Brocardi.it - L'avvocato in un click! CHI SIAMO   CONSULENZA LEGALE

Articolo 75 Codice di procedura penale

(D.P.R. 22 settembre 1988, n. 447)

[Aggiornato al 30/11/2024]

Rapporti tra azione civile e azione penale

Dispositivo dell'art. 75 Codice di procedura penale

1. L'azione civile proposta davanti al giudice civile può essere trasferita nel processo penale fino a quando in sede civile non sia stata pronunciata sentenza di merito anche non passata in giudicato [c.p.c. 324]. L'esercizio di tale facoltà comporta rinuncia agli atti del giudizio [c.p.c. 306]; il giudice penale provvede anche sulle spese del procedimento civile(1).

2. L'azione civile prosegue in sede civile [625 c.p.p.] se non è trasferita nel processo penale o è stata iniziata [c.p.c. 163] quando non è più ammessa la costituzione di parte civile.

3. Se l'azione è proposta in sede civile nei confronti dell'imputato dopo la costituzione di parte civile nel processo penale [82 c.p.p.] o dopo la sentenza [525-548 c.p.p.] penale di primo grado, il processo civile è sospeso fino alla pronuncia della sentenza penale non più soggetta a impugnazione, salve le eccezioni previste dalla legge [71, 72, 82, 88, 441, 444, 651, 652 c.p.p.](2).

Note

(1) Si veda l'art. 211 disp. att.
(2) Con riferimento al comma 3, la Corte Cost. ha sancito l'illegittimità costituzionale "nella parte in cui non prevede che la disciplina ivi contenuta non trovi applicazione nel caso di accertato impedimento fisico permanente che non permetta all'imputato di comparire all'udienza, ove questi non consenta che il dibattimento prosegua in sua assenza" (Corte Cost. sent. 22 ottobre 1996, n. 354).

Ratio Legis

Per evitare l'eventuale sopraggiungere di giudicati tra loro contrastanti, il legislatore del 1988 ha inteso statuire l'indipendenza dei giudicati assecondando il principio in base al quale electa una via non datur recursus ad alteram. Sebbene l'indipendenza tra i due giudizi non sia assoluta, in tal modo la portata del pregiudizio del giudicato penale è stata notevolmente ridotta.

Spiegazione dell'art. 75 Codice di procedura penale

L'esercizio dell'azione civile e dei suoi rapporti con il processo penale è vincolato al rispetto di alcune regole. In primo luogo rileva il momento in cui si decide di esercitare l'azione civile:

a) si può decidere esercitarla per la prima volta nel processo penale purchè il dibattimento non sia ancora stato aperto, altrimenti scaduti i termini, o se si decide di non trasferirla nel processo penale, prosegue in sede civile;

b) l'azione civile , già esercitata in sede civile, può essere anche trasferita nel procedimento penale purchè, oltre al requisito relativo all'apertura del dibattimento nel processo penale, nel processo civile non sia ancora stata emessa sentenza di merito; il processo civile rimarrà sospeso fino l'emissione della sentenza penale e in caso di assoluzione dell'imputato, la sentenza produrrà effetti anche nei confronti di colui costituitosi parte civile (art. 652) c.p.p.).

c) se l'azione civile in sede civile viene esercitata dopo o la costituzione di parte civile nel processo penale, o dopo la sentenza penale di primo grado, il procedimento civile rimane sospeso sino all'irrevocabilità della sentenza penale.

Circa l'aspetto della valenza del giudicato penale in sede civile, si vedano gli artt. 651 e 652 c.p.p..

E' opportuno fare un po' di chiarezza circa i principi che regolano l'esercizio dell'azione civile derivante da illecito:

a) non è possibile esercitare contemporaneamente l'azione civile sia in sede civile che in sede penale;

b) l'azione civile nel processo penale è facoltativa;

c) l'azione civile, autonomamente iniziata, può confluire, per ragioni di economia processuale, nel processo penale;

d) l'azione civile, precedentemente esercitata in sede penale, può astrarsi e volgere in sede civile (favor separationis).

Ai sensi dell'articolo 88, l'ammissione della parte civile o del responsabile civile al giudizio non pregiudica in alcun modo la successiva decisione circa il diritto alle restituzioni ed il risarcimento del danno, dato che tali provvedimenti presentano una natura meramente processuale.

