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Vendita di software e proprietà intellettuale

Vendita di software e proprietà intellettuale
Come si può vendere il software tutelando il proprio diritto di autore? Quali tipologie di contratto per concedere in uso il software?
Il software viene definito come opera dell’ingegno di carattere immateriale. Proprio per questo motivo, esso presenta tutta una serie di peculiarità che richiedono una certa attenzione durante la redazione del contratto di vendita o di licenza dello stesso.
Innanzitutto, quale opera dell’ingegno, esso è tutelato dai cosiddetti diritti di proprietà intellettuale, o “IP-rights”, che nel caso specifico non tutelano solamente l’autore, ma anche il codice sorgente del prodotto.
L’art. 64 bis della Legge sulla protezione del diritto d'autore prevede in capo all’autore dell’opera tutta una serie di “diritti di esclusiva”, che si declinano in diverse prerogative.
Prima di prendere in esame tali potestà, e la possibilità di cederle a terzi, è necessario osservare come i contratti che possono venire in rilievo al fine di concedere in uso il godimento del software sono principalmente due: la vendita del programma o la licenza d’uso.
Mentre con la prima l’acquirente diviene a tutti gli effetti proprietario del software, e potrà di conseguenza modificarlo, implementarlo o cederlo ad altri, nel caso della licenza d’uso egli sarà limitato agli specifici diritti stabiliti dalle parti nell’accordo contrattuale.
Con il contratto di licenza d’uso del software, più nello specifico, non si trasferisce tanto la proprietà di quest’ultimo, quanto invece una serie di diritti particolari di godimento sullo stesso. Ed è per questo motivo che di essenziale importanza diventa il momento della redazione del contratto tra le parti, le quali dovranno precisare minuziosamente quanti e quali saranno i diritti trasferiti, in che cosa consisteranno e se verrà ceduto, o meno, un diritto di esclusiva sugli stessi.
La lettera a) dell’art. 64 bis comprende il diritto di effettuare, o autorizzare, la riproduzione, permanente o temporanea, totale o parziale, del programma per elaboratore con qualsiasi mezzo o in qualsiasi forma. Tale facoltà è solitamente sempre oggetto di cessione, e questo perché tale potestà è necessaria ai fini dell’esecuzione del software.
La lettera b) della medesima disposizione, poi, prevede il diritto di modificare e personalizzare autonomamente il software, e tale potestà sarà concessa in alcuni casi limitati, attraverso la messa a disposizione al cliente del codice sorgente.
La lettera c), infine, prevede il diritto di distribuzione al pubblico del programma. Tale ultima facoltà di solito rimane espressamente riservata alla “software house”, salvo che la stessa non autorizzi tale operazione attraverso un contratto di distribuzione.
Ancora più nello specifico, è necessario osservare come nel campo dei contratti aventi ad oggetto le opere dell’ingegno, dai tradizionali libri fino ai programmi di elaborazione dati, vige il c.d. “principio dell’esaurimento”.
In virtù di tale concetto, il diritto esclusivo di distribuzione dell’opera in capo all’autore si esaurisce con la prima vendita legittima della copia dell’opera.
Tale principio vale nel campo dell’editoria per i libri, ma viene pacificamente esteso all’ambito dei contratti informatici, e in particolare per il software “pacchettizzato”, dato che l’acquirente potrà successivamente rivendere il programma, senza per questo violare il diritto di distribuzione attribuito alla software house.
Al giorno d’oggi, inoltre, a seguito dell’enorme diffusione delle reti di connessione internet, che hanno soppiantato in tutto e per tutto i metodi di compravendita tradizionali, la distribuzione del software avviene più realisticamente in assenza di supporti materiali, effettuando semplicemente l’acquisto, o addirittura solamente il “download” del programma dal web.
Ci si può chiedere, allora, se il principio dell’esaurimento sopracitato si applichi anche al fenomeno del download di software acquistati senza supporto materiale, senza quindi ottenere la proprietà dello stesso.
La Corte di Giustizia dell’Unione Europea, che si è pronunciata sulla questione con la decisione “Oracle” del 2012, ha affermato che “il principio dell'esaurimento del diritto di distribuzione opera non solo quando il titolare del diritto d'autore commercializza le copie del proprio software su un supporto informatico tangibile (CD ROM o DVD), bensì parimenti quando le distribuisce mediante download dal proprio sito Internet”.
È per questo motivo che ultimamente si sono diffusi i modelli di licenza “ad abbonamento”, conosciuti anche come “Saas”, sigla che sta per “Software as a service”. Attraverso tali strumenti contrattuali non si acquista una licenza perpetua che autorizza ad usare il software, bensì un abbonamento mensile o annuale al quale si può accedere a seconda delle esigenze personali.
Inoltre, recentemente si è diffusa una modalità di accesso ai programmi definita “cloud”, che utilizza un browser ed un collegamento ad internet, senza che l’utente debba necessariamente installare un’applicazione sul proprio computer. In tal caso, il software non viene più venduto, bensì fornito all’utente come un servizio per un periodo limitato di tempo.
In tal modo, è più facile per la software house ostacolare l’applicazione del principio di esaurimento, mantenendo di conseguenza un controllo più capillare sul commercio e sulla diffusione delle copie.
Attraverso l’utilizzo della modalità “cloud”, colui che acquista la “licenza d’uso” potrà fruire del servizio per un periodo di tempo in genere limitato, senza avere la facoltà di effettuare ulteriori successive cessioni ai terzi.
Nonostante questi vantaggi, la fruizione del servizio tramite la modalità “cloud” presenta anche taluni inconvenienti, come per esempio le responsabilità derivanti dal servizio di “hosting” dei dati dell’utente, il quale comporta diversi oneri di controllo e vigilanza sugli stessi.
Sulle base di tutte le considerazioni fin qui svolte, è agevole comprendere come la redazione precisa delle regole contrattuali assuma una rilevanza imprescindibile nell’ambito della vendita del software, anche alla luce delle recenti novità normative in tema di privacy apportate dal c.d. “GDPR”.

Diversa ipotesi è quella costituita dal contratto di sviluppo di software, con il quale il committente affida ad un professionista la realizzazione di un software su misura, ovvero munito di particolari caratteristiche che soddisfino le peculiari esigenze del committente.
Il contratto di sviluppo, costituito dalle diverse fasi dello studio di fattibilità e dell'esecuzione vera e propria del programma, è ben diverso da quello dell’acquisto di un software standard. In quest'ultimo caso, infatti, il software viene venduto attraverso i canali della grande distribuzione. Attraverso il contratto di sviluppo di software, invece, l’utente non acquista un prodotto già esistente sul mercato, ma dà l'incarico di realizzare un software che si adatti alle sue esigenze di informatizzazione, del tutto specifiche ed individuali, che non troverebbero soddisfazione attraverso l'acquisto di un software prodotto in serie.
Anche in tale ultimo caso, tuttavia, possono sorgere motivi di contenzioso legati alla titolarità del diritto d’autore sul programma (e in particolare, dei relativi diritti di sfruttamento commerciale).
È possibile, per esempio, che il fornitore chieda esplicitamente al committente, attraverso una specifica clausola contrattuale, di non cedere a terzi il codice sorgente e la documentazione tecnica ad esso relativa, assumendo l’obbligo di destinare il software ad un uso esclusivamente interno.

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