Brocardi.it - L'avvocato in un click! CHI SIAMO   CONSULENZA LEGALE

Articolo 1206 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 26/11/2024]

Condizioni

Dispositivo dell'art. 1206 Codice Civile

Il creditore è in mora [1207] quando, senza motivo legittimo(1), non riceve il pagamento offertogli [1208, 1217](2) nei modi indicati dagli articoli seguenti(3) o non compie quanto è necessario affinché il debitore possa adempiere l'obbligazione [1175; 160](4).

Note

(1) Per stabilire se il rifiuto è legittimo esso deve essere valutato alla luce del canone di buona fede (1176 c.c.). È legittimo, ad esempio, il rifiuto ad un offerta di adempimento che obblighi il creditore a una condotta gravosa per ricevere la prestazione.
(2) La norma deve essere riferita ad ogni tipo di adempimento, anche se diverso dal pagamento con una somma di denaro.
(3) La mora può essere determinata da un'offerta solenne (1208 c.c.), con effetti dal momento in cui l'offerta è fatta; ovvero da offerta secondo gli usi, che produce effetti dal momento del deposito delle cose dovute (1214 c.c.). L'offerta fatta in modo diverso, ad esempio mediante raccomandata, produce solo l'effetto di impedire la mora del debitore.
(4) Ad esempio, il creditore omette di liberare i locali in cui la merce deve essere depositata

Ratio Legis

Poichè il creditore deve cooperare con il debitore per non ostacolarne adempimento, il legislatore sanziona la sua mancata cooperazione. L'ipotesi di mora viene disciplinata con una previsione ampia, che comprende non solo il caso di rifiuto a ricevere l'adempimento ma anche il rifiuto a fare quanto necessario a riceverlo.

Brocardi

In omnibus causis pro facto accipitur id, in quo per alium mora fit quominus fiat
Mora
Mora accipiendi

Relazione al Libro delle Obbligazioni

(Relazione del Guardasigilli al Progetto Ministeriale - Libro delle Obbligazioni 1941)

87 In conformità alle tendenze della nostra dottrina ho messo nell'opportuno rilievo la mora del creditore.
Dapprima ne ho determinata la nozione (art. 102); e all'uopo ho considerato così l'ipotesi che il creditore rifiuti l'adempimento come quella che egli rifiuti di compiere gli atti necessari perché il debitore possa adempiere, quando la prestazione e di quelle che non possono essere eseguite senza la cooperazione del creditore: domina entrambe la fattispecie la condizione che il rifiuto del creditore sia illegittimo.
Richiedendo questa condizione non si è inteso dire senz'altro che la mora del creditore richiede un suo colposo comportamento: un contegno può essere contrario a legge e nel tempo stesso scusabile. In modo che la questione della necessità della colpa come requisito della mora del creditore è rimasta impregiudicata.

Massime relative all'art. 1206 Codice Civile

Cass. civ. n. 8282/2023

Nell'appalto di opere pubbliche, stante la natura privatistica del contratto, è configurabile, in capo all'amministrazione committente creditrice dell'"opus", un dovere - discendente dall'espresso riferimento contenuto nell'articolo 1206 cod. civ. e, più in generale, dai principi di correttezza e buona fede oggettiva che permeano la disciplina delle obbligazioni del contratto - di cooperare all'adempimento dell'appaltatore attraverso il compimento di quelle attività che, distinte rispetto al comportamento dovuto da questi, sono necessarie affinché il medesimo possa realizzare il risultato cui è preordinato il rapporto obbligatorio. Pertanto, qualora il comportamento del debitore, pur integrando il fatto contemplato dalla clausola risolutiva espressa, appaia comunque conforme al criterio della buona fede, non sussiste l'inadempimento, né i presupposti per invocare la risoluzione.

Cass. civ. n. 37716/2022

Il datore di lavoro non può unilateralmente sospendere il rapporto di lavoro, salvo che ricorrano, ai sensi degli artt. 1463 e 1464 c.c., ipotesi di impossibilità della prestazione lavorativa totale o parziale, la esistenza delle quali ha l'onere di provare, senza che a questo fine possano assumere rilevanza eventi riconducibili alla stessa gestione imprenditoriale, compresa la diminuzione o l'esaurimento dell'attività produttiva. Ne consegue che il dipendente "sospeso" non è tenuto a provare d'aver messo a disposizione del datore di lavoro le sue energie lavorative nel periodo in contestazione, in quanto, per il solo fatto della sospensione unilaterale del rapporto di lavoro, la quale realizza un'ipotesi di "mora credendi", il prestatore, a meno che non sopravvengano circostanze incompatibili con la volontà di protrarre il rapporto suddetto, conserva il diritto alla retribuzione.