L'unica vera e propria conseguenza in sede civile si ha quando è stata la stessa parte civile a chiedere l'esclusione del responsabile civile. In tale ipotesi la richiesta di esclusione diviene una vera e propria rinuncia implicita a voler esercitare qualsiasi azione di natura civilistica nei confronti del responsabile civile e quindi, per una questione di ragionevolezza, il legislatore ha ritenuto opportuno creare uno specifico sbarramento.

Parimenti, per evidenti ragioni di collegamento sistematico, l'esclusione della parte civile non determina la sospensione del processo civile nei casi di cui al comma 3, ovvero quando l'azione civile è stata proposta dopo la costituzione di parte civile nel processo penale, ed il giudice dovrebbe pertanto emettere ordinanza di sospensione, efficace fino a che la sentenza penale non sia più soggetta ad impugnazione.

Massime relative all'art. 75 Codice di procedura penale

Cass. pen. n. 9175/2016

Il trasferimento dell'azione civile comporta la revoca della costituzione di parte civile e l'estinzione del rapporto processuale civile nel processo penale e ciò impedisce al giudice penale di confermare le statuizioni civili della sentenza relative ad un rapporto processuale ormai estinto. (In applicazione del principio la S.C. ha dichiarato inammissibile il ricorso della parte civile avverso il provvedimento della Corte territoriale che aveva disposto la revoca delle statuizioni civili e la restituzione delle somme ricevute dalla parte civile a titolo di provvisionale, sul presupposto che quest'ultima aveva proposto, per i medesimi fatti, autonoma azione civile).

Cass. pen. n. 5801/2014

Il principio di autonomia e di separazione del giudizio civile da quello penale, posto dall'art. 75 cod. proc. pen., comporta che, qualora un medesimo fatto illecito produca diversi tipi di danno, il danneggiato possa pretendere il risarcimento di ciascuno di essi separatamente dagli altri, agendo in sede civile per un tipo e poi costituendosi parte civile nel giudizio penale per l'altro. (Fattispecie nella quale la persona offesa aveva agito in sede civile per il risarcimento del danno materiale e si era costituita parte civile nel processo penale chiedendo solo il risarcimento del danno morale).

Cass. pen. n. 39471/2013

È legittima la statuizione - pronunciata in sede di appello - di condanna alle spese a favore della parte civile, ancorché quest'ultima non abbia presentato in tale sede le proprie conclusioni, stante il principio di immanenza della costituzione di parte civile, previsto dall'art. 76, comma secondo, cod. proc. pen., in virtù del quale la parte civile, una volta costituita deve ritenersi presente nel processo anche se non compaia e deve essere citata nei successivi gradi di giudizio ancorché non impugnante sicché l'immanenza viene meno solo nel caso di revoca espressa ovvero nei casi di revoca implicita che non possono essere estesi al di là di quelli tassativamente previsti dall'art. 82, comma secondo, cod. proc. pen.

Cass. pen. n. 38806/2008

Nel caso in cui il danneggiato da un reato agisca dinanzi al giudice civile per il risarcimento del danno morale e di quello biologico e, successivamente, si costituisca parte civile nel processo penale chiedendo il risarcimento dei soli danni patrimoniali, il giudizio civile non va sospeso, in quanto il principio di autonomia e di separazione del giudizio civile da quello penale, posto dall'art. 75 c.p.p., comporta che, qualora un medesimo fatto illecito produca diversi tipi di danno, il danneggiato possa pretendere il risarcimento di ciascuno di essi separatamente dagli altri, agendo in sede civile per un tipo e poi costituendosi parte civile nel giudizio penale per l'altro.

Cass. pen. n. 31320/2004

Il trasferimento dell'azione civile comporta la revoca della costituzione di parte civile e l'estinzione del rapporto processuale civile nel processo penale e ciò impedisce al giudice penale di mantenere ferme le statuizioni civili relative ad un rapporto processuale ormai estinto. (Nella fattispecie la Corte, investita di un ricorso proposto dall'imputato e relativo alla responsabilità penale, preso atto della revoca, ha annullato senza rinvio la sentenza in ordine alle statuizioni civili in essa contenute).

