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Articolo 517 Codice di procedura penale

(D.P.R. 22 settembre 1988, n. 447)

[Aggiornato al 30/11/2024]

Reato concorrente e circostanze aggravanti risultanti dal dibattimento

Dispositivo dell'art. 517 Codice di procedura penale

1. Qualora nel corso dell'istruzione dibattimentale emerga un reato connesso a norma dell'articolo 12 comma 1 lettera b) ovvero una circostanza aggravante e non ve ne sia menzione nel decreto che dispone il giudizio [429], il pubblico ministero contesta all'imputato il reato o la circostanza [520], purché la cognizione non appartenga alla competenza di un giudice superiore [423, 522](1).

1-bis. Si applicano le disposizioni previste dall'articolo 516, commi 1-bis e 1-ter(2)(3)(4)(5)(6)(7).

Note

(1) Si ricordi che, anche in mancanza della contestazione del dibattimento, qualora per i reati concorrenti si dovesse pervenire all'emanazione di più sentenze irrevocabili di condanna, la disciplina sostanziale del concorso formale e delle continuazione sarebbe applicabile, a vantaggio del condannato in fase di esecuzione ex art. 671, comma 1, a differenza delle circostanze aggravanti, che se non contestate non possono più essere prese in considerazione.
(2) Tale comma è stato introdotto dall'art. 187, del D.lgs. 19 febbraio 1998, n. 51 e poi modificato dall'art. 47, comma 5, della l. 16 dicembre 1999, n. 479.
(3) La Corte Cost. si è più volte pronunciata a riguardo di tale articolo prima, con sent. 30 maggio 1994, n. 265, lo ha dichiarato parzialmente illegittimo nella parte in cui non prevede la facoltà dell'imputato di richiedere al giudice del dibattimento l'applicazione di pena a norma dell'art. 444, relativamente al fatto diverso o al reato concorrente contestato in dibattimento, quando la nuova contestazione concerne un fatto che già risultava dagli atti di indagine al momento dell'esercizio dell'azione penale ovvero quando l'imputato ha tempestivamente e ritualmente proposto la richiesta di applicazione di pena in ordine alle originarie imputazioni. Poi, con sent. 19 dicembre 1995, n. 530, l'illegittimità è stata dichiarata in quanto la norma non prevede la facoltà dell'imputato di proporre domanda di oblazione, ai sensi degli artt. 162 e 162 bis c.p., relativamente al fatto diverso contestato in dibattimento. Successivamente ,con sent. 22 ottobre 2012, n. 237, l’illegittimità costituzionale è stata dichiarata nella parte in cui non prevede la facoltà dell’imputato di richiedere al giudice del dibattimento il giudizio abbreviato relativamente al reato concorrente emerso nel corso dell’istruzione dibattimentale, che forma oggetto della nuova contestazione. Infine, la Corte Cost. si è da ultimo pronunciata nel senso dell'illegittimità, con sent. 23-25 giugno 2014, n. 184, nella parte in cui non prevede la facoltà dell'imputato di richiedere al giudice del dibattimento l'applicazione di pena, a norma dell'art. 444 del presente codice, in seguito alla contestazione nel dibattimento di una circostanza aggravante che già risultava dagli atti di indagine al momento dell'esercizio dell'azione penale.
(4) La Corte costituzionale, con sentenza 9 luglio 2015, n. 139, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del presente articolo nella parte in cui, nel caso di contestazione di una circostanza aggravante che già risultava dagli atti di indagine al momento dell'esercizio dell'azione penale, non prevede la facoltà dell'imputato di richiedere al giudice del dibattimento il giudizio abbreviato relativamente al reato oggetto della nuova contestazione.
(5) La Corte costituzionale, con sentenza 5 luglio 2018, n. 141, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del presente articolo nella parte in cui, in seguito alla nuova contestazione di una circostanza aggravante, non prevede la facoltà dell’imputato di richiedere al giudice del dibattimento la sospensione del procedimento con messa alla prova.
(6) La Corte Costituzionale, con sentenza 20 febbraio - 11 aprile 2019, n. 82 (in G.U. 1ª s.s. 17/04/2019, n. 16), ha dichiarato "l'illegittimità costituzionale dell'art. 517 del codice di procedura penale, nella parte in cui non prevede la facoltà dell'imputato di richiedere al giudice del dibattimento l'applicazione della pena, a norma dell'art. 444 del codice di procedura penale, relativamente al reato concorrente emerso nel corso del dibattimento e che forma oggetto di nuova contestazione".
(7) La Corte Costituzionale, con sentenza 27 aprile - 14 giugno 2022, n. 146, ha dichiarato "l'illegittimità costituzionale dell'art. 517 del codice di procedura penale, nella parte in cui non prevede, in seguito alla contestazione di reati connessi a norma dell'art. 12, comma 1, lettera b), cod. proc. pen., la facoltà dell'imputato di richiedere la sospensione del procedimento con messa alla prova, con riferimento a tutti i reati contestatigli".

