(1)I creditori possono agire in via sussidiaria sui beni personali [179](2) di ciascuno dei coniugi, nella misura della metà del credito, quando i beni della comunione non sono sufficienti a soddisfare i debiti su di essa gravanti(3).
(1)I creditori possono agire in via sussidiaria sui beni personali [179](2) di ciascuno dei coniugi, nella misura della metà del credito, quando i beni della comunione non sono sufficienti a soddisfare i debiti su di essa gravanti(3).
(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)
Cass. civ. n. 37612/2021
Nella disciplina del diritto di famiglia, introdotta dalla l. n. 151 del 1975, l'obbligazione assunta da un coniuge, per soddisfare bisogni familiari, non pone l'altro coniuge nella veste di debitore solidale, difettando una deroga rispetto alla regola generale secondo cui il contratto non produce effetti rispetto ai terzi. Tale principio opera indipendentemente dal fatto che i coniugi si trovino in regime di comunione dei beni, essendo la circostanza rilevante solo sotto il diverso profilo della possibilità, da parte del creditore, di invocare la garanzia dei beni della comunione o del coniuge non stipulante, nei casi e nei limiti di cui agli artt. 189 e 190 c.c.Cass. civ. n. 10116/2015
In tema di rapporti patrimoniali tra coniugi, non sussiste vincolo di solidarietà per le obbligazioni assunte da uno di essi per soddisfare i bisogni familiari pur in presenza di un regime di comunione legale, fatto salvo il principio di affidamento del creditore che abbia ragionevolmente confidato nell'apparente realtà giuridica, desumibile dallo stato di fatto, che il coniuge contraente agisse anche in nome e per conto dell'altro. Ne consegue che il credito vantato dalla collaboratrice domestica per le obbligazioni assunte dalla moglie, da cui promanavano le quotidiane direttive del servizio, rende coobbligato anche il marito, datore della provvista in danaro ordinariamente utilizzata per la corresponsione della retribuzione sì da ingenerare l'affidamento di esser l'effettivo datore di lavoro.
SEI UN AVVOCATO?
AFFIDA A NOI LE TUE RICERCHE!
Sei un professionista e necessiti di una ricerca giuridica su questo articolo?
Un cliente ti ha chiesto un parere su questo argomento o devi redigere un atto riguardante la materia?
Inviaci la tua richiesta e ottieni in tempi brevissimi quanto ti serve per lo svolgimento della tua attività professionale!
Seguono tutti i quesiti posti dagli utenti del sito che hanno ricevuto una risposta da parte della redazione giuridica di Brocardi.it usufruendo del servizio di consulenza legale. Si precisa che l'elenco non è completo, poiché non risultano pubblicati i pareri legali resi a tutti quei clienti che, per varie ragioni, hanno espressamente richiesto la riservatezza.
Da quanto viene descritto nel quesito posto, la fideiussione appare essere stata prestata soltanto da un coniuge in favore del fratello e della cognata e non da entrambi i coniugi. Tale garanzia si configura quale atto di disposizione di capitale, consentita anche se prestata da uno solo dei coniugi soggetti al regime di comunione legale dei beni.
In tale ambito, viene in rilievo l'applicazione del principio di cui agli art. 189 del c.c. e art. 190 del c.c., in base al quale i beni comuni sono assoggettati alle ragioni del creditore solo nei limiti della quota che spetta al coniuge obbligato. Pertanto, nel caso prospettato, se i beni personali del coniuge che ha prestato la fideiussione non dovessero essere sufficienti a soddisfare le ragioni dei creditori personali, questi potranno aggredire i beni rientranti nella comunione legale fino al valore corrispondente alla quota di proprietà del coniuge obbligato.
Quando tra i coniugi vige il regime patrimoniale della comunione dei beni, ogni acquisto compiuto separatamente da ciascuno di essi costituisce ex lege oggetto della comunione ai sensi dell'art. 177 del c.c.. Tuttavia, l'art. 179 del c.c. alla lettera f) offre la possibilità per il singolo coniuge di acquistare personalmente beni anche dopo il matrimonio utilizzando altri beni strettamente personali quale prezzo della compravendita (ad esempio, una somma ricevuta in eredità, anch'essa considerata bene personale ai sensi dell'art. 179, lett. b). In tal caso, laddove si tratti di bene immobile, la legge impone che l'esclusione dalla comunione risulti esplicitamente dall'atto di acquisto.
Pertanto, se la moglie acquista un bene immobile in corso di matrimonio, ma con beni personali, il bene non entra a far parte della comunione e di conseguenza il marito non potrà accampare su di esso alcun diritto, nemmeno al momento dell'eventuale scioglimento della comunione.
Diversamente, se il bene acquistato da un coniuge entra a far parte della comunione, in caso di successiva donazione della nuda proprietà dell'immobile, non si vede come poter escludere il mantenimento del diritto di usufrutto in capo ad entrambi i cedenti, comproprietari, laddove uno di essi non rinunci espressamente a tale diritto.