Cass. pen. n. 43454/2001

In tema di azione civile nel giudizio penale, il giudice di appello, in difetto di una specifica richiesta della parte interessata, non è legittimato a mutare il contenuto della pronuncia risarcitoria emessa in primo grado, atteso che egli non può statuire in assenza di domanda di parte. (Fattispecie in cui la Corte di cassazione ha annullato senza rinvio la sentenza di secondo grado, limitatamente alle statuizioni civili, in quanto il giudice di appello, nel confermare la condanna dell'imputato per il delitto di lesioni volontarie, aveva aumentato la somma liquidata alla parte civile a titolo di risarcimento del danno, benché quest'ultima si fosse limitata a chiedere la conferma delle statuizioni che la riguardavano).

Cass. pen. n. 41140/2001

In tema di azione civile nel giudizio penale, nel caso di condanna in primo grado dell'imputato al risarcimento del danno da liquidarsi in separata sede, il giudice d'appello, in assenza di una impugnazione della parte civile sul punto, non può procedere alla liquidazione definitiva del danno, in quanto ne risulterebbe violato il principio devolutivo dell'appello.

Cass. pen. n. 32957/2001

Non è risarcibile il «danno all'immagine» derivante da reato ad un ente pubblico, in quanto tale danno è riferibile soltanto a sofferenze fisiche o psichiche proprie di una persona fisica. (In applicazione di tale principio, la Corte di cassazione ha ritenuto non risarcibile il danno all'immagine di un comune, costituitosi parte civile in un procedimento a carico del sindaco per il delitto di omissione di atto d'ufficio).

Cass. pen. n. 9386/2000

Qualora la parte civile, a fronte della sentenza di assoluzione dell'imputato in primo grado, non si sia avvalsa della facoltà di impugnazione prevista dall'art. 576 c.p.p., il giudice d'appello, nell'affermare, su gravame del solo pubblico ministero, la penale responsabilità dello stesso imputato, non può statuire sulla domanda di risarcimento del danno derivante dal reato, non potendosi in contrario invocare il principio di immanenza della costituzione di parte civile, sancito dall'art. 76, comma 2, c.p.p., e neppure il disposto degli artt. 523, comma 2, e 538, comma 1, (in relazione entrambi all'art. 598), così come quello di cui all'art. 601, comma 4, stesso codice.

Cass. pen. n. 7126/2000

In tema di rapporti fra azione civile ed azione penale, il trasferimento nel processo penale dell'azione civile esercitata mediante richiesta di decreto ingiuntivo è consentito, ai sensi dell'art. 75, comma 1, c.p.p., solo ove l'intimato abbia proposto opposizione e non sia stata pronunciata sentenza, anche non passata in giudicato, con la quale è stata decisa la lite nel merito, dovendosi viceversa ritenere precluso ove il decreto non sia stato opposto ovvero l'opponente non si sia costituito, poiché in tal caso il provvedimento acquista valore di sentenza passata in giudicato.

Cass. pen. n. 958/1999

Poiché solo quando pronunzia sentenza di condanna il giudice penale può decidere sulla domanda per le restituzioni ed il risarcimento del danno, la parte civile è legittimata a proporre impugnazione non solo contro i capi della sentenza che riguardano l'azione civile, ma anche contro la sentenza di proscioglimento o assoluzione pronunziata nel giudizio, chiedendo, sia pure ai soli effetti della responsabilità civile, la affermazione della responsabilità penale dell'imputato. Né tale atto di impugnazione deve, necessariamente, contenere la specificazione della domanda restitutoria e/o risarcitoria, in quanto detta specificazione può anche essere differita al momento della formulazione delle conclusioni in dibattimento.

Cass. pen. n. 11272/1998

Nel processo penale l'onere della rifusione delle spese giudiziali sostenute dalla parte civile è collegato alla soccombenza e pertanto, nel giudizio di impugnazione, all'interesse della persona offesa o danneggiata a far valere i propri diritti in contrasto con i motivi proposti dall'imputato; ne discende che, qualora nessun pregiudizio possa derivare alla parte civile dall'accoglimento del gravame, la stessa, pur avendo diritto di intervenire, non ha alcun interesse a concludere, con la ulteriore conseguenza che non può essere ordinata in suo favore la rifusione de qua.

