Cass. civ. n. 1510/2015
Il riconoscimento di un debito fuori bilancio, ex art. 5 del D.Lgs. 15 settembre 1997, n. 342, poi trasfuso nell'art. 194, comma 1, lett. e), del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, costituisce un procedimento discrezionale che consente all'ente locale di far salvi nel proprio interesse - accertati e dimostrati l'utilità e l'arricchimento che ne derivano, per l'ente stesso, nell'ambito dell'espletamento di pubbliche funzioni e servizi di competenza - gli impegni di spesa per l'acquisizione di beni e servizi in precedenza assunti tramite specifica obbligazione, ancorché sprovvista di copertura contabile, ma non introduce una sanatoria per i contratti nulli o, comunque, invalidi - come quelli conclusi senza il rispetto della forma scritta "ad substantiam" - né apporta una deroga al regime di inammissibilità dell'azione di indebito arricchimento di cui all'art. 23 del D.L. 2 marzo 1989, n. 66, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 1989, n. 144.
Cons. Stato n. 4143/2014
Il riconoscimento del debito fuori bilancio costituisce un procedimento comunque dovuto, come si desume dall'art. 194 del T.U. approvato con D.Lgs. 267 del 2000, il cui esito non è peraltro vincolato e al quale l'amministrazione non può pertanto sottrarsi attraverso una semplice e immotivata comunicazione di un qualunque ufficio, essendo invece necessario un procedimento ad hoc, la cui proposta va formulata al responsabile del servizio competente per materia che dovrà accertare l'eventuale, effettiva utilità che l'ente ha tratto dalla prestazione altrui.
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Il riconoscimento del debito fuori bilancio è diretto esclusivamente a sanare irregolarità di tipo contabile, rispondendo all'interesse pubblico alla regolarità della gestione finanziaria dell'ente, ma non può in alcun modo sopperire alla mancanza di una obbligazione validamente sorta: al contrario, è il diritto, quando controverso oggetto di accertamento da parte dell'autorità giudiziaria, a costituire il presupposto per l'iscrizione fuori bilancio.
Cons. Stato n. 6269/2013
Come si evince dall'art. 194 del T.U.E.L., la proposta della deliberazione per il riconoscimento dei debiti fuori bilancio spetta al responsabile del servizio competente per materia, che dovrà accertare l'eventuale effettiva utilità che l'ente ha tratto dalla prestazione altrui, che è un concetto di carattere funzionale, costituendo l'arricchimento un concetto derivato, teso alla misurazione dell'utilità ricavata. È quindi necessaria un'attività istruttoria da parte del responsabile del settore formalizzata in una relazione che contenga i riferimenti della situazione debitoria dell'ente da riconoscere eventualmente ai sensi dell'art. 194, comma 1, lett. e) del D.Lgs. n. 267/2000, la sussistenza dei requisiti oggettivi richiesti per il legittimo riconoscimento di ciascun debito, ovvero l'utilità e l'arricchimento per l'Ente di servizi acquisiti nell'ambito dell'espletamento di servizi di competenza.
C. Conti n. 116/2010
La tipologia dei debiti fuori bilancio è da ricondurre alla nozione ragionieristica di "sopravvenienza passiva" al di fuori dell'impegno costituito secondo le prescrizioni dell'art. 191 D.Lgs. n. 267/2000 ed in assenza di una specifica previsione nel bilancio di esercizio di insorgenza dei debiti; inoltre, la previsione di cui all'art. 194 di cui al medesimo D.Lgs. n. 267/2000 costituisce eccezione ai principi che regolano il sistema del procedimento di spesa e l'elencazione delle fattispecie in cui è possibile sanare l'irregolarità gestionale è tassativa.
C. Conti n. 45/2009
In base a quanto disposto dall'art. 81 D.Lgs. n. 77 del 1995, come successivamente modificato e attualmente riconfluito nell'art. 248 T.U.E.L., dalla data di deliberazione del dissesto e sino all'approvazione del rendiconto, i debiti insoluti non producono interessi né sono soggetti a rivalutazione monetaria. Tale interpretazione letterale della norma è stata smentita dalla sentenza della Corte costituzionale n. 269/1998 che afferma che i crediti nei confronti degli enti dissestati producono interessi e sono soggetti a rivalutazione monetaria per cui nulla vieta al creditore di promuovere le normali azioni di cognizione tra cui quelle volte all'accertamento del diritto agli interessi ed alla predetta rivalutazione. Tale indirizzo è stato di recente ribadito dalla Corte di cassazione nella sentenza n. 2095/2008. Per quanto concerne il secondo ed il quarto quesito la sezione ha precisato che il soddisfacimento del credito derivante da sentenza esecutiva rientra fra le ipotesi di debito fuori bilancio ex art. 194 T.U.E.L., ma si distingue dalle altre in quanto l'ente è tenuto, indipendentemente da qualsivoglia valutazione di legittimità, a saldare il debito, attraverso l'indispensabile procedura di cui al citato art. 194 che prevede l'adozione di apposita delibera da parte del Consiglio comunale con cui vengono individuate anche le risorse necessarie per farvi fronte. In ordine, infine, al terzo quesito relativo alla necessità che il rendiconto sia approvato, il commissario liquidatore deve comunque attendere la delibera consiliare in merito ed attivarsi per reperire le somme necessarie nel caso in cui il bilancio sia incapiente.
C. Conti n. 716/2009
L'istituto del riconoscimento dell'"utilitas" dei debiti assunti in violazione dei principi di contabilità pubblica deve necessariamente essere coniugato con i principi posti a presidio della corretta gestione delle risorse finanziarie pubbliche e, perciò, va effettuato solo in presenza di un concreto accertamento dell'utilità scaturente da oneri contrattuali privi di copertura, con riguardo all'espletamento di pubbliche funzioni e servizi di competenza dell'ente, da esternare con rigorosa motivazione nella relativa deliberazione.