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Articolo 64 bis Legge sulla protezione del diritto d'autore

(L. 22 aprile 1941, n. 633)

[Aggiornato al 15/11/2024]

Dispositivo dell'art. 64 bis Legge sulla protezione del diritto d'autore

1. Fatte salve le disposizioni dei successivi articoli 64 ter e 64 quater, i diritti esclusivi conferiti dalla presente legge sui programmi per elaboratore comprendono il diritto di effettuare o autorizzare:

  1. a) la riproduzione, permanente o temporanea, totale o parziale, del programma per elaboratore con qualsiasi mezzo o in qualsiasi forma. Nella misura in cui operazioni quali il caricamento, la visualizzazione, l'esecuzione, la trasmissione o la memorizzazione del programma per elaboratore richiedano una riproduzione, anche tali operazioni sono soggette all'autorizzazione del titolare dei diritti;
  2. b) la traduzione, l'adattamento, la trasformazione e ogni altra modificazione del programma per elaboratore, nonché la riproduzione dell'opera che ne risulti, senza pregiudizio dei diritti di chi modifica il programma;
  3. c) qualsiasi forma di distribuzione al pubblico, compresa la locazione, del programma per elaboratore originale o di copie dello stesso. La prima vendita di una copia del programma nella Comunità Economica Europea da parte del titolare dei diritti, o con il suo consenso, esaurisce il diritto di distribuzione di detta copia all'interno della Comunità, ad eccezione del diritto di controllare l'ulteriore locazione del programma o di una copia dello stesso.

Massime relative all'art. 64 bis Legge sulla protezione del diritto d'autore

Cass. pen. n. 8011/2012

La duplicazione abusiva di programmi per elaboratore comprende non soltanto la produzione non autorizzata di copie perfette del programma interessato, ma anche la realizzazione di programmi ricavati dallo sviluppo o da modifiche del prodotto originale, quando di quest'ultimo sia replicata una parte funzionalmente autonoma e costituente, comunque, il nucleo centrale dell'opera protetta.

Cass. pen. n. 15509/2002

Sono da ritenere abusive, e pertanto suscettibili di dar luogo alla configurabilitą del reato previsto dall'art. 171 bis l. 22 aprile 1941 n. 633, tutte le duplicazioni di programmi informatici che siano realizzate al di fuori delle forme previste dagli art. 64 bis, 64 ter e 64 quater della medesima legge.

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P. V. chiede
lunedģ 11/11/2024
“ho un'azienda (che indico come A) che ha sviluppato un software che viene venduto in licenza d'uso ad un'altra azienda (che indico come B) il cui rappresentante legale è lo stesso rappresentante legale della nostra azienda . Quindi A e B hanno lo stesso rappresentante legale.
Il nostro rappresentante legale afferma che il software sia di proprietà di B per il solo fatto di averlo fatto sviluppare a suo tempo da A . Noi invece affermiamo che la propietà intellettuale è di A e B lo usa in licenza d'uso . Chi ha ragione?
Grazie

Consulenza legale i 19/11/2024
L’ordinamento italiano mette a disposizione due strumenti per la tutela di un software: il diritto d'autore e il diritto brevettuale.
Se il diritto d'autore protegge il software per come è scritto, dunque tutela la forma del codice (linguaggio di programmazione/linguaggio macchina); il brevetto protegge la funzionalità del software, quindi il modo in cui funziona e il risultato a cui porta, a prescindere dalla forma del codice.

Nel caso esposto, non sembra sia stata depositata alcuna domanda di brevetto, resta la protezione garantita dalla normativa sul diritto d'autore, in quanto opera dell'ingegno a carattere creativo, contenuta negli artt. 64 bis e ss. della legge sul diritto d’autore.

Per godere della protezione del diritto d'autore il software deve essere originale rispetto ai software preesistenti; la protezione sorge automaticamente con la sua creazione e i diritti che si acquisiscono sono di due tipi: morali e patrimoniali.
Il diritto morale è inalienabile, mentre i diritti patrimoniali possono essere trasferiti e consistono essenzialmente nei diritti di utilizzazione economica (cioè il diritto di pubblicare, diffondere e commercializzare il software).

Tra l’azienda A e l’azienda B sembra essersi configurato un contratto di sviluppo di software; si tratta di un contratto atipico (cioè non disciplinato dalla legge) con cui un soggetto (committente – azienda B) richiede la realizzazione di un determinato software personalizzato, con specifiche caratteristiche, richieste dal committente stesso, ad un altro soggetto (sviluppatore - azienda A), verso un determinato corrispettivo.
Attraverso il contratto di sviluppo, dunque, il committente non acquista un prodotto già esistente sul mercato, ma dà incarico di “redigere” uno specifico programma adatto alle sue necessità.
In base all’accordo tra le parti, il contratto di sviluppo del software può essere strutturato come un contratto d’opera (disciplinato dall’art. 2222 e ss. c.c.) o come un contratto di appalto (regolato dall’art. 1655 del c.c.). Tale diversa configurazione si riflette direttamente sul regime di responsabilità dello sviluppatore e sui diritti di sfruttamento del software.
Nel caso di specie, posto che lo sviluppatore è un’impresa, si ritiene applicabile la disciplina sull’appalto.

Per quanto riguarda gli aspetti legati alla proprietà intellettuale dell’opera, come sopra anticipato dobbiamo distinguere tra diritti morali e diritti patrimoniali sul software.
I diritti morali, discendenti dal diritto di autore, fanno sempre capo allo sviluppatore, autore del bene, in quanto inalienabili; dunque, nel momento in cui un programmatore genera un software, egli rimane il titolare dell’opera, e di conseguenza mantiene la possibilità di rivendicare la paternità dell’opera in qualsiasi momento, nonché il diritto di vietarne le modifiche.
I diritti patrimoniali sul software spettano anch’essi allo sviluppatore, il quale potrà modificare, riprodurre, distribuire il software a terzi o cederlo ad altri committenti, mentre il committente godrà di una semplice licenza d’uso del software.

Al contrario, invece, qualora tuttavia l’attività inventiva e/o creativa sia prevista espressamente come oggetto del contratto tra le parti, i diritti patrimoniali legati allo sviluppo del software spettano al committente, ai sensi dell’art. 4 L. n. 81/2017.

Non si conoscono gli elementi della vicenda iniziale che ha condotto allo sviluppo del software da parte dell’azienda A su commessa dell’azienda B per poter definire a chi spettino i diritti patrimoniali sullo stesso.
In linea di massima, salvo l’eccezione sopra citata, si ritiene che i diritti patrimoniali vadano ascritti al committente (azienda B); non si esclude, tuttavia, una prova contraria, posto che il contratto di sviluppo non è stato redatto in forma scritta.

Assume rilevanza, tuttavia, il contratto di licenza sottoscritto tra le parti, nel quale all’art. 1.6 si legge: "Il Programma rimane di esclusiva proprietà di FORNITORE. È fatto quindi espresso divieto al Cliente di distribuirli al pubblico ovvero di cederli o darli in sublicenza a terzi o, comunque, di consentirne l'uso da parte di terzi sia a titolo gratuito che a titolo oneroso".
Sottoscrivendo tale clausola, anche se in riferimento ad una sola annualità, si può affermare che l’azienda B abbia concordato nell’attribuire la proprietà del software, nonché dei conseguenti diritti patrimoniali, all’azienda A, che lo ha concesso soltanto in licenza d’uso.