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Articolo 1335 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 26/11/2024]

Presunzione di conoscenza

Dispositivo dell'art. 1335 Codice Civile

La proposta, l'accettazione, la loro revoca e ogni altra dichiarazione diretta a una determinata persona si reputano conosciute [1334] nel momento in cui giungono all'indirizzo del destinatario, se questi non prova di essere stato, senza sua colpa, nell'impossibilità di averne notizia(1).

Note

(1) La presunzione è relativa (2727 c.c.) in quanto può essere superata dal destinatario dell'atto.

Ratio Legis

La norma pone una presunzione di conoscibilità dell'atto, necessaria per porre un punto fermo nella problematica dell'effettivo momento di conoscenza di un atto da parte del suo destinatario. In tal modo essa favorisce l'autore dell'atto che è esonerato dalla prova, potenzialmente molto difficile, che il destinatario ha effettivamente conosciuto l'atto.

Spiegazione dell'art. 1335 Codice Civile

Fondamento della presunzione di conoscenza e prova contraria

La disposizione dell'art. 1335 attenua, come si è detto (v. supra, articoli 1326 e 1327, n. 2) la regola generale, pasta in tema di formazione di negozio, per cui le dichiarazioni recettizie producono il loro effetto dal momento in cui giungono a conoscenza del destinatario. Essa afferma che la conoscenza delle dichiarazioni è presunta fin dal momento in cui giunge all'indirizzo del destinatario, in base alla esperienza ordinaria della vita, per cui di regola si prende notizia di una missiva subito che la si riceve. Coincide solo di regola (e quindi non sempre), il momento della recezione della dichiarazione con quello della sua conoscenza, perché può accadere che la missiva contenente la dichiarazione giunga al destinatario quando egli non è presente nel luogo al quale è stata avviata; ma per il codice tale ritardo è rilevante e riesce a spostare il momento della perfezione o dell'inizio dell'efficacia dell'atto, solo quando il destinatario provi le cause incolpevoli della sua ignoranza. Accolto il principio della cognizione, che è ragionevole, non potendosi ammettere l'assunzione di un'obbligazione di cui si ignora il contenuto, e che è giustificato, perché da certezza ai rapporti giuridici, ne sarebbe derivato l'onere del dichiarante di dimostrare che il destinatario ebbe notizia della dichiarazione rivoltagli. Prova quasi impossibile questa, mentre riesce più facile al destinatario dimostrare di non avere potuto avere conoscenza della dichiarazione, e che ciò non è accaduto per sua colpa, mentre non è giusto far ricadere sul mittente le conseguenze di una negligenza in cui sia incorso il destinatario nel prendere conoscenza della dichiarazione.

Saranno le circostanze a chiarire se il ritardo con il quale il destinatario prese notizia della dichiarazione sia a lui imputabile; e le circostanze saranno apprezzate, non soltanto in relazione alla situazione del dichiarante, ma anche alla natura della dichiarazione. Quando destinatario è un imprenditore, chiaro è che il dichiarante può contare sulla normalità dell'organizzazione di un'impresa, che non rimane mai priva di persona capace di impegnare l'imprenditore: se la dichiarazione non è stata letta dall'imprenditore lo sarà stata dai suoi preposti, ai quali egli avrà certo conferito poteri tali da consentire in sua assenza e quando occorra, una deliberazione immediata sugli affari dell'impresa. Quando a nessuno ha conferito poteri del genere, l'imprenditore ha dimostrato una negligenza organizzativa, le cui conseguenze (tra cui il ritardo nel prendere notizie delle missive pervenutegli) devono gravare su di lui. Se la dichiarazione percepita in ritardo è un'accettazione, la tardiva conoscenza di questa da parte del destinatario sarà più facilmente ritenuta a lui imputabile, dato che egli, notificata la proposta, doveva attendere al più presto una risposta della persona alla quale si era rivolto.

Si è fatta questione se la incolpevole impossibilità di conoscere la dichiarazione immediatamente dopo l'arrivo vada considerata in relazione alla materiale situazione del ricevente in sé stessa oppure in riferimento al motivo determinante di questa condizione; ma sembra che la questione debba risolversi necessariamente con l'esigere la valutazione della ragione che diede luogo alla situazione del ricevente, se questa non possa di per sè far presumere una imputabilità nel ritardo alla conoscenza. Anche da tale aspetto si riconferma che la soluzione della questione dipende dalle particolarità del caso singolo.


Tempo e luogo della conoscenza

Si è accennato (v. supra, sub art. 1326 e 1327, n. I) che l'articolo 1335 consente anche di stabilire il luogo in cui il contratto si è perfezionato o il negozio è divenuto efficace.

Occorre soggiungere che l'indirizzo del destinatario al quale si riferisce l'articolo che si commenta, non deve essere necessariamente quello che al dichiarante abbia già indicato il destinatario stesso, sia pure per gli effetti della notifica della dichiarazione, ma può essere anche quello, diverso, conosciuto dal dichiarante, se possa derivarne il risultato di una più spedita conoscenza della dichiarazione, e il destinatario non ne abbia danno. L'indicazione di un luogo al quale la dichiarazione deve essere indirizzata è infatti di valore semplicemente enunciativo se non risulti che sia stata fatta a tutela di un reale interesse del destinatario della dichiarazione.

Ed è necessario ancora rilevare che lo stretto nesso che intercorre fra luogo e tempo in cui il negozio diviene perfetto ed efficace giustifica il principio che abbiamo affermato (v. supra, sub art. 1326 e 1327, n. 1), secondo cui il ritardo incolpevole della conoscenza della dichiarazione da parte del destinatario, se sposta il tempo della perfezione o dell'efficacia del negozio, deve anche spostarne il luogo. L'art. 1335 pone a carico del destinatario solo le conseguenze della sua colpa per ciò che concerne il ritardo nella conoscenza della dichiarazione; ma, se grava sul dichiarante ogni evento non imputabile al destinatario, che modifica l’iter normale della dichiarazione e che elide la presunzione dell'art. 1335, questo evento deve essere a carico del dichiarante per tutte le conseguenze che produca, e cioè per lo spostamento del luogo, oltre che del tempo in cui il negozio diviene perfetto od efficace. Una divisione di effetti che distribuisca fra dichiarante e destinatario il rischio degli eventi che turbano il processo normale previsto dalla legge, e contraria alla lettera di questa, che non la prevede, ma anche alla ragionevole interpretazione che se ne può dare, perché la prova di non aver potuto prendere notizia della dichiarazione ha per contenuto fatti che si dirigono ad elidere la presunzione di conoscenza posta nella prima parte dell'articolo, ma non a porre limiti al risultato al quale essa conduce, di riportare cioè all'impero pieno del criterio della cognizione, che vale tanto per il tempo quanto per il luogo di perfezione o di efficacia del negozio.

