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Articolo 11 Codice di procedura civile

(R.D. 28 ottobre 1940, n. 1443)

[Aggiornato al 02/03/2024]

Cause relative a quote di obbligazione tra più parti

Dispositivo dell'art. 11 Codice di procedura civile

Se è chiesto da più persone o contro più persone [102, 103] l'adempimento per quote di un'obbligazione [ 1314 c.c.], il valore della causa si determina dall'intera obbligazione (1).

Note

(1) La norma sancisce che, se in un unico processo sia richiesto da più attori o contro più convenuti l'adempimento di un unica obbligazione ripartita per quote, il valore della causa è dato dal valore dell'intera obbligazione. Se, invece, la controversia riguarda solo alcune quote, il valore della causa è dato dal loro valore e non dall'intera obbligazione.

Ratio Legis

La norma in esame indica un'eccezione alla regola del c.d. cumulo soggettivo di cui agli artt.10 e 103 c.p.c., in forza della quale, ai fini della competenza per valore, le domande proposte dall'attore nei confronti di più convenuti o, viceversa, da diversi attori nei confronti di un solo convenuto o di più convenuti, non si sommano. E' bene precisare che sono due i presupposti necessari ai fini dell'operatività della principio di cui all'art.11 c.p.c.: unicità del rapporto obbligatorio e della domanda giudiziale e la divisibilità dell'obbligazione. La norma si applica anche alle azioni di accertamento ed alle azioni costitutive (es.: azione di annullamento o di risoluzione di un contratto).

Spiegazione dell'art. 11 Codice di procedura civile

Questa norma costituisce un’eccezione a quella regola dettata dal secondo comma dell’art. 10 del c.p.c., secondo cui, nei casi di cumulo soggettivo (cioè di domande rivolte da un solo attore contro più convenuti o da più convenuti contro un solo attore), la competenza per valore si determina in base alla domanda di valore maggiore e non vanno sommati i valori delle singole domande.
Stando alla disposizione in esame, invece, il valore della causa va determinato in ogni caso in ragione dell’intera obbligazione, e questo anche nel caso in cui ad agire sia uno solo dei creditori per la propria quota ovvero qualora si agisca nei confronti di uno solo degli obbligati pro quota.

La dottrina maggioritaria ha voluto preferire una interpretazione letterale della norma, asserendo che per legare il valore della controversia a quello dell’intera obbligazione è necessario che nello stesso processo siano richieste tutte le quote dell’obbligazione, mentre se oggetto di essa sono soltanto alcune quote, allora il valore della causa si dovrà far dipendere dalla loro somma (si fa osservare che tale interpretazione sarebbe peraltro conforme al principio generale secondo cui la competenza si determina in base al contenuto della domanda).
Favorevole a tale interpretazione della dottrina maggioritaria si è mostrata anche la giurisprudenza, evidenziando che il valore della causa si determina sulla base del valore dell’intera obbligazione solo quando viene chiesto da più persone (litisconsorzio facoltativo attivo) o contro più persone (litisconsorzio facoltativo passivo) l’adempimento per le rispettive quote dell’intera obbligazione; di conseguenza, se viene chiesto l’adempimento parziale di un’obbligazione divisibile, il valore della causa sarà dato dall’ammontare della parte di obbligazione richiesta e non dal valore dell’intera obbligazione.

Per quanto concerne l’ambito di applicazione della norma, alla tesi della dottrina maggioritaria, secondo cui essa può riguardare solo le obbligazioni divisibili e non quelle solidali e indivisibili (in cui il valore della causa non può che essere pari al valore dell’intera obbligazione, a prescindere dal numero degli attori e dei convenuti), si contrappongono altre tesi secondo le quali tale norma trova applicazione anche nel caso di obbligazioni indivisibili, in quanto ciò che conta è soltanto che il pagamento venga richiesto pro quota (così Satta).
In favore di quest’ultima tesi si pone anche chi fa rilevare che, nel determinare la competenza, non si fa mai riferimento alla struttura negoziale dell’obbligazione, bensì al valore della domanda.
Malgrado i diversi orientamenti, la giurisprudenza comunque è conforme alla tesi della dottrina maggioritaria, ritenendo che il carattere divisibile dell’obbligazione costituisca uno dei presupposti di applicazione della norma.

