Cass. pen. n. 11486/2010
È abnorme il provvedimento con cui il Tribunale monocratico disponga la restituzione degli atti al P.M. sul presupposto che non vi sia stato arresto in flagranza per il reato di cui all'art. 14, comma quinto-ter, D. Lgs. n. 286 del 1998, impedendo al P.M. di dar corso ad un adempimento obbligatorio quale è l'instaurazione del giudizio direttissimo atipico previsto dall'art. 14, comma quinto-quinquies, del su citato D.Lgs.. (Fattispecie in cui vi era stato un arresto in flagranza per il reato di cui all'art. 73 del d. P.R. n., 309/1990 e solo il giorno successivo era stata accertata la violazione del reato di cui all'art. 14, comma quinto-ter, D.Lgs. n. 286 del 1998).
Cass. pen. n. 32234/2007
La richiesta di giudizio abbreviato, avanzata dall'imputato ed accolta dal giudice, implica rinuncia al rito dell'applicazione della pena su richiesta delle parti, dovendo escludersi la convertibilità dell'uno nell'altro. (In motivazione, la Corte ha precisato che nessuna disposizione disciplina la trasformazione del giudizio abbreviato nel patteggiamento, la cui alternatività è evidenziata da quelle norme che, regolando la facoltà dell'imputato di operare una scelta tra i possibili giudizi speciali, gli impongono un'esplicita opzione tra l'uno o l'altro procedimento).
Cass. pen. n. 874/1999
Nel caso di trasformazione del giudizio direttissimo in abbreviato, costituisce provvedimento abnorme (e quindi ricorribile per cassazione) il provvedimento con il quale il giudice, nel revocare la ammissione del giudizio abbreviato, revochi anche l'ammissione del giudizio direttissimo, restituendo gli atti al P.M. Invero, mentre la revoca del giudizio abbreviato costituisce provvedimento semplicemente illegittimo ma non impugnabile, la revoca del rito direttissimo, pur in origine ammesso, comportando una regressione del procedimento alla fase delle indagini preliminari in presenza del valido esercizio dell'azione penale, è completamente fuori dalla logica del vigente sistema processuale. (Fattispecie in cui, in sede di giudizio abbreviato, instauratosi nell'ambito di giudizio direttissimo, il giudice di merito, ritenendo di non poter decidere allo stato degli atti per la necessità di ascoltare testi, anziché attivare la procedura ex art. 452 comma 2 c.p.p., ha agito come sopra indicato. La Suprema corte ha annullato senza rinvio il provvedimento abnorme, determinando la regressione del procedimento nella fase immediatamente precedente alla emissione della ordinanza impugnata, ponendo, conseguentemente, il giudice di merito nella condizione di disporre eventualmente l'audizione dei testi).
Cass. pen. n. 397/1999
Lo speciale giudizio abbreviato previsto dall'art. 452, comma secondo, c.p.p., si caratterizza per il fatto che, a differenza di quanto previsto per la forma tipica di tale rito, che ha sede nell'udienza preliminare, esso non è legato alla valutazione giudiziale della decidibilità allo stato degli atti. In altri termini, se la richiesta dell'imputato riceve il consenso del pubblico ministero, l'organo giudicante non può non ammetterlo. Proprio per ciò è previsto che in tale atipico rito abbreviato possano essere introdotte le prove ritenute dal giudice necessarie ai fini del decidere.
Cass. pen. n. 10283/1997
Nonostante che il giudizio abbreviato conseguente alla trasformazione del rito direttissimo, ai sensi dell'art. 452, comma 2, c.p.p., contempli, a differenza di quello previsto dagli artt. 438 ss. c.p.p., la possibilità di un'attività di integrazione probatoria, il pubblico ministero può, tuttavia, non consentire, ove ritenga il procedimento non definibile allo stato degli atti, alla richiesta di dar luogo alla detta trasformazione; nel qual caso le acquisizioni probatorie effettuate nel corso del dibattimento non possono essere ricondotte alle previsioni di cui al citato art. 452, comma 2, con la conseguenza che, ove le medesime, sulla base di un giudizio ex ante, risultino obiettivamente giustificate, viene per ciò stesso ad essere esclusa la riconoscibilità all'imputato, in caso di condanna, della diminuente di cui all'art. 442 c.p.p.
Cass. pen. n. 6196/1995
Nell'ipotesi di giudizio abbreviato derivato da giudizio direttissimo, ai sensi dell'art. 452 comma 2 c.p.p., l'impossibilità per la parte di chiedere l'ammissione di mezzi di prova attiene esclusivamente a fatti già verificatisi nel momento in cui ha chiesto (o consentito a) il giudizio abbreviato e non a fatti sopravvenuti rispetto a quel momento. Ne consegue che il fatto sopravvenuto, giuridicamente rilevante, ben può trovare ingresso nel processo, senza che risulti violato l'accordo tra le parti. (Nella specie, in applicazione di tale principio, la Corte ha annullato con rinvio la sentenza del giudice di appello che, sull'assunto dell'impossibilità, nell'ipotesi data, di procedere ad integrazione probatoria, aveva respinto l'istanza di rinnovazione parziale del dibattimento finalizzata all'acquisizione di atti dai quali sarebbe risultata la fattiva collaborazione prestata, dopo la sentenza di primo grado, dall'imputato e quindi la possibilità di applicare l'attenuante di cui all'art. 73 comma 7 D.P.R. 309/1990).
Cass. pen. n. 2773/1995
La norma dell'art. 451 n. 5 c.p.p. che prescrive che l'imputato contro il quale si procede con giudizio direttissimo debba essere avvertito della facoltà di richiedere il giudizio abbreviato o il patteggiamento è priva di sanzione e l'inosservanza non determina alcuna nullità processuale potendo solo eventualmente assumere rilevanza ai fini di una responsabilità disciplinare secondo quanto previsto dall'art. 124 c.p.p. Così pure nessuna nullità è determinata dalla irregolarità nelle formalità di nomina e citazione dell'interprete, quando comunque questi sia presente al dibattimento.