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)

Massime relative all'art. 1335 Codice Civile

Cass. civ. n. 4795/2023

Nell'ambito del procedimento di irrogazione delle sanzioni disciplinari, la presunzione di conoscenza ex art. 1335 c.c. non opera nell'ipotesi in cui il datore di lavoro sia a conoscenza dell'allontanamento del lavoratore dal domicilio e dunque dell'impedimento dello stesso a prendere conoscenza della contestazione inviata.

Cass. civ. n. 31845/2022

Il mittente deve produrre l'avviso di ricevimento, nel caso in cui lo stesso sia disponibile e certamente in tutti i casi in cui si discuta di un atto recettizio che, per espressa disposizione di legge, debba essere necessariamente inviato a mezzo lettera raccomandata con avviso di ricevimento. In tali ultimi casi, laddove la mancata produzione dell'avviso di ricevimento da parte del mittente non sia adeguatamente giustificata e/o non sussistano altri elementi di prova che dimostrino l'avvenuta consegna della raccomandata, il giudice di merito, in caso di contestazioni, non può ritenere dimostrata l'operatività della presunzione di conoscenza di cui all'art. 1335 c.c. solo in virtù della prova dell'invio della raccomandata, ma dovrà verificare l'esito dell'invio in primo luogo sulla base delle risultanze dell'avviso di ricevimento e, comunque, valutando ogni altro mezzo di prova utile e la sua decisione non sarà sindacabile in sede di legittimità, trattandosi di un accertamento di fatto ad esso riservato.

In caso di missive inviate a mezzo del servizio postale tramite raccomandata, non può ritenersi necessaria la produzione dell'avviso di ricevimento, ai fini dell'operatività della presunzione di conoscenza di cui all'art. 1335 c.c., sia nel caso in cui non sia contestata l'avvenuta consegna della missiva da parte del servizio postale, sia nel caso in cui l'atto di cui si discute sia stato legittimamente inviato a mezzo di raccomandata semplice, senza avviso di ricevimento.

Cass. civ. n. 8895/2022

In tema di notifica di un atto impositivo a mezzo del servizio postale, allorché dall'avviso di ricevimento prodotto risulti che l'ufficiale postale, assente il destinatario anche al momento della consegna della raccomandata informativa, abbia correttamente provveduto ad immettere l'avviso nella cassetta postale del medesimo e, quindi, a restituire l'atto al mittente, la notifica si perfeziona a seguito del decorso di dieci giorni senza che il predetto destinatario (nonostante l'invio della comunicazione di avvenuto deposito cd. CAD) abbia provveduto al ritiro del piego depositato presso l'ufficio, così determinando la compiuta giacenza; in tali casi, infatti, avendo la notifica raggiunto il suo scopo, in quanto la raccomandata informativa è pervenuta presso la sfera di conoscenza del destinatario che l'ha ricevuta presso il proprio indirizzo ed è risultato nuovamente assente, scegliendo di omettere il ritiro di tale plico presso l'ufficio postale, opera la presunzione di cui all'art. 1335 c.c.

Cass. civ. n. 27412/2021

L'atto di costituzione in mora è un atto giuridico unilaterale recettizio per il quale è richiesta la forma scritta, ed è idoneo a produrre l'effetto interruttivo della prescrizione previsto dall'art. 2943, comma 4, c.c., a condizione che esso giunga nella sfera di conoscenza del debitore, in quanto la dichiarazione recettizia, ai sensi dell'art. 1335 c.c., si presume conosciuta nel momento in cui giunge all'indirizzo del destinatario, da intendersi come luogo che, per collegamento ordinario (dimora o domicilio) o per normale frequentazione per l'esplicazione della propria attività lavorativa, o per preventiva indicazione o pattuizione, risulti in concreto nella sfera di dominio e controllo del destinatario stesso, apparendo idoneo a consentirgli la ricezione dell'atto e la possibilità di conoscenza del relativo contenuto. (In applicazione del principio, la S.C. ha rigettato il ricorso con cui si sosteneva l'inidoneità dell'atto di costituzione in mora ad interrompere la prescrizione in quanto consegnato presso la sede di lavoro del destinatario, pubblico dipendente, anziché presso la propria abitazione).

Cass. civ. n. 20039/2020

In caso di notificazione della sentenza a mezzo PEC, la copia analogica della ricevuta di avvenuta consegna, completa di attestazione di conformità, è idonea a certificare l'avvenuto recapito del messaggio e degli allegati, salva la prova contraria, di cui è onerata la parte che solleva la relativa eccezione, dell'esistenza di errori tecnici riferibili al sistema informatizzato.

Cass. civ. n. 4624/2020

In tema di notificazione al difensore mediante posta elettronica certificata, nel momento in cui il sistema genera la ricevuta di accettazione e di consegna del messaggio nella casella del destinatario, si determina una presunzione di conoscenza dell'atto, analoga a quella prevista, per le dichiarazioni negoziali, dall'art. 1335 c.c.; spetta quindi al destinatario, in un'ottica collaborativa, rendere edotto tempestivamente il mittente incolpevole delle difficoltà di cognizione del contenuto della comunicazione o di presa visione degli allegati trasmessi via PEC, legate all'utilizzo dello strumento telematico, onde fornirgli la possibilità di rimediare all'inconveniente, sicché all'inerzia consegue il perfezionamento della notifica.

Cass. civ. n. 30787/2019

Nel caso di contestazione dell'atto comunicato a mezzo raccomandata, la prova dell'arrivo di questa fa presumere, ex art. 1335 c.c., l'invio e la conoscenza dell'atto, spettando al destinatario, in conformità al principio di "vicinanza della prova", l'onere eventuale di dimostrare che il plico non conteneva l'avviso. Tale presunzione, però, opera per la sola ipotesi di una busta che contenga un unico atto, mentre ove il mittente affermi di averne inserito più di uno e il destinatario contesti tale circostanza, grava sul mittente l'onere di provare l'intervenuta notifica e, quindi, il fatto che tutti gli atti fossero contenuti nel plico, in quanto, secondo l'"id quod plerumque accidit", ad ogni atto da comunicare corrisponde una singola spedizione. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto che valesse la presunzione di conoscenza di cui all'art. 1335 c.c. sul presupposto che il processo verbale di contestazione e l'avviso di rettifica costituissero non già atti distinti, bensì un unico atto, essendo l'uno parte integrante del secondo, sicché sarebbe spettato al destinatario dimostrare che il plico non conteneva l'avviso).

