato dal giudice tutelare, chiedo, in relazione alla prossima sottoscrizione di contratto di locazione, inerente il nuovo appartamento, dove risiederà il beneficiario, quale sia la formula corretta da utilizzare ai fini della stipula del contratto stesso , ovvero, se nel caso di specie, il conduttore (locatario) debba essere identificato nel beneficiario, rappresentato dell'amministratore, oppure, se il conduttore (locatario), debba essere invece individuato, nella formula di rito, nell'amministratore, in rappresentanza del beneficiario

Ringrazio per la sempre gentilissima collaborazione”
Consulenza legale i 29/10/2017
Dal quesito emerge che il soggetto che sarà parte del contratto di locazione, cioè colui che fisicamente abiterà e usufruirà dell'immobile, è il beneficiario dell'amministrazione di sostegno: quest'ultimo quindi è il soggetto che deve tecnicamente comparire nel contratto quale "parte" dello stesso, ossia conduttore o locatario, e che, in caso vi sia necessità di rappresentanza, interviene al contratto rappresentato o assistito dall'amministratore di sostegno.

Bisogna precisare che la formula da utilizzare nel contratto di locazione cambia a seconda di quanto è disposto nel decreto di nomina dell'amministratore di sostegno:

- se la stipula di contratto di locazione è indicata nel decreto di nomina quale atto per il quale il beneficiario deve essere solo "assistito" dall'amministratore di sostegno, allora la formula più opportuna per la stipula sarà la seguente:
"è presente il Signor ______ (dati del beneficiario) assistito dall'amministratore di sostegno Signor _____ (dati dell'amministratore) in forza del Decreto di nomina adottato dal Giudice Tutelare di _______ (luogo del Tribunale) in data ______";

- se, invece, la stipula del contratto di locazione è indicata nel decreto di nomina quale atto per il quale il beneficiario deve essere proprio "rappresentato" dall'amministratore di sostegno, allora la formula più opportuna sarà la seguente:
"è presente il Signor _____ (dati dell'amministratore di sostegno), il quale interviene nella sua qualità di amministratore di sostegno in rappresentanza del Signor ______ (dati del beneficiario) in forza del Decreto di nomina adottato dal Giudice Tutelare di _______ (luogo del Tribunale) in data ______".

Tutto ciò ricordando sempre che, essendo il beneficiario dell'amministrazione di sostegno colui per il quale viene stipulato il contratto di locazione, è lui la parte del contratto che figura quale conduttore o locatario.

Anonimo chiede
giovedì 11/05/2017 - Estero
“Sono un Vostro cliente, mi serve il seguente chiarimento. Essendo coinvolto in un procedimento di successione ereditaria e risiedendo all'estero, inviai una procura ad una mia sorella autorizzandola ad operare in mia vece. La procura andò a finire nelle mani di un avvocato contrattato dalla sorella rappresentante, il quale formalizzò immediatamente l'accettazione dell'eredità annullando la scadenza decennale senza minimamente consultarmi. Il quesito è: "Può una procura essere trasferita dal soggetto che l'ha ricevuta ad altro soggetto senza che il concedente ne venga informato e possa fornire indicazioni precise sui modi di esecuzione della stessa?"
Il testo della procura conferita era il seguente: "Io sottoscritto ...... in relazione alla eredità trasmessa da mia sorella Lucia, che accetto con beneficio d'inventario, delego mia sorella G. ad effettuare gli adempimenti di mia pertinenza, incaricandola altresì di ritirare in mia vece la quota a me spettante".
Distinti saluti.

Consulenza legale i 18/05/2017

La procura è il negozio unilaterale con il quale un soggetto conferisce ad un altro soggetto il potere di compiere atti giuridici in suo nome e conto; gli effetti giuridici dell’attività del procuratore si producono direttamente in capo al rappresentato.


In passato la dottrina ha a lungo dibattuto sulla possibilità che il procuratore a sua volta delegasse altri nel compimento dell’atto, o degli atti, oggetto della procura e, dunque, sulla conseguente validità o invalidità dell'atto stesso.

