Cass. civ. n. 14476/2015
La domanda di pagamento del compenso proposta nei confronti della P.A. da un professionista incaricato della progettazione di uno strumento urbanistico particolareggiato appartiene alla giurisdizione ordinaria, posto che trova autonoma causa e giustificazione nella prestazione già resa in base ad un rapporto "iure privatorum", restando poi devoluto al giudice del merito di verificare l'eventuale violazione dell'obbligo della stessa Amministrazione di dare regolare copertura finanziaria alla relativa spesa.
Cass. civ. n. 10798/2015
Il riconoscimento dell'utilità da parte dell'arricchito non costituisce requisito dell'azione di indebito arricchimento, sicché il depauperato che agisce ex art. 2041 c.c. nei confronti della P.A. ha solo l'onere di provare il fatto oggettivo dell'arricchimento, senza che l'ente pubblico possa opporre il mancato riconoscimento dello stesso, esso potendo, invece, eccepire e provare che l'arricchimento non fu voluto o non fu consapevole, e che si trattò, quindi, di "arricchimento imposto".
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La regola di carattere generale secondo cui non sono ammessi arricchimenti ingiustificati né spostamenti patrimoniali ingiustificabili trova applicazione paritaria nei confronti del soggetto privato come dell'ente pubblico; e poiché il riconoscimento dell'utilità non costituisce requisito dell'azione di indebito arricchimento, il privato attore ex art. 2041 cod. civ. nei confronti della P.A. deve provare - e il giudice accertare - il fatto oggettivo dell'arricchimento, senza che l'amministrazione possa opporre il mancato riconoscimento dello stesso, potendo essa, piuttosto, eccepire e dimostrare che l'arricchimento non fu voluto o non fu consapevole (nella specie, la Corte ha ritenuto illegittima, la sentenza di merito con cui, accertata la mancata previa deliberazione di conferimento-incarico da parte del Comune, era stato negato l'indennizzo per i lavori in più svolti dall'affidatario, richiesti dall'ufficio Tecnico comunale).
Cass. civ. n. 26657/2014
In tema di obbligazioni della P.A., l'inserimento nel contratto d'opera professionale di una clausola di cd. copertura finanziaria - in base alla quale l'ente pubblico territoriale subordina il pagamento del compenso al professionista incaricato della progettazione di un'opera pubblica alla concessione di un finanziamento - non consente di derogare alle procedure di spesa di cui all'art. 23, commi 3 e 4, del D.L. 2 marzo 1989 n. 66, convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, legge 24 aprile 1989, n. 144 (oggi sostituito dall'art. 191 del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267), che non possono essere differite al momento dell'erogazione del finanziamento, sicché, in mancanza, il rapporto obbligatorio non è riferibile all'ente ma intercorre, ai fini della controprestazione, tra il privato e l'amministratore o funzionario che abbia assunto l'impegno.
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Il divieto, per i Comuni, in base all'art. 23, commi 3 e 4, del D.L. 2 marzo 1989 n. 66, convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, legge 24 aprile 1989, n. 144 (oggi sostituito dall'art. 191 del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267), di effettuare qualsiasi spesa in assenza di impegno contabile registrato dal ragioniere (o, in sua mancanza, dal segretario) sul competente capitolo di bilancio di previsione, si applica anche se la spesa sia interamente finanziata da altro ente pubblico, ferma restando la necessaria verifica della copertura della spesa nel bilancio del Comune che ne assume l'impegno.
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L'art. 23 del D.L. 2 marzo 1989 n. 66, convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, legge 24 aprile 1989, n. 144 (oggi sostituito dall'art. 191 del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267), secondo il quale l'ente pubblico non risponde dell'attività posta in essere dal proprio funzionario senza l'osservanza delle regole procedimentali ivi previste, si applica anche ai Comuni della Regione Sicilia, a prescindere dal suo formale recepimento nella legislazione regionale, in quanto norma destinata ad incidere sull'efficacia del contratto e, quindi, relativa all'area dell'ordinamento civile riservata alla competenza esclusiva della legislazione statale ai sensi dell'art. 117, secondo comma, lett. l), Cost.
Cass. civ. n. 21340/2014
In tema di spese fuori bilancio dei Comuni (e, più in generale, degli enti locali), ai fini dell'interpretazione del disposto dall'art. 23, quarto comma, del D.L. 2 marzo 1989, n. 66 (convertito, con modificazioni, in legge 24 aprile 1989, n. 144), che stabilisce l'insorgenza del rapporto obbligatorio, quanto al corrispettivo, direttamente con l'amministratore o il funzionario che abbia consentito la prestazione, va escluso che l'attività di "consentire" la prestazione debba consistere in un ruolo di iniziativa o di determinante intervento del funzionario, essendo sufficiente che questi ometta di manifestare il proprio dissenso e presti invece la sua opera come in presenza di una valida ed impegnativa obbligazione dell'ente locale.
