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Articolo 445 bis Codice di procedura civile

(R.D. 28 ottobre 1940, n. 1443)

[Aggiornato al 02/03/2024]

Accertamento tecnico preventivo obbligatorio

Dispositivo dell'art. 445 bis Codice di procedura civile

Nelle controversie in materia di invalidità civile, cecità civile, sordità civile, handicap e disabilità, nonché di pensione di inabilità e di assegno di invalidità, disciplinati dalla legge 12 giugno 1984, n. 222, chi intende proporre in giudizio domanda per il riconoscimento dei propri diritti presenta con ricorso al giudice competente ai sensi dell'articolo 442 codice di procedura civile, presso il Tribunale nel cui circondario risiede l'attore, istanza di accertamento tecnico per la verifica preventiva delle condizioni sanitarie legittimanti la pretesa fatta valere(1). Il giudice procede a norma dell'articolo 696 - bis codice di procedura civile, in quanto compatibile nonché secondo le previsioni inerenti all'accertamento peritale di cui all'articolo 10, comma 6-bis, del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248, e all'articolo 195.

L'espletamento dell'accertamento tecnico preventivo costituisce condizione di procedibilità della domanda di cui al primo comma. L'improcedibilità deve essere eccepita dal convenuto a pena di decadenza o rilevata d'ufficio dal giudice, non oltre la prima udienza. Il giudice ove rilevi che l'accertamento tecnico preventivo non è stato espletato ovvero che è iniziato ma non si è concluso, assegna alle parti il termine di quindici giorni per la presentazione dell'istanza di accertamento tecnico ovvero di completamento dello stesso.

La richiesta di espletamento dell'accertamento tecnico interrompe la prescrizione.

Il giudice, terminate le operazioni di consulenza, con decreto comunicato alle parti, fissa un termine perentorio non superiore a trenta giorni, entro il quale le medesime devono dichiarare, con atto scritto depositato in cancelleria, se intendono contestare le conclusioni del consulente tecnico dell'ufficio.

In assenza di contestazione, il giudice, se non procede ai sensi dell'articolo 196, con decreto pronunciato fuori udienza entro trenta giorni dalla scadenza del termine previsto dal comma precedente omologa l'accertamento del requisito sanitario secondo le risultanze probatorie indicate nella relazione del consulente tecnico dell'ufficio provvedendo sulle spese. Il decreto, non impugnabile nè modificabile, è notificato agli enti competenti, che provvedono, subordinatamente alla verifica di tutti gli ulteriori requisiti previsti dalla normativa vigente, al pagamento delle relative prestazioni, entro 120 giorni.

Nei casi di mancato accordo la parte che abbia dichiarato di contestare le conclusioni del consulente tecnico dell'ufficio deve depositare, presso il giudice di cui al comma primo, entro il termine perentorio di trenta giorni dalla formulazione della dichiarazione di dissenso, il ricorso introduttivo del giudizio, specificando, a pena di inammissibilità, i motivi della contestazione.

La sentenza che definisce il giudizio previsto dal comma precedente è inappellabile(2).

Note

(1) Tale norma è stata inserita dall'art. 38, I comma, num.1 lett.b, del D.L. 6 luglio 2011, n. 98, coordinato con la legge di conversione 15 luglio 2011, n. 111. Tali disposizioni trovano applicazione a partire dal 1 gennaio 2012.
(2) L'ultimo comma è stato aggiunto dalla L. 12 novembre 2011, n. 183.

Spiegazione dell'art. 445 bis Codice di procedura civile

Con la norma in esame (inserita dall’art. 38 comma 1, n. 1 lett. b) del D.L. n. 98/2011, coordinato con la legge di conversione n. 111/2011), è stata introdotta nel nostro ordinamento un’ipotesi di accertamento tecnico preventivo obbligatorio, relativa alle controversie in materia di invalidità civile, cecità civile, sordità civile, handicap e disabilità, nonché di pensione di inabilità e di assegno di invalidità di cui alla Legge n. 222 del 12.06.1984.
Si ritiene che tale elencazione, malgrado la sua specificità, non sia tassativa e che la stessa debba essere estesa a tutte le controversie relative a trattamenti previdenziali, i quali presuppongono, per la loro erogazione, l’accertamento di uno specifico requisito medico.

In realtà, il procedimento per l’accertamento tecnico preventivo non soltanto è obbligatorio, ma potenzialmente potrebbe essere in grado di sostituire l’intero giudizio di merito, considerato che quest’ultimo è previsto soltanto come eventuale per il caso di contestazioni delle parti in relazione alle conclusioni a cui è pervenuto il consulente tecnico.