La giurisprudenza della Corte di Cassazione ha aderito all'indirizzo più rigoroso, avendo di recente dichiarato l'inefficacia dell'atto - nel caso di specie, la vendita - conclusa in forza di una sub-procura non autorizzata espressamente dal rappresentato.

Nella sentenza n. 15412 /2010 gli Ermellini hanno affermato che “in assenza di una specifica previsione nella procura, il rappresentante non può a sua volta delegare un terzo a compiere l'atto in sostituzione di sé stesso.

Il procuratore non può scegliersi nel silenzio un sostituto perché la procura si basa sulla fiducia personale che il rappresentante ispira al rappresentato; di conseguenza, è inefficace la vendita conclusa dal sub-procuratore non autorizzato dal dominus, ma semplicemente nominato dal procuratore come suo sostituto”.


Dunque il rappresentante non può a sua volta farsi rappresentare per il compimento dell'atto oggetto della procura, perché il potere è attribuito intuitus personae, per la fiducia riposta nella persona.

Se dunque con la procura non ha conferito al rappresentante un’espressa autorizzazione a farsi sostituire o dare procura ad un terzo, la sorella G. non poteva a sua volta conferire procura ad un avvocato al fine di porre in essere gli adempimenti inerenti l’accettazione con beneficio d’inventario in nome e per conto del rappresentato.


Tuttavia nella procura, per come riportata nel quesito, vi è una sua dichiarazione espressa di accettazione dell’eredità con beneficio d’inventario, motivo per il quale sua sorella, e non l'avvocato, ha potuto accettare l'eredità in suo nome e conto.


Da questa disamina necessariamente superficiale della procura e della situazione specifica, emerge che l’unico atto a lei riferibile è dunque l’accettazione con beneficio d’inventario dell’eredità, non anche la nomina e la procura all'avvocato.

A tal fine deve sottolinearsi che l'art.511 c.c. pone a carico dell'eredità "le spese dell'apposizione dei sigilli, dell'inventario e di ogni altro atto dipendente dall'accettazione con beneficio d'inventario".

Mentre all'erede non spetta alcun compenso per l'opera prestata, in quanto agisce nel proprio interesse.

Come ha sottolineato la sentenza del Trib. di Modena (2 aprile 2003) "gravano sulla massa ereditaria, dalla quale debbono essere detratte preliminarmente, le spese per l’inventario e, in generale, quelle di cui all’art. 511 c.c., cioè tutte quelle sostenute per l’amministrazione e la liquidazione dei beni ereditari, tra cui anche i compensi dovuti a dipendenti, custodi, professionisti, purché la loro opera sia stata indispensabile e purché le eventuali controversie giudiziarie non si siano dimostrate temerarie".

L'intervento di un avvocato, ovvero di più avvocati, non era indispensabile per l'accettazione dell'eredità con beneficio d'inventario e dunque i compensi per la sua attività dovrebbero esser corrisposti solamente dagli altri due coeredi che gli hanno affidato l'incarico.


Deve precisarsi inoltre che l'avvocato, ha precisi obblighi di informazione e relazione sullo stato della pratica nei confronti del cliente, sia in base all'art 27 codice deontologico professionale, sia in base agli artt. 1175 e 1176 c.c., e dunque qualora sia stato affidato un incarico ad un avvocato che non abbia adempiuto al suo incarico con diligenza, negandosi al cliente che cercava informazioni e non fornendo alcuna spiegazione in ordine alle attività espletata, il rappresentato potrà agire per l'inadempimento e richiedergli il risarcimento del danno, se vi è stato un danno.

In alternativa per il mancato assolvimento dei doveri di informazione, il rappresentato potrà denunciare i fatti al consiglio dell'ordine di appartenenza dell'avvocato, affinché sanzioni disciplinarmente il professionista.


