Cass. pen. n. 12725/2019
In tema di azione civile nel giudizio penale, nel caso di condanna in primo grado dell'imputato al risarcimento del danno da liquidarsi in separata sede, il giudice d'appello, in assenza di una impugnazione della parte civile sul punto, non può procedere alla liquidazione definitiva del danno, in quanto ne risulterebbe violato il principio devolutivo dell'appello. (Annulla in parte senza rinvio, CORTE APPELLO MESSINA, 16/09/2019).
Cass. pen. n. 42868/2019
La necessità, per il giudice di appello, di redigere una motivazione " rafforzata" sussiste anche nel caso in cui la riforma ai soli effetti civili della sentenza di assoluzione di primo grado si fondi su una perizia espletata nel giudizio d'appello, dovendo, in tal caso, il giudice dell'impugnazione confrontarsi con il sapere scientifico introdotto nel processo di primo grado dai consulenti tecnici di parte e posto alla base della sentenza impugnata. (Annulla con rinvio, CORTE APPELLO CALTANISSETTA, 09/10/2018).
Cass. pen. n. 47280/2019
È rilevabile d'ufficio, anche in sede di giudizio di legittimità, la questione relativa alla violazione dell'art. 1 del protocollo n. 1 della CEDU, così come interpretato dalla sentenza della Corte Europea dei diritti dell'uomo del 28 giugno 2018, nel caso G.I.E.M. s.r.l. e altri c. Italia, in quanto le decisioni della Corte EDU, quando evidenziano una situazione di oggettivo contrasto della normativa interna con la Convenzione europea, assumono rilevanza anche nei processi diversi da quello nel cui ambito sono state pronunciate. (Fattispecie in tema di confisca urbanistica, in cui la Corte ha aggiunto che, essendo stato accertato per la prima volta dalla Corte EDU il profilo d'incompatibilità del sistema interno con la normativa convenzionale con una decisione successiva al ricorso per cassazione, il principio per cui il giudice è tenuto ad applicare il diritto nazionale in conformità ai vincoli derivanti dagli obblighi internazionali ex art. 117, comma 1, Cost. impone che, nel giudizio di legittimità, la questione debba essere rilevata d'ufficio ai sensi dell'art. 609, comma 2, cod. proc. pen., come se ci si trovasse di fronte a uno "ius superveniens", tanto più quando, come nella specie, la questione incide sull'irrogazione di una pena, nel senso di cui all'art. 7 CEDU). (Annulla in parte con rinvio, CORTE APPELLO ROMA, 11/06/2015).
Cass. pen. n. 51898/2019
In tema di giudizio di appello, la motivazione rafforzata, richiesta nel caso di riforma della sentenza assolutoria o di condanna di primo grado, consiste nella compiuta indicazione delle ragioni per cui una determinata prova assume una valenza dimostrativa completamente diversa rispetto a quella ritenuta dal giudice di primo grado, nonché in un apparato giustificativo che dia conto degli specifici passaggi logici relativi alla disamina degli istituti di diritto sostanziale o processuale, in modo da conferire alla decisione una forza persuasiva superiore. (In motivazione, la Corte ha precisato che l'obbligo di motivazione rafforzata prescinde dalla rinnovazione dell'istruttoria, prevista dall'art.603, comma 3-bis, cod.proc.pen., in quanto trova fondamento nella mera necessità di dare una spiegazione diversa rispetto a quella cui era pervenuta la sentenza di primo grado). (Annulla con rinvio, CORTE APPELLO CAGLIARI, 04/12/2018).
Cass. pen. n. 48933/2019
Nei procedimenti con pluralità di imputati, la competenza del giudice di appello a provvedere "in executivis" va affermata, in forza del principio dell'unitarietà dell'esecuzione, non solo rispetto a coloro per i quali la sentenza di primo grado è stata sostanzialmente riformata, ma anche rispetto a coloro nei cui confronti la decisione sia stata confermata, pure quando la riforma sostanziale consista nella dichiarazione di estinzione del reato o nell'applicazione della continuazione, interna o con reati giudicati con altre sentenze. (Annulla senza rinvio, GIP TRIBUNALE NAPOLI, 13/09/2018).