Cass. civ. n. 19524/2019

Ai fini dell'operatività della presunzione di conoscenza degli atti negoziali ai sensi dell'art. 1335 c.c., l'indirizzo del destinatario, presso il quale deve giungere la dichiarazione recettizia, non necessariamente coincide con i luoghi di individuazione delle persone fisiche (domicilio, residenza, dimora) o degli enti collettivi (sede), potendo identificarsi in un diverso luogo preventivamente indicato, in ragione di un collegamento di altra natura, dal destinatario e, pertanto, rientrante nella propria sfera di dominio e di controllo. (In applicazione del principio, la S.C. ha ritenuto efficace la disdetta del contratto di locazione inviata dal locatore alla società conduttrice presso l'indirizzo, da questa eletto nel contratto, coincidente con l'immobile locato, ancorché, al momento del recapito della dichiarazione, la destinataria non lo occupasse più, avendo ceduto l'azienda ivi esercitata).

Cass. civ. n. 511/2019

La produzione in giudizio di un telegramma, o di una lettera raccomandata, anche in mancanza dell'avviso di ricevimento, costituisce prova certa della spedizione, attestata dall'ufficio postale attraverso la relativa ricevuta, dalla quale consegue la presunzione dell'arrivo dell'atto al destinatario e della sua conoscenza ai sensi dell'art. 1335 c.c., fondata sulle univoche e concludenti circostanze della suddetta spedizione e sull'ordinaria regolarità del servizio postale e telegrafico. (Fattispecie relativa ad impugnazione del contratto a termine spedita dal lavoratore tramite raccomandata con avviso di ricevimento, spettando al datore di lavoro l'onere di dimostrare di essersi trovato senza sua colpa nell'impossibilità di acquisire la conoscenza dell'atto, come nel caso di irregolarità compiutesi nel procedimento di recapito).

Cass. civ. n. 33563/2018

In tema di notifica della cartella esattoriale ex art. 26, comma 1, seconda parte, del d.P.R. n. 602 del 1973, la prova del perfezionamento del procedimento di notificazione e della relativa data è assolta mediante la produzione dell'avviso di ricevimento, non essendo necessario che l'agente della riscossione produca la copia della cartella di pagamento, la quale, una volta pervenuta all'indirizzo del destinatario, deve, anche in omaggio al principio di cd. vicinanza della prova, ritenersi ritualmente consegnata, stante la presunzione di conoscenza di cui all'art. 1335 c.c., superabile solo se il contribuente dimostri di essersi trovato senza sua colpa nell'impossibilità di prenderne cognizione.

Cass. civ. n. 24149/2018

Ai fini dell'interruzione della prescrizione, la produzione in giudizio di copia della lettera di costituzione in mora unitamente all'avviso di ricevimento "ex adverso" della relativa raccomandata implica una presunzione di corrispondenza di contenuto tra la copia prodotta e la missiva ricevuta dalla controparte, salva la prova, a carico del destinatario, di avere ricevuto una missiva di contenuto diverso o un plico privo di contenuto.

Cass. civ. n. 23589/2018

Un atto unilaterale recettizio, qual è il licenziamento, si presume conosciuto - ai sensi dell'art. 1335 c.c. - nel momento in cui è recapitato all'indirizzo del destinatario e non nel diverso momento in cui questi ne prenda effettiva conoscenza; ne consegue che, ove il licenziamento sia intimato con lettera raccomandata a mezzo del servizio postale, non consegnata al lavoratore per l'assenza sua e delle persone abilitate a riceverla, la stessa si presume conosciuta alla data in cui, al suddetto indirizzo, è rilasciato l'avviso di giacenza del plico presso l'ufficio postale, restando irrilevante il periodo legale del compimento della giacenza e quello intercorso tra l'avviso di giacenza e l'eventuale ritiro da parte del destinatario.

Cass. civ. n. 24015/2017

La produzione in giudizio di un telegramma, o di una lettera raccomandata, anche in mancanza dell'avviso di ricevimento, costituisce prova certa della spedizione, attestata dall'ufficio postale attraverso la relativa ricevuta, dalla quale consegue la presunzione dell'arrivo dell'atto al destinatario e della sua conoscenza ai sensi dell'art. 1335 c.c., fondata sulle univoche e concludenti circostanze della suddetta spedizione e sull’ordinaria regolarità del servizio postale e telegrafico.

Cass. civ. n. 22687/2017

Ai sensi dell’art. 1335 c.c., la dichiarazione unilaterale comunicata mediante lettera raccomandata si presume ricevuta (e quindi conosciuta nel suo contenuto), pur in mancanza dell’avviso di ricevimento, sulla base dell’attestazione della spedizione da parte dell’ufficio postale, sicché incombe sul destinatario l’onere di provare l’asserita non corrispondenza della dichiarazione ricevuta – perché la raccomandata non conteneva alcun atto o conteneva un atto diverso – rispetto a quella indicata dal mittente, non potendo il destinatario limitarsi ad una generica contestazione dell’invio della raccomandata medesima.

Cass. civ. n. 17204/2016

La lettera raccomandata - anche in mancanza dell'avviso di ricevimento - costituisce prova certa della spedizione attestata dall'ufficio postale attraverso la ricevuta, da cui consegue la presunzione, fondata sulle univoche e concludenti circostanze della spedizione e dell'ordinaria regolarità del servizio postale, di arrivo dell'atto al destinatario e di conoscenza ex art. 1335 c.c. dello stesso, per cui spetta al destinatario l'onere di dimostrare di essersi trovato senza sua colpa nell'impossibilità di acquisire la conoscenza dell'atto. (Omissis).

Cass. civ. n. 12822/2016

La presunzione di conoscenza di un atto, del quale sia contestato il suo pervenimento a destinazione, non è integrata dalla sola prova della spedizione della raccomandata, essendo necessaria, attraverso l'avviso di ricevimento o l'attestazione di compiuta giacenza, la dimostrazione del perfezionamento del procedimento notificatorio.

Cass. civ. n. 20167/2014

La presunzione di conoscibilità di un atto giuridico recettizio richiede la prova, anche presuntiva, ma avente i requisiti di cui all'art. 2729 cod. civ. (gravità, univocità e concordanza), che esso sia giunto all'indirizzo del destinatario, sicché, in caso di contestazione, la prova della spedizione non è in sé sufficiente a fondare la presunzione di conoscenza, salvo il caso in cui, per le modalità di trasmissione dell'atto (raccomandata, anche senza avviso di ricevimento o telegramma), e per i particolari doveri di consegna dell'agente postale, si possa presumere l'arrivo nel luogo di destinazione. Ne consegue che, laddove l'invio dell'atto sia avvenuto per posta semplice, tale presunzione non opera, in quanto sarebbe eccessivamente gravoso per il destinatario l'onere della prova della impossibilità incolpevole di averne avuto cognizione.