Cass. pen. n. 7988/1993
Nel caso di trasformazione del giudizio direttissimo in abbreviato, il fondamento logico della speciale disciplina prevista dal secondo comma dell'art. 452 c.p.p. che, tra l'altro, consente al giudice di assumere elementi ulteriori necessari ai fini della decisione, va collegato alla specificità del giudizio direttissimo che, instaurandosi nelle ipotesi di arresto in flagranza, può presentare tuttavia l'esigenza di accertamenti ulteriori, normalmente poco compatibili con la brevità della fase delle indagini preliminari che lo precede e che sarebbe però in contrasto con il principio di economia processuale (il quale tende a favorire l'adozione del giudizio abbreviato) consentire solo al normale dibattimento. La specificità della disciplina suddetta non può peraltro superare il requisito indefettibile di ogni forma di giudizio abbreviato e cioè l'esigenza che l'imputato istante accetti di essere giudicato allo stato degli atti, onde egli non potrà chiedere quel giudizio e poi avanzare istanze probatorie, dovendo le ulteriori indagini essere richieste dal P.M. o disposte dal giudice.
Cass. pen. n. 2987/1993
Nel giudizio abbreviato derivante da trasformazione del giudizio direttissimo, in osservanza della ratio deflattiva del procedimento di cui all'art. 452, secondo comma, c.p.p., viene di norma eliminata la fase dibattimentale sia in primo che in secondo grado. Se, però, il processo non sia — a causa della sua genesi dal giudizio direttissimo — definibile allo stato degli atti, è previsto l'eccezionale intervento di poteri istruttori ex officio ad opera del giudice, in sostituzione delle facoltà probatorie delle parti, ormai abdicate con la richiesta di trasformazione del rito. Ne consegue che l'ambito dell'eventuale rinnovazione del giudizio di appello resterà circoscritta nell'area — tipicamente ex officio — dell'attività integratrice del giudice, a norma dell'art. 452, secondo comma, c.p.p.
Cass. pen. n. 1666/1993
Il giudizio abbreviato instauratosi a seguito di trasformazione del giudizio direttissimo subisce una notevole «deviazione» rispetto allo schema ordinario del giudizio abbreviato stesso in quanto consente al giudice, il quale non ritenga di poter decidere allo stato degli atti di avvalersi dei necessari poteri di integrazione istruttoria secondo le forme stabilite dall'art. 422 c.p.p. In altri termini, nell'ambito dell'art. 452 comma secondo (trasformazione del rito) viene meno l'incompatibilità che sussiste tra giudizio abbreviato ed assunzione in tale fase di prove e risulta creata una disciplina processuale intermedia contraddistinta sia dall'utilizzazione senza limiti delle prove acquisite in sede di indagini preliminari, sia dall'assunzione di quelle che il giudice abbia ritenuto indispensabile assumere in udienza al fine di colmare carenze di attività di indagine.
Cass. pen. n. 10569/1992
La richiesta di giudizio abbreviato, nel caso previsto dall'art. 452 comma secondo c.p.p., deve essere proposta prima dell'apertura del dibattimento. Essa è pertanto da considerare tardiva e, quindi, inammissibile, quando sia stata proposta dopo che abbiano avuto luogo la contestazione del reato, l'esposizione introduttiva del pubblico ministero e la concessione del termine a difesa, la quale ultima, come si evince dall'art. 451 comma sesto c.p.p. (in base al quale, ove detta concessione sia stata disposta, il dibattimento è «sospeso»), presuppone che l'apertura del dibattimento stesso sia già avvenuta.
Cass. pen. n. 8176/1992
In tema di giudizio abbreviato atipico previsto dall'art. 452 comma 2, c.p.p. come possibile ipotesi di trasformazione del giudizio direttissimo, il dissenso del pubblico ministero è da considerare come giustificato quando, all'atto della sua manifestazione, il procedimento sia obiettivamente non suscettibile di definizione allo stato degli atti, indipendentemente dall'eventuale integrazione probatoria che il giudice, in base alla norma anzidetta, può successivamente disporre; integrazione che, comunque, può avere ad oggetto, così interpretandosi il richiamo alle «forme previste dall'art. 422 c.p.p.», soltanto gli atti contemplati da detto ultimo articolo, con esclusione, quindi, di atti di natura complessa quali, ad esempio, le perizie.
Cass. pen. n. 12891/1991
La celebrazione del giudizio di applicazione della pena sull'accordo delle parti può avvenire in una qualsiasi delle fasi che si possono aprire dopo quella delle indagini preliminari, a partire cioè dall'udienza preliminare fino alla dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, che rappresenta il momento estremo oltre il quale non è ammissibile il ricorso a quella speciale procedura. Ne discende che il suddetto giudizio appare svincolato dalla specificità delle forme processuali nelle quali può avere origine, richiedendo esso unicamente che la richiesta sia stata ritualmente avanzata nell'ambito di una di quelle udienze in cui la legge processuale ne ammette la proposizione. (Nella specie, in cui l'applicazione della pena sull'accordo delle parti era avvenuta nel corso di un giudizio direttissimo, la Cassazione, sulla base delle considerazioni di cui in massima, ha ritenuto che l'eventuale nullità del giudizio direttissimo — prospettata quale effetto della nullità della convalida dell'arresto in flagranza, che costituisce uno dei presupposti di tale rito — fosse irrilevante essendo stata la sentenza impugnata emessa appunto a seguito del giudizio di applicazione della pena su richiesta delle parti).