In particolare, se la lettera di contestazione viene restituita al mittente per compiuta giacenza, il successivo licenziamento può dirsi ugualmente legittimo?
Nel caso esaminato dalla Cassazione, la Corte d’appello di Palermo, in parziale riforma della sentenza di primo grado, emessa dal Tribunale della stessa città, aveva respinto le domande proposte da un dipendente delle Poste (addetto allo sportello), volte a far dichiarare illegittimo il licenziamento che gli era stato intimato per giusta causa.
La Corte d’appello, in riforma della sentenza di primo grado, aveva ritenuto sussistente la giusta causa di licenziamento e aveva ritenuto, inoltre, che il licenziamento fosse stato legittimamente comminato, dal momento che la lettera di licenziamento doveva considerarsi recapitata al lavoratore, in considerazione dell’attestazione di compiuta giacenza, nonostante il destinatario non l’avesse prelevata.
Il dipendente, ritenendo la decisione ingiusta, decideva di rivolgersi alla Corte di Cassazione, nella speranza di ottenere l’annullamento della sentenza sfavorevole.
Secondo il ricorrente, in particolare, la contestazione disciplinare non gli era stata regolarmente comunicata, in quanto la lettera di contestazione era stata restituita al mittente per compiuta giacenza.
Il ricorrente evidenziava, dunque, “di essersi trovato nell' impossibilità, senza sua colpa, di avere conoscenza della lettera di contestazione a lui diretta, nonostante avesse comunicato alla datrice di lavoro la sua impossibilità di ritirare la raccomandata in quanto malato”.
La Corte di Cassazione, tuttavia, non riteneva di poter dar ragione al lavoratore, rigettando il relativo ricorso, in quanto infondato.
Osservava la Cassazione, infatti, che le lettere di contestazione rappresentano delle “dichiarazioni recettizie”, disciplinate dall’art. 1335 c.c., il quale stabilisce che le stesse “possono validamente essere portate a conoscenza del destinatario con la procedura della cosiddetta ‘compiuta giacenza’”.
Di conseguenza, secondo la Cassazione, per superare la presunzione di conoscenza fissata dalla legge, è necessario che il destinatario della comunicazione dimostri la sussistenza di “un fatto o una situazione che spezzi od interrompa in modo duraturo il collegamento tra il destinatario ed il luogo di destinazione della comunicazione e che tale situazione sia incolpevole, cioè non superabile con l'uso dell'ordinaria diligenza”.
Secondo la Cassazione, peraltro, il fatto che il lavoratore avesse ammesso di aver ricevuto l’avviso della raccomandata in giacenza dimostrava che tale comunicazione era “giunta nella sua sfera di disponibilità”, con la conseguenza che la comunicazione della contestazione disciplinare doveva dirsi regolarmente perfezionata.
Alla luce di tali considerazioni, la Corte di Cassazione rigettava il ricorso proposto dal lavoratore, confermando integralmente la sentenza impugnata e condannando il ricorrente anche al pagamento delle spese processuali.