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Articolo 128 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 26/11/2024]

Matrimonio putativo

Dispositivo dell'art. 128 Codice Civile

Se il matrimonio è dichiarato nullo [68, 117-127], gli effetti del matrimonio valido(1) si producono, in favore dei coniugi, fino alla sentenza che pronunzia la nullità(2), quando i coniugi stessi lo hanno contratto in buona fede, oppure quando il loro consenso è stato estorto con violenza o determinato da timore di eccezionale gravità derivante da cause esterne agli sposi [122, 584, 785].

Il matrimonio dichiarato nullo ha gli effetti del matrimonio valido rispetto ai figli(3).

Se le condizioni indicate nel primo comma si verificano per uno solo dei coniugi [139], gli effetti valgono soltanto in favore di lui e dei figli [139, 251].

Il matrimonio dichiarato nullo, contratto in malafede da entrambi i coniugi, ha gli effetti del matrimonio valido rispetto ai figli nati o concepiti durante lo stesso, salvo che la nullità dipenda da [bigamia o] incesto(4).

Nell’ipotesi di cui al quarto comma, rispetto ai figli si applica l’articolo 251(5).

Note

(1) Il matrimonio putativo è un matrimonio dichiarato nullo o annullato, ma contratto da almeno uno dei due coniugi in buona fede, oppure il loro consenso sia stato estorto con violenza o determinato da timore di eccezionale gravità derivante da cause esterne ai coniugi: sino all'annullamento produce effetti per i coniugi, dalla pronunzia decorreranno gli effetti ("ex nunc") descritti agli artt. 129 e 129 bis c.c..
È necessario un atto di matrimonio, seppur invalido; qualora manchi, si verserebbe nell'ipotesi di m. inesistente.
La buona fede che si richiede è l'ignoranza (di fatto o di diritto) della causa di invalidità.
(2) Una limitazione degli effetti del matrimonio dichiarato nullo emerge nel caso di dichiarazione di nullità del matrimonio che interviene dopo il decesso di uno dei due coniugi: l'art. 584 del c.c. rende applicabili le norme sulla successione legittima facendo mantenere al superstite i diritti successori, purché non risposatosi con valido matrimonio al momento della morte.
L'art. 785 del c.c., in relazione ai beni donati in vista del matrimonio (cd. donazioni obnuziali) prevede che solo il coniuge di buona fede non sia tenuto a restituire i frutti percepiti prima della domanda di annullamento del matrimonio e prodotti dal bene donato. Con la sentenza viene meno l'incertezza e dovranno essere pertanto restituiti al titolare del bene i frutti maturati.
(3) Comma così modificato con D. lgs. 28 dicembre 2013, n. 154, in vigore dal 7 febbraio 2014.
La formulazione precedente recitava: "Gli effetti del matrimonio valido si producono anche rispetto ai figli nati o concepiti durante il matrimonio dichiarato nullo, nonché rispetto ai figli nati prima del matrimonio e riconosciuti anteriormente alla sentenza che dichiara la nullità".
(4) Rispetto ai figli, dunque, che siano nati o concepiti o riconosciuti prima della sentenza di nullità, il m. putativo produce gli stessi effetti del m. valido, allargandosi altresì i medesimi effetti nel caso di mala fede di entrambi i coniugi.
Il riconoscimento dei figli nati da persone legate da vincoli parentali (incesto) è attualmente ammesso dall'art. 251, anche se subordinato ad una autorizzazione del giudice che dovrà valutare approfonditamente l'esclusivo interesse del figlio e l'assenza di qualsivoglia tipo di pregiudizio che allo stesso potrebbe derivare in seguito a tale riconoscimento.
È stato invece eliminato ogni tipo riferimento alla bigamia, che in precedenza ostava al riconoscimento dello status di figlio.
(5) Comma così modificato con d.lgs. 28 dicembre 2013, n. 154, in vigore dal 7 febbraio 2014.
La formulazione precedente recitava: "Nell'ipotesi di cui al comma precedente, i figli nei cui confronti non si verifichino gli effetti del matrimonio valido, hanno lo stato di figli naturali riconosciuti, nei casi in cui il riconoscimento è consentito".

Ratio Legis

In tale eccezionale caso di matrimonio annullato, si produrranno degli effetti al fine unico di tutelare coloro che, in buona fede, abbiano confidato nella validità di esso, e nell'interesse dei figli.