Del resto, è proprio questa la finalità della norma, ossia evitare l’instaurazione di contenziosi seriali, i quali nella gran parte dei casi si risolvono nell’espletamento di una consulenza medico legale.

Con riferimento al procedimento, la norma in esame richiama, nei limiti della compatibilità, la disciplina dell’accertamento tecnico a fini conciliativi di cui all’art. 696 bis del c.p.c..
Tra le norme non compatibili, si ritiene che vi si debbano far rientrare quelle relative al tentativo di conciliazione, in quanto il consulente deve espletare il proprio incarico senza ricercare composizioni della lite; saranno le parti, al termine dell’accertamento, ad accettare o meno l’esito dello stesso, non proponendo opposizione.
Viene richiamato, inoltre, l'art. 10, co. 6-bis, D.L. 30.9.2005, n. 203, convertito con L. 2.12.2005, n. 248, il quale prevede la possibilità che un medico legale dell'ente assistenziale partecipi alle operazioni peritali, a pena di nullità, rilevabile ex officio.

La natura obbligatoria dell’accertamento in esame è indirettamente sancita dal secondo comma della norma, nella parte in cui prevede che l’instaurazione di questa fase di istruzione preventiva costituisce condizione di procedibilità del giudizio di merito, la cui mancanza è rilevabile non soltanto dall’altra parte, ma anche d’ufficio dallo stesso giudice entro la prima udienza.
In caso di mancato rilievo entro i termini, il giudizio prosegue regolarmente
Se, invece, viene eccepito il mancato rispetto di tale condizione di procedibilità (l’altra parte lo può eccepire nella memoria difensiva), il giudice è tenuto ad assegnare un termine di 15 gg. per la presentazione dell’istanza ovvero, qualora l’accertamento sia già iniziato ma non sia ancora concluso, un termine per il completamento della stessa.

Non viene specificato se il procedimento rimane sospeso o se debba essere rinviato ad una udienza successiva all’espletamento dell’accertamento tecnico oppure se il procedimento prosegua normalmente.

L’art. 445 bis, invece, precisa espressamente che la presentazione dell’istanza di accertamento preventivo interrompe i termini di prescrizione; nulla viene detto circa i termini di decadenza, anche se la stessa ratio della disciplina e l’obbligatorietà dell’accertamento inducono a ritenere che la presentazione del ricorso per accertamento preventivo eviti il maturarsi di eventuali decadenze sostanziali.
Lo stesso effetto interruttivo lo si fa discendere dalla proposizione dell’istanza dichiarata inammissibile.

L'ordinanza con cui viene dichiarata l'inammissibilità della richiesta di accertamento per difetto dei presupposti, poiché non ha efficacia di giudicato e non pregiudica la riproposizione della domanda, non è ricorribile per cassazione ex art. 111 Cost., tranne che per le statuizioni in materia di spese.

Conclusasi la fase di accertamento, il tribunale assegna alle parti un termine (avente natura processuale ed a cui si applica l’art. 155 del c.p.c.) per dichiarare se intendono opporsi alle conclusioni raggiunte dal perito (tale dichiarazione va fatta con atto scritto da depositare in cancelleria).
In caso di mancata opposizione, il giudice, a meno che non intenda disporre d’ufficio una rinnovazione delle indagini peritali ex art. 196 del c.p.c., omologa la relazione del perito.
Il decreto di omologazione viene trasmesso dal tribunale alle autorità a cui spetta la verifica degli ulteriori requisiti previdenziali e la conseguente erogazione del trattamento.
Nel caso in cui, poi, il trattamento pensionistico dovesse essere rifiutato per la mancanza di altri requisiti, il relativo provvedimento potrà essere nuovamente impugnato dinanzi al giudice del lavoro, questa volta senza il preventivo espletamento dell’accertamento tecnico.

Qualora anche una sola delle parti si opponga (l’opposizione deve rivestire la forma scritta), la stessa parte deve depositare, entro il termine di trenta giorni dalla data di formulazione dell’opposizione, il ricorso introduttivo della causa di merito, indicando a pena di inammissibilità i motivi di contestazione.

Al fine di garantire il rafforzamento della celerità che caratterizza il procedimento previsto dalla norma in esame, la Legge n. 183/2011 ha inserito il settimo comma, prevendendo espressamente la non appellabilità della sentenza che definisce il giudizio di opposizione alla perizia; resta ferma, ovviamente, l’impugnabilità della sentenza dinanzi alla Corte di Cassazione.

