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Articolo 103 Codice di procedura civile

(R.D. 28 ottobre 1940, n. 1443)

[Aggiornato al 02/03/2024]

Litisconsorzio facoltativo

Dispositivo dell'art. 103 Codice di procedura civile

Più parti possono agire o essere convenute nello stesso processo, quando tra le cause che si propongono esiste connessione per l'oggetto o per il titolo dal quale dipendono (1), oppure quando la decisione dipende, totalmente o parzialmente, dalla risoluzione di identiche questioni (2).

Il giudice può disporre, nel corso della istruzione o nella decisione, la separazione delle cause, se vi è istanza di tutte le parti, ovvero quando la continuazione della loro riunione ritarderebbe o renderebbe più gravoso il processo (3), e può rimettere al giudice inferiore le cause di sua competenza.

Note

(1) L'ipotesi indicata dalla norma in commento descrive la c.d. connessione oggettiva propria. Tale connessione si verifica quando le cause sono collegate perché si controverte sullo stesso bene (ad es. il risarcimento danni chiesto sia al conducente che al proprietario del veicolo) oppure perché il titolo della domanda è lo stesso nelle varie azioni (ad es. lo stesso illecito stradale alla base di due diverse richieste di risarcimento).
(2) Si parla di connessione oggettiva impropria quando la decisione della causa dipende dalla soluzione di identiche questioni, totalmente o anche solo parzialmente. Essa emerge, ad es., quando più lavoratori sollevino nei confronti del datore di lavoro questioni interpretative relative allo stesso contratto collettivo.
(3) Il litisconsorzio facoltativo può venir meno nel corso del giudizio, in caso di estromissione di una delle parti dal giudizio stesso o in caso di separazione delle cause disposta dal giudice con ordinanza o nel caso in cui la trattazione unitaria diventi pregiudizievole per l'economia processuale oppure quando siano le parti stesse a richiederlo.

Ratio Legis

La norma descrive l'ipotesi del litisconsorzio facoltativo che si giustifica nella scindibilità delle cause semplicemente connesse, che potrebbero oggetto di autonomi giudizi, ma che per ragioni di economia processuale sono trattate congiuntamente nel medesimo processo. L'unità formale e l'indipendenza sostanziale delle cause caratterizzano lo svolgimento del processo cumulativo. In base al primo principio, le difese svolte da uno dei litisconsorti esplicano efficacia nei confronti di tutti gli altri; diversamente, l'autonomia comporta l'indipendenza degli atti di disposizione del processo che riguardino le singole azioni. Caratterizzato dalla scindibilità delle cause connesse, il processo può essere riassunto (v. l'[[ 303cpc]]) oppure estinguersi (v. l'art. 307 del c.p.c.) nei confronti di alcuni soltanto dei litisconsorti.

Spiegazione dell'art. 103 Codice di procedura civile

Il litisconsorzio facoltativo si caratterizza per il cumulo processuale di tipo soggettivo, espressione con la quale si intende la possibilità che in un unico procedimento vengano cumulate più domande proposte da una pluralità di parti, purché sussista quella particolare forma di collegamento tra cause che prende il nome di connessione.
Il simultaneus processus che si genera in caso di litisconsorzio per connessione può esistere ab origine, o essere successivo, ossia essere conseguenza di un intervento volontario, coatto o di una riunione di cause.

La ratio dell'istituto è chiaramente ispirata sia a ragioni di economia processuale sia a esigenze di coordinamento decisorio, e ciò soprattutto nel caso in cui le cause cumulate siano fra loro in rapporto di pregiudizialità-dipendenza.
Il litisconsorzio disciplinato dalla norma in esame si definisce “facoltativo" in quanto è frutto di una scelta di mera opportunità, scelta rimessa alle parti e, dunque, soltanto eventuale.
Sotto il profilo strutturale si distingue da quello necessario in quanto la sentenza che viene resa all'esito del relativo procedimento è solo formalmente unica, ma di fatto può scomporsi in tanti capi quante sono le domande (nel caso del litisconsorzio necessario, invece, è la causa stessa ad essere unica).

Secondo il chiaro disposto dell'art. 103, ciò che consente il cumulo processuale soggettivo è la c.d. connessione oggettiva, cioè l'identità di petitum e/o causa petendi fra le azioni esperite; si suole, a tal proposito, distinguere tra connessione forte e debole, a seconda che essa coinvolga sia il petitum che la causa petendi, ovvero soltanto uno di tali elementi.
Per esemplificare, tra le ipotesi di connessione per la sola causa petendi, si può menzionare la proposizione di una domanda di risarcimento da parte di più danneggiati nei confronti dell'unico danneggiante; mentre, tra le ipotesi di connessione per il solo petitum, si può citare l'ipotesi di azioni contro il debitore principale e il fideiussore.