Cass. pen. n. 38741/2019
Il trasferimento dell'azione civile comporta la revoca della costituzione di parte civile e l'estinzione del rapporto processuale civile nel processo penale, impedendo al giudice penale di ulteriormente decidere sulle statuizioni civili di una sentenza relativa a un rapporto processuale ormai estinto. (Fattispecie in cui la Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso della parte civile avverso il provvedimento del giudice di merito che aveva dichiarato l'inammissibilità dell'appello dalla stessa proposto, in quanto era stata intentata una causa civile per i medesimi fatti). (Dichiara inammissibile, TRIBUNALE BARI, 14/01/2019).
Cass. pen. n. 32854/2019
Il giudice di appello che riformi, anche su impugnazione della sola parte civile e ai soli effetti civili, la sentenza assolutoria di primo grado sulla base di un diverso apprezzamento dell'attendibilità di una prova dichiarativa ritenuta decisiva, è obbligato a rinnovare, anche d'ufficio, l'istruzione dibattimentale, venendo in rilievo la garanzia del giusto processo a favore dell'imputato coinvolto nel procedimento penale, dove i meccanismi e le regole di formazione della prova non conoscono distinzioni a seconda degli interessi in gioco, pur se di natura esclusivamente civilistica. (In motivazione, la Corte ha ritenuto che la disposizione dell'art. 603, comma 3-bis cod. proc. pen., introdotta dalla legge 23 giugno 2017, n. 103, che prescrive la rinnovazione istruttoria nell'ambito del giudizio d'appello celebrato su impugnazione del pubblico ministero, non esclude la sussistenza di un identico obbligo nel caso di impugnazione della sola parte civile). (Annulla con rinvio, TRIBUNALE LECCE, 12/06/2018).
Cass. pen. n. 14702/2019
E' emendabile, ai sensi dell'art. 130 cod. proc. pen., la sentenza di conferma resa dal giudice di appello all'esito di rito ordinario che abbia omesso di condannare l'imputato al pagamento delle spese processuali sostenute dalla parte civile nel grado, qualora non risultino dalla motivazione elementi indicativi della volontà del giudice di disporre la compensazione, totale o parziale, di dette spese ed emerga, invece, la giustificazione del pagamento in favore della parte civile.(Fattispecie relativa a giudizio di appello avverso sentenza di condanna del giudice di pace). (Annulla con rinvio, TRIBUNALE SCIACCA, 26/10/2018).
Cass. pen. n. 24649/2019
La pronuncia di una sentenza di condanna in grado di appello ad una pena non sospesa o non suscettibile di sospensione costituisce elemento di per sé idoneo a rafforzare le esigenze cautelari poste a base del provvedimento applicativo della custodia cautelare in carcere. (Rigetta, TRIB. LIBERTA' TRENTO, 13/11/2018).
Cass. pen. n. 17510/2018
È nulla, ma non inesistente, la sentenza d'appello che, pur riportando correttamente il nome dell'imputato, la sentenza di primo grado e il dispositivo letto in udienza, reca una motivazione relativa ad altra decisione impugnata da un altro imputato; ne consegue che, mancando nella sostanza la motivazione, l'errore non è emendabile con la procedura di cui all'art. 130 cod. proc. pen., ma dovrà procedersi, nel caso di impugnazione tempestiva, alla rinnovazione dell'intero giudizio.
Cass. pen. n. 54300/2017
In tema di motivazione della sentenza d'appello, per la riforma di una pronuncia assolutoria non basta, in mancanza di elementi sopravvenuti, una mera diversa valutazione del materiale probatorio già acquisito in primo grado, caratterizzata da pari o addirittura minore plausibilità rispetto a quella del primo giudice, ma occorre, invece, una forza persuasiva superiore, tale da far venir meno ogni ragionevole dubbio, anche in caso di impugnazione proposta dalla parte civile per le sole statuizioni civili.