Si tenga comunque presente che la pronuncia che decide su questa controversia riguarda solo il c.d. requisito sanitario, non potendo la stessa contenere una declaratoria sul diritto alla prestazione, la quale può conseguire solo in esito ad accertamenti relativi agli ulteriori requisiti socio economici.

Massime relative all'art. 445 bis Codice di procedura civile

Cass. civ. n. 36382/2021

L'accertamento tecnico preventivo ex art. 445-bis c.p.c., espletato ai fini del conseguimento di una determinata prestazione, non può essere utilizzato, in caso di rigetto della domanda per insussistenza del relativo requisito sanitario, quale presupposto per l'ottenimento di una prestazione diversa, dal momento che l'indicazione, nel ricorso, della specifica prestazione invocata è essenziale sul piano dell'interesse ad agire, ai sensi dell'art. 100 c.p.c., non potendo ritenersi ammissibile la richiesta di un accertamento sanitario genericamente individuato. (Rigetta, TRIBUNALE FOGGIA, 02/07/2019).

Cass. civ. n. 14629/2021

L'ammissibilità dell'accertamento tecnico preventivo ex art. 445 bis c.p.c. presuppone, come proiezione dell'interesse ad agire ai sensi dell'art. 100 c.p.c., che l'accertamento medico-legale, richiesto in vista di una prestazione previdenziale o assistenziale, risponda ad una concreta utilità per il ricorrente - la quale potrebbe difettare ove siano manifestamente carenti, con valutazione "prima facie", altri presupposti della predetta prestazione -, al fine di evitare il rischio della proliferazione smodata del contenzioso sull'accertamento del requisito sanitario. (Nella specie, la S.C. ha negato la sussistenza dell'interesse ad agire del soggetto carente del requisito anagrafico per fruire dell'assegno mensile di invalidità). (Cassa e decide nel merito, TRIBUNALE LAMEZIA TERME, 17/04/2019).

Cass. civ. n. 2163/2021

In tema di accertamento tecnico preventivo ex art. 445-bis c.p.c., è improponibile il ricorso, di cui al comma 6 dello stesso articolo, presentato avverso il decreto di omologa dell'accertamento sanitario, che sia stato emesso dal giudice in assenza di contestazioni ai sensi del comma 5, non potendo essere equiparate al dissenso le semplici osservazioni alla relazione tecnica del c.t.u. formulate dal consulente di parte. (Cassa e decide nel merito, TRIBUNALE VICENZA, 20/01/2015).

Cass. civ. n. 24134/2020

Qualora sia proposta una domanda volta a ottenere una delle prestazioni indicate dall'art. 445-bis, comma 1, c.p.c., senza che sia stato espletato l'accertamento tecnico preventivo obbligatorio, il giudice, davanti al quale sia tempestivamente sollevata l'eccezione di improcedibilità, è tenuto ad assegnare alle parti il termine di quindici giorni per la sua presentazione, previsto dal comma 2 dello stesso art. 445-bis; è invece nulla, poiché determina un concreto impedimento all'accesso alla tutela giurisdizionale della parte istante, l'ordinanza con cui il giudice dichiari il ricorso immediatamente improcedibile, ed al giudice d'appello, in ossequio al principio di cui all'art. 162 c.p.c., si impone di rinnovare l'atto procedendo esso stesso all'assegnazione del termine, non potendo né limitarsi a una pronuncia di mero rito dichiarativa della nullità, né rimettere la causa al primo giudice. (Cassa con rinvio, CORTE D'APPELLO L'AQUILA, 20/01/2014).

Cass. civ. n. 2587/2020

L'ammissibilità dell'accertamento tecnico preventivo ex art. 445 bis c.p.c. presuppone, come proiezione dell'interesse ad agire ai sensi dell'art. 100 c.p.c., che l'accertamento medico-legale, richiesto in vista di una prestazione previdenziale o assistenziale, risponda ad una concreta utilità per il ricorrente - la quale potrebbe difettare ove siano manifestamente carenti, con valutazione "prima facie", altri presupposti della predetta prestazione -, al fine di evitare il rischio della proliferazione smodata del contenzioso sull'accertamento del requisito sanitario. (Cassa e decide nel merito, TRIBUNALE FOGGIA, 16/03/2017).