Si parla, invece, di c.d. litisconsorzio unitario in tutte quelle ipotesi che integrano un litisconsorzio inzialmente optativo (cioè rimesso alla libera scelta delle parti), ma che successivamente diviene necessario per ragioni di carattere processuale; in tale ipotesi, anche se inizialmente non occorre che la domanda sia proposta da o nei confronti di diversi soggetti, nel momento in cui ciò si realizza non è più possibile una successiva separazione successiva (si parla in questo caso anche di litisconsorzio necessario processuale).

Sotto il profilo dell’ incidenza che questa norma può avere sulla competenza, va detto che costituisce principio pacifico quello secondo cui la connessione oggettiva può legittimare uno spostamento della sola competenza territoriale, atteso che l'art. 33 del c.p.c., il quale consente di radicare la causa utilizzando quale parametro la residenza o il domicilio di uno qualsiasi dei convenuti, si applica solo nei casi di connessione propria.
La suddetta deroga opera esclusivamente a favore del foro generale, ossia quello del luogo di residenza o domicilio di uno dei convenuti, mentre non ha effetto con riguardo ai fori speciali.
Vi è unanimità di pensiero, invece, in ordine alla sussistenza di limiti invalicabili per l’eventuale competenza inderogabile ex art. 28 del c.p.c. ed in relazione alla competenza per materia.
In dottrina prevale la tesi secondo cui, pur in presenza di cumulo soggettivo, deve anche escludersi lo spostamento della competenza territoriale nell’ipotesi in cui una della cause sia radicata presso il foro convenzionale a cui le parti abbiano voluto attribuire carattere di esclusività ai sensi del secondo comma dell’art. 29 del c.p.c..
Nessuna deroga alla competenza è invece ammessa in presenza di connessione impropria, in quanto questa, seppure in grado di giustificare un processo cumulativo, non è reputata dal legislatore a tal punto forte da determinare una variazione della competenza territoriale.

Il secondo comma della norma dispone, poi, che se vi è un'istanza di separazione di tutte la parti, o se la protrazione della trattazione congiunta delle cause rischia di ritardare o rendere più gravoso il processo, il cumulo processuale, che scaturisce dal litisconsorzio facoltativo, può essere sciolto in qualsiasi momento (tale possibilità è esclusa nel caso di litisconsorzio unitario processuale); in ogni caso al giudice viene riconosciuto un proprio margine di discrezionalità nel decidere sulla separazione (tale sua decisione non è censurabile in Cassazione).

L’ultima parte dello stesso secondo comma statuisce che, in caso di separazione, il giudice può rimettere al giudice inferiore le cause di sua competenza: tale disposizione trova la sua spiegazione nelle eventuali deroghe di competenza che possono essersi in precedenza verificate per ragioni di connessione.
Nel silenzio della legge, è discussa quale sia la forma che deve rivestire il provvedimento di separazione: secondo la prevalente dottrina sarebbe quella dell'ordinanza, ma si precisa che occorre la sentenza qualora, nell'istanza avanzata dalle parti, fosse sorta contestazione in ordine all’esistenza della connessione.

Sebbene il litisconsorzio facoltativo, a differenza di quello necessario, si caratterizzi per l'autonomia che le singole cause, cumulate nello stesso procedimento, continuano a mantenere, va detto che tale principio di autonomia deve essere coordinato con il principio di acquisizione, in virtù del quale l'attività compiuta con riferimento ad una delle cause può, in linea generale, essere utilizzata anche per la decisione delle altre.
Poiché il rapporto processuale è unico, la costituzione sarà simultanea per tutte le parti, con la conseguenza che, in caso di litisconsorzio attivo, sarà sufficiente un solo atto di citazione, mentre in un caso di litisconsorzio passivo occorrono tante copie quanti sono i convenuti.

Ciascun litisconsorte gode di autonomia nella deduzione dei fatti posti a fondamento della propria attività processuale, il che comporta che la proposizione di domande ed eccezioni nuove o modificate ai sensi ex art. 183 del c.p.c. può essere operata in via autonoma per ogni causa.
Le prove raccolte o introdotte con riferimento ad una causa possono essere utilizzate anche nelle altre se volte a provare fatti comuni a tutte le cause, fatta eccezione per la confessione ed il giuramento.
Dei dubbi sono stati sollevati in relazione all’ipotesi in cui si verifichi l'interruzione di una delle cause cumulate: secondo un primo orientamento tale evento si estende anche alle altre cause, pena la necessaria separazione automatica delle stesse; secondo un diverso indirizzo, invece, l'interruzione opera solo con riguardo alla causa cui si riferisce e la separazione può essere disposta solo una volta decorso il termine per la riassunzione.