Cass. pen. n. 2665/1998

Con riferimento alla liquidazione delle spese di costituzione di parte civile, la determinazione degl onorari di avvocato, delle competenze di procuratore e delle spese, nei limiti minimi e massimi della tariffa e in relazione al numero e all'importanza delle questioni trattate e delle singole prestazioni difensive, implica una valutazione discrezionale, insindacabile in sede di legittimità. Il principio è però valido sempre che non venga dedotta la violazione dei suddetti limiti e che venga offerta congrua e logica motivazione. (Fattispecie di annullamento con rinvio della liquidazione delle spese di costituzione di parte civile effettuata dal giudice del «patteggiamento» con valutazione globale).

Il giudice nel liquidare le spese della parte civile deve indicare le singole voci della liquidazione, in quanto una determinazione globale delle spese, senza distinzione tra onorari, competenze e spese, non permette all'imputato di controllare l'eventuale onerosità della statuizione e non consente ad entrambe le parti di verificare e sindacare il rispetto, in bonam e in malam partem, dei minimi e massimi tariffari. (Fattispecie di annullamento con rinvio di una sentenza di patteggiamento).

Cass. pen. n. 6911/1998

È inammissibile il ricorso per cassazione proposto dalla parte civile avverso la sentenza d'appello, qualora la stessa non abbia impugnato la decisione di primo grado, per lei sfavorevole, in quanto il principio dell'immanenza degli effetti della costituzione di parte civile, di cui all'art. 76 c.p.p., vale nel rispetto di tutti gli altri principi, tra cui quello della tempestività dell'impugnazione, la cui mancanza determina il passaggio in giudicato della sentenza a norma dell'art. 329 c.p.c.

Cass. pen. n. 2493/1997

In caso di trasferimento dell'azione civile nel processo penale il giudice penale deve provvedere alla liquidazione delle spese sostenute dalla parte lesa nel procedimento civile, quale che sia il rito prescelto dalle parti, compreso quello di applicazione della pena su richiesta.

Cass. pen. n. 6057/1994

La parte lesa, la quale abbia trasferito nel giudizio penale l'azione risarcitoria costituendosi parte civile, ha diritto di ripetere le spese sostenute in entrambe le sedi giudiziarie, tenuto conto della spendita di attività processuali effettivamente poste in essere. (Fattispecie relativa a sentenza di applicazione della pena su richiesta con la quale l'imputata era stata condannata alla rifusione delle spese sostenute dalla costituita parte civile, pertinenti il giudizio penale ed il procedimento civile già pendente, di analogo contenuto risarcitorio).

Cass. civ. n. 3289/1994

L'art. 75, primo comma, c.p.p., secondo cui l'esercizio della facoltà di trasferire nel processo penale l'azione civile proposta davanti al giudice civile a seguito della costituzione di parte civile, comporta rinuncia agli atti del giudizio civile, con effetto immediato e definitivo, regola unicamente i trasferimenti dell'azione civile nel processo penale effettuati dopo l'entrata in vigore della nuova disciplina, trattandosi di norma processuale modificativa degli effetti della suddetta facoltà. Pertanto, qualora la costituzione di parte civile ed il conseguente trasferimento dell'azione sia avvenuto nella vigenza del codice di procedura penale abrogato, è applicabile l'art. 24 di tale codice, in base al quale dal trasferimento dell'azione derivava solo un temporaneo ostacolo all'esercizio della giurisdizione del giudice civile sull'azione civile per le restituzioni ed il risarcimento del danno, con la conseguenza del suo venir meno e del ripristino della giurisdizione del giudice civile ove il procedimento penale venga definito con una sentenza irrevocabile di proscioglimento per amnistia. (Nella specie, intervenuta dopo l'entrata in vigore del nuovo codice di procedura penale).

Cass. pen. n. 10471/1993

Nell'ipotesi in cui, al momento della pronuncia di primo grado, il reato sia estinto per prescrizione e sia quindi venuto meno il presupposto per la condanna ai danni ed alla provvisionale, il giudice di merito non ha il potere di decidere sull'azione civile.

Tesi di laurea correlate all'articolo

Hai un dubbio o un problema su questo argomento?