Cass. civ. n. 5848/2022

In tema di appalto di opere pubbliche, la scelta se disporre o meno varianti in corso d'opera, eccedenti il limite del quinto d'obbligo, compete al committente, che non può essere obbligato a far eseguire opere significativamente diverse da quelle progettate, neanche qualora il responsabile unico del procedimento abbia rilasciato parere favorevole e l'appaltatore, pur potendo opporre un legittimo rifiuto, vi abbia consentito. Tuttavia, stante la natura privatistica del rapporto, tale facoltà discrezionale deve essere esercitata nel rispetto dei principi generali di correttezza, lealtà e buona fede e del dovere di cooperare all'adempimento dell'appaltatore ai sensi dell'art. 1206 c.c. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha confermato la decisione impugnata, che aveva ritenuto la Stazione appaltante responsabile della risoluzione del contratto non già per non aver dato corso alle varianti, ma per aver ritardato indebitamente nella relativa decisione).

Cass. civ. n. 25554/2018

In tema di appalto di opera pubblica, le ragioni di pubblico interesse o necessità che possono giustificare la sospensione dei lavori vanno identificate in esigenze pubbliche oggettive e sopravvenute, non previste né prevedibili da parte della P.A. con l'uso dell'ordinaria diligenza, e non possono quindi essere invocate al fine di porre rimedio a negligenza o imprevidenza della committente, cui spetta acquisire, quale titolare dell'opera da realizzare, le autorizzazioni amministrative necessarie per l'esecuzione dei lavori in osservanza del dovere, discendente dall'art. 1206 c.c. e più in generale dai principi di correttezza e buona fede oggettiva, di cooperare all'adempimento dell'appaltatore ponendo in essere tutte quelle attività, distinte dal comportamento dovuto da quest'ultimo, necessarie affinché egli possa realizzare il risultato cui è preordinato il rapporto obbligatorio.

Cass. civ. n. 14155/2014

L'azione ex art. 1210, secondo comma, cod. civ., che sia introdotta dal debitore dopo la notifica del precetto, o dopo l'inizio dell'esecuzione, per l'accertamento degli effetti liberatori dell'offerta reale, verificatisi tanto prima del precetto, quanto prima dell'inizio dell'esecuzione, oppure ancora dopo l'inizio di questa, ha natura sostanziale e va qualificata, rispettivamente, quale opposizione a precetto ex art. 615, primo comma, cod. proc. civ., se proposta prima della esecuzione, e quale opposizione all'esecuzione ai sensi del secondo comma del medesimo articolo, se introdotta, invece, dopo il suo inizio.

Cass. civ. n. 12501/2012

È inadempiente per "mora credendi" il datore di lavoro che rifiuti la prestazione del lavoratore il quale, assente dal lavoro per malattia, chieda di riprendere l'attività, allegando e documentando la cessazione della malattia stessa "ante tempus". (Nella specie, un pubblico dipendente, affetto da inidoneità permanente secondo il collegio medico della ASL, e tuttavia non dispensato dal servizio, aveva chiesto di tornare al lavoro sulla base di un certificato sanitario attestante il miglioramento delle condizioni di salute, ma l'ente datore di lavoro non aveva consentito il rientro sino a nuova positiva visita del collegio medico; sulla scorta dell'enunciato principio, la S.C. ha cassato la decisione di merito, che aveva respinto la domanda del lavoratore per il recupero della decurtazione stipendiale applicatagli nel periodo successivo all'offerta di prestazione).

