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Articolo 24 Testo unico edilizia

(D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380)

[Aggiornato al 10/10/2024]

Agibilità

Dispositivo dell'art. 24 Testo unico edilizia

1. La sussistenza delle condizioni di sicurezza, igiene, salubrità, risparmio energetico degli edifici e degli impianti negli stessi installati, e, ove previsto, di rispetto degli obblighi di infrastrutturazione digitale valutate secondo quanto dispone la normativa vigente, nonché la conformità dell'opera al progetto presentato e la sua agibilità sono attestati mediante segnalazione certificata(1).

2. Ai fini dell'agibilità, entro quindici giorni dall'ultimazione dei lavori di finitura dell'intervento, il soggetto titolare del permesso di costruire, o il soggetto che ha presentato la segnalazione certificata di inizio di attività, o i loro successori o aventi causa, presenta allo sportello unico per l'edilizia la segnalazione certificata, per i seguenti interventi:

  1. a) nuove costruzioni;
  2. b) ricostruzioni o sopraelevazioni, totali o parziali;
  3. c) interventi sugli edifici esistenti che possano influire sulle condizioni di cui al comma 1.

3. La mancata presentazione della segnalazione, nei casi indicati al comma 2, comporta l'applicazione della sanzione amministrativa pecuniaria da euro 77 a euro 464.

4. Ai fini dell'agibilità, la segnalazione certificata può riguardare anche:

  1. a) singoli edifici o singole porzioni della costruzione, purché funzionalmente autonomi, qualora siano state realizzate e collaudate le opere di urbanizzazione primaria relative all'intero intervento edilizio e siano state completate e collaudate le parti strutturali connesse, nonché collaudati e certificati gli impianti relativi alle parti comuni;
  2. b) singole unità immobiliari, purché siano completate e collaudate le opere strutturali connesse, siano certificati gli impianti e siano completate le parti comuni e le opere di urbanizzazione primaria dichiarate funzionali rispetto all'edificio oggetto di agibilità parziale.

5. La segnalazione certificata di cui ai commi da 1 a 4 è corredata dalla seguente documentazione:

  1. a) attestazione del direttore dei lavori o, qualora non nominato, di un professionista abilitato che assevera la sussistenza delle condizioni di cui al comma 1;
  2. b) certificato di collaudo statico di cui all'articolo 67 ovvero, per gli interventi di cui al comma 8-bis del medesimo articolo, dichiarazione di regolare esecuzione resa dal direttore dei lavori;
  3. c) dichiarazione di conformità delle opere realizzate alla normativa vigente in materia di accessibilità e superamento delle barriere architettoniche di cui all'articolo 77, nonché all'articolo 82;
  4. d) gli estremi dell'avvenuta dichiarazione di aggiornamento catastale;
  5. e) dichiarazione dell'impresa installatrice, che attesta la conformità degli impianti installati negli edifici alle condizioni di sicurezza, igiene, salubrità, risparmio energetico prescritte dalla disciplina vigente ovvero, ove previsto, certificato di collaudo degli stessi;
  6. e-bis) attestazione di 'edificio predisposto alla banda ultra larga', rilasciata da un tecnico abilitato per gli impianti di cui all'articolo 1, comma 2, lettera b), del decreto del Ministro dello sviluppo economico 22 gennaio 2008, n. 37, e secondo quanto previsto dalle Guide CEI 306-2, CEI 306-22 e 64-100/1, 2 e 3(2).

5-bis. Nelle more della definizione dei requisiti di cui all'articolo 20, comma 1-bis, ai fini della certificazione delle condizioni di cui al comma 1 del presente articolo e dell'acquisizione dell'assenso da parte dell'amministrazione competente, fermo restando il rispetto degli altri requisiti igienico-sanitari previsti dalla normativa vigente, il progettista abilitato è autorizzato ad asseverare la conformità del progetto alle norme igienico-sanitarie nelle seguenti ipotesi:

  1. a) locali con un'altezza minima interna inferiore a 2,70 metri fino al limite massimo di 2,40 metri;
  2. b) alloggio monostanza, con una superficie minima, comprensiva dei servizi, inferiore a 28 metri quadrati, fino al limite massimo di 20 metri quadrati, per una persona, e inferiore a 38 metri quadrati, fino al limite massimo di 28 metri quadrati, per due persone(4).

5-ter. L'asseverazione di cui al comma 5-bis può essere resa ove sia soddisfatto il requisito dell'adattabilità, in relazione alle specifiche funzionali e dimensionali, previsto dal regolamento di cui al decreto del Ministro dei lavori pubblici 14 giugno 1989, n. 236, e sia soddisfatta almeno una delle seguenti condizioni:

  1. a) i locali siano situati in edifici sottoposti a interventi di recupero edilizio e di miglioramento delle caratteristiche igienico-sanitarie;
  2. b) sia contestualmente presentato un progetto di ristrutturazione con soluzioni alternative atte a garantire, in relazione al numero degli occupanti, idonee condizioni igienico-sanitarie dell'alloggio, ottenibili prevedendo una maggiore superficie dell'alloggio e dei vani abitabili ovvero la possibilità di un'adeguata ventilazione naturale favorita dalla dimensione e tipologia delle finestre, dai riscontri d'aria trasversali e dall'impiego di mezzi di ventilazione naturale ausiliari(4).

5-quater. Restano ferme le deroghe ai limiti di altezza minima e superficie minima dei locali previste a legislazione vigente(4).