Preferibile poi è la tesi secondo cui il suo campo di applicazione non può essere ristretto in base al tipo di azione che viene esercitata, che, stando alla lettera della norma, dovrebbe consistere in un’azione di condanna (si dice “se è chiesto….l’adempimento…”).
Si afferma, infatti, che la norma debba trovare applicazione anche nel caso di azioni di accertamento positivo o negativo e nel caso di azioni costitutive (esempio azione di annullamento o di risoluzione di un contratto).

Restano infine da esaminare i suoi presupposti di applicazione, i quali possono individuarsi nella:
  1. unicità del rapporto obbligatorio: è da escludere che essa possa applicarsi allorchè vengano dedotte in giudizio più domande fondate su titoli obbligatori distinti.
  2. unicità dell’azione giudiziale: si richiede che le domande inerenti le quote di un unico rapporto obbligatorio siano proposte nello stesso processo sin dall’inizio, non essendo tale norma invocabile nel caso in cui l’adempimento delle singole quote sia stato chiesto da o nei confronti di più soggetti con giudizi separati e solo successivamente riuniti ex art. 274 del c.p.c..

Massime relative all'art. 11 Codice di procedura civile

Cass. civ. n. 40832/2021

Nel caso di domanda di proposta verso più debitori in solido, il valore della causa, ai fini della liquidazione delle spese di lite, è costituito dall'ammontare complessivo dell'obbligazione dedotta in giudizio, senza che abbia rilievo la successiva ed eventuale fase del regresso tra condebitori solidali, siccome estranea alla specifica pretesa azionata dall'attore. (Nella specie la S.C. ha confermato la pronuncia di merito la quale, in un giudizio intrapreso da un avvocato nei confronti di un consiglio dell'ordine degli avocati e dei suoi componenti, per il risarcimento del danno derivante dall'avvio di un procedimento disciplinare a proprio carico, ha ritenuto che, ai fini della liquidazione delle spese in favore dei convenuti, risultati vittoriosi, il valore della causa fosse pari all'ammontare complessivo del risarcimento chiesto loro). (Rigetta, CORTE D'APPELLO ROMA, 09/11/2018).

Cass. civ. n. 6363/2010

Ai fini della determinazione della competenza per valore in relazione ad una controversia avente ad oggetto il riparto di una spesa approvata dall'assemblea di condominio, anche se il condomino agisce per sentir dichiarare l'inesistenza del suo obbligo di pagamento sull'assunto dell'invalidità della deliberazione assembleare, bisogna far riferimento all'importo contestato relativamente alla sua singola obbligazione e non all'intero ammontare risultante dal riparto approvato dall'assemblea, poiché, in generale, allo scopo dell'individuazione della competenza, occorre porre riguardo al "thema decidendum", invece che al "quid disputandum", per cui l'accertamento di un rapporto che costituisce la "causa petendi" della domanda, in quanto attiene a questione pregiudiziale della quale il giudice può conoscere in via incidentale, non influisce sull'interpretazione e qualificazione dell'oggetto della domanda principale e, conseguentemente, sul valore della causa. (Cassa con rinvio, Giud. pace Anzio, 23/09/2004).

Cass. civ. n. 20338/2007

Il fatto che, ai sensi dell'art. 752 c.c., i coeredi «contribuiscono tra loro al pagamento dei debiti e pesi ereditari in proporzione delle quote ereditarie...» e che, ai sensi dell'art. 754 c.c., ciascuno è tenuto verso i creditori in proporzione della sua quota, comporta solo che, a seguito della successione, ciascuno dei debitori «non è tenuto a pagare il debito che per la sua parte» a norma dell'art. 1314 c.c., e non significa anche che sussistono originariamente tanti autonomi rapporti quanti sono gli eredi, giacché il debito di ognuno (“pro quota”) ha comunque la sua fonte nell'obbligazione del de cuius la quale determina l'unicità genetica del rapporto obbligatorio. Ne consegue che l'art. 11 c.p.c. (che pone una regola derogatoria a quella di cui all'art. 10, comma secondo, c.p.c. e che sarebbe inutile se non fosse ritenuto applicabile alle obbligazioni divisibili, essendone esclusa la riferibilità alle obbligazioni solidali ed indivisibili) trova applicazione nel caso in cui a più eredi sia richiesto, con domande proposte sin dall'inizio nello stesso processo, l'adempimento pro quota dell'unica obbligazione del de cuius essendo irrilevante che, a seguito della successione, i rapporti obbligatori tra il creditore e ciascuno degli eredi siano ormai autonomi e restando il valore della causa determinato, dunque, dalla somma delle quote di cui il creditore abbia chiesto il pagamento.