“Per un debito del marito coniuge, il quale ha prestato fideiussione per una società cooperativa poi fallita, puo rispondere anche la moglie in comunione dei beni? Spiego meglio: lui presta fideiussione per beni personali e per la comunione dei beni! I creditori possono agire su tutta la comunione o soltanto sulla quota del marito? Grazie”
Ancorché configuri un atto di disposizione di capitale (virtuale) è consentita, ed è pertanto valida ed efficace, la fideiussione prestata da uno solo dei coniugi soggetti al regime di comunione legale dei beni. Resta fermo e applicabile, anche in questo caso, il principio di cui agli artt.189 e 190 c.c., in base al quale i beni comuni sono assoggettati alle ragioni del creditore solo nei limiti della quota che spetta al coniuge obbligato.
Nel caso prospettato, se i beni personali del coniuge che ha prestato la fideiussione non dovessero risultare sufficienti a soddisfare le ragioni dei creditori personali, questi potranno aggredire i beni rientranti nella comunione legale fino al valore corrispondente alla quota di proprietà del coniuge obbligato.
Ancorchè configuri un atto di disposizione di capitale (virtuale) è consentita, ed è peraltro valida ed efficace la fideiussione prestata da uno solo dei coniugi soggetti al regime di comunione legale dei beni.
Resta fermo e applicabile, anche in questo caso, il principio di cui agli art. 189 del c.c. e art. 190 del c.c., in base al quale i beni comuni sono assoggettati alle ragioni del creditore solo nei limiti della quota che spetta al coniuge obbligato.
Nel caso di specie, se i beni personali del coniuge che ha prestato la fideiussione non dovessero risultare sufficienti a soddisfare le ragioni dei creditori personali, questi potranno aggredire i beni rientranti nella comunione legale fino al valore corrispondente alla quota di proprietà del coniuge obbligato.
Detto questo, l'accordo con il quale i coniugi, nel quadro della complessiva regolamentazione dei loro rapporti in sede di separazione consensuale, stabiliscano il trasferimento di beni immobili o la costituzione di diritti reali minori sui medesimi, rientra nel novero degli atti suscettibili di revocatoria fallimentare ai sensi degli art. art. 67 della l. fall. e art. 69 della l. fall., non trovando tale azione ostacolo né nell'avvenuta omologazione dell'accordo stesso, cui resta estranea la funzione di tutela dei terzi creditori e che, comunque, lascia inalterata la natura negoziale della pattuizione; né nella pretesa inscindibilità di tale pattuizione dal complesso delle altre condizioni della separazione ; né, infine, nella circostanza che il trasferimento immobiliare o la costituzione del diritto reale minore siano stati pattuiti in funzione solutoria dell'obbligo di mantenimento del coniuge economicamente più debole o di contribuzione al mantenimento dei figli, venendo nella specie in contestazione, non già la sussistenza dell'obbligo in sé, di fonte legale, ma le concrete modalità di assolvimento del medesimo, convenzionalmente stabilite dalle parti.
“Sono coniugata in regime di separazione dei beni ed ho acquistato l'abitazione prima del matrimonio con mutuo che sto pagando, mediante conto corrente personale, attraverso i proventi del mio lavoro come impiegata pubblica.
Mio marito, socio in due società, una snc e una sas, nelle quali io non ho nessuna carica, ha generato un debito enorme.
Presumo non abbia pagato contributi e quant'altro, ed ora sono arrivate intimazioni da Equitalia per un cifra superiore al valore della casa.
Può Equitalia pignorare la mia casa. Grazie”
I beni che erano personali prima del matrimonio restano in esclusiva proprietà anche dopo il matrimonio e non sono pignorabili per i debiti contratti dal coniuge. Questo a prescindere dal regime patrimoniale scelto dagli sposi al momento del matrimonio.
C'è di più. Se si è scelto il regime della separazione dei beni, anche i beni acquistati dopo il matrimonio dal coniuge non debitore rimangono di sua esclusiva proprietà e non sono pignorabili per debiti dell'altro coniuge. La separazione dei beni realizza, infatti, uno sbarramento tra i patrimoni dei coniugi.
Solo se il coniuge non imprenditore ha concesso garanzie a favore dell'impresa condotta dall'altro o si è in qualche modo intromesso nella gestione della sua attività, la separazione dei beni potrebbe non essere di per sè sufficiente a scongiurare il pericolo di un suo coinvolgimento nei debiti.
Nel caso di specie, dunque, non potrà essere pignorata la casa, che è di esclusiva proprietà della moglie.
“Sono in comunione dei beni, ma mia moglie e proprietaria dell'appartamento in cui viviamo, detta proprietà e stata acquisita prima del matrimonio. Può un creditore rivalersi su questa proprietà. Il debito è stato contratto solo da me. Grazie”
Il bene di cui il coniuge ha acquistato la proprietà prima del matrimonio è un bene personale a norma dell’art. 179 del c.c. e non entra a far parte della comunione.
Secondo quanto disposto dal 2°comma dell'art. 189 del c.c. i creditori particolari di uno dei coniugi, per il credito sorto prima del matrimonio, possono soddisfarsi in via sussidiaria, sui beni della comunione fino al valore corrispondente alla quota del coniuge obbligato, una volta che abbiano preliminarmente agito infruttuosamente sui suoi beni personali. Non è previsto però, ed è il caso in questione, che i creditori particolari possano attaccare i beni personali del coniuge che non si è obbligato (i.e.: che non ha direttamente contratto il debito di cui si tratta).