6. L'utilizzo delle costruzioni di cui ai commi 2 e 4 può essere iniziato dalla data di presentazione allo sportello unico della segnalazione corredata della documentazione di cui al comma 5. Si applica l'articolo 19, commi 3 e 6-bis, della legge 7 agosto 1990, n. 241.

7. Le Regioni, le Province autonome, i Comuni e le Città metropolitane, nell'ambito delle proprie competenze, disciplinano le modalità di effettuazione dei controlli, anche a campione e comprensivi dell'ispezione delle opere realizzate.

7-bis. La segnalazione certificata può altresì essere presentata, in assenza di lavori, per gli immobili legittimamente realizzati privi di agibilità che presentano i requisiti definiti con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro della salute, con il Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo e con il Ministro per la pubblica amministrazione, da adottarsi, previa intesa in Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione(3).

Note

(1) Tale comma è stato modificato dall'art. 4, comma 1, lettera b), del D.Lgs. 8 novembre 2021, n. 207.
(2) Tale lettera è stata introdotta dall'art. 4, comma 1, lettera b), del D.Lgs. 8 novembre 2021, n. 207.
(3) Il comma 7-bis è stato inserito dall'art. 10, comma 1, lettera n) del D.L. 16 luglio 2020, n. 76
(4) I commi 5-bis, 5-ter e 5-quater sono stati introdotti dall'art. 1, comma 1, lettera c-bis) del D.L. 29 maggio 2024, n. 69, convertito con modificazioni dalla L. 24 luglio 2024, n. 105.

Spiegazione dell'art. 24 Testo unico edilizia

Il certificato di agibilità attesta la sussistenza delle condizioni di sicurezza, igiene, salubrità di un edificio.
La norma ha l’evidente finalità di tutelare la salute pubblica e la pubblica incolumità, garantendo che i fabbricati possiedano le condizioni minime di sicurezza e salubrità che li rendono adatti ad ospitare le attività umane.

Spesso viene utilizzato nella pratica anche il termine abitabilità, ma si tratta di un residuo della vecchia terminologia, superata dal Testo Unico, che distingueva l’abitabilità per gli edifici residenziali e l’agibilità per i fabbricati non residenziali.

Per quanto riguarda i rapporti con i titoli edilizi, si ritiene che il permesso di costruire ed il certificato di agibilità siano collegati a presupposti e finalità diversi, in quanto il certificato di agibilità ha la funzione di accertare che l'immobile al quale si riferisce è stato realizzato nel rispetto delle norme tecniche vigenti in materia di sicurezza, salubrità, igiene, risparmio energetico degli edifici e degli impianti, mentre il titolo abilitativo attiene al profilo del rispetto delle norme urbanistico edilizie.
Pertanto, i due titoli non sono equivalenti o sostitutivi l’uno dell’altro, né il fatto di aver ottenuto il permesso di costruire può dare luogo ad un legittimo affidamento del privato all’ottenimento anche dell’agibilità.

Al riguardo, però vale la pena notare che, ai fini del rilascio dell’agibilità, l’articolo in commento nella sua formulazione attuale richiede, oltre alla sussistenza delle condizioni di salubrità, di sicurezza degli impianti ecc., anche l'integrale conformità delle opere realizzate al progetto assentito con il titolo abilitativo.
Almeno sotto questo aspetto, quindi, i due piani si intersecano, posto che la non conformità dell’opera al progetto approvato è idonea a legittimare un intervento in autotutela del Comune o una dichiarazione di decadenza sui certificati di agibilità, ove ne ricorrano i presupposti ed una adeguata motivazione.
In passato, invece, nel testo dell’articolo (e nei suoi antecedenti normativi) il riferimento alla conformità al progetto mancava, conducendo parte della giurisprudenza amministrativa a negare la possibilità per la P.A. di rifiutare il rilascio del certificato sulla base di motivazioni diverse da quelle igienico-sanitarie.

Il certificato in esame è richiesto per le nuove costruzioni, per le ricostruzioni o sopraelevazioni, totali o parziali, nonché per gli interventi sugli edifici esistenti che possano influire sulle condizioni di cui al comma 1 dell’articolo 24.
Nell’ultima categoria di interventi rientrano, ad esempio, il radicale mutamento di destinazione d’uso o la ristrutturazione, specie se totale, dell’immobile.
È ammessa, inoltre, la possibilità di ottenere una agibilità parziale, per parti di edifici sostanzialmente autonome o per singole unità immobiliari.

Prima delle riforme del 2016, il certificato veniva rilasciato dal dirigente o dal responsabile del competente ufficio comunale, previa domanda dell’interessato da inviare allo Sportello Unico.
Nell’attuale quadro normativo, invece, si utilizza una Segnalazione Certificata a firma del professionista, che attesta sotto la propria responsabilità la sussistenza delle condizioni previste dalla legge, producendo a corredo della segnalazione tutta la documentazione prevista dal quinto comma dall'articolo in commento.

Secondo la giurisprudenza, la consegna del certificato di abitabilità dell'immobile da adibire ad abitazione, pur non costituendo di per sé condizione di validità della compravendita, integra comunque un'obbligazione incombente sul venditore ai sensi dell'art. 1477 c.c. rilevante nella fase attuativa del contratto e concernente la possibilità di adibire l’immobile all'uso contrattualmente previsto.
La mancata consegna del certificato in esame da parte del venditore, pur non determinando necessariamente la risoluzione del contratto, integra un inadempimento per consegna di aliud pro alio, adducibile da parte del compratore in via di eccezione, ai sensi dell'art. 1460 c.c., o come fonte di pretesa risarcitoria per la ridotta commerciabilità del bene, a meno che egli non abbia espressamente rinunciato al requisito dell'abitabilità o esonerato comunque il venditore dall'obbligo di ottenere la relativa licenza.