Cass. civ. n. 23920/2013

La lettera raccomandata costituisce prova certa della trasmissione del plico spedito, attestata dall'ufficio postale attraverso la ricevuta, da cui consegue la presunzione, fondata sulle univoche e concludenti circostanze della spedizione e dell'ordinaria regolarità del servizio postale, di arrivo al destinatario dell'atto comprendente la busta ed il suo contenuto, e dunque di conoscenza del medesimo ex art. 1335 c.c. Spetta di conseguenza al destinatario l'onere di dimostrare che il plico non conteneva alcuna lettera al suo interno, e dunque la mancata conoscenza dell'atto.

Cass. civ. n. 349/2013

Una volta dimostrato l'avvenuto corretto inoltro del documento a mezzo telefax al numero corrispondente a quello del destinatario, è logico presumere il conseguente ricevimento, nonché la piena conoscenza di esso da parte del destinatario, restando pertanto a carico del medesimo l'onere di dedurre e dimostrare l'esistenza di elementi idonei a confutare l'avvenuta ricezione. (Principio affermato dalla S.C. ai sensi dell'art. 363 c.p.c.).

Cass. civ. n. 9303/2012

La spedizione di un atto al corretto indirizzo del destinatario non basta, da sola, per presumere che il destinatario l'abbia conosciuto. A tal fine è invece necessario che il plico sia effettivamente pervenuto a destinazione, in quanto il principio di presunzione di conoscenza, posto dall'art. 1335 c.c., opera per il solo fatto oggettivo dell'arrivo della dichiarazione nel luogo di destinazione, ma non quando l'agente postale, ancorché errando, l'abbia rispedito al mittente, dichiarando essere il destinatario sconosciuto.

Cass. civ. n. 13488/2011

La produzione in giudizio di un telegramma, anche in mancanza dell'avviso di ricevimento, costituisce prova certa della spedizione, attestata dall'ufficio postale attraverso la relativa ricevuta, dalla quale consegue la presunzione dell'arrivo dell'atto al destinatario e della sua conoscenza ai sensi dell'art. 1335 c.c., comunque superabile mediante prova contraria, non dando luogo detta produzione ad una presunzione "iuris et de iure" di avvenuto ricevimento dell'atto.

Cass. civ. n. 758/2006

La lettera raccomandata — anche in mancanza dell'avviso di ricevimento — costituisce prova certa della spedizione attestata dall'ufficio postale attraverso la ricevuta, da cui consegue la presunzione, fondata sulle univoche e concludenti circostanze della spedizione e dell'ordinaria regolarità del servizio postale, di arrivo dell'atto al destinatario e di conoscenza ex art. 1335 c.c. dello stesso, per cui spetta al destinatario l'onere di dimostrare di essersi trovato senza sua colpa nell'impossibilità di acquisire la conoscenza dell'atto. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che, a fronte di una raccomandata ricevuta all'indirizzo del destinatario, aveva ritenuto irrilevante che la firma della persona che materialmente aveva ricevuto la copia dell'atto fosse illeggibile).

Cass. civ. n. 20924/2005

La spedizione di una comunicazione in plico raccomandato non vale da sola a stabilire che il destinatario sia venuto a conoscenza della dichiarazione in esso contenuta, occorrendo, invece, provare che detto plico sia pervenuto a destinazione, per poter fondare una presunzione di conoscenza nei confronti del destinatario; il principio di presunzione di conoscenza posto dall'art. 1335 c.c., infatti, opera per il solo fatto oggettivo dell'arrivo della dichiarazione nel luogo di destinazione, ma non quando sia contestato che essa sia mai pervenuta a quell'indirizzo e il dichiarante non fornisca elementi di prova idonei a sostenere tale assunto. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che, sulla base della esplicita contestazione di una banca di aver mai ricevuto la revoca di una fideiussione, che il fideiussore aveva provato di aver spedito, ha ritenuto non sufficiente la prova dell'avvenuta spedizione a fondare, da sola, la presunzione di conoscenza di cui all'art. 1335 c.c.).

Cass. civ. n. 12135/2003

Ai sensi dell'art. 1335 c.c., anche per le dichiarazioni unilaterali recettizie in genere, che siano giunte all'indirizzo del destinatario, vige la presunzione di conoscenza da parte dello stesso, sicché incombe su di lui, ove neghi di averne avuto notizia, l'onere di provare di essersi trovato senza colpa nella impossibilità di prenderne cognizione e, quindi, anche di provare l'asserita non corrispondenza della dichiarazione ricevuta con quella di cui il mittente conserva in qualsiasi modo la copia. Ove, peraltro, l'involucro della raccomandata contenga plurime comunicazioni, e il destinatario ne riconosca solo una, è necessario, perché operi la presunzione di conoscenza posta dall'art. 1335 c.c., che l'autore della comunicazione, il quale abbia scelto detta modalità di spedizione per inviare due comunicazioni, fornisca la prova che l'involucro le conteneva, atteso che, secondo l'id quod plerumque accidit, ad ogni atto da comunicare corrisponde una singola spedizione.

Cass. civ. n. 8073/2002

La presunzione di conoscenza da parte del destinatario, posta dall'art. 1335 c.c., delle dichiarazioni dirette ad una determinata persona che siano giunte a destinazione opera per il solo fatto oggettivo dell'arrivo della dichiarazione nel luogo indicato dalla norma, indipendentemente dal mezzo di trasmissione adoperato e dall'osservanza delle disposizioni del codice postale. Incombe pertanto sullo stesso destinatario l'onere di provare di essersi trovato senza sua colpa nell'impossibilità di acquisire la conoscenza medesima e, quindi, anche l'onere di provare la non corrispondenza della dichiarazione inviata a quella di cui il mittente conservi la copia.

Cass. civ. n. 4310/2002

La presunzione di conoscenza, ai sensi dell'art. 1335 c.c., di un atto recettizio in forma scritta opera per il solo fatto oggettivo dell'arrivo di questo all'indirizzo del destinatario, in quanto non è necessario che il mittente ne provi la ricezione da parte del medesimo o di persona autorizzata a riceverlo ai sensi dell'art. 37 del regolamento di esecuzione del codice postale. Peraltro, la trasmissione e la consegna di un atto unilaterale recettizio al destinatario può essere dimostrata anche mediante elementi presuntivi, mentre è a carico del destinatario la prova di non averne avuto tempestiva notizia senza sua colpa (fattispecie concernente la diffida ad adempiere un contratto preliminare di vendita).