Ratio Legis

La possibilità di rimodellare il fatto in conformità a quanto viene emergendo dall'escussione delle prove è coerente con il valore attribuito al dibattimento, quale sede principale dell'accertamento processuale.

Spiegazione dell'art. 517 Codice di procedura penale

La correlazione tra accusa e sentenza rappresenta un principio fondamentale all'interno della fase del giudizio, posto che risulta assolutamente indispensabile per un corretto ed effettivo esercizio della difesa da parte dell'imputato. Invero, è fatto divieto al giudice di pronunciarsi su un fatto che non sia stato preventivamente portato a conoscenza dell'imputato, come specularmente l'imputato ha diritto a venire giudicato solo per un fatto che gli è stato formalmente addebitato.

In linea di massima, se la decisione non coincide con la formulazione dell'imputazione, il giudice deve astenersi dal decidere e trasmettere gli atti al pubblico ministero affinché quest'ultimo formuli, se ancora possibile tenuto conto della prescrizione, una nuova imputazione (art. 521, comma 2).

Fanno parte dell'imputazione anche i reati connessi e le circostanze aggravanti, motivo per il quale l'articolo in esame si occupa di disciplinare l'eventualità in cui questi due elementi emergano solo nel corso del dibattimento.

Per quanto riguarda dunque la c.d. contestazione suppletiva, mentre in relazione al concorso formale e all'istituto della continuazione si pone eventualmente il rimedio di cui all'art. 671, il quale consente al condannato di usufruire in fase di esecuzione dei relativi benefici per la somma di più sentenze irrevocabili di condanna, ciò non vale per le circostanze aggravanti, che se non contestate non possono più essere prese in considerazione.

Purchè in seguito all'emergere delle nuove considerazioni la cognizione non appartenga ad un giudice superiore (nel qual caso si procede ai sensi dell'art. 23), il pubblico ministero contesta il reato o la circostanza all'imputato.

Se invece risulta di competenza del tribunale collegiale invece che a composizione monocratica, il relativo difetto deve essere eccepito immediatamente oppure, nell'ipotesi in cui vi sia stata sospensione del dibattimento, all'inizio della nuova udienza.

All'inizio della nuova udienza deve altresì essere eccepito il vizio derivante dal non essersi tenuta l'udienza preliminare, qualora si sia proceduto per un reato che non la prevedeva, ma che, in seguito al mutamento dell'imputazione, risulta ora necessaria.

Di fondamentale importanza è stato l'intervento della Corte Costituzionale, la quale ha restituito all'imputato il diritto al patteggiamento, al giudizio abbreviato e all'oblazione in seguito alle nuove contestazioni (v. note in calce all'articolo), posto che nell'ipotesi in cui l'incompletezza delle indagini derivasse da errori del pubblico ministero, e quindi la mancata corretta formulazione del decreto che dispone il giudizio e conseguente lesione dei diritti di difesa dell'imputato ricadesse sull'imputato stesso, il quale non aveva potuto considerare di formulare le richieste di giudizio abbreviato, oblazione o di ricorrere all'istituto del patteggiamento.