Laura G. chiede
domenica 06/12/2015 - Toscana
“Gent.le Brocardi,
Se una persona anziana, che non utilizza sa utilizzare pc, si trova sempre più spesso nella necessità di inviare pec firmate digitalmente, in qualità di proprietario di mobili, immobili o documenti da comunicare a terzi, come può fare a rendere legale il fatto che è ovviamente obbligato a delegare tale invio a figli o addirittura a terzi, se di figli non ne avesse? Ultimamente è quello che ci sta capitando. Cosa si deve fare per far sì che l’invio di pec a uffici pubblici, società o attività private sia perfettamente legale quando è il figlio a aver fisicamente gestito l'acquisizione della pec e l’apposizione della firma digitale da pc? Come si deve procedere? Un sincero grazie”
Consulenza legale i 13/12/2015
Premettiamo che l'argomento affrontato, data la sua novità, presenta ad oggi molti profili dubbi. Tuttavia, possiamo ricostruire la questione nei termini che seguono.

Innanzitutto, ci sembra che la situazione descritta non risulti, in effetti, conforme a legge.

Infatti, si deve considerare che l'art. 32 del d.lgs. 82/2005 (Codice dell'amministrazione digitale, CAD) impone al titolare della firma digitale l'obbligo di utilizzare personalmente il relativo dispositivo. Del resto, la sottoscrizione digitale è giuridicamente assimilabile a quella autografa, di modo che l'uso da persona diversa dal titolare potrebbe anche integrare reato di falso. Inoltre, si consideri che l'art. 495 bis del c.p. punisce il reato di "Falsa dichiarazione o attestazione al certificatore di firma elettronica sull’identità o su qualità personali proprie o di altri".

La pec è invece, una cosa diversa dalla firma digitale. In sostanza, la pec è un vettore qualificato, perché serve ad inviare qualcos'altro (un messaggio o un allegato); essa viene equiparata alla raccomandata con ricevuta di ritorno. Possiamo dire che con la firma digitale ci si attribuisce la paternità di quanto viene sottoscritto, con la pec si comunica qualcosa garantendo l'identità del mittente.

Tuttavia, è importante anche osservare che ai sensi dell'art. 65 co. 1 lett. c-bis) CAD la legge attribuisce anche alla pec, per determinate ipotesi e a certe condizioni, il valore di firma dell'istanza presenta ad una P.A. (si tratta, però di una firma di "valore" minore a quella elettronica qualificata). Per l'attuazione di ciò, si veda anche l'art. 61 d.P.C.M. 22 febbraio 2013. Inoltre, è necessario considerare quanto stabilisce il d.P.C.M. 6 maggio 2009, alleg. 1, in relazione al servizio di p.e.c. gratuita di cui al relativo decreto: "L'uso del servizio e' personale e riservato. Non e' consentito accedere ad un'utenza per conto di terzi o cedere la propria utenza a terzi."

Pertanto, possiamo concludere nel senso che il titolare della firma digitale è tenuto ad utilizzarla personalmente. Anche in relazione alla p.e.c. riteniamo corretta questa conclusione, sulla scorta delle considerazioni fatte.

Quindi, se un soggetto non è in grado di utilizzare la propria pec e la propria firma digitale, egli dovrebbe ricorrere ad un rappresentante, conferendogli la relativa procura (art. 1387 ss c.c.). Nello specifico, la procura è l'atto unilaterale con cui una persona conferisce ad un'altra il potere di rappresentarla. Può essere generale o speciale, a seconda che riguardi tutti o solo alcuni e specifici affari del rappresentato.

In tal modo, quindi, è il rappresentante che compie l'affare in nome e per conto del rappresentato, utilizzando, concretamente, la propria pec e la propria firma digitale. Tuttavia, non si tratta di un mero portavoce, ma di un soggetto che partecipa all'atto da concludere anche con la propria volontà (fermo restando che, di norma, la procura individua anche i limiti entro i quali il rappresentante agisce ed entro i quali il rappresentato è vincolato). In ogni caso, è necessario che il rappresentato scelga una persona di fiducia. Peraltro, non tutti gli atti possono essere conclusi per rappresentanza (sono ad esempio esclusi quelli di diritto familiare).

Quanto alla forma, l'art. 1392 del c.c. dispone che "la procura non ha effetto se non è conferita con le forme prescritte per il contratto che il rappresentante deve concludere".

Una specifica ipotesi di rappresentanza è prevista, infine, dall'art. 38 co. 3bis d.P.R. 445/2000.

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