1. L'avvocato può esercitare l'incarico professionale anche a proprio favore. L'incarico può essere svolto a titolo gratuito.
2. Il compenso spettante al professionista è pattuito di regola per iscritto all'atto del conferimento dell'incarico professionale.
3. La pattuizione dei compensi è libera: è ammessa la pattuizione a tempo, in misura forfetaria, per convenzione avente ad oggetto uno o più affari, in base all'assolvimento e ai tempi di erogazione della prestazione, per singole fasi o prestazioni o per l'intera attività, a percentuale sul valore dell'affare o su quanto si prevede possa giovarsene, non soltanto a livello strettamente patrimoniale, il destinatario della prestazione.
4. Sono vietati i patti con i quali l'avvocato percepisca come compenso in tutto o in parte una quota del bene oggetto della prestazione o della ragione litigiosa.
5. Il professionista è tenuto, nel rispetto del principio di trasparenza, a rendere noto al cliente il livello della complessità dell'incarico, fornendo tutte le informazioni utili circa gli oneri ipotizzabili dal momento del conferimento alla conclusione dell'incarico; è altresì tenuto a comunicare in forma scritta a colui che conferisce l'incarico professionale la prevedibile misura del costo della prestazione, distinguendo fra oneri, spese, anche forfetarie, e compenso professionale.(1)
6. I parametri indicati nel decreto emanato dal Ministro della giustizia, su proposta del CNF, ogni due anni, ai sensi dell'articolo 1, comma 3, si applicano quando all'atto dell'incarico o successivamente il compenso non sia stato determinato in forma scritta, in ogni caso di mancata determinazione consensuale, in caso di liquidazione giudiziale dei compensi e nei casi in cui la prestazione professionale è resa nell'interesse di terzi o per prestazioni officiose previste dalla legge.
7. I parametri sono formulati in modo da favorire la trasparenza nella determinazione dei compensi dovuti per le prestazioni professionali e l'unitarietà e la semplicità nella determinazione dei compensi.
8. Quando una controversia oggetto di procedimento giudiziale o arbitrale viene definita mediante accordi presi in qualsiasi forma, le parti sono solidalmente tenute al pagamento dei compensi e dei rimborsi delle spese a tutti gli avvocati costituiti che hanno prestato la loro attività professionale negli ultimi tre anni e che risultino ancora creditori, salvo espressa rinuncia al beneficio della solidarietà.
9. In mancanza di accordo tra avvocato e cliente, ciascuno di essi può rivolgersi al consiglio dell'ordine affinché esperisca un tentativo di conciliazione. In mancanza di accordo il consiglio, su richiesta dell'iscritto, può rilasciare un parere sulla congruità della pretesa dell'avvocato in relazione all'opera prestata.
10. Oltre al compenso per la prestazione professionale, all'avvocato è dovuta, sia dal cliente in caso di determinazione contrattuale, sia in sede di liquidazione giudiziale, oltre al rimborso delle spese effettivamente sostenute e di tutti gli oneri e contributi eventualmente anticipati nell'interesse del cliente, una somma per il rimborso delle spese forfetarie, la cui misura massima è determinata dal decreto di cui al comma 6, unitamente ai criteri di determinazione e documentazione delle spese vive.
domenica 09/02/2025
Sono un privato mi sono opposto a un ordine d'ingiunzione emanato dall'INPS.
Ho dovuto essere assistito da un avvocato.
Ho ricevuto un preventivo per il compenso professionale, che ho accettato.
Ho versato l'acconto prima della decisione e il saldo prima del deposito della sentenza.
L'intero compenso professionale del preventivo è stato pagato.
Il giudice ha accolto l'istanza con vittoria delle spese.
Le spese liquidate superano l'importo del compenso professionale.
L'avvocato pretende la differenza in virtù della clausola della lettera dell'incarico, sottoscritto da me, che recita : "Il Cliente è tenuto a corrispondere all’Avvocato l’intero importo risultante dal presente contratto, indipendentemente dalla minore liquidazione giudiziale e dall’onere di refusione posto a carico della controparte. Ove l’importo liquidato giudizialmente sia superiore a quanto sopra pattuito, la differenza sarà riconosciuta a favore dell’Avvocato".
Quest'ultima frase li garantisce gli stessi effetti dello statuto antistatario ma soltanto se a suo favore, quindi costituisce un squilibrio del contratto a favore del venditore.
Per di più la clausola equivale a stabilire che il prezzo del servizio sia fissato solo quando il servizio viene fornito (in questo caso la sentenza con la liquidazione del Giudice).
Secondo il codice del consumo sarebbe una clausola vessatoria quindi nulla. (DL. 06/09/2005 n° 206 art 33 2 lettera n)
Se cosi fosse, la differenza tra le spese liquidate dal Giudice e il compenso professionale non sarebbe dovuto.
Se non restituisco la differenza, l'avvocato mi preannuncia un'azione di recupero.
Che valore ha un decreto ingiuntivo motivato da l'applicazione di una clausola vessatoria ?
Cordiali saluti”
La clausola esposta può ricondursi nello schema di una c.d. “success fee”; si tratta di una clausola in forza della quale il compenso del professionista, o anche una parte di esso, viene pagato solo al raggiungimento di un risultato favorevole per il cliente.
Un accordo di questo genere, che lega il compenso, o una parte di esso, a determinati risultati, è legittimo.
In ciò si differenzia dal patto di quota lite, che si sostanzia nell’accordo con cui l’avvocato percepisce, come compenso, in tutto o in parte, una quota del bene oggetto della prestazione o della lite (ad esempio una percentuale delle somme riconosciute quale risarcimento); questo tipo di patto è vietato, come dispone l’art. 13, comma 4, della legge professionale forense.
Né la clausola esaminata può considerarsi vessatoria a norma dell’art. 33 del codice consumo, poiché non si rinviene alcuno squilibrio illegittimo tra le posizioni delle parti: ciò in quanto la maggiore somma dovuta scaturisce dal rimborso delle spese legali a cui la controparte soccombente è stata condannata.
Infine, l’art. 33, comma 2, lettera n), del codice del consumo dispone che si presumono vessatorie fino a prova contraria le clausole che hanno per oggetto, o per effetto, di stabilire che il prezzo dei beni o dei servizi sia determinato al momento della consegna o della prestazione; tuttavia, così non è quando si possa dimostrare che le clausole non sono vessatorie, oppure che le stesse sono state oggetto di trattativa individuale, come prevede l’art. 34, comma 4, del codice del consumo.
Nel caso di specie, la clausola non appare vessatoria per le ragioni sopra esposte; inoltre, sembra potersi affermare che sia stata oggetto di trattativa individuale, la quale si è sostanziata nel contratto a cui si fa riferimento.
Tanto premesso, la clausola contenuta nel contratto di conferimento dell’incarico professionale, così come esposta, appare valida ed efficace.
Se il legale dovesse agire per il recupero, otterrebbe una valida ingiunzione di pagamento, sulla quale legittimamente fondare l’esecuzione forzata.
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