L'inattività di una parte porta soltanto all'estinzione della causa che la riguarda, ma non si trasmette di norma alle cause cumulate; anche l'estromissione opera solo con riferimento al litisconsorte cui si riferisce.

Sotto il profilo impugnatorio va osservato che, considerato che il litisconsorzio facoltativo coinvolge cause fra loro scindibili, deve anche ammettersi la possibilità di un'impugnazione parziale, ossia di un appello che riguardi solo alcuni capi della sentenza, e in particolare quelli relativi alla decisione di alcune soltanto delle domande cumulate.

Massime relative all'art. 103 Codice di procedura civile

Cass. civ. n. 7031/2020

L'obbligazione all'indennizzo dovuto per l'irragionevole durata del processo insorge autonomamente per ciascuna parte del giudizio "presupposto", sicché nel giudizio di equa riparazione non si dà eventualmente luogo a litisconsorzio necessario, bensì a litisconsorzio facoltativo. (Cassa con rinvio, CORTE D'APPELLO PERUGIA, 06/04/2018).

Cass. civ. n. 804/2020

In tema di impugnazione di decisione riguardante una pluralità di rapporti giuridici distinti ed autonomi, ove essa sia proposta nei confronti di alcune soltanto delle parti, l'omessa esecuzione, nel termine perentorio assegnato, dell'ordine del giudice ex art. 332 c.p.c. di eseguire la notificazione nei confronti delle altre determina, venendo in rilievo un litisconsorzio facoltativo in cause scindibili, l'estinzione del processo limitatamente ai soggetti destinatari del rinnovo della notifica, non potendo il detto ordine avere riflesso sugli altri. (Nella specie, la S.C., in una controversia nella quale ricorreva un cumulo soggettivo di domande risarcitorie correlate ad un unico fatto storico, ma a contratti di trasporto distinti, ha ritenuto che sussistesse un litisconsorzio facoltativo in cause inscindibili, con la conseguenza che l'estinzione del giudizio di secondo grado per tardiva esecuzione dell'ordine del giudice di rinnovazione della notificazione dell'atto di appello ad una delle parti poteva essere dichiarata solo rispetto alla destinataria). (Cassa con rinvio, TRIBUNALE SIRACUSA, 18/05/2017).

Cass. civ. n. 21514/2019

In tema di litisconsorzio facoltativo, quale quello che si determina nel giudizio promosso nei confronti di più coobbligati solidali (nella specie, più committenti convenuti per il pagamento del corrispettivo relativo ai lavori appaltati), verificatasi una causa di interruzione nei confronti di uno di essi e riassunto tempestivamente il giudizio, interrotto nei confronti di tutti, il vizio della notificazione dell'atto di riassunzione nei confronti di uno o alcuni tra i litisconsorti facoltativi ed il mancato rispetto del termine per la rinnovazione della notificazione non impediscono l'ulteriore prosecuzione del processo nei confronti dei restanti litisconsorti ritualmente citati, non potendosi estendere a costoro l'eventuale estinzione del processo ex art. 307 c.p.c. relativa ad uno dei convenuti originari.

Cass. civ. n. 20860/2018

L'obbligazione solidale passiva, di regola, non dà luogo a litisconsorzio necessario, nemmeno in sede di impugnazione, in quanto non fa sorgere un rapporto unico e inscindibile, neppure sotto il profilo della dipendenza di cause, bensì rapporti giuridici distinti, anche se fra loro connessi, in virtù dei quali è sempre possibile la scissione del rapporto processuale, potendo il creditore ripetere da ciascuno dei condebitori l'intero suo credito; tale regola, peraltro, trova deroga - venendo a configurarsi una situazione di inscindibilità di cause e, quindi, di litisconsorzio processuale necessario - quando le cause siano tra loro dipendenti, ovvero quando le distinte posizione dei coobbligati presentino obiettiva interrelazione, alla stregua della loro strutturale subordinazione anche sul piano del diritto sostanziale, sicchè la responsabilità dell'uno presupponga la responsabilità dell'altro.

Cass. civ. n. 22809/2017

Qualora distinti giudizi di responsabilità civile da circolazione dei veicoli, separatamente introdotti contro il responsabile ed il suo assicuratore da diversi danneggiati per il medesimo fatto, vengano ad essere successivamente riuniti avanti al medesimo giudice, il litisconsorzio che si realizza è di natura facoltativa, e tale rimane anche nella fasi di gravame, ancorchè comune ai giudizi riuniti sia l'accertamento della responsabilità del sinistro. Ne consegue che l'impugnazione proposta da uno dei danneggiati, anche se notificata all'altro, non legittima quest'ultimo ad impugnare in via incidentale tardiva la negazione della responsabilità rispetto alla propria domanda, poiché l'impugnazione tempestiva non è contro di lui rivolta e non si verte in ipotesi di inscindibilità delle cause.