Cass. civ. n. 2612/2001

La trasmissione e consegna al destinatario di un atto unilaterale recettizio (quale, nella specie, una dichiarazione di volersi valere di un diritto di opzione) possono essere dimostrate anche mediante elementi presuntivi e ciò non osta a che venga poi fatta applicazione della presunzione di legge circa la conoscenza del contenuto dell'atto (art. 1335 c.c.), atteso che il divieto della cosiddetta praesumptio de praesumpto attiene esclusivamente alla correlazione di una presunzione semplice con altra presunzione semplice.

Cass. civ. n. 4140/1999

L'operatività della presunzione di conoscenza stabilita a carico del destinatario dall'art. 1335 c.c., se non prova di essere stato senza sua colpa nell'impossibilità di avere notizia dell'atto a lui diretto, presuppone che tale atto giunga al suo indirizzo, con tale termine dovendosi intendere il luogo che per collegamento ordinario o per normale frequenza o per preventiva indicazione o pattuizione, risulti in concreto nella sfera di dominio e controllo del destinatario stesso, sì da apparire idoneo a consentirgli la ricezione dell'atto e la cognizione del suo contenuto. Ne consegue che, allorquando risulti che il destinatario dell'atto abbia cambiato indirizzo (come nel caso, nel quale l'atto sia stato comunicato a mezzo posta ed in sede di consegna sia risultato quel cambiamento ed il plico postale sia stato restituito al mittente, senza rilascio dell'avviso di giacenza, essendo risultate inapplicabili le norme postali che disciplinano la consegna di plichi al destinatario assente), deve escludersi la sussistenza del presupposto per l'applicazione dell'art. 1335 c.c. e della consequenziale presunzione legale di conoscenza, poiché la comunicazione non si può intendere giunta all'indirizzo del destinatario, a nulla rilevando, d'altro canto, che il .destinatario abbia pattuito con il soggetto che gli invia la comunicazione l'obbligo di comunicare il cambiamento di indirizzo e non l'abbia adempiuto, potendo semmai tale inadempimento giustificare l'eventuale esonero del soggetto, che doveva provvedere alla comunicazione entro un certo termine, dal rispetto del termine pattuito. (Principio affermato dalla Suprema Corte con riferimento alla comunicazione di un recesso di una banca da un contratto di conto corrente).

Cass. civ. n. 3707/1999

Affinché possa operare la presunzione di conoscenza della dichiarazione diretta a persona determinata stabilita dall'art. 1335 c.c. occorre la prova, il cui onere incombe al dichiarante, che la stessa sia stata recapitata all'indirizzo del destinatario, e cioè, nel caso di corrispondenza, che questa sia stata consegnata presso detto indirizzo, e non può invece ritenersi sufficiente un tentativo di recapito ad opera dell'agente postale, che, ritenuto - sia pure a torto - il destinatario sconosciuto all'indirizzo indicato nella lettera raccomandata, abbia disposto il rinvio della stessa al mittente, in quanto manca in tal caso ogni concreta possibilità per il destinatario di venire a conoscenza della lettera; né in senso contrario può essere richiamata la disciplina del recapito delle raccomandate con deposito delle stesse presso l'ufficio postale e rilascio dell'avviso di giacenza all'indirizzo del destinatario, poiché in tal caso sussiste la possibilità di conoscenza del contenuto della dichiarazione da parte del destinatario e del resto la dichiarazione si ritiene pervenuta all'indirizzo del medesimo solo dal momento del rilascio dell'avviso di giacenza del plico. (Nella specie il ricorrente - datore di lavoro - deduceva in particolare che l'agente postale avesse ritenuto «sconosciuto» il destinatario - lavoratore subordinato - e quindi omesso il recapito della lettera raccomandata, contenente una contestazione disciplinare, poiché il lavoratore non aveva riportato il suo nome sulla targhetta del citofono e sulla cassetta delle lettere).

Cass. civ. n. 1265/1999

La lettera raccomandata costituisce prova certa della spedizione attestata dall'ufficio postale attraverso la ricevuta, da cui — anche in mancanza dell'avviso di ricevimento — può desumersi il suo arrivo a destinazione. Al contrario, il ricorso a diverse forme di comunicazione esige che sia altrimenti ed idoneamente provata l'effettiva spedizione dell'atto, nel senso che il mero invio del plico non è sufficiente a fondare la presunzione di conoscenza. La prova suddetta può essere fornita con mezzi idonei anche mediante presunzioni, purché queste siano caratterizzate dai requisiti della gravità, della precisione, e della concordanza.

Cass. civ. n. 10564/1998

La presunzione di conoscenza del destinatario di un atto recettizio, non opera se la comunicazione non è stata consegnata né a lui personalmente, né presso il suo indirizzo, come tale dovendosi intendere il luogo che o per collegamento ordinario, come la dimora o il domicilio, o per normale frequentazione, come il posto di esplicazione dell'attività lavorativa, o per preventiva indicazione, rientra nella sua sfera di controllo e dominio.

Cass. civ. n. 8399/1996

Per ritenere sussistente, secondo l'art. 1335 codice civile, la presunzione di conoscenza, da parte del destinatario, della dichiarazione a questo diretta, occorre la prova, il cui onere incombe al dichiarante, che la dichiarazione sia pervenuta all'indirizzo del destinatario, e tale momento, nel caso in cui la dichiarazione sia stata inviata mediante lettera raccomandata non consegnata per l'assenza del destinatario (o di altra persona abilitata a riceverla), coincide con il rilascio del relativo avviso di giacenza del plico presso l'ufficio postale e non già con il momento in cui fu consegnata. La questione di legittimità costituzionale dell'art. 1335 citato, in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost., per la disparità di trattamento che la norma, come sopra interpretata, creerebbe fra i destinatari di atti unilaterali recettizi, anche di rilevante interesse economico — giuridico, rispetto ai destinatari degli atti giudiziari, notificati a mezzo posta, è manifestamente infondata, trattandosi di situazioni non omogenee e consentendo, comunque, l'art. 1335 citato di superare la presunzione di conoscenza del destinatario dell'atto, ove quest'ultimo provi di essersi trovato senza sua colpa nell'impossibilità di averne notizia.

Cass. civ. n. 6645/1995

La disposizione di cui all'art. 1335 c.c., che, nel prevedere la presunzione di conoscenza di una dichiarazione da parte del destinatario dal momento in cui essa giunge al suo indirizzo, fa salva la possibilità per il destinatario stesso provare di essere stato, senza sua colpa, nell'impossibilità di averne notizia, non consente l'estensione al mittente della suddetta possibilità di prova della mancata conoscenza, non essendo suscettibile di interpretazione estensiva in quanto pone una eccezione rispetto alla regola della presunzione di conoscenza. Né tale disposizione lede il principio di eguaglianza di cui all'art. 3 Cost., attesa la disomogeneità concessa al destinatario è infatti tesa ad assicurare, in ipotesi eccezionali nelle quali la presunzione apparirebbe iniqua, il prevalere del principio della effettiva conoscenza, mentre accordare analoga facoltà all'autore della dichiarazione sarebbe soltanto in funzione di agevolargli la possibilità di revoca della stessa.

