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Articolo 584 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 26/11/2024]

Successione del coniuge putativo

Dispositivo dell'art. 584 Codice Civile

Quando il matrimonio è stato dichiarato nullo [128] dopo la morte di uno dei coniugi, al coniuge superstite di buona fede spetta la quota attribuita al coniuge dalle disposizioni che precedono(1). Si applica altresì la disposizione del secondo comma dell'articolo 540(2).

Egli è però escluso dalla successione, quando la persona della cui eredità si tratta è legata da valido matrimonio al momento della morte(3).

Note

(1) La successione del coniuge putativo avviene laddove:
- vi sia stata una pronunzia giudiziale di annullamento del matrimonio.
Tale sentenza deve intervenire successivamente alla morte del de cuius. Diversamente non si verificherebbe la delazione ereditaria in favore del soggetto divenuto ormai estraneo.
- la buona fede del coniuge superstite, ossia l'ignoranza dell'esistenza della causa invalidante.
Benchè non espressamente richiamato dalla norma in commento, il medesimo trattamento si applica anche al caso del coniuge il cui consenso sia stato estorto con la violenza o determinato da un timore di eccezionale gravità (v. art. 128 del c.c.).
(2) Al coniuge putativo spettano, cioè, i diritti d'abitazione e d'uso sulla casa coniugale e sui mobili che la corredano.
(3) Il coniuge legittimo esclude dunque il coniuge putativo. Vi è, tuttavia, chi ritiene che il coniuge putativo superstite possa succedere qualora quello legittimo non possa o non voglia venire alla successione.

Ratio Legis

La norma tutela il coniuge putativo, in ragione della sua buona fede. Tuttavia, nel caso in cui vi sia anche un coniuge legittimo la preferenza viene accordata a quest'ultimo.

Spiegazione dell'art. 584 Codice Civile

L’articolo si riferisce al matrimonio putativo. Il primo comma consacra la soluzione, già accolta dalla dottrina, per il caso in cui dopo la morte del coniuge venga dichiarata la nullità del matrimonio: al coniuge superstite di buona fede spettano gli stessi diritti successori che gli sarebbero spettati se il matrimonio fosse stato valido. L’ipotesi contemplata si riferisce esclusivamente ad un matrimonio dichiarato nullo dopo la morte di uno dei coniugi, in relazione con l’art. 128, che dispone che "se il matrimonio è dichiarato nullo, gli effetti del matrimonio valido si producono, in favore dei coniugi, fino alla sentenza che pronunzia la nullità, quando i coniugi stessi lo hanno contratto in buona fede". Cosicché se, come normalmente avviene, l’annullamento è pronunciato prima della morte del coniuge, l’altro coniuge non può venire alla successione perché, nel momento successivo in cui si verifica la morte, il matrimonio non sussiste più, e quindi non sussiste nemmeno lo stato di coniuge.

Il capoverso dell’articolo concerne invece il caso di concorso del coniuge putativo col coniuge vero del de cuius: in tale ipotesi il coniuge putativo è escluso dalla successione. Soluzione, questa, in contrasto con la prevalente opinione della dottrina, che, sotto l’impero del codice precedente, giungeva alla soluzione di dividere in parti eguali tra coniuge putativo e coniuge vero la quota di un solo coniuge, oppure di attribuire al coniuge putativo una quota uguale a quella del coniuge vero, formandola per detrazione proporzionale dalla quota di quest’ultimo, astrattamente considerata, e da quella degli altri eredi legittimi.

La soluzione accolta nel nostro codice sacrifica in modo grave il coniuge putativo. Vero è che l’art. 129 bis gli concede il diritto ad "una congrua indennità, anche in mancanza di prova del danno sofferto" nel caso in cui l’altro coniuge, conoscendo prima della celebrazione una causa di nullità del matrimonio, gliel’abbia lasciata ignorare. E vero è anche che questo diritto, per la premorienza del coniuge di mala fede, si attuerà praticamente in molti casi con un risarcimento di danni cui dovranno sottostare gli eredi, tra cui il coniuge vero. Ciò non toglie che se anche l’esclusione del coniuge putativo non è assoluta, rappresenta però una condizione di particolare sfavore, ed un'anomalia nel sistema, di cui non è facile comprendere la ragione.

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)

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