Cass. civ. n. 19373/2017

Nel litisconsorzio facoltativo improprio (artt. 103 e 274 c.p.c.) le cause riunite conservano la loro autonoma individualità, senza che si verifichi alcuna fusione degli elementi di giudizio e delle prove acquisite nell'una o nell'altra; tale principio può essere mitigato per le prove costituende, in quanto formatesi nel contradditorio delle parti dopo che sia stata disposta la riunione, ma non anche per le prove precostituite entrate nel processo per iniziativa di uno solo dei litisconsorti, a meno che la parte che intenda avvalersi di un documento prodotto da altri non lo faccia proprio, producendolo a sua volta o manifestando l'univoca intenzione di avvalersene, con una dichiarazione da rendere, senza formule sacramentali, entro il termine eventualmente assegnato per l'indicazione della prova diretta, o contraria, a seconda della sua finalità.

Cass. civ. n. 18782/2016

In tema di litisconsorzio facoltativo (nella specie, sussistente tra più soggetti danneggiati a seguito di un unico fatto illecito), la possibilità di agire unitamente nel medesimo processo in ragione della connessione delle domande non può essere interpretata quale obbligo derivante dal principio di ragionevole durata del processo, secondo una logica di economia processuale, posto che la scelta della promozione autonoma dell'azione in distinti processi non integra un abuso ma il legittimo uso di una facoltà espressamente prevista dall'ordinamento.

Cass. civ. n. 23117/2014

L'azione sociale di responsabilità cumulativamente promossa contro una pluralità di convenuti riguarda un'obbligazione risarcitoria solidale a loro carico e dà luogo ad un'ipotesi di litisconsorzio facoltativo originario, sicché le relative cause, benché istruite e trattate congiuntamente in un procedimento formalmente unitario, sono scindibili e mantengono una propria autonomia, così da poter risultare pendenti, ai fini previsti dall'art. 5 cod. proc. civ., in momenti differenti per la diversa data di notifica a ciascuno di essi dell'atto introduttivo del giudizio. Ne consegue che, qualora la notificazione ad uno di loro sia avvenuta vigente il d.l. 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27, che ha attribuito l'azione alle sezioni specializzate previste dall'art. 1 del d.lgs. 27 giugno 2003, n. 168, la causa appartiene alla competenza funzionale di queste ultime, che si estende, ai sensi dell'art. 3, ultimo comma, del d.lgs. n. 168 cit., alle cause connesse, ivi comprese quelle precedentemente introdotte.

Cass. civ. n. 4848/2013

L'azione di natura reale, esperita dal proprietario del fondo danneggiato per l'accertamento dell'illegittimità delle immissioni e per la realizzazione delle modifiche strutturali necessarie al fine di far cessare le stesse, deve essere proposta nei confronti del proprietario del fondo da cui tali immissioni provengono e può essere cumulata con la domanda verso altro convenuto per responsabilità aquiliana ex art. 2043 c.c., volta ad ottenere il risarcimento del pregiudizio di natura personale da quelle cagionato.

Cass. civ. n. 7907/2012

L'azione di responsabilità, promossa contro gli organi della società ai sensi dell'art. 2393 c.c., instaura un'ipotesi di litisconsorzio facoltativo, ravvisandosi un'obbligazione solidale passiva tra gli amministratori ed i sindaci (salvo allorché l'accertamento della responsabilità di uno di essi presupponga necessariamente quella degli altri, come nel caso di imputazione per omessa vigilanza) con la conseguenza che, in caso di azione originariamente rivolta contro una pluralità di amministratori e sindaci di una società, essi non devono necessariamente essere parti in ogni successivo grado del giudizio, neppure nel caso in cui, in presenza di una transazione raggiunta tra la società ed alcuni tra i convenuti, riguardante le quote di debito delle parti transigenti ed avente l'effetto di sciogliere anche il vincolo di solidarietà passiva, si renda necessario graduare la responsabilità propria e degli altri condebitori solidali nei rapporti interni, all'esito di un accertamento che dovrà necessariamente riferirsi, in via incidentale, anche alle condotte tenute dalle parti transigenti.