Cass. pen. n. 12783/2017
In tema di motivazione della sentenza, il giudice di appello che riformi la decisione di assoluzione pronunciata in primo grado, pervenendo ad una sentenza di condanna, non ha l'obbligo di fornire una motivazione rafforzata nel caso in cui il provvedimento assolutorio abbia un contenuto motivazionale generico e meramente assertivo, posto che, in tale ipotesi, non vi è neppure la concreta possibilità di confutare argomenti e considerazioni alternative del primo giudice, essendo, invece, il giudizio d'appello l'unico realmente argomentato.
Cass. pen. n. 10130/2015
Il giudice di appello che riformi totalmente la decisione di primo grado ha l'obbligo di delineare le linee portanti del proprio, alternativo, ragionamento probatorio e di confutare specificamente i più rilevanti argomenti della motivazione della prima sentenza, dando conto delle ragioni della relativa incompletezza o incoerenza e non può, invece, limitarsi ad imporre la propria valutazione del compendio probatorio perché preferibile a quella coltivata nel provvedimento impugnato. (Fattispecie in cui la Corte ha annullato la sentenza di condanna in appello, per il reato di omissione di atti d'ufficio, di un medico di turno nel servizio di guardia medica, in relazione al mancato espletamento di una visita domiciliare sollecitata telefonicamente, osservando che il giudice di secondo grado non solo non aveva indicato alcun elemento specifico pretermesso o non adeguatamente valutato in primo grado, ma neppure aveva disposto una perizia medico legale al fine di disporre elementi di valutazione aggiuntivi).
Cass. pen. n. 244/2015
È nulla, ma non inesistente, la sentenza d'appello la cui intestazione individua correttamente l'imputato e la sentenza di primo grado, e che riporta fedelmente il dispositivo letto in udienza, ma che reca, per errore, una motivazione relativa ad altra pronunzia impugnata da un altro imputato, con la conseguenza che, se l'invalidità è tempestivamente dedotta mediante impugnazione, si determina la necessità di rinnovare l'intero giudizio di secondo grado. (In motivazione, la S.C. ha chiarito che in tale ipotesi - equiparabile alla mancanza grafica di motivazione - non può applicarsi il principio per cui, in presenza di una discrasia tra il dispositivo pubblicato mediante lettura in udienza e la motivazione non contestuale della decisione, deve attribuirsi prevalenza all'elemento decisionale su quello giustificativo).
Cass. pen. n. 39911/2014
In tema di motivazione della sentenza, il giudice di appello che riforma la decisione di primo grado anche solo al fine di estendere significativamente l'ambito di applicazione della confisca ha l'obbligo di delineare le linee portanti del proprio, alternativo, ragionamento probatorio e di confutare specificamente i più rilevanti argomenti della motivazione della prima sentenza sul punto, dando conto delle ragioni della relativa incompletezza o incoerenza, tali da giustificare la riforma del provvedimento impugnato. (In applicazione del principio, la S.C. ha annullato la sentenza impugnata per non aver adeguatamente motivato sulle ragioni per cui la confisca ex art. 416 bis, comma settimo, c.p. dovesse estendersi all'intero patrimonio societario facente capo al ricorrente e non, invece, ad una quota di esso pari al 15%, come statuito dal giudice di primo grado).
Cass. pen. n. 35922/2012
In tema di motivazione della sentenza, il giudice di appello che riformi la decisione di condanna del giudice di primo grado, nella specie pervenendo a una sentenza di assoluzione, non può limitarsi ad inserire nella struttura argomentativa della decisione impugnata, genericamente richiamata, delle notazioni critiche di dissenso, essendo, invece, necessario che egli riesamini, sia pure in sintesi, il materiale probatorio vagliato dal primo giudice, considerando quello eventualmente sfuggito alla sua valutazione e quello ulteriormente acquisito per dare, riguardo alle parti della prima sentenza non condivise, una nuova e compiuta struttura motivazionale che dia ragione delle difformi conclusioni.