Massime relative all'art. 24 Testo unico edilizia

Cons. Stato n. 1996/2017

La conformità dei manufatti alle norme urbanistico edilizie costituisce il presupposto indispensabile per il legittimo rilascio del certificato di agibilità (art. 24, comma 3, D.P.R. n. 380 del 2001, T.U. Edilizia; art. 35, comma 20, L. n. 47 del 1985) (Conferma della sentenza del T.a.r. Campania, Napoli, sez. IV, n. 6879/2009).

Cons. Stato n. 5523/2013

Ai sensi dell'art. 24, comma 1, D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 (T.U. Edilizia) il certificato di agibilità attesta la sussistenza delle condizioni di sicurezza, igiene, salubrità, ma tale accertamento fa proprio anche l'integrale conformità delle opere realizzate al progetto approvato come attestato dalla licenza di abitabilità. Al tempo stesso l'accertamento della piena conformità dei manufatti alle norme urbanistico-edilizie ed alle prescrizioni del permesso di costruire, nonché alle disposizioni di convenzione urbanistica, costituisce il presupposto indispensabile per il legittimo rilascio del certificato di agibilità (Conferma della sentenza del T.a.r. Emilia-Romagna, Bologna, sez. II, n. 2777/2010).

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Anonimo chiede
domenica 24/12/2023
“Usufrutto e diritto di godimento.
Buongiorno, a seguito di un testamento ho ereditato usufrutto vitalizo e mio cugino la nuda proprietà di un appartamento. Lo stesso si rifiuta di richiedere l'agibilità parziale che mi permetterebbe di poter affittare l'appartamento (vivo all'estero) che mi permetterebbe di godere dei frutti di quest'ultimo e pagare le spese da esso derivato. Non può permettersi di comprare il mio usufrutto, mette il becco in ogni questione e visto che l'agibilità gli costerebbe troppo (a suo dire) preferirebbe tenerlo vuoto o affittarlo lui stesso. L'appartamento è autonomo e, informandomi, basterebbe un'agibilità parziale. Continuo a scontrarmi contro un muro, oltretutto vorrebbe entrare come e quando vuole e agisce senza avvisare. Io credo che stia calpestando oltremodo il mio diritto di godere l'immobile. Come posso risolvere questa questione? Al momento mi sto tenendo tranquilla ma non credo che il suo modo di agire, seppur nudo proprietario, sia legittimo.”
Consulenza legale i 18/01/2024
La questione, per come viene prospettata, richiede di essere affrontata sia dal punto di vista civilistico che urbanistico.
Sotto il primo profilo, ossia quello civilistico, il primo passo che si suggerisce di compiere è quello di privare il nudo proprietario del possesso dell’immobile.
E’ pacifico, infatti, che, in caso di scissione tra nuda proprietà ed usufrutto, soltanto colui il quale risulta titolare del secondo diritto (l’usufrutto) è legittimato a goderne, ovvero ha il diritto di utilizzare l’immobile e di sfruttarlo economicamente (ad esempio, dandolo in locazione).
Il nudo proprietario, invece, resta il vero titolare del bene, il che significa che lo stesso, a differenza dell’usufruttario, può disporne liberamente, sia vendendolo che donandolo, fermo restando l’obbligo, in capo al cessionario, di rispettare il preesistente diritto di usufrutto fino alla sua naturale scadenza.

Volendo fare una sintesi di quelli che sono i poteri e doveri che fanno capo alle due diverse figure, si può seguire il seguente schema di carattere generale:

NUDO PROPRIETARIO:
  • può alienare la nuda proprietà
  • deve provvedere alle riparazioni straordinarie
  • deve pagare le imposte e i pesi che gravano sulla proprietà

USUFRUTTUARIO
  • può godere della cosa, senza mutarne la destinazione economica
  • può fare suoi i frutti naturali e civili
  • può concedere in locazione il bene a terzi (o allo stesso nudo proprietario)
  • può aggiungere beni o costruzioni
  • deve realizzare un inventario finale e iniziale
  • deve usare il bene con la diligenza del buon padre di famiglia
  • deve pagare le spese ordinarie per l’amministrazione e manutenzione del bene
  • deve pagare imposte, canoni, e altri pesi che gravano sul reddito

La circostanza che sull’usufruttuario incombano solo le spese ordinarie per l’amministrazione e manutenzione del bene, tuttavia, non priva il medesimo del potere di effettuare dei miglioramenti sull’immobile di cui gode (l’esempio più comune è quello della installazione di pannelli solari), potendo in tal caso richiedere ed ottenere un’indennità da parte del nudo proprietario.
L’unico limite a cui in questo caso occorre prestare attenzione è sempre quello di non danneggiare il bene e di non mutarne la naturale destinazione economica.

Pertanto, come si è detto all’inizio, se il nudo proprietario si trova ancora nel possesso dell’immobile per averne le chiavi di accesso (che gli consentono di entrare ed uscire a suo piacimento), è indispensabile che l’usufruttuario intimi formalmente allo stesso di consegnargli dette chiavi.
Qualora tale formale richiesta non dovesse aver seguito, si rende purtroppo necessario instaurare un giudizio contro lo stesso nudo proprietario volto ad ottenere un titolo giudiziale da mettere in esecuzione per conseguire il rilascio forzato dell’immobile.