Cass. civ. n. 3099/1995

L'art. 1335 c.c., nel collegare la presunzione di conoscenza delle dichiarazioni recettizie al fatto che esse giungano all'indirizzo del destinatario, non detta alcuna disciplina circa il mezzo di trasmissione, sicché — non essendo necessario che la comunicazione avvenga in una determinata forma, né, tanto meno, in una delle forme previste dal servizio postale — non sono ipotizzabili condizioni più o meno rigorose perché si verifichi l'effetto giuridico della presunzione di conoscenza, a seconda dell'impiego di uno o di altro mezzo e, in particolare, dell'uso di una o di altra delle forme previste dal servizio postale stesso (lettera raccomandata, lettera semplice, ecc.), deriva che, affinché l'accettazione di una proposta contrattuale comunicata per mezzo di lettera raccomandata al proponente possa ritenersi conosciuta dal medesimo (con conseguente conclusione del contratto), non occorre che il mittente provi la ricezione della raccomandata in questione da parte del destinatario o di persona autorizzata a riceverla ai sensi dell'art. 37 del regolamento di esecuzione del codice postale (R.D. 18 aprile 1940 n. 689), bensì è sufficiente che egli dimostri l'avvenuto recapito del plico all'indirizzo del destinatario, salva per quest'ultimo la possibilità (ex art. 1335 citato) di provare di non avere avuto notizia, senza sua colpa, di detta accettazione.

Cass. civ. n. 10751/1991

Per ritenere sussistente, secondo l'art. 1335 c.c., la presunzione (iuris tantum) di conoscenza, da parte del destinatario, di un atto unilaterale recettizio (nella specie di costituzione in mora) inviato con raccomandata ma senza avviso di ricevimento, nel caso in cui il destinatario ne contesti la ricezione, non è sufficiente che il mittente — su cui grava il relativo onere probatorio — fornisca la prova della spedizione, occorrendo anche che lo stesso dimostri, o indichi, l'indirizzo al quale la lettera è stata spedita, atteso che la suddetta presunzione opera dal momento in cui la lettera sia pervenuta all'indirizzo del destinatario, e cioè nel luogo più idoneo per la ricezione, o in base ad un criterio di collegamento ordinario (dimora o domicilio), o di normale frequenza (luogo di esplicazione di un'attività lavorativa). (Nella specie, il nome del destinatario era compreso tra quelli contenuti in una distinta di raccomandate relative a diverse persone, sulla quale mancava tuttavia qualsiasi indicazione dell'indirizzo cui era stata inviata la raccomandata).

Cass. civ. n. 3061/1990

Il principio stabilito dall'art. 1335 c.c., secondo cui ogni dichiarazione diretta ad una determinata persona si reputa conosciuta al momento in cui giunge all'indirizzo del destinatario, opera per il solo fatto oggettivo dell'arrivo della dichiarazione stessa nel luogo indicato dalla norma, indipendentemente dal mezzo di trasmissione adoperato e dall'osservanza delle disposizioni del codice postale per le lettere raccomandate; mentre incombe al destinatario l'onere di superare tale presunzione di conoscenza, provando di essersi trovato, senza propria colpa, nell'impossibilità di acquisire la conoscenza medesima, a causa di un evento eccezionale ed estraneo alla sua volontà, quale, fra gli altri, la forzata lontananza in luogo non conosciuto e non raggiungibile.

Cass. civ. n. 2262/1984

Per determinare nel destinatario la conoscenza di un atto unilaterale recettizio, negoziale o non, la legge non impone né la raccomandata con ricevuta di ritorno, né altro determinato mezzo particolare, sicché, salvi i casi in cui una forma determinata sia espressamente prescritta per legge o per volontà delle parti, deve ritenersi idoneo, al predetto fine, qualsiasi strumento di comunicazione, purché esso sia congruo in concreto a farne apprendere compiutamente e nel suo giusto significato il contenuto; e l'accertamento del giudice del merito che l'atto sia stato ricevuto dal destinatario può essere condotto anche sulla base di presunzioni, e si sottrae al sindacato di legittimità, se correttamente ed adeguatamente motivato.

Cass. civ. n. 3194/1980

La possibilità di ritenere provato il momento di ricezione di una lettera raccomandata alla stregua di elementi presuntivi, quali quelli desumibili dalla data della spedizione, non viene meno con riguardo agli atti unilaterali recettizi, come l'intimazione di pagamento, in relazione alla circostanza che per essi detta ricezione implica una praesumptio legis di conoscenza da parte del destinatario, al fine dell'efficacia degli atti medesimi (artt. 1334 e 1335 c.c.), atteso che il divieto di presunzioni di secondo grado (cosiddetta praesumptio de praesumpto) opera esclusivamente nella consecuzione di una presunzione semplice da altra presunzione semplice, mentre non osta a che dal fatto presunto dal giudice consegua la presunzione di un altro fatto per espressa previsione di legge.

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Consulenze legali
relative all'articolo 1335 Codice Civile

Seguono tutti i quesiti posti dagli utenti del sito che hanno ricevuto una risposta da parte della redazione giuridica di Brocardi.it usufruendo del servizio di consulenza legale. Si precisa che l'elenco non è completo, poiché non risultano pubblicati i pareri legali resi a tutti quei clienti che, per varie ragioni, hanno espressamente richiesto la riservatezza.

Chiara D.B. chiede
martedì 05/03/2019 - Veneto
“Vorrei sapere se posso considerare il ricevimento dell' avviso di raccomandata come momento di venuta a conoscenza del destinatario del contenuto della comunicazione in base all'art. 1334 c.c.
In pratica vorrei sapere quando mando la raccomandata di rinnovo di un contratto , es 6 mesi prima,si devono tenere in considerazione i 6 mesi :1- dalla data della spedizione della raccomandata;2- dalla data in cui la persona riceve a casa la raccomandata e firma la ricevuta di ritorno; 3- dal giorno in cui riceve l'avviso di consegna della raccomandata per andarla a ritirare perché assente ;4- dal giorno in cui si può andare a ritirarla alle poste; 5- dal giorno in cui la si ritira alle poste.
Questo vale per qualsiasi tipo di comunicazione che richiede l'invio di una raccomandata, come il recesso si un contratto , convocazione di assemblee ecc.?
Esistono sentenze in merito?