Cass. civ. n. 10052/2006

Anche nell'appalto di opere pubbliche, stante la natura privatistica del contratto, è configurabile, in capo all'amministrazione committente, creditrice dell'opus, un dovere — discendente dall'espresso riferimento contenuto nell'art. 1206 c.c. e, più in generale, dai principi di correttezza e buona fede oggettiva, che permeano la disciplina delle obbligazioni e del contratto — di cooperare all'adempimento dell'appaltatore, attraverso il compimento di quelle attività, distinte rispetto al comportamento dovuto dall'appaltatore, necessarie affinché quest'ultimo possa realizzare il risultato cui è preordinato il rapporto obbligatorio. In questo contesto, l'elaborazione di varianti in corso d'opera — di norma costituente una mera facoltà della P.A. (esercitabile in presenza delle condizioni previste dalla legge) — può configurarsi come espressione di un doveroso intervento collaborativo del creditore: tanto avviene allorché la modifica del progetto originario (nella specie, costruzione di un edificio scolastico) sia resa necessaria da sopravvenute disposizioni imperative, legislative e regolamentari, sulla sicurezza degli impianti, giacché, in tal caso, l'opera che fosse realizzata secondo le inizialmente progettate modalità costruttive e istruzioni tecniche esporrebbe l'appaltatore a responsabilità per eventi lesivi dell'incolumità e dell'integrità personale di terzi. Ne consegue che la perdurante, mancata consegna, da parte della stazione appaltante, benché ritualmente sollecitata, dei progetti di adeguamento dell'opera alle sopravvenute prescrizioni normative, ben può determinare impossibilità della prestazione per fatto imputabile al creditore, sul quale sono destinate a ricadere le conseguenze dell'omessa cooperazione necessaria all'adempimento da parte del debitore.

Cass. civ. n. 522/1995

Nell'ipotesi in cui la prestazione del debitore abbia per oggetto denaro, gli effetti della mora del creditore - compreso fra questi l'obbligo del risarcimento dei danni - si verificano dal giorno dell'offerta, che, a seconda dei casi, deve essere reale o per intimazione, ma che è necessaria in ogni caso, anche in quello in cui la consegna deve avvenire al domicilio del creditore, ossia anche quando a costituire in mora il debitore altro non occorre (in base al principio dies interpellat pro homine) che la scadenza del termine.

Cass. civ. n. 4423/1991

Nell'ipotesi di risoluzione del contratto di compravendita di cose determinate, l'acquirente è obbligato alla custodia di esse fino al momento della riconsegna al venditore, ovvero fino al compimento dell'ultimo atto del procedimento, previsto per la sua liberazione dall'obbligo della consegna, dagli artt. 1206 ss. c.c.

Cass. civ. n. 3249/1973

Anche l'offerta, per mezzo di vaglia postale, della somma dovuta, quando sia compiuta nel suo effettivo ammontare, costituisce un'offerta reale non rituale suscettibile di convalida, con l'effetto della costituzione in mora del creditore e con quelli ad esso accessori.

Notizie giuridiche correlate all'articolo

Hai un dubbio o un problema su questo argomento?

Scrivi alla nostra redazione giuridica

e ricevi la tua risposta entro 5 giorni a soli 29,90 €

Nel caso si necessiti di allegare documentazione o altro materiale informativo relativo al quesito posto, basterà seguire le indicazioni che verranno fornite via email una volta effettuato il pagamento.

SEI UN AVVOCATO?
AFFIDA A NOI LE TUE RICERCHE!

Sei un professionista e necessiti di una ricerca giuridica su questo articolo? Un cliente ti ha chiesto un parere su questo argomento o devi redigere un atto riguardante la materia?
Inviaci la tua richiesta e ottieni in tempi brevissimi quanto ti serve per lo svolgimento della tua attività professionale!

Consulenze legali
relative all'articolo 1206 Codice Civile

Seguono tutti i quesiti posti dagli utenti del sito che hanno ricevuto una risposta da parte della redazione giuridica di Brocardi.it usufruendo del servizio di consulenza legale. Si precisa che l'elenco non è completo, poiché non risultano pubblicati i pareri legali resi a tutti quei clienti che, per varie ragioni, hanno espressamente richiesto la riservatezza.