Se, invece, il nudo proprietario non ha le chiavi dell’immobile e, dunque, non ne ha in alcun modo il possesso, l’usufruttuario ha il pieno diritto sin da subito di cambiare la serratura o le serrature di accesso all’abitazione, impedendo così definitivamente al nudo proprietario di poterne fare uso in qualsiasi modo.
In questo secondo caso occorre anche preoccuparsi che il nudo proprietario non abbia lasciato beni personali all’interno dell’abitazione, in quanto, se coì fosse, si rende anche necessario invitarlo formalmente ad asportare tali beni entro un termine prefissato.

Quanto agli aspetti relativi all’agibilità, si precisa innanzitutto che, ai sensi dell’art. 24 T.U. Edilizia, essa deve essere chiesta entro quindici giorni dall'ultimazione dei lavori di finitura dell'intervento, trattandosi di un elemento necessario ad accertare che l’immobile possieda le caratteristiche igienico sanitarie necessarie alla permanenza di persone.
È possibile anche ottenerla tardivamente, ma si tratta comunque di una situazione irregolare (soprattutto quanto l’immobile viene già abitato), che comporta l’applicazione della sanzione pecuniaria prevista dallo stesso articolo di legge, fermo restando il potere dell’Amministrazione di ordinare lo sgombero dell’immobile quando lo stesso sia utilizzato in assenza degli indispensabili requisiti di salubrità (anche se, dalla ricostruzione dei fatti compiuta nel quesito, non sembra essere questo il caso).
È corretto, inoltre, quanto rilevato nel quesito circa la possibilità di chiedere un’agibilità parziale per singole unità immobiliari, a condizione che siano completate e collaudate le opere strutturali connesse, siano certificati gli impianti e siano completate le parti comuni e le opere di urbanizzazione primaria dichiarate funzionali rispetto all'edificio oggetto di agibilità parziale.
Quanto al soggetto legittimato a presentare la segnalazione certificata di agibilità, la norma di riferimento sopra richiamata indica il soggetto titolare del permesso di costruire, o il soggetto che ha presentato la segnalazione certificata di inizio di attività, o i loro successori o aventi causa.
Si tratta, dunque, di una formulazione abbastanza ampia, in cui si ritiene possa essere compreso anche l’usufruttuario (che del resto ha la facoltà di aggiungere beni o costruzioni), similmente a quanto avviene in relazione alla possibilità di chiedere il permesso di costruire (T.A.R. Abruzzo, Pescara, Sez. I, 1 settembre 2011, n. 504). Tuttavia, non è escluso che il Comune ritenga opportuno verificare anche la posizione del nudo proprietario.
In proposito, va poi chiarito che, a seguito della progressiva introduzione di misure di semplificazione procedimentale, l’agibilità viene richiesta tramite una semplice segnalazione certificata (SCIA), con la quale vengono attestati i presupposti richiesti dalla suddetta norma del T.U. Edilizia.
Non si tratta, perciò, di un procedimento particolarmente complesso, che può essere affidato a un tecnico di fiducia, ma è comunque opportuno sottolineare che tra i requisiti da attestare è compresa anche la conformità dell’immobile al progetto presentato.
Pertanto, nel caso in cui tale condizione non sia soddisfatta, potrebbe essere necessario anche procedere preliminarmente a una sanatoria di tipo edilizio delle opere eventualmente non conformi al titolo abilitativo relativo all’immobile.
La circostanza che i titoli abilitativi non siano in possesso dell’usufruttuario non costituisce un ostacolo insormontabile, posto che si tratta di documenti che possono essere facilmente richiesti al Comune.


F. T. chiede
venerdì 22/09/2023
“Buongiorno,
in riferimento al art. 24 del Dpr. 380/2001 la SCA (Segnalazione Certificata di Agibilità) deve essere presentata dal Direttore dei Lavori o da un professionista abilitato.
Nel mio caso la SCA è stata presentata da un altro professionista che ha redatto sotto la propria responsabilità, ai sensi degli art. 359 e 481 del Codice Penale, le attestazioni necessarie da allegare alla Sca.
Inoltre è stata redatta l'AQE da un terzo professionista e secondo l'Art. 8 comma 2 del D. Lgs n. 192/2005 lo stesso AQE deve essere redatto dal D.L.
Vorrei sapere se è legittima la presentazione della SCA in questi termini, senza che il D.L. incaricato dall'inizio della progettazione sia stato informato e che ci sia stato un passaggio di consegne tra i professionisti.
Inoltre la SCA si può ritenere non valida per i motivi sopra esposti?

Cordialmente”
Consulenza legale i 27/09/2023
Come correttamente riportato nella richiesta di parere, ai sensi dell’art. 24, comma 5 del T.U. Edilizia, la segnalazione certificata di agibilità deve essere corredata dall’attestazioni del direttore dei lavori, sotto la cui supervisione sono stati eseguiti i lavori, che autocertifica la presenza dei requisiti di agibilità previsti dalla normativa in materia.

La possibilità di far redigere tale attestazione ad un soggetto diverso ossia da un diverso professionista abilitato è subordinato all’assenza della nomina del direttore dei lavori. Se ne deduce, quindi, che in mancanza dell’attestazione redatta dal direttore dei lavori, ancorché nominato, la SCA potrebbe essere ritenuta inefficace.