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)

101 A proposito della disciplina del matrimonio putativo, è stato suggerito di stabilire alcune sanzioni a carico del coniuge di mala fede. Senonché, sia la norma proposta che consente alla moglie in buona fede di far annullare l'alienazione dei beni dotali, sia l'altra che attribuisce la patria potestà soltanto al genitore di buona fede, appaiono superflue, perché la prima discende dagli effetti stessi del matrimonio putativo quali sono fissati nel primo comma dell'art. 128 del c.c., e la seconda si desume agevolmente dai principi generali. Quanto all'altra proposta, con la quale si vorrebbe stabilire un obbligo alimentare a carico del coniuge di mala fede, si deve rilevare che l'obbligo alimentare presuppone necessariamente l'esistenza del vincolo coniugale, che deve invece ritenersi cessato con la sentenza di annullamento. Né sembra ammissibile giustificare l'obbligo come una sanzione a carico del coniuge di mala fede, perché sarebbe una incongruenza giuridica impiegare a scopo di sanzione un istituto, al quale, per la sua struttura tecnica, è del tutto estranea qualsiasi funzione repressiva o riparatoria. Del resto, adeguate sanzioni a carico del coniuge di mala fede sono poste nell'art. 139 del c.c., nel quale si prevede tanto la sanzione penale dell'ammenda, quanto quella civile del risarcimento del danno. Nello stesso art. 128 è stata poi soppressa l'ultima frase, contenuta nel progetto, che importava un riferimento alle cause di impugnativa del riconoscimento dei figli naturali. Tale riferimento era tecnicamente impreciso, perché gli articoli 263 e seguenti presuppongono che oggetto dell'impugnativa sia la dichiarazione di riconoscimento, mentre l'art. 128 crea obbiettivamente lo stato di figlio naturale riconosciuto indipendentemente da ogni dichiarazione del genitore. D'altra parte non vi è dubbio che si possa liberamente provare la inesistenza del fatto della nascita o del concepimento durante il matrimonio dichiarato nullo, dato che questo fatto è la condizione essenziale per la concessione dello stato di figlio naturale riconosciuto.

Massime relative all'art. 128 Codice Civile

Cass. civ. n. 2077/1985

Il matrimonio nullo, il quale debba considerarsi contratto in buona fede da almeno uno dei coniugi, in applicazione del principio generale secondo il quale la buona fede si presume fino a prova contraria (principio fissato per il possesso dall'art. 1147 c.c., ma applicabile a tutti i negozi giuridici), spiega gli effetti del matrimonio valido nei confronti, oltre che di detto coniuge, dei figli (art. 128 terzo comma c.c. sul cosiddetto matrimonio putativo). Pertanto, con riguardo a figli naturali riconosciuti e legittimati per susseguente matrimonio, il cui status venga posto in discussione al fine di sostenerne l'esclusione da delazione ereditaria, resta irrilevante la deduzione di ragioni di nullità del matrimonio medesimo, quando non si affermi e dimostri la mala fede di entrambi i coniugi, poiché, in difetto di tale allegazione e dimostrazione, l'eventuale nullità del rapporto matrimoniale non è comunque idonea ad escludere gli effetti a norma del citato art. 128 del matrimonio valido in favore dei predetti figli.

Cass. civ. n. 1808/1976

A norma dell'art. 128, quarto comma, c.c., nel nuovo testo risultante dalla L. n. 151 del 1975, il matrimonio dichiarato nullo e contratto in mala fede (ossia nella consapevolezza della sua invalidità) da entrambi i coniugi, ha gli effetti del matrimonio valido rispetto ai figli nati o concepiti durante lo stesso, salvo che la nullità dipenda da bigamia o incesto. Ciò non si verifica in caso di matrimonio «inesistente», dovendosi però l'inesistenza ravvisarsi solamente nella mancanza della realtà naturalistica della fattispecie, i cui requisiti minimi sono dati dalla presenza di due persone di sesso diverso, manifestanti la volontà matrimoniale all'ufficiale di stato civile celebrante, e non anche nella nullità della trascrizione del matrimonio religioso.

Cass. civ. n. 1298/1971

La buona fede nei nubendi, agli effetti dell'art. 128 c.c., deve presumersi nel momento della celebrazione del vincolo matrimoniale, essendo applicabile anche al matrimonio il principio generale sancito dall'ultimo comma dell'art. 1147 c.c. Conseguentemente, l'onere di provare l'inefficacia totale del matrimonio anche sotto il profilo della putatività, e la mala fede del nubente, incombe ei qui dicit.

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