G. F. chiede
domenica 27/11/2022 - Veneto
“Buongiorno, desidero una consulenza legale sulla seguente questione.
Sono il proprietario di un appartamento da affittare, dotato di una piccola cassaforte a muro. L'ultimo inquilino dopo una permanenza di alcuni anni ha da poco lasciato l'appartamento e mi ha restituito le chiavi, come da termine di contratto, e io in prima analisi non avendo riscontrando problemi alla struttura o danni ho restituito i soldi della caparra. Dopo pochi giorni tuttavia mi sono accorto che nel mazzo di chiavi mancano quelle per la serratura della cassaforte a muro, che è rimasta chiusa e sigillata. Di tali chiavi esistono due copie, entrambe consegnate all'ex affittuario anni fa quando è stato siglato il contratto di locazione. Nel corso delle ultime settimane ho contattato via messaggio - tramite la nota app di messaggistica Whatsapp al fine di poter conservare le comunicazioni - l'ex inquilino chiedendogli le chiavi, e mi ha risposto che purtroppo le stesse sono state perse e che inoltre sono rimasti alcuni suoi beni all'interno della cassaforte.
In un successivo messaggio l'ex inquilino si è impegnato a contattare un fabbro di fiducia per aprire la cassaforte e installare una nuova serratura a sue spese, tuttavia a distanza di settimane non mi sono arrivate notizie in merito. Gli ho nuovamente scritto per avere spiegazioni, richiedendo anche la sua presenza insieme al fabbro al momento dell'apertura della cassaforte in modo di poter recuperare il contenuto, ma anche in questo caso non ho ricevuto alcuna risposta.
Molto probabilmente l'ex inquilino, terminato il contratto di affitto e ottenuti senza problemi i soldi della caparra, intende semplicemente ignorare del tutto la questione.
Al momento non posso affittare l'appartamento, in quanto la cassaforte è inutilizzabile. La serratura della cassaforte è chiusa, io non so cosa può essere contenuto al suo interno e non so cosa mi è consentito fare dalla legge. Preso atto dell'irreperibilità dell'ex inquilino io vorrei solo chiamare un fabbro per aprire la cassaforte e cambiare la serratura, purtroppo a mie spese, per poi affittare nuovamente l'appartamento. Tuttavia non so se mi è consentito farlo e non vorrei essere accusato di potenziali furti/violazioni di privacy dei beni o documenti eventualmente presenti. Cosa posso fare per evitare del tutto qualsiasi problema legale?
(Ringrazio anticipatamente per la risposta, chiedo cortesemente di non pubblicare il presente quesito nell'archivio pubblico).”
Consulenza legale i 01/12/2022
Al termine del contratto di locazione il locatore, non avendo riscontrato danni o problemi all’immobile, ha restituito la caparra al conduttore.
Solo successivamente si è accorto che la cassaforte era chiusa a chiave e che la stessa non era presente nel mazzo restituito.
Lo stesso conduttore ha ammesso di averla persa e ha dichiarato che avrebbe contattato un fabbro a sue spese per aprire la cassaforte e recuperare i beni contenuti all’interno, cosa che non ha poi fatto.
Questa ammissione di responsabilità è sufficiente a superare il comportamento concludente messo in atto dal locatore con la restituzione della caparra a sancire l’assenza di danni.
Sicuramente il locatore avrà, quindi, diritto a richiedere i danni per l’intervento del fabbro e la forzatura della cassaforte.

In ogni caso il locatore con la cessazione del contratto e l’apprensione delle chiavi di casa, è rientrato nel possesso pieno del proprio immobile e ha il diritto di darlo in locazione e di disporne liberamente.

Poiché però sa che all’interno della cassaforte sono rimasti dei beni appartenenti al precedente inquilino – che si presumono anche di un certo valore – è necessario mettere quest’ultimo nelle condizioni di poter recuperare agevolmente i propri beni.

La legge non stabilisce nulla di specifico sul punto ma rientra nei doveri del locatore restituire i beni non di sua proprietà in base ad un principio di lealtà e buona fede.

In una prima fase pare sufficiente convocare l’ex conduttore comunicandogli la data precisa e l’orario in cui avverrà l’apertura della cassaforte chiedendogli di partecipare.
In questa occasione gli verranno restituiti i beni e dovrà essere redatto un verbale di restituzione in cui verrà dichiarato che i beni restituiti corrispondono a quanto depositato all’interno dall’ex conduttore e che non hanno subito danni.

Se il conduttore non si presenterà all’apertura della cassaforte, il locatore procederà comunque nel modo indicato redigendo un verbale con la descrizione dettagliata dei beni ivi contenuti e anche l’allegazione delle fotografie.

Meglio ancora un video che riprenda l'atto dell'apertura, dall'inizio alla fine, compresa la ripresa del contenuto che si troverà all'interno.

Si ritiene che possa essere opportuno convocare anche un testimone imparziale, oltre al fabbro, che possa assistere all’operazione di apertura e ricognizione del contenuto.

A meno di espresso divieto da parte dell’ex conduttore di aprire la cassaforte in sua assenza, che non pare pervenuto, non si ritiene che ci sia alcuna violazione della privacy aprendola anche senza il legittimo proprietario.

Infatti, il proprietario dell’immobile così agendo ha permesso all’ex conduttore di tutelare la propria privacy concedendogli di recarsi a recuperare i propri beni con un fabbro di sua fiducia e successivamente, vista l’inerzia dello stesso, garantendogli una sicura procedura per l’apertura della cassaforte.
Inoltre, l’immobile in cui è posizionata la cassaforte sono di proprietà e nel possesso pieno del locatore che ha di certo diritto di darlo in locazione nuovamente.