Analogamente, l’art. 8, comma 2 del D. Lgs n. 192/2005 prevede espressamente che l'attestato di qualificazione energetica dell'edificio deve essere asseverato dal direttore dei lavori stabilendo, peraltro, che in assenza di detta asseverazione la dichiarazione di fine lavori è inefficace.

Si consiglia, pertanto, di regolarizzare la presentazione della SCA e dell’AQE mediante l’asseverazione del direttore dei lavori salvo che questo non sia stato formalmente sostituito, in corso d’opera, da altro soggetto incaricato – ipotesi che sembrerebbe essere esclusa stante quanto indicato nella richiesta di parere.

Si rammenta, infine, che il T.U. Edilizia prevede, al sopra menzionato art. 24, comma 3, che la mancata presentazione della SCA comporta l’applicazione di una sanzione amministrativa pecuniaria da euro 77 a euro 464 oltre ad ulteriori problematiche che potrebbero sorgere in caso di compravendita dell’immobile.

Anonimo chiede
giovedì 10/08/2023
“Il ristorante sotto casa mia ha installato un dehor a seguito di concessione per occupazione suolo pubblico rilasciata dal comune. Ci siamo accorti che il dehor non rispetta il progetto esecutivo, ho chiesto in comune se l'ufficio tecnico comunale avesse effettuato soprallugo di conformità a fine lavori e mi hanno risposto che con le nuovo normative il tecnico comunale non effettua piu i sopralluoghi in quanto è il geometra che presenta il progetto ad assumersi la responsabilità. il tecnico comunale esce solo su segnalazione di altro cittadino. E vero?
grazie”
Consulenza legale i 29/08/2023
Al fine di rispondere al suo quesito è necessario effettuare una ricostruzione della normativa in materia di vigilanza sui controlli edilizi. Si richiama, in particolare, l’art. 24, comma 7 del T.U. Edilizia che demanda alla competenza concorrente delle Regioni e dei Comuni la disciplina delle modalità di effettuazione dei controlli, anche a campione e comprensivi dell'ispezione delle opere realizzate.

Sul punto, il Comune, ove ci è stato riferito sono state realizzate le opere in questione, ha previsto, nel Regolamento Edilizio vigente, all’art.153, comma 2, che è facoltà e non già obbligo del Comune effettuare verifiche ritenute necessarie e compiere sopralluoghi riguardanti l’esecuzione di opere edilizie.

Pertanto, si può affermare che la normativa comunale rende facoltativa l’effettuazione dei sopralluoghi al termine dell’esecuzione dei lavori fermo restando la possibilità per il privato interessato di sollecitare le attività di controllo comunali.

E. R. chiede
giovedì 08/06/2023
“Ho presentato al Comune di Roma domanda di agibilità per unità abitativa il 28 febbraio 2023 tramite portale SUET e oggi 8 giugno 2023 mi è arrivata pec per improcedibilità dell'agibilità ai sensi del comma 1 art 2 della 241/90 con richiesta di atti integrativi o mancanza di firme in alcuni allegati.
Ma dopo 60 giorni non si forma il silenzio-assenso???”
Consulenza legale i 09/06/2023
Occorre innanzitutto soffermarsi sulla disciplina della Segnalazione Certificata di Agibilità (anche solo SCA) come introdotta nel 2016 in seguito alla modifica dell’art. 24 del T.U. Edilizia.

Infatti, diversamente da quanto accadeva precedentemente, non è più necessaria che il privato ottenga un certificato formale dall’Amministrazione comunale ma, in un’ottica di semplificazione, è sufficiente che lo stesso autodichiari al Comune, entro 15 giorni dall’ultimazione dei lavori, che l’immobile presenta i requisiti e le condizioni di sicurezza, igiene, salubrità e risparmio energetico necessaria ai fini dell’agibilità. L’articolo 24 sopra menzionato impone, infatti, la produzione di documenti a corredo della segnalazione che accertino la sussistenza dei predetti requisiti.

L’aver introdotto una tale tipologia di istituto anche nell’ambito della certificazione di agibilità ha comportato, da un lato, che non può dirsi più operante l’istituto del silenzio assenso – in quanto l’art. 25 del T.U. Edilizia che lo prevedeva è stato espressamente abrogato - e, dall’altro, che la procedura risulta assoggettata alle regole proprie della figura della SCIA art. 19 della legge sul proc. amministrativo e ss., tenendo conto anche delle peculiarità della disciplina della SCIA edilizia.
In particolare, una volta presentata la SCA al Comune, quest’ultimo dovrà verificare, entro il termine di 30 giorni dalla presentazione, la presenza dei requisiti richiesti dalla legge e la completezza dei documenti allegati. Trascorso detto termine, il Comune potrà agire in autotutela ai sensi dell’art. 21 novies della l.n.241)/1990 – annullando d’ufficio la SCA – nel termine di 12 mesi dalla presentazione.