Scrivi alla nostra redazione giuridica

e ricevi la tua risposta entro 5 giorni a soli 29,90 €

Nel caso si necessiti di allegare documentazione o altro materiale informativo relativo al quesito posto, basterà seguire le indicazioni che verranno fornite via email una volta effettuato il pagamento.

Consulenze legali
relative all'articolo 75 Codice di procedura penale

Seguono tutti i quesiti posti dagli utenti del sito che hanno ricevuto una risposta da parte della redazione giuridica di Brocardi.it usufruendo del servizio di consulenza legale. Si precisa che l'elenco non è completo, poiché non risultano pubblicati i pareri legali resi a tutti quei clienti che, per varie ragioni, hanno espressamente richiesto la riservatezza.

R. L. chiede
martedì 11/06/2024
“Il 10 marzo 2019 sono stata diffamata da tre persone (in concorso tra loro) con uno scritto inviato a più soggetti. Oggi, a seguito di opposizione al decreto penale emesso a loro carico dal Gip (decreto che gli è stato notificato dopo oltre 18 mesi dalla sua emissione!), i tre sono finalmente citati in giudizio e mi costituirò parte civile. La domanda è la seguente: quando cadrà in prescrizione il reato? Sono un tempo per proporre causa anche davanti al tribunale civile? Se si, entro quando?”
Consulenza legale i 17/06/2024
Quanto alla prescrizione, il discorso è alquanto complesso in ragione delle diverse discipline che si sono succedute nel tempo.

Dunque, onde evitare di confondere le idee, possiamo semplicemente affermare che il tempo di prescrizione del reato di diffamazione è di 7 anni e mezzo, che cominciano a decorrere da quanto il reato si è consumato, dunque dal 10 marzo 2019.

Attenzione, però, che, essendo stato il reato commesso in tale data, allo stesso si applicherà la riforma della prescrizione prevista a suo tempo dalla riforma Orlando che prevede che il decorso della prescrizione sia sospeso, per ogni grado di giudizio, dal momento in cui venga pronunciata la sentenza relativa fino a quella del grado successivo per un periodo non superiore a un anno e sei mesi per ciascun grado.

Il problema, comunque, nel caso di specie non è tanto la prescrizione, ma arrivare a una sentenza di condanna entro il primo grado di giudizio.

Va infatti detto che per la persona offesa dal reato che abbia esperito la costituzione di parte civile nel processo penale è rilevante che si arrivi a una condanna in primo grado, tanto basta a ottenere il risarcimento in caso di condanna.
Se, poi, nei successivi gradi di giudizio il reato dovesse prescriversi ciò importerebbe poco in quanto la sentenza di proscioglimento per estinzione del reato a seguito del decorso della prescrizione non sarebbe comunque idonea a “rivedere” la responsabilità penale degli imputati e, conseguentemente, a revocare il risarcimento ottenuto.

Ciò che importa, quindi, è che nel caso di specie venga celebrato il primo grado di giudizio in modo estremamente celere, così da ottenere – o quantomeno cercare di ottenere - la condanna prima del decorso di 7 anni e mezzo a partire dal 10 marzo 2019.

Quanto alla causa civile, il termine di decadenza è di 5 anni da momento in cui il fatto si è verificato; ciò vuol dire che ormai non è più possibile esperire causa civile avverso quel fatto.

Va comunque detto che se le intenzioni sono effettivamente quelle di costituirsi parte civile nel processo penale, il decorso del tempo per l’esercizio dell’azione civile non dovrebbe essere un problema in quanto le due azioni - quella civile e quella civile in sede penale - sono assolutamente incompatibili.

L’ art. 75 del c.p.p., infatti, al comma 3 stabilisce che una volta esercitata l’azione civile in sede penale, l’esperimento della stessa azione in sede civile determinerà la sospensione del giudizio civile onde attendere l’esito di quello penale.
Insomma, l’assetto dell’art. 75 è chiaramente volto a evitare il passaggio dell’azione civile da una sede all’altra e, pertanto, se la decisione è stata – ed è – quella di ottenere il risarcimento del danno in sede penale, è bene che tale scelta resti ferma e, in tale ottica, la decadenza dall’azione civile non è un elemento pregiudizievole in quanto, comunque, tale azione – una volta esperita in sede penale – non avrebbe dato alcun giovamento al diffamato.