Cass. civ. n. 30860/2019

La previsione di cui all'art. 149 disp. att. c.p.c., dettata in materia di invalidità pensionabile, che impone la valutazione in sede giudiziaria di tutte le infermità, pur sopravvenute nel corso del giudizio, si applica anche ai giudizi introdotti ai sensi dell'art. 445 bis c.p.c., la cui "ratio" di deflazione del contenzioso e di velocizzazione del processo, nei termini di ragionevolezza di cui alla Convenzione EDU, ben si armonizza con la funzione dell'art. 149 citato, sicchè la sua mancata applicazione vanificherebbe la finalità della novella, creando disarmonie nella protezione dei diritti condizionate dai percorsi processuali prescelti. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza che aveva ritenuto inammissibile la formulazione del dissenso, ed escluso la sussistenza del requisito sanitario, perchè l'aggravamento era intervenuto successivamente al deposito della consulenza tecnica in sede di ATP).

Cass. civ. n. 29096/2019

In tema di accertamento tecnico preventivo di cui all'art. 445 bis c.p.c., il decreto di omologa che, in assenza di contestazione delle parti, si discosti dalle conclusioni del consulente tecnico di ufficio, risulta viziato da una difformità che costituisce mero errore materiale emendabile con la procedura di correzione, a condizione, però, che la predetta difformità non sia frutto di consapevole attività valutativa del giudice, nel qual caso - assumendo il provvedimento giudiziale, esorbitante dallo schema delineato per il procedimento a cognizione sommaria, natura decisoria e, quindi, di sentenza - è ammissibile il rimedio generale del ricorso straordinario per cassazione ex art. 111, comma 7, Cost., a garanzia dell'esercizio del diritto di difesa - altrimenti precluso per mancanza di rimedi endoprocedimentali - della parte pregiudicata dalle conclusioni imprevedibilmente adottate dal giudice all'atto dell'emissione del decreto.

Cass. civ. n. 27010/2018

Nelle controversie in materia di invalidità civile, cecità civile, sordità civile, handicap e disabilità, nonché di pensione di inabilità e di assegno di invalidità ai sensi della l. n. 222 del 1984, la pronuncia emessa in esito al giudizio di cui all'art. 445 bis, ultimo comma, c.p.c., è per legge destinata a riguardare solo un elemento della fattispecie costitutiva (il c.d. requisito sanitario), sicché quanto in essa deciso non può contenere un'efficace declaratoria sul diritto alla prestazione, che è destinata a sopravvenire solo in esito ad accertamenti relativi agli ulteriori requisiti socio-economici.

Cass. civ. n. 16685/2018

In materia di accertamento tecnico preventivo obbligatorio, ai sensi dell'art. 445 bis c.p.c., non è ricorribile ex art. 111 Cost. l'ordinanza che, in esito ad esame sommario, abbia dichiarato insussistenti le condizioni sanitarie per beneficiare della prestazione assistenziale richiesta, trattandosi di provvedimento che non incide con effetto di giudicato sulla situazione soggettiva sostanziale - attesa la possibilità per l'interessato di promuovere il giudizio di merito - ed è comunque idoneo a soddisfare la condizione di procedibilità di cui all'art. 445 bis, comma 2, c.p.c., essendo il procedimento sommario già giunto a conclusione. (Nella specie, il ricorso per accertamento tecnico preventivo obbligatorio per il ripristino dell'indennità di accompagnamento, revocata in revisione, era stato respinto senza procedere a consulenza, per difetto di allegazione e prova sull'aggravamento delle patologie ovvero sull'insorgenza di nuove malattie).

Cass. civ. n. 14880/2018

In tema di accertamento tecnico preventivo di cui all'art. 445 bis c.p.c., il secondo termine previsto dall'art. 195 c.p.c., comma 3, così come modificato dalla l. n. 69 del 2009, svolge, ed esaurisce, la sua funzione nel sub-procedimento che si conclude con il deposito della relazione dell'ausiliare, sicché, in difetto di esplicita previsione in tal senso, la mancata prospettazione al consulente tecnico di ufficio di rilievi critici non preclude alla parte di arricchire e meglio specificare le relative contestazioni difensive nel prosieguo del procedimento, nell'ambito del quale, al fine di impedire la ratifica dell'esito finale della consulenza, è previsto il rimedio della dichiarazione di dissenso cui fa seguito la proposizione del ricorso ex art. 445 bis c.p.c., comma 6, c.p.c.

Cass. civ. n. 26758/2016

In tema di accertamento tecnico preventivo di cui all’art. 445 bis c.p.c., il decreto di omologa che, in assenza di contestazione delle parti, si discosti dalle conclusioni del consulente tecnico di ufficio, benchè non impugnabile con ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 111 Cost., salvo che per il capo relativo alle spese, risulta viziato da una difformità che costituisce mero errore materiale emendabile con la procedura di correzione.