Sul punto si richiama una recente pronuncia del giudice amministrativo nella quale si afferma che “Ai sensi dell'art. 19 della legge n. 241/1990, applicabile anche alla segnalazione certificata di agibilità, l'Amministrazione, ricevuta la segnalazione, esercita nel (breve) termine ivi normativamente stabilito (trenta giorni per l'attività edilizia) i propri poteri "interdittivi", "conformativi" o "sospensivi" dell'attività segnalata dal privato. Decorso il suddetto termine, la situazione oggetto di segnalazione si "consolida" ed essa può essere rimossa dalla P.A. solo ai sensi dell'art. 19, comma 4, della legge n. 241/1990 (applicabile alla fattispecie in virtù del richiamo reciproco tra detta disposizione e il successivo comma 6-bis, a sua volta richiamato per la segnalazione certificata per l'agibilità dal menzionato art. 24, comma 6 del d.P.R. n. 380/2001), vale a dire solo mediante l'adozione dei "provvedimenti previsti dal medesimo comma 3 in presenza delle condizioni previste dall'articolo 21- nonies" per l'annullamento d'ufficio. L' "annullamento" della segnalazione certificata di inizio di attività (o, più correttamente, l'esercizio dei poteri già tipicamente caratterizzati nell'art. 19, comma 3 della legge n. 241/1990) è, in ogni caso, soggetto ai rigorosi e stringenti limiti di cui all'art. 21 -nonies della stessa legge, e cioè a "verifica della illegittimità dell'attività amministrativa; ragioni di interesse pubblico; termine ragionevole, comunque non superiore a diciotto mesi (n.d.r. oggi ridotto a dodici mesi); valutazione comparativa degli interessi dei destinatari e dei controinteressati" (Tar Lecce sez. I, 21 giugno 2022, n.1008).

Nel suo caso, quindi, avendo chiarito che non può operare l’istituto del silenzio – assenso – sia in virtù della modifica legislativa, sia perché in ogni caso tale istituto può dirsi applicabile solo in presenza di istanze complete di tutti i documenti necessari nel suo caso mancanti – occorrerà stabilire se il Comune poteva comunicarle l’improcedibilità della richiesta oltre il termine di 30 giorni.

La risposta è affermativa.

Infatti, sulla base del documento che ci ha inviato risulterebbe che il Comune, a fronte di una SCA presentata in data 27 febbraio 2023, ha comunicato che, all’esito dell’avvio di un procedimento di autotutela che ha accertato la carenza documentale a corredo della sua SCA, si sarebbe proceduto all’archiviazione di quest’ultima.

Alla luce dei principi sopra illustrati, dunque, si può dedurre che il Comune, nel termine di 12 mesi, abbia legittimamente archiviato – rectius annullato in autotutela – la sua SCA sulla base del presupposto della mancanza dei documenti espressamente richiesti dall’art. 24, comma 5, del T.U. Edilizia.



M. M. chiede
sabato 14/05/2022 - Sardegna
“Buongiorno,
devo presentare l'agibilità di un immobile residenziale unifamiliare nel Comune di Masainas (SU), edificato nel 2011.
In riferimento alla normativa sul contenimento dei consumi energetici, la modulistica del portale regionale SUAPE mi chiede di trasmettere in allegato la "dichiarazione di conformità delle opere realizzate rispetto al progetto ed alla relazione sul contenimento dei consumi energetici dell’immobile, resa dal direttore dei lavori, nonché l’attestato di qualificazione energetica (AQE) ai sensi dell’art. 8, comma 2 del D.Lgs. n° 192/2005 e s.m.i."
Il Direttore dei Lavori non ha reso la dichiarazione di conformità e non ha redatto l'AQE che solo lui può redigere.
Come risolvere il problema?”
Consulenza legale i 31/05/2022
L’art. 24, T.U. Edilizia prevede che la SCIA relativa all’agibilità debba essere accompagnata dall’attestazione del direttore dei lavori o, qualora non nominato, di un professionista abilitato, della conformità dell'opera al progetto presentato, da considerare dal punto di vista dimensionale, della destinazione d'uso e delle eventuali prescrizioni contenute nel titolo (T.A.R. Napoli, sez. VIII, 26 novembre 2020, n. 5564).
Inoltre, l’art. 8, comma 2, D.Lgs. n. 192/2005, stabilisce che la conformità delle opere realizzate rispetto al progetto e l'attestato di qualificazione energetica dell'edificio come realizzato debbano essere asseverati dal direttore dei lavori e presentati al Comune di competenza contestualmente alla dichiarazione di fine lavori senza alcun onere aggiuntivo per il committente, con l’avvertenza che “La dichiarazione di fine lavori è inefficace a qualsiasi titolo se la stessa non è accompagnata da tale documentazione asseverata”.

Da quanto sopra si ricava che la presentazione di tali dichiarazioni possa a pieno titolo essere compresa nelle obbligazioni professionali del direttore dei lavori e che il mancato adempimento può avere risvolti potenzialmente molto pregiudizievoli per il proprietario o, comunque, il soggetto che ha promosso la realizzazione dell’intervento edilizio.
Anche se in generale è possibile la sostituzione del direttore dei lavori in corso d’opera (con le opportune comunicazioni al Comune), pare difficoltoso nel presente caso incaricare un altro professionista, posto che i lavori si sono da molti anni conclusi e che si tratta di dichiarazioni da rendere sotto la propria responsabilità.
Pertanto, nel caso specifico la prima azione da intraprendere è quella di diffidare formalmente e per iscritto il Direttore lavori a provvedere all’adempimento, anche al fine di evitare il decorso del termine di prescrizione della responsabilità professionale, preannunciando che verranno intraprese le opportune azioni nelle giuste sedi per ottenere il risarcimento dei danni subiti.
Come extrema ratio si potrebbe tentare di far redigere la documentazione da altro professionista abilitato, tenendo comunque conto che potrebbe essere problematico trovare un tecnico che accetti l’incarico e che l’Ente potrebbe anche sollevare obiezioni sul punto.