Cass. civ. n. 14530/2009

Qualora in un contratto di locazione la parte locatrice sia costituita da più locatori, ciascuno di essi è tenuto, dal lato passivo, nei confronti del conduttore alla medesima prestazione, così come, dal lato attivo, ognuno degli stessi può agire nei riguardi del locatario per l'adempimento delle sue obbligazioni, applicandosi in proposito la disciplina della solidarietà di cui all'art. 1292 c.c., che non determina, tuttavia, la nascita di un rapporto unico ed inscindibile e non dà luogo, perciò, a litisconsorzio necessario tra i diversi obbligati o creditori. (Fattispecie relativa alla ritenuta ammissibilità di un procedimento di sfratto per morosità azionato solo da parte di alcuni coeredi dell'originaria locatrice).

Cass. civ. n. 5737/2009

In tema di assicurazione obbligatoria della responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore o dei natanti, qualora il danneggiato evochi in giudizio l'assicuratore ed il responsabile assicurato proponendo domande risarcitorie nei confronti di entrambi, le domande medesime si trovano in rapporto di connessione e dipendenza reciproche, trovando entrambe presupposti comuni nell'accertamento della responsabilità dell'assicurato, con la conseguenza che l'impugnazione della sentenza per un capo attinente a detti presupposti comuni, da qualunque parte ed in confronto di qualsiasi parte proposta, impedisce il passaggio in giudicato dell'intera pronuncia con riguardo a tutti i litisconsorti.

Cass. civ. n. 21029/2004

La sussistenza di una causa di sospensione del giudizio relativamente ad una sola di piú domande cumulate nello stesso processo a norma dell'art. 104 c.p.c. non è idonea, di per sè, a giustificare la sospensione del processo relativamente a tutte le domande, giacché l'art. 103, comma secondo, c.p.c., richiamato dall'art. 104, comma secondo, del medesimo codice, attribuisce al giudice il potere di disporre la separazione delle cause quando la continuazione della loro riunione ritarderebbe o renderebbe piú gravoso il processo ovvero di non disporla quando in concreto la separazione non risulti opportuna. Peraltro, poiché la sospensione del processo rappresenta un'evenienza che interferisce sul suo normale svolgimento e la sua disciplina è improntata a maggior rigore, incidendo sul principio della ragionevole durata del processo, il giudice, quando venga in rilievo una causa di sospensione relativa ad una sola delle domande cumulate nello stesso processo, deve fornire adeguata motivazione delle ragioni di opportunità del mancato esercizio dei suoi poteri discrezionali quanto alla separazione delle cause e quindi della decisione di estendere l'ambito di operatività della sospensione a tutte le domande cumulate. (Nella specie, la S.C. ha annullato l'ordinanza con la quale era stata disposta la sospensione del giudizio avente ad oggetto la domanda di pagamento di differenze retributive e del trattamento di fine rapporto in attesa della definizione del giudizio relativo all'accertamento della continuazione o meno del rapporto di lavoro, senza alcuna motivazione in ordine alle ragioni della estensione della sospensione, necessaria solo quanto alla domanda concernente il trattamento di fine rapporto, alle altre domande cumulate relative a differenze retributive).

Cass. civ. n. 19937/2004

Nell'ipotesi di domanda proposta, sia pure con un medesimo atto, da diversi lavoratori nei confronti del medesimo datore di lavoro (cosiddetto litisconsorzio facoltativo improprio), pur nell'identità delle questioni, permane l'autonomia dei rispettivi titoli e dei rapporti, con la conseguenza che le cause, per loro natura scindibili, restano distinte, con una propria individualità rispetto ai legittimi contradditori, e con l'ulteriore conseguenza che la sentenza che le definisce, sebbene formalmente unica, consta in realtà di tante pronunce quante sono le cause riunite, le quali conservano la propria autonomia ai fini delle successive impugnazioni; ne consegue che queste ultime possono svolgersi separatamente le une dalle altre, senza che la tempestiva impugnazione proposta da alcune soltanto delle parti coinvolga la posizione delle parti non impugnanti o determini la necessità di integrazione del contraddittorio nei loro confronti.

Cass. civ. n. 1103/2004

In materia di contratti agrari, in caso di esercizio, da parte del coltivatore diretto di un fondo compravenduto, del diritto di riscatto di cui all'art. 8 legge 26 marzo 1965 n. 590, contraddittore necessario nel relativo giudizio è unicamente l'acquirente del fondo. Ne deriva che, ove il giudizio si svolga anche in contraddittorio dell'alienante il fondo, perchè contro quest'ultimo il retrattato ha proposto domanda di danni, si verifica un'ipotesi di litisconsorzio facoltativo, nella quale i due giudizi (quello tra retraente e retrattato da una parte e quello tra retrattato e venditore dall'altra) nonostante la simultaneità del processo permangono autonomi, con la conseguenza che le difese spiegate dall'alienante per resistere alla domanda del retrattato non possono avere rilievo ai fini dell'esito del giudizio di riscatto tra retraente e retrattato.