Cass. civ. n. 8878/2015

Il decreto di omologazione del requisito sanitario ritenuto sussistente dal c.t.u. nell'accertamento tecnico preventivo, emesso dal giudice ai sensi dell'art. 445 bis cod. proc. civ., quinto comma, non è impugnabile con ricorso per cassazione ex art. 111 Cost., poiché le conclusioni dell'accertamento divengono intangibili se non contestate dalle parti, nel termine fissato dal giudice ai sensi del quarto comma dello stesso articolo, prima dell'emissione del decreto e ciò in ragione della necessità di contemperare le esigenze di tutela del diritto di difesa con quelle di garanzia della ragionevole durata del processo. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto inammissibile il ricorso per cassazione proposto dall'Inps avverso il decreto di omologazione dell'accertamento delle condizioni sanitarie, in quanto l'Istituto non aveva avanzato tempestive contestazioni, così da impedire l'emissione stessa del decreto di omologa).

Cass. civ. n. 8533/2015

L'accertamento tecnico preventivo obbligatorio, previsto dall'art. 445 bis cod. proc. civ. per la verifica dei requisiti sanitari che legittimano la pretesa previdenziale o assistenziale, diviene definitivo, in assenza di contestazioni, con il decreto di omologa e vincola, come tale, anche l'ente competente all'erogazione, il quale, ai sensi del quinto comma, deve limitarsi all'accertamento dei soli requisiti giuridico-economici della prestazione invocata. Ne consegue che, ove il consulente accerti la sussistenza delle condizioni per una delle prestazioni cui il ricorso è preordinato, l'Istituto ha senz'altro l'interesse, a norma dell'art. 100 cod. proc. civ., a contestarne le conclusioni.

Cass. civ. n. 6085/2014

In materia di accertamento tecnico preventivo ai sensi dell'art. 445 bis cod. proc. civ., il giudice, in mancanza di contestazioni e salvo non intenda rinnovare le operazioni o sostituire il consulente, deve omologare l'accertamento sulla sussistenza o meno delle condizioni sanitarie per l'accesso alla prestazione con decreto inoppugnabile e non modificabile, contro il quale non è proponibile neppure ricorso straordinario ex art.111 Cost., giacché le parti, ove intendano contestare le conclusioni del c.t.u., sono tenute a farlo, nel termine fissato dal giudice, anteriormente al decreto di omologa.

In tema di procedimento di cui all' art. 445 bis cod. proc. civ. per il conseguimento delle prestazioni assistenziali e previdenziali nelle materie ivi indicate, avverso il decreto di omologazione dell'accertamento del requisito sanitario operato dal c.t.u. è ammissibile il ricorso straordinario per cassazione, ai sensi dell'art. 111 Cost. limitatamente alla statuizione sulle spese, sia legali che di consulenza, trattandosi, solo con riferimento ad esse, di provvedimento definitivo, di carattere decisorio, incidente sui diritti patrimoniali delle parti e non altrimenti impugnabile.

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Consulenze legali
relative all'articolo 445 bis Codice di procedura civile

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chiede
mercoledì 19/07/2023
“Scrivo per sapere come procedere. Sono stata riconosciuta invalida al 67% da una Commissione Medica per l'accertamento dell'invalidità civile (ai sensi dell' art. 20 della Legge 03 agosto 2009 n. 102 ), essendo dipendente di una amministrazione pubblica, desidererei usufruire del beneficio previsto dall'art. 80 della Legge n. 388/2000, ovvero dell' accredito contributivo di due mesi, per ogni anno lavorativo successivo al riconoscimento.
Quesito: cosa è opportuno
1) fare ricorso avverso la decisione della Commissione per tentare di ottenere il 75% di invalidità?
2) fare una nuova domanda specifica ai sensi dell' art. 80 della Legge 388 /2000?
Grazie per la cortese risposta.”
Consulenza legale i 27/07/2023
Nel caso in cui non si sia in procinto di andare in pensione, appare opportuno il ricorso avverso la decisione della Commissione per tentare di ottenere il 75% di invalidità.
Infatti, proponendo una domanda specifica ai sensi dell’art. 80 della Legge 388/2000 si rischia di incorrere in un rigetto.