Fabio V. chiede
lunedì 24/08/2020 - Lazio
“Buongiorno,

il 19/01/2016 ho venduto un immobile sito presso il comune di omissis ed oggetto di abuso edilizio con condono ancora da definire. Nell'atto notarile era specificato che la procedura per l'ottenimento della sanatoria gravava su di me: "La parte venditrice si impegna a curare, a proprie a spese, la definizione della sopra citata Domanda di condono, a ritirare il relativo Permesso in sanatoria presso il comune di omissis, ed a consegnarlo alla parte acquirente.". A gennaio di quest'anno finalmente sono riuscito ad ottenere il permesso in sanatoria per l'immobile precedentemente venduto (e per un garage ancora di mia proprietà). In calce al documento emesso dal comune però è specificato: "E' fatto obbligo di richiedere il certificato di Agibilità dei locali sopra condonati, dell'art. 24 del D.P.R. 380/01.". A questo punto, per cercare di capire se i miei obblighi rispetto alla parte acquirente fossero completamente osservati ho chiamato il Comune per avere ulteriori informazioni circa il significato di quella clausola. Il Comune però mi ha risposto in maniera vaga e del tutto insoddisfacente; non ha chiarito se la sanatoria si da considerarsi completa oppure ancora da concludere, non mi ha dato un termine da rispettare per la richiesta dell'agibilità (cito testualmente: "si può fare in uno, due, tre mesi... senza fretta") e non mi ha detto quale sanzione rischio se non procedo con la richiesta. Per questi motivi, nel tentativo di avere una risposta chiara e scritta, ho proceduto con l'invio di una pec che è rimasta senza risposta. Io ovviamente vorrei evitare di accollarmi anche la procedura di richiesta dell'agibilità e per questo chiedo:

1. in base all'atto notarile e considerata la clausola sull'agibilità del permesso in sanatoria, i miei obblighi nei confronti dell'acquirenti possono considerarsi conclusi?
2. come posso "obbligare" il comune a fornirmi risposte chiare ed esaustive alle domande inoltrate via pec?

Distinti saluti e grazie.”
Consulenza legale i 02/09/2020
La risposta al quesito deve necessariamente prendere in considerazione due diversi profili: i rapporti con il Comune e il procedimento di sanatoria edilizia e gli eventuali obblighi nei confronti dell’acquirente dell’immobile.

Quanto al primo aspetto, si chiarisce che il condono e l’agibilità (o abitabilità) hanno finalità diverse ed autonome tra loro.
Infatti, il procedimento amministrativo che conduce al rilascio del cosiddetto condono è necessario allo scopo di sanare dal punto di vista edilizio le opere eseguite abusivamente.
Il certificato di agibilità, invece, ha la funzione di attestare la sussistenza delle condizioni di sicurezza, igiene, salubrità, risparmio energetico degli edifici e degli impianti negli stessi installati, nonché –in caso di interventi non abusivi- la conformità dell’opera al progetto presentato (art. 24, D.P.R. n. 380/200).

Per quanto riguarda in modo particolare l’abitabilità di opere oggetto di condono, l’art 35, L. n. 47/1985, stabilisce che, a seguito della concessione o autorizzazione in sanatoria, viene altresì rilasciato il certificato di agibilità anche in deroga ai requisiti fissati da norme regolamentari, qualora le opere sanate non contrastino con le disposizioni vigenti in materia di sicurezza statica e di prevenzione degli incendi e degli infortuni.
Si nota, anzitutto, che la norma da ultimo ricordata non prescrive sanzioni per la mancata o la tardiva presentazione di tale richiesta, a differenza dell’art. 24, T.U. Edilizia (che, come detto, riguarda l’abitabilità relativa ad opere non abusive).
Inoltre, la giurisprudenza (costituzionale e amministrativa) ha avuto modo di chiarire che il rilascio del certificato di abitabilità conseguente al condono edilizio può legittimamente avvenire in deroga solo a norme regolamentari e non anche quando siano carenti condizioni di salubrità richieste invece da fonti normative di livello primario, in quanto la disciplina del condono edilizio, per il suo carattere di eccezionalità, non è suscettibile di interpretazioni estensive e/o tali da incidere sul fondamentale principio della tutela della salute (Consiglio di Stato, sez. V, 03 giugno 2013, n. 3034; Consiglio di Stato, sez. IV, 03 maggio 2011, n. 2620).
Ne discende che il rilascio del certificato di abitabilità non consegue in via automatica all'ottenimento del condono edilizio, posto che il comune deve pur sempre verificare che il fabbricato possieda i necessari requisiti igienico-sanitari e di salubrità (Corte Costituzionale, 10 luglio 1996, n. 256; Consiglio di Stato, sez. V, 15 aprile 2004, n. 2140).
In conclusione, oggi l’immobile menzionato nel quesito è divenuto conforme sotto il profilo edilizio grazie all’esito positivo del procedimento di sanatoria, ma è privo dell’attestazione relativa alla sussistenza delle condizioni di sicurezza, igiene e salubrità.