Cass. civ. n. 1954/2003

In caso di litisconsorzio facoltativo, le cause, per loro natura scindibili, restano distinte, per cui, pur nell'identità delle questioni, permane l'autonomia dei rapporti giuridici e delle singole cause petendi; ne consegue che la parte che non abbia tempestivamente contestato la produzione documentale effettuata dalla controparte, non può avvalersi della (tempestiva) contestazione effettuata dal litisconsorte facoltativo ai fini di un diverso e autonomo rapporto processuale.

Cass. civ. n. 16169/2001

La domanda proposta dai conduttori di un fondo rustico nei confronti del concedente, per il conseguimento dell'indennizzo di legge per miglioramenti apportati al fondo stesso, introduce — siccome tesa a conseguire, da parte di ciascuno di essi, la tutela della propria quota di credito — un giudizio a litisconsorzio non già necessario, ma meramente facoltativo, sì che l'eventuale ricorso per Cassazione può, del tutto legittimamente, venir proposto da uno soltanto degli aventi diritto, sul quale non incombe, pertanto, alcun onere di notifica del gravame nei confronti degli altri litisconsorti.

Cass. civ. n. 1142/2000

Nel caso in cui le domande proposte contro diversi convenuti siano autonome, in relazione alla distinzione dei rispettivi titoli, rapporti giuridici e “causae petendi”, si verifica una situazione di litisconsorzio facoltativo improprio, con la conseguenza che, in sede di impugnazione, le cause, per loro natura scindibili, restano distinte in relazione ai rispettivi legittimi contraddittori, e quindi, in particolare, la questione di difetto di giurisdizione del giudice ordinario su una delle domande non può essere proposta dal soggetto che del relativo giudizio non è parte. (Nella specie, accolta in sede di merito la domanda principale di integrazione dell'indennità premio di servizio, in base al computo di ulteriori anni di servizio, proposta da un dipendente comunale nei confronti dell'Inadel - ora Inpdap -, e proposto da questo ente ricorso per cassazione, il Comune - nei cui confronti era stata proposta domanda subordinata di risarcimento del danno - aveva con ricorso incidentale dedotto il difetto di giurisdizione del giudice ordinario in tema di accertamento del rapporto di pubblico impiego).

Cass. civ. n. 2714/1996

Quando il compratore oltre a chiamare in causa il venditore per la denuncia della lite ex art. 1485 c.c., propone contro di questi nel medesimo processo anche l'azione di garanzia, fra la causa principale e quella di garanzia (propria) si instaura un vincolo non di inscindibilità ma di dipendenza, perché l'accoglimento della domanda di garanzia è subordinato all'accertamento del diritto del terzo, ciò che non impedisce che il giudice separi le due cause, decidendo solo quella principale, facendo cessare la relazione di dipendenza.

Cass. civ. n. 4300/1995

L'autonomia delle azioni proponibili da un creditore nei confronti di più soggetti solidalmente obbligati nei suoi confronti, opera anche nel caso del fallimento di uno di essi, nel senso che l'azione verso il fallito comporta il ricorso alla procedura speciale dell'insinuazione al passivo del credito, previa dichiarazione di improcedibilità nel giudizio di condanna promosso prima dell'inizio della procedura concorsuale, mentre l'azione nei confronti del coobbligato in bonis può procedere con il rito ordinario.

Cass. civ. n. 1152/1995

l diritto del mediatore alla provvigione, nei confronti di entrambe le parti dell'affare concluso per effetto del suo intervento, dà luogo a due crediti distinti, che possono essere fatti valere in separati giudizi; con la conseguenza che, quando essi sono dedotti in un unico giudizio, si verifica un caso di litisconsorzio facoltativo relativo — trattandosi di cause connesse per il titolo dal quale dipendono — rispetto al quale la competenza per valore si determina in base al valore di ogni singola domanda.

Cass. civ. n. 1784/1992

Il licenziamento, ancorché collettivo o intimato, con unico atto, ad una pluralità di lavoratori, ha natura di negozio unilaterale recettizio volto a determinare la cessazione del rapporto di lavoro dei singoli dipendenti destinatari della comunicazione, configurandosi tanti licenziamenti quanti sono i dipendenti licenziati; pertanto, allorché ciascuno di costoro impugni, con il medesimo atto giudiziale, il recesso intimatogli, si realizza, ai sensi dell'art. 103 c.p.c., un'ipotesi di litisconsorzio facoltativo o processuale, che è caratterizzata dall'autonomia delle singole cause, ancorché istruite e trattate congiuntamente, e dall'indipendenza della posizione processuale dei singoli litisconsorti, senza che le vicende processuali di una di esse, ed in particolare il vizio determinato dal difetto di valida procura, possano comunicarsi alle altre.