Infatti, ai fini del riconoscimento del beneficio di cui all’art. 80 della legge 388/2000 è necessario essere in possesso di idonea documentazione che, secondo quanto specificato dall’INPS con circolare n. 29 del 30 gennaio 2002, consiste nel “verbale di accertamento sanitario rilasciato dalle competenti Commissioni mediche ASL per l’accertamento dell’invalidità civile, completo della conferma operata dalla Commissione Medica di Verifica del Tesoro o del Verbale di accertamento diretto della stessa Commissione Medica di Verifica, con l’acquisizione di eventuali revisioni sanitarie, avvenute o predisposte entro il quinquennio di riferimento per il godimento del beneficio”.
Si precisa, inoltre, che il riconoscimento disposto dalla norma in esame non si configura come un accreditamento di contributi sulla posizione assicurativa, ma determina una maggiorazione di anzianità che assume rilevanza solo in funzione del riconoscimento e della liquidazione del trattamento pensionistico.

Infatti, la maggiorazione di anzianità va attribuita all'atto della liquidazione della pensione o del supplemento.

La Corte di Cassazione con la decisione n. 9877/2019 ha statuito, infatti, che l’accredito della contribuzione figurativa previsto dall’art. 80 della legge n. 388/2000, essendo collegato al diritto ed alla misura di un trattamento pensionistico di anzianità o di vecchiaia può essere riconosciuto solo in sede di domanda di pensione.

La Suprema Corte, cassando la sentenza della Corte d’appello di Roma che dichiarava l’invalidità del ricorrente superiore al 74% ai fini del beneficio di cui all’art. 80, legge cit., ha affermato che “deve ritenersi necessario che l’interessato richieda, ossia presenti domanda amministrativa all’INPS (“…è riconosciuto, a loro richiesta…”), mentre l’accertamento dell’esistenza di un grado di invalidità superiore al 74% costituisce soltanto uno dei presupposti (di fatto) del diritto alla maggiorazione.
Il beneficio è, infatti, strettamente collegato al diritto ed alla misura di un trattamento pensionistico di anzianità o di vecchiaia, per cui può essere richiesto e riconosciuto solo a questi fini, e solo in sede di domanda di pensione, mentre il mero riconoscimento della invalidità superiore al 74%, da solo considerato non comporta il riconoscimento di alcun diritto

Si segnala, tuttavia, che il Tribunale di Perugia, Sez. Lavoro, Sentenza n. 98/2021 del 30/03/2021 ha ritenuto che l’accertamento dei presupposti sanitari per l’accredito della contribuzione figurativa previsto dall’art. 80 della legge n. 388/2000 possa essere radicato ex art. 445 bis c.p.c.

Infatti, secondo il Tribunale il diritto vantato dal ricorrente nel caso di specie è quello di conseguire un accredito contributivo figurativo al fine di accedere anticipatamente alla pensione accrescendo la propria anzianità contributiva di due mesi per ogni anno solare di servizio prestato alle dipendenze di un datore di lavoro pubblico o privato, allegando di possedere uno dei requisiti sanitari alternativi che la legge prevede, nel caso in esame rappresentato dall’invalidità di grado superiore al 74%.
In altre parole, se l’azione è finalizzata all’accertamento dei presupposti sanitari per l’accredito della contribuzione figurativa previsto dall’art. 80 della legge n. 388/2000 ed è corroborata dall’interesse attuale e concreto ad accertare il diritto a conseguire una pensione anticipata rispetto ai tempi ordinari in considerazione dello stato di invalidità, allora il ricorso ex art. 445 bis è accoglibile.

Si noti, tuttavia, che con sentenza n. 12903 del 13/05/2021 la Corte di Cassazione ha accolto il ricorso dell’INPS avverso una sentenza del Tribunale di Avezzano che aveva riconosciuto la sussistenza dei requisiti sanitari dell’invalidità civile utili per il riconoscimento dei benefici di cui alla L. n. 388 del 2000, art. 80, comma 3. Nel caso di specie è stata dichiarata la giurisdizione della Corte dei Conti.
Dopo aver richiamato il suo precedente del 2019 sopra citato, la Corte di Cassazione ha ritenuto che spetta alla Corte dei conti la giurisdizione sull’azione del pubblico dipendente avente ad oggetto l’accertamento del suo stato di invalido civile, come condizione per godere del beneficio, riconosciuto dall’art. 80 l. 23 dicembre 2000, n. 388, ai soli fini del diritto alla pensione e dell’anzianità contributiva, consistente in due mesi di contribuzione figurativa (fino al limite massimo di cinque anni) per ogni anno di servizio effettivamente svolto.