A questo punto, individuati i beni contenuti e in mancanza di una risposta da parte del conduttore per il ritiro, il proprietario dell’immobile potrà liberarsi da ogni responsabilità per i beni che mantiene in custodia, mettendo in mora il creditore (nel caso specifico l’ex conduttore proprietario dei beni contenuti nella cassaforte) ai sensi dell’art. 1206 c.c.
In questo modo la responsabilità per l’impossibilità sopravvenuta della prestazione per causa non imputabile al debitore (il locatore proprietario dell’immobile), si trasferirà in capo al creditore.

Affinché la costituzione in mora sia valida, il debitore dovrà formulare un’offerta reale o per intimazione ai sensi dell’art. 1209 del c.c. che abbia i requisiti previsti dall’ art. 1208 del c.c..
Chiaro

Chiaro che quanto sopra potrà avere un senso solo in base al valore e/o all’entità dei beni presenti in cassaforte.

Si ribadisce, infine, la possibilità per il locatore di richiedere il risarcimento dei danni e il rimborso delle spese effettuate per l’apertura e la rottura della cassaforte e il deposito dei beni contenuti nella stessa.

Angelo D. M. chiede
venerdì 11/09/2015 - Lazio
“Gentile Redazione Brocardi,
in relazione al quesito n. 13.463, a cui avete già dato risposta esauriente, Vi chiedo soltanto di chiarirmi quanto segue.
Volendo esercitare il diritto di rinnovazione tacita del contratto per non aver dato il locatore una disdetta in tempo utile, il sottoscritto intende inviare alla medesima controparte il corrispettivo della pigione, che va corrisposto obbligatoriamente entro il 14 settembre, pena la risoluzione del contratto (come da esplicita clausola contrattuale).
In altre parole, se io oggi invio un vaglia telegrafico al locatore, e questi non lo riscuote, vale o meno la data odierna, attestata dal vaglia, per ottemperare l'obbligo contrattuale di versare la pigione entro il 14 settembre? o esiste un'altra modalità di dazione del denaro, a questo scopo?
Con stima e cordialità
Consulenza legale i 18/09/2015
Nel caso di specie, il debitore vuole che il creditore accetti un pagamento in maniera "forzata", in modo che quest'ultimo non possa mai contestare di averlo ricevuto.
I metodi più sicuri da questo punto di vista sarebbero certamente dei pagamenti - fatti con il dovuto anticipo - mediante bonifico o presso conto corrente postale, ma essi richiedono la conoscenza delle coordinate del conto del creditore (dei quali, si presume, il debitore non dispone nel caso di specie).

Il vaglia postale telegrafico o veloce non sembra rivestire la caratteristica di immediatezza del pagamento, visto che il destinatario dello stesso deve pur sempre volontariamente recarsi ad incassare le somme, mediante la comunicazione all'ufficio postale del numero e dell'importo del vaglia, nonché della parola chiave comunicatagli dal mittente.

Il procedimento in assoluto più sicuro previsto dal codice civile è l'offerta formale del pagamento ai sensi degli artt. 1206 e seguenti c.c.

Quando una obbligazione ha per oggetto del denaro, si deve effettuare una offerta "reale" (art. 1209 c.c.). L'art. 73 delle disposizioni di attuazione al codice civile dice che "Gli atti di offerta reale e quelli di deposito previsti dagli articoli 1209, primo comma, 1212 e 1214 del codice, sono eseguiti da un notaio o da un ufficiale giudiziario". Ai sensi del successivo art. 74, il processo verbale dell'offerta reale deve essere redatto in conformità delle disposizioni dell'articolo 126 del codice di procedura civile e deve in particolare contenere la specificazione dell'oggetto dell'offerta e le dichiarazioni del creditore.

In altre parole, è necessario domandare all'ufficiale giudiziario (in carico presso ogni Tribunale o Giudice di Pace) di presenziare all'offerta del denaro fatta direttamente al creditore, ad esempio con denaro contante (visto che nel caso di specie si tratta di soli euro 240,00). La data in cui viene fatta l'offerta fa fede come data del pagamento, sia che il creditore accetti, sia che lo stesso sia assente, purché il denaro sia stato portato nel luogo stabilito dalla legge (cioè il domicilio del creditore) e se ne possa documentare la presenza mediante il verbale che redigerà l'ufficiale giudiziario.

Nel caso di specie, l'offerta reale può essere fatta fino al 15 settembre compreso.