Cass. pen. n. 37094/2008
Il giudice d'appello può pervenire ad una ricostruzione del fatto difforme da quella effettuata dal giudice di primo grado, ma in tal caso, per non incorrere nel vizio di motivazione, ha l'onere di tenere conto delle valutazioni in proposito svolte da quest'ultimo e di indicare le ragioni per le quali intende discostarsene.
Cass. pen. n. 4675/2007
L'imputato ha interesse ad appellare la sentenza di assoluzione in primo grado « perché il fatto non costituisce reato» e ne consegue che l'imputato, il quale non abbia proposto appello, non può dedurre in sede di legittimità, con il ricorso avverso la sentenza che in appello lo abbia condannato, censure su punti (nella specie, l'accertamento del rapporto di causalità) rispetto ai quali non è più possibile contestare la decisione di primo grado per la formazione del giudicato o per l'esistenza di una preclusione.
Cass. pen. n. 33748/2005
In tema di motivazione della sentenza, il giudice di appello che riformi totalmente la decisione di primo grado ha l'obbligo di delineare le linee portanti del proprio, alternativo, ragionamento probatorio e di confutare specificamente i piú rilevanti argomenti della motivazione della prima sentenza, dando conto delle ragioni della relativa incompletezza o incoerenza, tali da giustificare la riforma del provvedimento impugnato.
Cass. pen. n. 32970/2004
In caso di ricorso per manifesta illogicità della motivazione, il giudice di legittimità può esaminare la sentenza di primo grado al fine di valutare se il giudice di appello abbia tenuto nel debito conto, sia pure per disattenderle, le argomentazioni ivi esposte, in quanto la motivazione del secondo giudice, soprattutto qualora la difformità investa l'affermazione o l'esclusione della responsabilità, deve indicare le specifiche ragioni dell'invalidazione di quelle che sorreggono la sentenza impugnata.
Cass. pen. n. 31080/2004
In tema di motivazione della sentenza di appello, è consentita quella per relationem con riferimento alla pronuncia di primo grado, nel caso in cui le censure formulate a carico della sentenza del primo giudice non contengano elementi di novità rispetto a quelli già esaminati e disattesi dallo stesso: il giudice del gravame non è infatti tenuto a riesaminare una questione formulata genericamente nei motivi di appello che sia stata già risolta dal giudice di primo grado con argomentazioni corrette ed immuni da vizi logici.
Cass. pen. n. 8684/2002
In tema di prescrizione, quando la concessione delle attenuanti generiche, la cui applicazione renderebbe possibile la pronunzia di estinzione del reato ai sensi dell'art. 157 c.p., sia stata contestata con specifico motivo di impugnazione da parte del pubblico ministero, l'art. 129 c.p.p. (che impone obbligo di immediata declaratoria di alcune cause di non punibilità) non è applicabile con riferimento a nessuna delle imputazioni cui il gravame si riferisce.
Cass. pen. n. 7379/2000
È illegittima la sentenza di appello che disattenda la censura proposta dall'imputato, concernente la richiesta di revoca della sospensione condizionale della pena, applicata di ufficio dal giudice di primo grado, motivata con il rilievo della riferibilità del beneficio a pena pecuniaria derivante dalla sostituzione di corrispondente pena detentiva, sussistendo l'interesse alla sua eliminazione.
Cass. pen. n. 3751/2000
È legittima la motivazione della sentenza di secondo grado che, disattendendo le censure dell'appellante, si uniformi, sia per la ratio decidendi, sia per gli elementi di prova, ai medesimi argomenti valorizzati dal primo giudice, soprattutto se la consistenza probatoria di essi è così prevalente e assorbente da rendere superflua ogni ulteriore considerazione. Nell'ipotesi in cui siano dedotte questioni già esaminate e risolte, oppure questioni generiche, superflue o palesemente inconsistenti, il giudice dell'impugnazione può motivare per relationem e trascurare di esaminare argomenti superflui, non pertinenti, generici o manifestamente infondati.