Anonimo chiede
sabato 08/04/2017 - Calabria
“Io sono una docente. Mio marito è stato riconosciuto invalido al 100% dal 2012 e con l' accompagno dal 2014. Il Tribunale ha rilasciato un decreto di omologa che io ho utilizzato, nel 2015, a scuola, per usufruire dei 3 giorni. In effetti sia la Dirigente che il MIUR mi hanno confermato il diritto.
Cambiando scuola, il nuovo Dirigente non ha mai voluto riconoscere il diritto alla fruizione dei tre giorni, costringendomi a portare mio marito a visita nel giorno libero. Il dirigente asserisce che io devo portare il verbale, io invece ho solo il decreto di omologa. Ho letto che dal 2011 non è necessario presentare più il verbale ma basta solo il decreto di omologa ,che lo sostituisce.Fonte:ORIZZONTE SCUOLA. Mio marito percepisce l'indennità quale invalido al 100% ed anche l'indennità di accompagno. Sempre con quel decreto di omologa,non paga il bollo della macchina intestata a lui ed ha il pass di ridotta deambulazione.
Io invece non riesco a fargli fare le visite di cui necessita.Vi ringrazio per l'eventuale chiarimento”
Consulenza legale i 19/04/2017
L’art. 33 della Legge 104/92 concede al familiare che assiste il disabile in situazione di gravità, il diritto a tre giorni mensili di permesso dal lavoro, retribuiti.
Chiaramente la disabilità grave deve essere accertata da una Commissione medica della Asl territoriale che, al termine di una fase istruttoria in cui viene valutata tutta la storia clinica del soggetto, redige un verbale che attesta la sussistenza di una invalidità del 100% e dunque della grave disabilità.
Questo verbale, se attesta la condizione di handicap grave, può essere presentato agli enti competenti per ottenere i benefici che la legge attribuisce alla persona con bisogni speciali ovvero ai parenti ad affini aventi diritto; ad esempio l’iva al 4% per gli acquisti di autovetture, l’esenzione del bollo auto, le agevolazioni per l’acquisto di strumenti informatici ed, appunto, i permessi da lavoro per i familiari che lo assistono.

La Commissione ASL, nell’ambito della propria discrezionalità tecnica, potrebbe anche ritenere insussistenti i presupposti per il riconoscimento della disabilità al 100%.
In questo caso, il verbale redatto a conclusione della fase istruttoria contiene un accertamento negativo che attesta appunto l’insussistenza dell’handicap grave.
Per impugnare il verbale e l’accertamento ivi contenuto, a seguito della riforma di cui all’art 38 D.L. 06.07.2011, n. 98, occorre presentare al Tribunale competente un accertamento tecnico preventivo ex art. 445 bis c.p.c. teso a far si che nel contraddittorio tra le parti si formi subito una perizia tecnica sulle condizioni sanitarie del soggetto.

A seguito dunque del ricorso verrà nominato dal Giudice un consulente imparziale competente in materia sanitaria che al termine delle attività peritali redigerà una perizia con le proprie valutazioni.
Se sulla perizia le parti non muovono contestazioni, il Giudice omologa con decreto l’accertamento del consulente.
In caso contrario, la parte che intende muovere contestazioni deve introdurre un giudizio vero e proprio.

Nei casi in cui, così come nel suo, il consulente tecnico accerti la sussistenza della grave disabilità e non vi siano contestazioni da parte dell’INPS, non si ha a disposizione un verbale che attesta il requisito sanitario, ma solamente l’omologa del Giudice sull’accertamento sanitario del perito.

Sul valore dell’omologa si sono sollevati opinioni ed orientamenti contrastanti: secondo alcuni infatti l’omologa è un titolo esecutivo e dunque se ne può pretendere l’immediata esecutività.
Secondo altri invece l’omologa avrebbe valore meramente dichiarativo della sussistenza del requisito sanitario e dunque dopo l’accertamento tecnico occorrerà comunque instaurare una vertenza tesa a far sì che con sentenza il Giudice accerti la sussistenza dei requisiti di legge per accedere ai benefici offerti dalla Legge 104/92.

La Corte Costituzionale nella sentenza n. 243 del 2014, confermata dalla Corte di Cassazione in numerose e più recenti sentenze, ha confermato non solo il valore meramente dichiarativo della consulenza tecnica preventiva, ma ne ha altresì ribadito la legittimità sostenendo che “la mancata attribuzione a tale decreto dell’efficacia di titolo esecutivo è coerente con la natura del provvedimento, atto meramente dichiarativo della sussistenza o meno del requisito medico-sanitario. Il decreto di omologa rende inoppugnabile un’acquisizione probatoria, ma non decide sul merito della domanda, essendo necessaria da parte dell’INPS la verifica anche degli altri requisiti, diversi da quello medico-sanitario, che la legge prevede per l’attribuzione di un determinato beneficio (ad esempio il requisito reddituale, l’età, il requisito contributivo e così via)".