Trattandosi di un immobile adibito ad abitazione, non si tratta di una carenza di poco conto; resta da capire, quindi, quale soggetto nel presente caso sia tenuto a chiederne l’agibilità.
Al riguardo, si rileva che la clausola contrattuale riportata nel quesito menziona soltanto il procedimento di condono, che -a rigore- si è già concluso con il rilascio del titolo edilizio in sanatoria.
Tuttavia, secondo la giurisprudenza prevalente, il venditore di un immobile destinato ad abitazione ha l'obbligo di consegnare all'acquirente il certificato di abitabilità, senza il quale l'immobile stesso è incommerciabile; la violazione di tale obbligo può legittimare sia la domanda di risoluzione del contratto, sia quella di risarcimento del danno, sia l'eccezione di inadempimento (art. 1460 c.c.); tale violazione non è sanata dalla mera circostanza che il venditore, al momento della stipula, abbia già presentato una domanda di condono per sanare l'irregolarità amministrativa dell'immobile (Cassazione civile, sez. II, 30 gennaio 2017, n. 2294).
In particolare, la mancata consegna del certificato in parola integra un inadempimento del venditore per consegna di aliud pro alio, salvo che l’acquirente non abbia espressamente rinunciato al requisito dell'abitabilità o, comunque, esonerato il venditore dall'obbligo di ottenere la relativa licenza (Cassazione civile sez. VI, 05 giugno 2020, n. 10665; Cassazione civile, sez. II, 18 settembre 2019, n. 23265).

Alla luce di tutto quanto sopra esposto e considerato che manca nel contratto trasmesso a corredo del quesito una clausola che esoneri il venditore dalla necessità di attivarsi per ottenere e consegnare il certificato di abitabilità, sembra doversi concludere che tale adempimento rimanga a carico di quest'ultimo.
Non pare, infine, utile insistere con il Comune nelle proprie richieste di chiarimenti, posto che l’Ente ha già dato oralmente, anche se per la verità in modo non molto chiaro, le informazioni che era tenuto a dare circa il procedimento di sanatoria e che le questioni relative all’interpretazione del contratto di compravendita intercorso tra i privati non appartengono alla competenza dell’Ente.
In ogni caso, si precisa che, ai fini dell’agibilità, non è oggi necessario attivare procedure complesse, in quanto è sufficiente una semplice attestazione circa la sussistenza dei requisiti di igiene e salubrità mediante segnalazione certificata.

Luigina Z. chiede
lunedì 15/06/2020 - Veneto
“Il caso è di una abitazione principale con abitabilità e con annessi rustici.
E' stato chiesto e concessa, in comune, la possibilità di ristrutturare gli annessi rustici con regolare disegno.
I lavori sono poi stati sospesi per mancanza di liquidità e comunicato al comune la sospensione.
I lavori sono poi nel tempo proseguiti ma non è mai stata fatta la comunicazione di fine lavori al comune
E' possibile che venga revocata l'abitabilità della abitazione principale?”
Consulenza legale i 19/06/2020
Ai sensi dell’art. 24, D.P.R. n. 380/2001, per agibilità si intende la sussistenza delle condizioni di sicurezza, igiene, salubrità, risparmio energetico degli edifici e degli impianti negli stessi installati, valutate secondo quanto dispone la normativa vigente, nonché la conformità dell'opera al progetto presentato.
L’accertamento dell’inesistenza dei suddetti presupposti, come ad esempio la mancata conformità al progetto, può fondare l’intervento in autotutela del Comune (o una dichiarazione di decadenza) sui certificati di agibilità, a condizione che l’atto di annullamento sia supportato da adeguate istruttoria e motivazione (T.A.R. Salerno, sez. II, 07 gennaio 2019, n.14).
Infatti, la circostanza che sia stata presentata la segnalazione certificata di agibilità non impedisce l’esercizio del potere di dichiarazione di inagibilità di cui all’art. 222, R.D. n. 1265/1934, ai sensi del quale la P.A. mantiene il potere di dichiarare inabitabile un edificio o parte di esso per ragioni igieniche e di ordinarne lo sgombero (art. 26, D.P.R. n. 380/2001).

La giurisprudenza in materia, però, ha precisato che quando si intende annullare l’agibilità di un immobile è necessario tenere conto anche del principio di proporzionalità, che esige che l'interesse pubblico venga perseguito incidendo nella misura strettamente necessaria sulle posizioni giuridiche dei privati, tanto più ove le stesse originino da precedenti provvedimenti ampliativi dell'Amministrazione che debbano essere rimossi per perseguire l'interesse pubblico.
In applicazione di tale principio, viene ritenuto illegittimo l'annullamento del certificato di agibilità relativo all’intero immobile, quando solo una parte di esso sia risultata abusiva o, comunque, priva dei prescritti requisiti di salubrità (TAR Napoli, sez. VIII, 06 aprile 2018, n. 2244; T.A.R. Napoli, sez. IV, 05 marzo 2013, n.1235; T.A.R. Napoli, sez. III, 20 novembre 2012, n. 4637).

Nel caso di specie, si nota che l’abitazione principale –che non sembra essere stata interessata da alcuna opera- è provvista di agibilità e che le uniche irregolarità riguardano i rustici, che sono stati oggetto di un successivo intervento edilizio.
Secondo quanto si legge nel quesito, inoltre, tali irregolarità non attengono al rilascio del titolo abilitativo, né alle modalità costruttive dei rustici e neppure alla data nella quale sono stati effettivamente ultimati gli interventi edilizi autorizzati, ma consistono soltanto nella mancata presentazione del certificato di fine lavori.
Pertanto, non sembrano ricorrere le condizioni perché il Comune possa legittimamente dichiarare inabitabile l’abitazione principale, in quanto tale dichiarazione può essere fondata solo sulla riscontrata inesistenza delle condizioni fissate dall’art. 24, D.P.R. n. 380/2001 e non su altri tipi di violazioni.
In ogni caso, è opportuno provvedere quanto prima a produrre il certificato in parola al Comune, ricordando che alla tardività della presentazione di tale atto è solitamente collegato il pagamento di una sanzione pecuniaria.

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