Massime relative all'art. 517 Codice di procedura penale

Cass. pen. n. 12345/2018

Nel caso in cui il pubblico ministero contesti all'imputato un reato concorrente ai sensi dell'art. 517 cod. proc. pen.sulla base di fonti dichiarative raccolte in dibattimento, tali dichiarazioni possono essere legittimamente utilizzate dal giudice per la decisione qualora il difensore si sia limitato a prendere atto della contestazione suppletiva, senza chiedere, ai sensi dell'art. 519, commi 2 e 3, cod. proc. pen., di effettuare un controesame delle citate fonti dichiarative in relazione all'oggetto della nuova contestazione.

Cass. pen. n. 16608/2017

Non sussiste alcun dovere di procedere alla contestazione di fatto diverso o concorrente qualora, contestata nell'imputazione originaria una serie di condotte omogenee unificate entro il vincolo della continuazione interna, l'attenzione venga poi focalizzata, durante l'espletamento delle prove testimoniali, su taluno degli episodi originariamente contestati nella loro complessità, puntualizzandone le modalità esecutive rispetto a quanto indicato nel capo di imputazione.

Cass. pen. n. 9696/2015

L'atto con il quale il Pubblico Ministero modifica la imputazione ex artt. 516-517 cod. proc. pen., non ha efficacia interruttiva della prescrizione, poiché esso non è compreso nell'elenco degli atti espressamente previsti dall'art. 160, comma secondo, cod. pen., i quali costituiscono un "numerus clausus" e sono insuscettibili di ampliamento per via interpretativa, stante il divieto di analogia "in malam partem" in materia penale.

Cass. pen. n. 47666/2014

Nel caso in cui il Pubblico Ministero proceda, sulla base delle dichiarazioni testimoniali della persona offesa, a contestare all'imputato un reato concorrente ai sensi dell'art. 517 cod. proc. pen., tali dichiarazioni possono essere legittimamente utilizzate dal giudice per la decisione qualora il difensore si sia limitato a prendere atto della contestazione suppletiva, senza chiedere, ai sensi dell'art. 519, commi 2 e 3, cod. proc. pen., di effettuare un controesame della persona offesa specificamente relativo all'oggetto della suddetta contestazione.

Cass. pen. n. 44709/2004

La contestazione suppletiva prevista dall'art. 517 c.p.p., effettuabile tanto prima quanto nel corso della istruzione dibattimentale, può avere ad oggetto anche fatti già acquisiti dal pubblico ministero nel corso delle indagini preliminari, fermo restando, però, che non possono essere utilizzate a carico dell'imputato, relativamente a quei fatti, le prove che siano state assunte in dibattimento prima che la contestazione avesse luogo. (Mass. redaz.).

Cass. pen. n. 48593/2003

È abnorme e dunque contro di esso può proporsi ricorso per cassazione il provvedimento con il quale il giudice di pace, che ravvisi l'esistenza di un reato connesso con quello contestato, trasmette gli atti al P.M. anche relativamente al reato ritualmente contestato omettendo di decidere su questo: costituisce infatti potere-dovere del giudice trasmettere al P.M. copia degli atti concernenti il fatto delittuoso emerso e non contestato soltanto all'esito del giudizio sul reato contestato.

Cass. pen. n. 1431/2002

La contestazione in dibattimento di un reato connesso a norma dell'art. 12, comma 1, lett. b), c.p.p., o di una circostanza aggravante di cui non vi sia menzione nel decreto che dispone il giudizio, è ammessa solo quando si fondi su elementi emersi per la prima volta nel corso della istruttoria dibattimentale. Tale soluzione, suggerita dalla lettera della legge e dalla necessità di garantire il diritto di difesa dell'interessato, appare oggi la sola congruente con nuovi ed essenziali profili del processo penale, dalla configurazione dell'accesso al rito abbreviato quale diritto dell'imputato alla conseguente possibilità di retrocessione del giudizio verso l'udienza preliminare nei casi in cui la modifica dell'imputazione (art. 516, comma 1 ter, c.p.p.) o la contestazione di nuovi reati (art. 517, comma 1 bis) riguardino fattispecie sottratte alla citazione diretta. Ne consegue che, quando concerna contestazioni effettuate sulla base di elementi già noti nella fase delle indagini preliminari, la sentenza è nulla a mente del comma 2 dell'art. 522 c.p.p., nella sola parte relativa al reato concorrente od alla circostanza aggravante