Cass. civ. n. 4924/1984

In caso di litisconsorzio facoltativo il processo è soltanto formalmente unico, poiché alla pluralità delle parti che agiscono o sono convenute nello stesso processo corrisponde una pluralità di rapporti processuali tra loro scindibili, che perciò rimangono indipendenti, di guisa che le vicende proprie di ciascuno di essi, singolarmente preso, non possono interferire e comunicarsi agli altri. Ne consegue che, in tal caso, se si determina una causa di estinzione con riguardo ad uno dei predetti rapporti processuali, l'estinzione del processo deve essere dichiarata unicamente con riferimento a quel rapporto e non si estende all'intero processo.

Cass. civ. n. 3604/1984

L'autonomia delle posizioni processuali delle parti rispetto alle singole cause trattate unitariamente per effetto di litisconsorzio facoltativo comporta che le eventuali nullità attinenti ad una di tali cause non possano ripercuotersi sulla decisione delle altre.

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V. G. chiede
venerdì 21/06/2024
“Siamo un gruppo di dipendenti di un ente locale sia full time che part time (verticale), secondo quanto a nostra conoscenza, un dipendente (avendone i requisiti) nel corso dello stesso mese può usufruire, anche in maniera frazionata, del congedo straordinario, ai sensi dell'art. 42 comma 5 del d.lgs. n. 151/2001 e dei 3 giorni di permesso di cui alla legge n.104/92.
Es. un dipendente dal 1 gennaio al 28 usufruisce del congedo straordinario, ai sensi dell'art. 42 comma 5 del d.lgs. n. 151/2001, e dal 29 al gennaio al 31 dei 3 giorni di cui alla L. n.104/92.
Con riferimento alle sentenze n.22095 del 29/09/2017 e n.4069 del 20/02/2018 ed all'orientamento ARAN cfc34, il dirigente ritiene che “nel caso di fruizione in modo frazionato del congedo straordinario, ex art. 42 comma 5 del d.lgs. n.151/2001, che determini un part time verticale con una prestazione lavorativa superiore al 50% rispetto all'ordinario orario lavorativo in regime di full time non avrà un riproporzionamento dei 3 giorni di permesso ex art. 33 della L. n.104/92. Viceversa, ovviamente, si procederà al riproporzionamento nel caso di part time verticale, scaturente dalla richiesta di congedo straordinario in modo frazionato, ai sensi dell'art. 42 comma 5 del d.lgs. n. 151/2001, che comporti una prestazione lavorativa mensile inferiore al 50% rispetto all'orario ordinario lavorativo in regime di full time”.
In sintesi, per il dirigente la fruizione del congedo straordinario in modo frazionato, ai sensi dell'art. 42 comma 5 del d.lgs. n. 151/2001, (es. 22 gg. in un mese) determina un part time verticale, (anche se il dipendente è Full time) con conseguente riproporzionamento dei 3 giorni di permesso della l.104/92 che si voglio godere nello stesso mese.
Abbiamo fatto degli approfondimenti ma non troviamo norme e/o circolari che avvalorino questa tesi, anzi al contrario.
Il dirigente è super convinto.
Ci sono i presupposti per un contenzioso da presentare al Giudice del Lavoro?
Ed, inoltre, può essere presentato unico ricorso cumulativo avvalendosi della cosiddetta “class action”, oppure deve essere proposto per singolo dipendente?
Infine la richiesta del congedo ai sensi dell'art. 42 comma 5 del d.lgs. n. 151/2001 può essere negato per esigenze di servizio?”
Consulenza legale i 01/07/2024
Secondo l'orientamento ARAN cfc34 e le sentenze della Cassazione (n. 22095 del 29/09/2017 e n. 4069 del 20/02/2018), il riproporzionamento dei 3 giorni di permesso ex art. 33 della L. 104/92 è applicabile solo in caso di un part-time verticale con una prestazione lavorativa inferiore al 50% rispetto all'orario full-time.

A parere di chi scrive, non si può condividere l’opinione del dirigente.

Non si rinvengono riferimenti normativi o giurisprudenziali secondo i quali, in caso di congedo straordinario frazionato comportante una riduzione dell'orario lavorativo superiore al 50%, si debba procedere al riproporzionamento.

Anzi, la Circolare n. 1 del 2012 del Dipartimento della Funzione Pubblica chiarisce che “nel caso di fruizione cumulata nello stesso mese del congedo (ovvero di ferie, aspettative o altre tipologie di permesso) e dei citati permessi di cui all'art. 33, comma 3, da parte del dipendente a tempo pieno, questi ultimi spettano sempre nella misura intera stabilita dalla legge (3 giorni) e non è previsto un riproporzionamento”.