Cass. civ. n. 6617/2004

In tema di competenza del giudice per valore, nella controversia promossa da un condomino che agisca nei confronti del condominio per sentir dichiarare l'inesistenza del suo obbligo personale di pagare la quota a suo carico della spesa deliberata ed approvata in via generale e per tutti i condomini dell'assemblea, sull'assunto dell'invalidità della deliberazione assembleare sulla quale è fondata la pretesa del condominio nei suoi confronti (e non già dell'insussistenza, per qualsiasi titolo, della propria personale obbligazione), la contestazione deve intendersi estesa necessariamente all'invalidità dell'intero rapporto implicato dalla delibera, il cui valore è, quindi, quello da prendere in considerazione ai fini della determinazione della competenza, atteso che il thema decidendum non riguarda l'obbligo del singolo condomino bensì l'intera spesa oggetto della deliberazione, la cui validità non può essere riscontrata solo in via incidentale.

Cass. civ. n. 3435/2001

I crediti di rimborso spettante verso gli altri condomini a quelli che abbiano pagato un debito condominiale, pur trovando causa in tale unica obbligazione assunta verso il terzo costituiscono pur sempre distinte obbligazioni onde la inapplicabilità del cumulo previsto dall'art. 11 c.p.c. ai fini della determinazione del valore della causa.

Cass. civ. n. 9596/1993

La regola enunciata dall'art. 11 c.p.c. per cui, ove più creditori chiedano in giudizio l'adempimento dell'obbligazione nei limiti delle rispettive quote, il valore della causa si determina dall'intera obbligazione, operante anche nel caso in cui la domanda sia proposta da un unico creditore, presuppone l'unicità del rapporto obbligatorio e la divisibilità dell'obbligazione. Esula quindi dall'ambito della norma l'ipotesi in cui tra il creditore ed i vari debitori sussistano autonome e distinte ragioni obbligatorie, se pure dipendenti da identico titolo, poiché in tal caso le singole domande debbono essere separatamente considerate ai fini della competenza per valore

Cass. civ. n. 4524/1992

Qualora, con riguardo a preliminare di vendita, stipulato dai comproprietari del bene ciascuno per la propria quota, sia stata resa sentenza di esecuzione in forma specifica, ai sensi dell'art. 2932 c.c., con effetti subordinati al pagamento del prezzo, e la parte acquirente agisca per ottenere l'accertamento del proprio adempimento, ovvero della liberazione dal relativo obbligo a seguito di offerta reale, rispetto alla porzione del prezzo dovuta al singolo proprietario, il quale a sua volta chieda in via riconvenzionale l'inefficacia del rapporto costituito con detta sentenza in ragione del mancato versamento del corrispettivo, la competenza per valore è determinata dall'ammontare dell'indicata porzione, non dell'intera obbligazione, in considerazione della divisibilità di questa e dell'inapplicabilità delle regole dettate dall'art. 11 c.p.c. per il diverso caso in cui la contesa investa il complessivo debito.

Cass. civ. n. 2946/1980

La norma contenuta nell'art. 11 c.p.c., secondo cui, se è chiesto da più persone o contro più persone l'adempimento per quote di un'obbligazione, il valore della causa si determina dall'intera obbligazione, configura un'eccezione alla regola, in tema di cumulo soggettivo, desumibile dal combinato disposto degli artt. 10, secondo comma e 103, primo comma, c.p.c., in base alla quale, agli effetti della competenza per valore, le singole domande proposte da un solo attore nei confronti di più convenuti (litisconsorzio facoltativo passivo) o da più attori nei confronti di un solo convenuto (litisconsorzio facoltativo attivo) o di più convenuti (litisconsorzio facoltativo misto), non si sommano. L'operatività di detta eccezione postula che l'adempimento per quote di una medesima obbligazione sia chiesto, ab origine, con un'unica domanda giudiziale, e va esclusa, pertanto, nel caso in cui l'adempimento delle quote sia stato chiesto da o nei confronti di più soggetti con giudizi separati, successivamente riuniti a norma dell'art. 274 c.p.c. (litisconsorzio facoltativo successivo); in tale ipotesi, infatti, il provvedimento discrezionale di riunione lascia immutata l'autonomia dei singoli giudizi e non può dar luogo a spostamenti di competenza per valore.

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