Il testo originario di questa norma è stato dichiarato costituzionalmente illegittimo dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 334 del 1996, nella parte in cui prevedeva il monito che il giudice doveva rivolgere al
delato circa l'importanza "religiosa" dell'atto e l'assunzione di responsabilità “davanti a Dio” (entrambi gli incisi contrastavano con gli artt. 2, 3 e 19 della Cost.).
Con la medesima pronuncia è stata anche dichiarata incostituzionale l'assunzione di responsabilità da parte del giurante “davanti agli uomini”.
Sia la norma in esame che quella seguente trattano dell'assunzione del
giuramento decisorio, occupandosi rispettivamente della prestazione e della mancata prestazione di questo mezzo istruttorio. Esse integrano le norme generali in tema di assunzione, le quali devono ritenersi ugualmente applicabili al giuramento decisorio (si tratta degli articoli dal 203 al 208 c.p.c.).
In particolare, in caso di mancata comparizione del deferente all'udienza fissata per la prestazione è applicabile la sanzione della decadenza di cui all'
art. 208 del c.p.c..
Ciò comporta che il giudice, una volta dichiarata la decadenza della prova, dovrà fissare una successiva udienza, per consentire alla parte non comparsa di fare istanza, se del caso, per la rimessione in termini e per consentire l'eventuale difesa della stessa parte (l'omissione di tale adempimento, con conseguente decisione della causa subito dopo la declaratoria di decadenza, comporta vizio della
sentenza per
error in procedendo).
Il giuramento decisorio deve essere reso dalla parte personalmente, dovendosi altrimenti considerare come non prestato ex
art. 239 del c.p.c..
Si esclude che il giuramento decisorio possa esser prestato da un terzo in qualità di mero
nuncius, così come si esclude che lo possa prestare il
procuratore o altro soggetto pur munito di un
mandato ad hoc.
Solo nel caso di rappresentanza legale ex
art. 75 del c.p.c. e di rappresentanza volontaria, ex
art. 77 del c.p.c., il giuramento è considerato validamente prestato dal rappresentante.
Nel caso delle
persone giuridiche, il giuramento deve essere prestato dalla persona per mezzo della quale l'ente sta in giudizio, sia che si tratti del legale rappresentante che di un delegato ex art. 77 c.p.c.; in tale ipotesi la giurisprudenza qualifica sempre il giuramento
de scientia, salvo che il legale rappresentante sia chiamato a giurare su fatti dei quali egli in persona sia stato autore o coautore.
Quanto appena detto per le persone giuridiche vale per le
associazioni, le società senza personalità giuridica ed i
comitati, per i quali il giuramento va prestato da parte di chi è capace di stare in giudizio in nome dei medesimi.
Prima d'invitare la parte a giurare, il
giudice istruttore deve ammonire la stessa sull'importanza morale del giuramento e sulle conseguenze penali dello spergiuro (si ritiene, comunque, che dall'omissione di tali ammonizioni di rito non possa derivarne la nullità del giuramento comunque prestato).
Non è prevista alcuna sanzione di nullità neppure per la mancata osservanza delle prescrizioni di cui al secondo comma, relative alla necessità che il giurante rimanga in piedi durante la prestazione del giuramento, parli a chiara voce, cominci la propria dichiarazione solenne con un richiamo alla responsabilità morale assunta e la completi ripetendo esattamente le parole della formula.
È comunque necessario che il giurante pronunci almeno la parola “
giuro”, risultando altrimenti l'atto nullo per mancato raggiungimento dello scopo; a tale nullità dovrebbe seguire
ex officio ed ai sensi dell’
art. 162 del c.p.c., la rinnovazione della prestazione.
In ogni caso, secondo quanto previsto dal secondo comma dell’
art. 157 del c.p.c., il vizio deve esser denunciato nella prima istanza o difesa successiva al suo manifestarsi.