Pertanto, nel caso di specie potrebbero esserci i presupposti per un ricorso al giudice del lavoro.

Per quanto riguarda la Class Action, trattasi di uno strumento originariamente regolato dall’art. 140-bis del Codice del Consumo.

A seguito delle modifiche introdotte dalla Legge n. 31/2019, l'istituto della class action è stato trasferito dal Codice del Consumo al Codice di Procedura Civile, con l'introduzione di un apposito Titolo (VIII-bis) alla fine del Libro IV, dedicato ai procedimenti collettivi.

La riforma ha esteso il campo di applicazione della class action, rendendola un rimedio di carattere generale e non più limitato ai consumatori. Ora, l'azione di classe può essere utilizzata per tutelare una più ampia gamma di diritti, specialmente quelli che potrebbero non essere adeguatamente difesi tramite azioni individuali. L'azione di classe può essere promossa non solo dai consumatori, ma anche da qualsiasi componente della classe o da associazioni e organizzazioni i cui obiettivi statutari comprendano la tutela dei diritti individuali omogenei.
La riforma prevede che l'azione di classe possa essere esercitata per l’accertamento della responsabilità e la condanna al risarcimento del danno e alle restituzioni.

Non sono ammissibili le azioni di mero accertamento o quelle che non abbiano per oggetto una somma di denaro, come risarcimenti in forma specifica o obblighi di fare o non fare. L'azione di classe deve quindi riguardare diritti omogenei e avere come obiettivo una condanna risarcitoria.

Considerando che nel caso di specie si tratterebbe di chiedere al datore di lavoro la concessione dei permessi e che la vertenza, seppur riguardante un gruppo di lavori, non riguarda una vera e propria “classe”, sembra opportuno utilizzare altri mezzi offerti dall’ordinamento.

Infatti, l’articolo 103 del Codice di Procedura Civile prevede già la possibilità di azioni collettive coordinate:
"Più parti possono agire o essere convenute nello stesso processo, quando, tra le cause che si propongono, esiste una connessione per l’oggetto o per il titolo dal quale dipendono, oppure quando la decisione dipende, totalmente o parzialmente, dalla risoluzione di identiche questioni."

Il congedo straordinario ai sensi dell'art. 42 comma 5 del D.Lgs. 151/2001 non può essere negato per esigenze di servizio. Infatti, tale congedo è un diritto soggettivo per il dipendente che ne ha i requisiti, quindi il datore di lavoro non può rifiutare la concessione del congedo per ragioni organizzative o di servizio.

Il datore di lavoro può negare i permessi solo se non ricorrono tutti i requisiti previsti dalla normativa. Il datore deve verificare l’adeguatezza della documentazione e la ricorrenza dei presupposti per la concessione e, se tutto è regolare, deve concedere i permessi lavorativi previsti. Se tutti i requisiti richiesti sono soddisfatti, il beneficio dei permessi non è soggetto ad autorizzazione perché è un diritto soggettivo del disabile o del familiare che lo assiste.

Nel comparto pubblico, il Parere del Dipartimento della Funzione Pubblica n. 13/2008 e la Circolare n. 13/2010 prevedono la programmazione dei permessi con congruo anticipo per consentire la migliore organizzazione dell’attività amministrativa. Anche il Ministero del Lavoro, nell’interpello n. 31 del 6/07/2010, ha chiarito che è possibile richiedere una programmazione dei permessi settimanale o mensile, purché:
  • Il lavoratore possa individuare preventivamente le giornate di assenza.
  • La programmazione non comprometta il diritto del disabile a un’effettiva assistenza.
  • La programmazione segua criteri condivisi con i lavoratori o le loro rappresentanze.
  • La programmazione garantisca il mantenimento della capacità produttiva dell’impresa senza compromettere il buon andamento.
Se il dipendente comunica con congruo anticipo, il dirigente non può negare la fruizione del permesso né entrare nel merito delle motivazioni. In caso di necessità urgente di variazione della giornata di fruizione, il dirigente deve accettare la variazione, poiché il diritto del disabile o del familiare prevale su qualunque esigenza lavorativa.

Il dipendente non è tenuto a presentare documentazione per giustificare la fruizione dei singoli permessi. Il diniego alla fruizione del permesso mensile può configurare “danno esistenziale” e il reato di abuso di ufficio. Se la mancata assistenza provoca danni fisici alla persona disabile, può configurarsi anche il “danno biologico”, risarcibile in sede giudiziaria.