Cass. pen. n. 40714/2001

La contestazione in udienza del reato di violazione dei sigilli collegato alle contravvenzioni edilizie ai sensi dell'art. 12, comma 1, lett. b) del codice di rito, non rientra nella previsione della contestazione di «fatto nuovo» prevista dall'art. 518 c.p.p., bensì in quella del reato concorrente disciplinata dall'art. 517 c.p.p.

Cass. pen. n. 8131/2000

In tema di nuove contestazioni, poiché alla contestazione suppletiva che modifichi l'imputazione originaria consegue un ampliamento del thema probandum, è necessario che a ciascuna parte sia garantito il pieno esercizio del diritto alla prova rispetto ai nuovi fatti emersi nel processo; ne consegue che, se nel dibattimento viene contestato un reato concorrente, alla parte va riconosciuto il diritto alla prova nella medesima estensione stabilita per la fase degli atti preliminari al dibattimento, e l'ammissione delle prove medesime può essere negata solo se esse siano vietate dalla legge o manifestamente superflue o irrilevanti.

Cass. pen. n. 6251/2000

In tema di reati o circostanze aggravanti risultanti dal dibattimento (art. 517 c.p.p.), perché si possa procedere a contestazione suppletiva occorre che la sussistenza dei reati concorrenti emerga nel corso dell'istruzione dibattimentale e non anche quando essi siano già noti, ma non se ne sia fatta menzione alcuna nella formulazione del capo di imputazione. La lettera della norma non appare suscettibile di interpretazione estensiva e, per contro, una contestazione suppletiva di fatti già noti all'accusa viola il principio di difesa, sia sotto il profilo che si tratta di una imputazione “a sorpresa” in ordine alla quale poteva essere predisposta una difesa anticipata, sia sotto il profilo che vengono poste nel nulla le possibilità di eventualmente adire i riti alternativi quali il patteggiamento o il giudizio abbreviato una volta conosciuta “ab origine” l'intera estensione dell'imputazione. Ne consegue che la contestazione suppletiva di un reato concorrente non emergente dalla istruttoria dibattimentale, ma già conosciuto dal P.M., è illegittima e comporta la nullità del relativo giudizio perché lesiva del diritto alla difesa.

Cass. pen. n. 5180/1999

Il provvedimento con cui il giudice del dibattimento dichiara inammissibile la contestazione suppletiva effettuata dal pubblico ministero ai sensi dell'art. 517 c.p.p., per quanto erroneo (essendo il pubblico ministero dominus dell'azione penale ed il giudice conseguentemente carente del potere di sindacato preventivo in materia) non può tuttavia qualificarsi come abnorme e, dunque, non è immediatamente impugnabile con il ricorso per cassazione; non si tratta, infatti, di provvedimento dal quale derivi una situazione processuale non diversamente risolubile se non con il gravame predetto, e ciò in quanto, avendo il giudice l'obbligo di provvedere in ordine al nuovo capo di imputazione, la sentenza emessa all'esito del dibattimento può essere utilmente impugnata dalla parte pubblica per l'omessa pronuncia sul punto.

Cass. pen. n. 11671/1999

È configurabile il tentativo nel reato di cui all'art. 517 c.p., allorché vengano presentati per lo sdoganamento prodotti industriali con segni mendaci in quanto può costituire atto idoneo, diretto in modo non equivoco, a mettere la merce in circolazione ovvero a porla in vendita.