Consulenza legale i 13/03/2019
La norma del 1334 c.c. si riferisce ad ogni dichiarazione cosiddetta "recettizia": con questa espressione si intende ogni comunicazione che debba essere percepita da altri; si tratta, in buona sostanza, di comunicazione che, per gli effetti giuridici suoi propri e per le conseguenze che è finalizzata a produrre, deve venire a conoscenza del destinatario.
L’articolo riguarda sia gli atti negoziali sia quelli non negoziali comunque destinati ad altri soggetti, come notificazioni, offerte, opposizioni, intimazioni, denunce, avvisi, diffide, ecc. (dunque anche le convocazioni assembleari, il recesso contrattuale, ecc.).

La natura recettizia di un atto talvolta è data dalla sostanza, talvolta dalla forma dell'atto stesso: ad esempio, tornando al quesito, la raccomandata con ricevuta di ritorno è precisamente un atto per il quale la legge ha prescritto una forma specifica necessaria affinché esso possa essere portato a conoscenza del destinatario.

L’art. 1334 c.c. non può essere considerato senza il 1335 c.c., secondo il quale la presunzione di conoscenza si ha nel momento in cui la comunicazione perviene “all’indirizzo del destinatario”: ebbene, nel caso della raccomandata, giurisprudenza ormai pacifica ritiene che la prova dell’arrivo a destinazione (e dunque la presunzione di conoscenza della comunicazione) sia la consegna dell’avviso di ricevimento.
Se il destinatario è presente e lo firma per ricevuta, bene; se è assente e gli viene lasciato avviso che il plico è depositato presso l’ufficio postale, il momento utile ai sensi del 1335 c.c. rimane il solo fatto oggettivo dell'arrivo dell'atto nel luogo indicato dalla norma, ovvero il momento in cui viene lasciato avviso al destinatario del deposito del plico presso l'ufficio postale e non già quello dell'effettivo ritiro.

Per tutte, si vedano Cass. civ. Sez. lavoro Ord., 28/09/2018, n. 23589, secondo la quale: “Un atto unilaterale recettizio, qual è il licenziamento, si presume conosciuto - ai sensi dell’art. 1335 c.c.- nel momento in cui è recapitato all'indirizzo del destinatario e non nel diverso momento in cui questi ne prenda effettiva conoscenza; ne consegue che, ove il licenziamento sia intimato con lettera raccomandata a mezzo del servizio postale, non consegnata al lavoratore per l'assenza sua e delle persone abilitate a riceverla, la stessa si presume conosciuta alla data in cui, al suddetto indirizzo, è rilasciato l'avviso di giacenza del plico presso l'ufficio postale, restando irrilevante il periodo legale del compimento della giacenza e quello intercorso tra l'avviso di giacenza e l'eventuale ritiro da parte del destinatario.”.

Ancora Cass. civ. Sez. lavoro Sent., 06/12/2017, n. 29237, per la quale: “Nel caso di una dichiarazione inviata mediante lettera raccomandata non consegnata per l'assenza del destinatario, la presunzione di conoscenza di cui all’art. 1335 c.c., indipendentemente dal mezzo di trasmissione adoperato e dall'osservanza delle disposizioni del codice postale, coincide con il rilascio del relativo avviso di giacenza del plico presso l'ufficio postale, e non già con il momento in cui la missiva viene ritirata, salvo che il destinatario deduca e provi di essersi trovato senza sua colpa nell'impossibilità di acquisire la detta conoscenza” (tra le tante, conformi, anche Comm. trib. regionale Lombardia Milano Sez. II Sent., 21/11/2018; Cass. civ. Sez. V Sent., 22/06/2018, n. 16528, Tribunale Torino Sez. III Sent., 09/03/2018).

Altra sentenza conforme in tema di condominio: “In tema di condominio, le delibere assunte dall'assemblea ritenute annullabili vanno impugnate dagli assenti nel termine di gg. 30 dal ricevimento del relativo verbale. In caso di invio a mezzo di raccomandata del plico che lo contiene, il termine inizia a decorrere dal momento in cui viene lasciato avviso al destinatario del deposito del plico presso l'ufficio postale e non già dal suo effettivo ritiro, salva la prova sull'impossibilità di esserne venuto incolpevolmente a conoscenza.” (Cass. civ. Sez. II Ord., 04/10/2018, n. 24399).

In caso di raccomandata semplice, ovvero senza avviso di ricevimento, l’arrivo a destinazione può presumersi anche solo sulla base della ricevuta di spedizione (salva, ovvio, la prova contraria) (si veda, tra le tante, Corte d'Appello Venezia Sez. I Sent., 10/01/2018).

Santi I. chiede
mercoledì 31/08/2016 - Sicilia
“Vorrei sapere se e' valido un provvedimento, adottato dalla Soprintendenza ai beni paesaggistici e culturali, consistente nel comunicare una richiesta di integrazione ad una pratica a loro presentata per ottenere il Nulla Osta ad eseguire i lavori, se tale comunicazione non si e' perfezionata perché affetta da vizio di errore dell'indirizzo del destinatario.
Quindi, la Soprintendenza avanza una richiesta ma l'interessato non riceve la richiesta e quindi non gli viene notificata. Pero' tale richiesta viene pure inviata al Comune, per conoscenza, e a questi viene notificato.
Chiedo se tale tipo di provvedimento adottato prima dei 120 giorni che per l'art. 46 della legge n. 17 del 2004 fa valere il Silenzio-assenso se in tale periodo di 120 giorni non viene ricevuta comunicazione da parte del richiedente, puo' interrompere il limite dei 120 giorni e non ritenere valido il silenzio-assenso.
Grazie!”
Consulenza legale i 02/09/2016
Nel caso di specie non parrebbe essere configurabile il c.d. silenzio-assenso, posto che tale tipo di silenzio riguarda la sola Pubblica Amministrazione.
Ai sensi dell’art. 21 octies della legge n. 241/90, “non è annullabile il provvedimento adottato in violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti qualora, per la natura vincolata del provvedimento, sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato. Il provvedimento amministrativo non è comunque annullabile per mancata comunicazione dell'avvio del procedimento qualora l'amministrazione dimostri in giudizio che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato”. In altre parole, è stato trasmigrato nel diritto amministrativo il principio del raggiungimento dello scopo codificato nell’art. 156 c.p.c.
Si badi però che una mera irregolarità non inficia l’intero provvedimento, ma è anche vero che l’irregolarità del provvedimento non può in nessun modo arrecare nocumento ai diritti di partecipazione e accesso agli atti da parte del destinatario. Secondo la dottrina, la mancata notificazione di un provvedimento amministrativo parrebbe configurare una mera irregolarità laddove il destinatario, con la giusta diligenza, avrebbe potuto conoscere in altro modo il contenuto dell’atto.
Nel caso di specie, il provvedimento adottato dalla Sovrintendenza parrebbe essere recettizio (a differenza della maggior parte degli atti amministrativi che non lo sono): trattasi di un atto che, anche al fine del raggiungimento dello scopo e della partecipazione del soggetto interessato al procedimento amministrativo, deve essere portato a conoscenza del medesimo. In particolare, si ritiene che tale provvedimento abbia avuto come effetto la sola interruzione del termine di 120 giorni per la conclusione del procedimento, il che fa slittare i 60 giorni previsti dalla legge per la concessione del nulla osta. Occorre quindi contattare il responsabile del procedimento (senz’altro indicato nella comunicazione notificata correttamente al comune) al fine di integrare la pratica con la documentazione richiesta.