Cass. pen. n. 7572/1999
In tema di motivazione della sentenza di appello, si deve ritenere consentita quella per relationem con riferimento alla pronuncia di primo grado, nel caso in cui le censure formulate contro quest'ultima non contengano elementi ed argomenti diversi da quelli già esaminati e disattesi; il giudice di appello non è infatti tenuto a riesaminare dettagliatamente questioni riferite solo sommariamente dall'appellante nei motivi di gravame, questioni sulle quali si sia già soffermato il primo giudice con argomentazioni (non specificamente e criticamente censurata dall'appellante) ritenute esatte ed esenti da vizi logici dal giudice di appello. (Nella fattispecie, la Corte ha rigettato il ricorso dell'imputato, ritenendo che la questione circa il diverso significato da attribuirsi alle sue dichiarazioni era già stata risolta dal giudice di primo grado, anche in base al più vasto compendio probatorio nel quale esse andavano ad inserirsi).
Cass. pen. n. 6533/1998
L'erroneo svolgimento del giudizio d'appello con l'applicazione delle norme del nuovo codice di procedura penale anziché di quello abrogato, di per sè, comporta una mera irregolarità e non anche la nullità della sentenza, qualora non venga dedotta ed accertata una specifica violazione dei diritti della difesa.
Cass. pen. n. 8009/1995
Il giudice dell'appello non è tenuto ad una analitica motivazione della decisione quando questa sia di conferma di quella del primo giudice, essendo in proposito sufficiente che nel discorso motivazionale siano richiamati gli argomenti giustificativi della statuizione. Qualora, però, dissenta dal primo giudice, deve indicare le specifiche ragioni dell'invalidazione di quelle che sorreggono la sentenza impugnata.
Cass. pen. n. 1381/1995
La decisione del giudice di appello, che comporti totale riforma della sentenza di primo grado, impone la dimostrazione dell'incompletezza o della non correttezza ovvero dell'incoerenza delle relative argomentazioni con rigorosa e penetrante analisi critica seguita da corretta, completa e convincente motivazione che, sovrapponendosi a tutto campo a quella del primo giudice, senza lasciare spazio alcuno, dia ragione delle scelte operate e del privilegio accordato ad elementi di prova diversi o diversamente valutati. L'alternatività della spiegazione di un fatto non attiene al mero possibilismo, come tale esercitazione astratta del ragionamento disancorata dalla realtà processuale, ma a specifici dati fattuali che rendano verosimile la conclusione di un iter logico cui si perviene senza affermazioni apodittiche. Il supporto motivazionale di una decisione giurisdizionale per essere logico deve essere conforme ai canoni che presiedono alle forme corrette del ragionamento in direzione della dimostrazione della verità. (Nella specie la corte di assise di appello, dopo aver riconosciuto l'esistenza di un plausibile movente, dopo aver considerato che gli imputati avevano trascorso sicuramente con la vittima buona parte del tempo che aveva preceduto la sua uccisione e dopo aver posto in rilievo che i medesimi imputati avevano avuto la possibilità di commettere l'omicidio, con evidente salto logico prospettava, in maniera del tutto generica e disancorata da concreti elementi emersi dal processo, ipotesi alternative in ordine all'omicidio in questione).
Cass. pen. n. 4700/1994
In tema di sentenza penale di appello, non sussiste mancanza o vizio della motivazione allorquando i giudici di secondo grado, in conseguenza della completezza e della correttezza dell'indagine svolta in primo grado, nonché della corrispondente motivazione, seguano le grandi linee del discorso del primo giudice. Ed invero, le motivazioni della sentenza di primo grado e di appello, fondendosi, si integrano a vicenda, confluendo in un risultato organico ed inscindibile al quale occorre in ogni caso fare riferimento per giudicare della congruità della motivazione.
Cass. pen. n. 7728/1993
Il giudice dell'impugnazione non ha l'obbligo di motivare il mancato accoglimento di istanze, quando queste siano improponibili per genericità o per manifesta infondatezza.