In tema di elemento oggettivo del delitto di vendita di prodotti industriali con segni mendaci di cui all'art. 517 c.p., la condotta descritta con l'espressione - mette altrimenti in circolazione - è nella fattispecie alternativa a quella di - porre in vendita -, sicché deve ritenersi che essa si riferisca a qualsiasi attività con cui si miri a far uscire a qualsiasi titolo la – res - dalla sfera giuridica e di custodia del mero detentore, ossia a qualunque operazione di movimentazione della merce. Ne consegue che la mera presentazione di prodotti industriali con segni mendaci alla dogana per lo sdoganamento, può, tenuto conto delle circostanze del caso concreto, integrare la condotta prevista dall'art. 517 c.p. con l'espressione - mette altrimenti in circolazione -.

Cass. pen. n. 10551/1999

In tema di nuove contestazioni, va riconosciuto al P.M. il potere di procedere nel dibattimento alla modifica dell'imputazione o alla formulazione di nuove contestazioni senza specifici limiti, temporali o di fonte, da cui trarre gli elementi per la detta modifica o la nuova contestazione, sempre ovviamente garantendo i diritti della difesa.

Cass. pen. n. 10394/1999

In tema di nuove contestazioni di circostanze aggravanti emerse nel corso dell'udienza, deve ritenersi che il termine ultimo entro il quale esse possono essere effettuate debba farsi coincidere con la chiusura del dibattimento e che, dunque, possa anche essere, a tale scopo, interrotta la discussione finale, ferma restando la concedibilità, all'imputato, dei termini a difesa

Cass. pen. n. 4/1999

In tema di nuove contestazioni, la modifica dell'imputazione di cui all'art. 516 c.p.p. e la contestazione di un reato concorrente o di una circostanza aggravante di cui all'art. 517 c.p.p. possono essere effettuate dopo l'avvenuta apertura del dibattimento e prima dell'espletamento dell'istruzione dibattimentale, e dunque anche sulla sola base degli atti già acquisiti dal pubblico ministero nel corso delle indagini preliminari.

Cass. pen. n. 6443/1998

Per la legittimità della contestazione di un reato connesso non è richiesto, in base al disposto dell'art. 517 c.p.p. anche il consenso dell'imputato, essendo sufficiente la sussistenza di un reato contestato in via principale, un rapporto di connessione quale previsto dall'art. 12 lett. b) c.p.p. tra la contestazione principale e quella suppletiva, la genesi di quest'ultima dall'approfondimento dibattimentale del materiale investigativo.

Cass. pen. n. 5072/1998

Il reato concorrente suscettibile di contestazione da parte del P.M. a norma dell'art. 517 c.p.p. deve emergere per la prima volta dalla istruttoria dibattimentale perché, se era già a conoscenza del P.M. nella fase degli atti di indagine preliminare o perviene aliunde a conoscenza dello stesso in modo da escludere il controllo della difesa, la relativa contestazione suppletiva in giudizio costituisce una violazione della par condicio delle parti anche perché, fra l'altro, esclude la possibilità che l'imputato chieda il giudizio abbreviato ed è causa di nullità assoluta in parte qua, costituendo un vizio concernente l'iniziativa del P.M. nell'esercizio dell'azione penale.

Cass. pen. n. 6153/1994

La legittimità della contestazione suppletiva ex art. 517 c.p.p. va valutata al momento in cui essa viene formulata come ipotesi di accusa, da sottomettere poi al vaglio del giudizio alla stessa stregua della contestazione principale. È in tale momento che tra il reato contestato in via principale e quello contestato in via suppletiva deve esistere la connessione prevista dall'art. 12, lett. b), c.p.p. A nulla rileva, quindi, che in sede di giudizio per il primo reato intervenga assoluzione.

Cass. pen. n. 8959/1993

Poiché il nuovo codice di procedura penale consente (art. 523, sesto comma) l'interruzione della discussione finale per assumere nuova prova qualora il giudice lo ritenga «assolutamente necessario», il termine ultimo per il P.M., per procedere a nuove contestazioni, va collocato alla chiusura, non della istruzione dibattimentale, bensì del dibattimento.

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