Angelo D. M. chiede
venerdì 19/06/2015 - Lazio
“Circa un anno fa, il 3 settembre 2014, ho sottoscritto un contratto di locazione per un posto-auto, della durata di 1 anno: contestualmente all’accordo sul prezzo, il locatore mi ha chiaramente manifestato la sua volontà di non registrare il contratto, che pure contiene, al N. 13, le modalità di partecipazione dei contraenti alle spese di registrazione e di bollo.
Da parte mia ho invece comunicato fin dall’inizio a controparte che era mia intenzione ottemperare all’adempimento de quo.
Pertanto, in occasione del 2° versamento quadrimestrale ho ribadito al locatore che intendevo procedere alla registrazione e gli ho chiesto di fornirmi i dati catastali necessari, ma egli non me li ha voluti comunicare. A questo punto, preso atto di tale confermata volontà, ho proceduto autonomamente ad eseguire l’atto, in via telematica.
La mia azione ha suscitato il risentimento del locatore, che con una raccomandata mi ha comunicato che “il contratto s’intende risolto con il 31/08/2015”.
Si pone ora il problema di una siffatta disdetta, di cui sono importanti i tempi di comunicazione: infatti il contratto prevede, al n. 1 della scrittura privata, che “La durata della locazione è fissata in anni uno con decorrenza dal 3 settembre 2014 e scadenza 31 agosto 2015, con rinnovazione tacita per ugual periodo se nessuna delle parti comunicherà all’altra disdetta almeno 3 mesi prima della scadenza, mediante lettera raccomandata”.
C’è da osservare che la Raccomandata R/R è datata 27/05/2015, in accettazione all’Ufficio postale di X, ma è stata di fatto consegnata al destinatario, cioè a me, il giorno 11/06/2015 (ufficio di Y, dove dispongo di una casella postale).
Per quanto è di mia conoscenza, un contratto, e la sua risoluzione, acquistano efficacia nel momento in cui entrambe le parti ne hanno contezza.
Per l’accordo stipulato la disdetta doveva essere comunicata “almeno 3 mesi prima della scadenza”, quindi prima del 31 maggio 2015: non essendo stato osservato tale termine, il contratto viene tacitamente rinnovato per un secondo anno, a partire dal 1° settembre 2015, e alle medesime condizioni, anche economiche, del 1° anno.
Il mio quesito è se quanto da me dedotto è giuridicamente valido e sostenibile, e quale può essere il mio comportamento con il locatore, che ovviamente resisterà alla mia proposta.
Grazie e cordiali saluti”
Consulenza legale i 26/06/2015
La disdetta del contratto di locazione viene ritenuta, ai sensi dell'art. 1334 del c.c., atto unilaterale: pertanto, come tutti gli atti unilaterali, produce i suoi effetti dal momento in cui giunge "all'indirizzo del destinatario, se questi non prova di essere stato, senza sua colpa, nell'impossibilità di averne notizia" (art. 1335 del c.c.).

Di regola, quindi, l'efficacia dell'atto decorre dalla data di ricezione dello stesso da parte del destinatario: in una normale spedizione, regolarmente consegnata al destinatario al primo tentativo, vale la ricevuta di ritorno con la data di ricezione.

Tuttavia, può accadere che il destinatario volutamente cerchi di ritardare la consegna della lettera, ad esempio non andando a ritirare tempestivamente la raccomandata in giacenza presso le Poste.
In questo caso, secondo la giurisprudenza della Corte di Cassazione (v. sentenza n. 27526/2013) l'atto di disdetta "si presume conosciuto dal destinatario nel momento in cui è recapitato al suo indirizzo e non nel diverso momento in cui ne prende effettiva conoscenza". Pertanto, secondo la Suprema Corte, "la disdetta intimata dal locatore, che allo scopo si sia avvalso del servizio postale e del mezzo della lettera raccomandata, non consegnata al conduttore destinatario per l'assenza sua e delle persone abilitate a riceverla, si presume pervenuta alla data in cui è rilasciato il relativo avviso di giacenza presso l'ufficio postale, restando irrilevante ai fini della tempestività della disdetta, rispetto al termine legale o convenzionale, sia il periodo legale del compimento della giacenza, sia quello intercorso tra l'avviso di giacenza e l'eventuale ritiro da parte del destinatario".

Nel caso di specie, la raccomandata a.r. è risultata in accettazione all’ufficio postale di partenza il 27/05/2015, ma è stata consegnata al destinatario il giorno 11/06/2015, mediante ritiro da una casella postale.

Come noto, un soggetto può stipulare con l’ente postale un contratto per il trattenimento della corrispondenza presso una casella postale, presso la quale possa ritirarla. In questo caso, però, secondo la Corte di Cassazione la corrispondenza si considera conosciuta dal destinatario quando perviene all'ufficio postale. Con sentenza n. 2070 del 5 febbraio 2015, la Suprema Corte ha infatti stabilito: "Ai fini dell’individuazione del luogo di pervenimento della corrispondenza all’indirizzo del destinatario agli effetti dell’art. 1335 c.c., quando costui abbia stipulato con l’ente postale un contratto per il trattenimento della corrispondenza presso una casella postale, presso la quale possa ritirarla, l’ufficio del luogo di destinazione della corrispondenza presso il quale l’ente postale, una volta pervenutagli la corrispondenza, ne rileva la riferibilità al destinatario e dà corso all’attività diretta ad inserirla nella casella si identifica – anche se la casella sia allocata presso altro ufficio del medesimo luogo per il ritiro – come indirizzo di pervenimento del destinatario, giacché l’attività a tanto diretta dell’ente postale è compiuta per conto del destinatario in forza della convenzione di ricezione tramite casella e come tale, essendo a quest’ultimo riferibile implica che la corrispondenza si debba considerare pervenuta in un luogo che è di sua pertinenza e che per sua scelta si identifica come suo indirizzo".

Ne consegue che, nel caso di specie, se la lettera è stata consegnata all'ufficio postale presso il quale il destinatario ha la propria casella postale entro il 31.5.2015, la disdetta risulterà tempestiva.