Cons. Stato n. 4143/2014
La disciplina sul riconoscimento dei debiti fuori bilancio contenuta negli artt. 191 e 194 del T.U. approvato con D.L.vo 18 agosto 2000 n. 267 impone agli enti locali di valutare e apprezzare eventuali prestazioni rese in loro favore, ancorché in violazione formale delle norme di contabilità; più precisamente, per effetto dell'art. 4 del D.L.vo 15 settembre 1997 n. 342, poi trasfuso nell'art. 191 del T.U. citato, è stato introdotto il principio della validità del rapporto obbligatorio direttamente costituito con l'Amministrazione, a condizione peraltro che la prestazione o il bene fornito siano riconoscibili come dei debiti fuori bilancio ai sensi dell'anzidetto art. 194 del medesimo T.U. e, quindi, che siano passibili di dichiarazione di utilità da parte dell'Ente locale, con conseguente previsione di spesa - anche fuori bilancio - nel caso in cui il relativo impegno non sia stato ancora previsto.
Cons. Stato n. 6269/2013
Il riconoscimento dei debiti fuori bilancio afferisce ad un istituto pubblicistico previsto dagli artt. 191 e 194 T.U.E.L., che impone al Comune di valutare e apprezzare eventuali prestazioni rese in suo favore, ancorché in violazione formale delle norme di contabilità. Trattasi di una novità rispetto al precedente assetto normativo della finanza locale (art. 35, comma 4, D.Lgs. 25 febbraio 1995, n. 77 che prevedeva unicamente, in caso di acquisizione di beni e servizi in violazione degli obblighi di contabilità, che "il rapporto obbligatorio intercorre(sse), ai fini della controprestazione, e per ogni effetto di legge, tra il privato fornitore e l'amministratore, funzionario o dipendente che (aveva) consentito la fornitura").
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L'art. 4 del D.Lgs. 15 settembre 1997, n. 342, confluito nell'art. 191 del T.U.E.L., ha introdotto il principio della validità del rapporto obbligatorio direttamente con l'Amministrazione, a condizione che la prestazione o il bene fornito siano riconoscibili come dei debiti fuori bilancio (art. 194) e, quindi, che siano passibili di dichiarazione di utilità da parte dell'ente, con conseguente previsione di spesa, anche fuori bilancio, nel caso in cui il relativo impegno non sia stato ancora previsto. Il riconoscimento del debito fuori bilancio costituisce, pertanto, atto dovuto - come si desume dall'art. 194 del T.U.E.L. - e l'Amministrazione non può sottrarsi attraverso una semplice e immotivata comunicazione di un qualunque ufficio, essendo invece necessario un procedimento ad hoc.
Cass. civ. n. 20763/2009
La norma dell'art. 23, comma 3 D.L. 2 marzo 1989 n. 66, conv., con modificazioni, nella L. n. 144 del 1989 - successivamente trasfusa nell'art. 35, comma 3, D.Lgs. 25 febbraio 1995 n. 77, e nell'art. 191, comma 3, D.Lgs. 18 agosto 2000 n. 267 - secondo cui per i lavori di somma urgenza disposti dalle amministrazioni comunali e provinciali l'ordinazione fatta a terzi deve essere regolarizzata improrogabilmente entro trenta giorni, è norma applicabile anche ai contratti di appalto di lavori pubblici. La regolarizzazione, che corrisponde ad un preciso obbligo della P.A., la cui violazione può essere fatta valere non solo dal terzo contraente, ma anche dalla stessa amministrazione, e che è finalizzata ad evitare l'accumularsi di debiti fuori bilancio, deve intervenire necessariamente nel termine sopra indicato e, in mancanza, non può ritenersi sussistente un valido rapporto obbligatorio tra l'Amministrazione ed il terzo.
Cass. civ. n. 23385/2008
In tema di azione d'indebito arricchimento nei confronti della P.A., conseguente all'assenza di un valido contratto di appalto di opere (nella specie perché annullato dal Giudice Amministrativo), tra la P.A. (nella specie un Comune) ed un privato (nella specie un consorzio di cooperative), l'indennità prevista dall'art. 2041 cod. civ. va liquidata nei limiti della diminuzione patrimoniale subita dall'esecutore della prestazione resa in virtù del contratto invalido, con esclusione di quanto lo stesso avrebbe percepito a titolo di lucro cessante se il rapporto negoziale fosse stato valido ed efficace; pertanto, ai fini della determinazione dell'indennizzo dovuto, non può farsi ricorso alla revisione prezzi, tendente ad assicurare al richiedente quanto si riprometteva di ricavare dall'esecuzione del contratto, la quale, non può costituire neppure un mero parametro di riferimento, trattandosi di meccanismo sottoposto dalla legge a precisi limiti e condizioni, pur sempre a fronte di un valido contratto di appalto (Principio enunciato dalle Sezioni Unite, in fattispecie antecedente alla legge 24 aprile 1989, n. 144, risolvendo un contrasto in riferimento ai criteri di calcolo dell'indennizzo
ex art. 2041 cod. civ.).