Dunque atteso l'orientamento della giurisprudenza prevalente, in questi casi occorrerà iniziare una vera e propria controversia ex art. 442 c.p.c. affinché con sentenza venga accertata la sussistenza della disabilità grave, e la spettanza dei benefici di legge, giudizio in cui sarà prova regina non più confutabile l’accertamento preventivo.

La natura dichiarativa dell’omologa non impedisce, tuttavia, agli enti preposti di adeguarsi spontaneamente, conoscendo il, quasi certo, esito del futuro giudizio di merito. Ed è per questo motivo che le è stato accordato il diritto all'esenzione del bollo e la corresponsione dell'indennità.

Nel suo caso tuttavia, il Dirigente ha negato i permessi lavorativi senza però offrire una compiuta motivazione in ordine alle ragioni per le quali ritiene insufficiente la presentazione dell’omologa del Tribunale.
Allo scopo di comprendere le motivazioni del provvedimento ed, eventualmente, iniziare una vertenza per l’accertamento della sussistenza della grave disabilità, occorre metter per iscritto la richiesta di permesso, con la relativa documentazione ed autocertificazione, e chiedere al Dirigente che neghi il permesso per iscritto.

Una volta conosciute le motivazioni formali del rifiuto, se esso attiene all’esecutività dell’omologa del Tribunale, sarà opportuno chiedere al Tribunale che accerti una volta per tutte la sussistenza dei presupposti di cui all’art. 3 Legge 104/1992.


M. G. M. chiede
giovedì 17/10/2024
“Ho inoltrato domanda di aggravamento dell'invalidità civile. Nella prima visita avevo ottenuto il 60% di invalidità e art. 3 comma 1. In seguito a ricorso ho ottenuto i benefici dell'art. 3 comma terzo. Se in seguito alla nuova visita tale beneficio dovesse essere revocato il riconoscimento del tribunale rimane valido oppure devo presentare nuovo ricorso ? E' possibile fare ricorso anche riguardo la percentuale di invalidità ?”
Consulenza legale i 20/10/2024
Il riconoscimento dell’handicap (L. 104/1992) e dell’invalidità civile (L. 118/1971) sono due procedure simili legate alla disabilità, ma distinte tra loro; I criteri di valutazione infatti, sono differenti e non correlati, con la conseguenza che, ad esempio, una bassa percentuale di invalidità non pregiudica il riconoscimento di un handicap grave, e viceversa.

Il soggetto con handicap è una persona che presenta una menomazione psichica, fisica o sensoriale che rende molto difficile alla persona disabile inserirsi nel contesto sociale, andando oltre la sfera lavorativa (area centrale per il riconoscimento dell’invalidità).

Il soggetto invalido è una persona che ha perso, in parte o del tutto, la possibilità di svolgere un’attività lavorativa, o le normali funzioni della vita quotidiana, a causa di menomazioni o di un deficit psichico, fisico o intellettivo, dell’udito o della vista; l’accertamento quindi indica la limitazione della capacità lavorativa e la percentuale residua.

Venendo al caso in esame, da quanto scrive, si evince che ha presentato ricorso solo al fine di ottenere il riconoscimento della gravità dell’handicap, non anche per ottenere una percentuale di invalidità superiore al 60% .

Sicuramente il verbale con il quale l’Inps le ha riconosciuto il 60% di invalidità, può essere impugnato; tuttavia il ricorso avverso il verbale va proposto entro il termine perentorio di sei mesi dalla notifica dello stesso; decorso il suddetto termine potrà solo presentare una nuova domanda volta ad ottenere un nuovo accertamento sanitario e quindi un nuovo verbale di riconoscimento.

Quanto alla possibile revoca dei benefici ottenuti con il riconoscimento della gravità dell’handicap a seguito della proposizione del ricorso, rileva quanto sancito dall’ultimo decreto attuativo della legge delega in materia di disabilità (L. 227/2021) in vigore dal 30 giugno 2024, che ha introdotto alcune novità per la legge 104 tra cui la semplificazione del sistema di accertamento con l’eliminazione delle visite di rivedibilità.

In ogni caso, in linea generale, il provvedimento del Tribunale resta valido fino a quando non viene modificato da un successivo accertamento sanitario dell’Inps, che sfocia in un nuovo verbale impugnabile nel termine perentorio di sei mesi dalla notifica dello stesso all’interessato.