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Articolo 1159 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 26/11/2024]

Usucapione decennale

Dispositivo dell'art. 1159 Codice Civile

Colui che acquista in buona fede da chi non è proprietario un immobile, in forza di un titolo che sia idoneo a trasferire la proprietà e che sia stato debitamente trascritto [2643, n. 1], ne compie l'usucapione in suo favore col decorso di dieci anni dalla data della trascrizione(1).

La stessa disposizione si applica nel caso di acquisto degli altri diritti reali di godimento sopra un immobile.

Note

(1) La trascrizione non ha la funzione ordinaria che il codice civile tradizionalmente le attribuisce, ma rappresenta un elemento fondamentale per garantire l'acquisto della proprietà o di altro diritto reale di godimento sul bene immobile. Essa non concerne, inoltre, il principio della continuità delle trascrizioni.

Ratio Legis

La disposizione riguarda l'usucapione speciale (o abbreviata) di beni immobili, affermando che l'acquisto a titolo originario della proprietà o di altro diritto reale di godimento su di essi, non deriva dal mero possesso del bene unito al trascorrere di un certo periodo di tempo.
La disposizione, per l'acquisizione dell'effetto acquisitivo, richiede, infatti, che il possesso del bene immobile sia stato acquistato in buona fede da persona diversa dal proprietario del bene medesimo, con un titolo idoneo ad operare il trasferimento. Esso deve essere trascritto dal soggetto che acquista il possesso della cosa.

Brocardi

A non domino

Spiegazione dell'art. 1159 Codice Civile

L'usucapione decennale

Questo articolo ammette l’ usucapione abbreviata nei soli casi di acquisto a non domino, escludendola nei rapporti fra il possessore e il suo dante causa. È stata in tal modo risolta legislativamente una questione assai dibattuta in relazione al codice del 1865.

Sono stati poi eliminati, con la soppressione dell'inciso « che non sia nullo per difetto di forma » che nell'art. 2137 seguiva al requisito del titolo, i dubbi e le incertezze ai quali dava luogo tale disposizione, e la formulazione dell'articolo è stata migliorata col precisare nel capoverso quanto nel silenzio del codice del 1865 si argomentava solo per implicito, che cioè i principi fissati per l'usucapione della proprietà valgono anche per l'usucapione di un ius in re aliena.

La norma non parla più di « possesso continuato » per il periodo pre scrizionale, come l'articolo precedente, e si limita invece ad indicare il « decorso di dieci anni », è però chiaro che la lieve diversità della dizione non implica diversità di principio.

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)

547 Si è attuata una più organica e razionale sistemazione della materia col trasferire sotto il titolo del possesso le norme particolari all'usucapione. Nelle linee essenziali la disciplina dell'usucapione immobiliare non differisce da quella tracciata dal codice del 1865. L'usucapione ordinaria della proprietà e degli altri diritti reali di godimento sui beni immobili si compie in virtù del possesso continuato per venti anni (art. 1158 del c.c.). Ho ridotto il termine di trent'anni stabilito dal codice anteriore, al fine di adeguarlo al termine di prescrizione dei diritti reali di godimento su cosa altrui. L'usucapione abbreviata, la quale ha per presupposto il possesso di buona fede e l'esistenza di un titolo astrattamente idoneo a trasferire o a costituire il diritto reale sull'immobile, si compie, come nel codice precedente (art. 2137), col decorso di dieci anni dalla data della trascrizione del titolo. L'art. 1159 del c.c., parlando di acquisto in buona fede «da chi non è proprietario» dell'immobile, rende chiaro che la disposizione si riferisce all'ipotesi dell'acquisto a non domino e non anche all'ipotesi dell'acquisto viziato a domino. E' così risolta una questione a cui dava luogo la formula meno precisa dell'art. 2137 del codice del 1865.

Massime relative all'art. 1159 Codice Civile

Cass. civ. n. 6728/2022

Il principio dell'accessione del possesso è applicabile non solo all'usucapione di cui all'art. 1158 c.c., ma anche a quella decennale di cui all'art. 1159 c.c.; in quest'ultimo caso, ai fini della maturazione dell'usucapione abbreviata in favore di chi abbia acquistato da meno di dieci anni e unisca al proprio il possesso del suo autore per goderne gli effetti, il decennio "ad usucapionem" decorre dalla data della trascrizione del titolo di acquisto del suo autore.

Cass. civ. n. 40835/2021

Costituisce elemento oggettivo essenziale dell'usucapione abbreviata decennale di cui all'art. 1159 c.c., l'esistenza di un titolo idoneo a trasferire il diritto di proprietà o di altro diritto reale di godimento, intendendosi per tale quello che in astratto, se proveniente dal titolare, sarebbe sufficiente al trasferimento e al conseguente acquisto immediato del diritto, e che, in concreto, nel suo specifico contenuto, comporti un'esatta corrispondenza tra il diritto immobiliare del quale si sostiene l'acquisto per il possesso decennale esercitato e quello acquistato in buona fede "a non domino". Ne consegue che non può essere acquistata la proprietà esclusiva di un bene accessorio in virtù dell'usucapione decennale, qualora si individui quale titolo idoneo, un atto di alienazione di un'unità immobiliare compresa in un condominio che non individui tale bene come legato da rapporto pertinenziale col singolo appartamento e, piuttosto, lo ricomprenda tra le parti comuni, i sensi dell'art. 1117 c.c., cui si estende l'effetto traslativo "pro quota".

Cass. civ. n. 34819/2021

Ove sia dedotto (nella specie, in via riconvenzionale) l'avvenuto acquisto del diritto di proprietà per usucapione ordinaria, la difesa con la quale venga invocata l'usucapione abbreviata ex art. 1159 c.c. può essere sollevata, nel corso del primo grado di giudizio, per la prima volta in sede di precisazione delle conclusioni ed in comparsa conclusionale, non determinandosi, in conseguenza, un mutamento della domanda né della situazione giuridica con essa fatta valere, posto che la "causa petendi" delle azioni a difesa della proprietà è lo stesso diritto vantato dall'attore e non il titolo che ne costituisce la fonte.

Cass. civ. n. 16152/2019

L'usucapione decennale di cui all'art. 1159 c.c. postula l'identità fra l'immobile posseduto e quello acquistato in buona fede "a non domino", corrispondenza che va accertata in base a una distinta valutazione del titolo di acquisto e del possesso, rimanendo preclusa la possibilità di integrare le risultanze dell'uno con quelle dell'altro. Tale titolo richiede, riguardo a una servitù, la partecipazione, oltre che del proprietario del fondo a cui vantaggio opererebbe la servitù, anche dell'apparente proprietario del fondo servente, nei cui confronti deve operare la trascrizione prevista dall'art. 1159 c.c. per cui, quando l'alienante dichiari nell'atto di trasferimento di un immobile che a favore del bene ceduto esiste una servitù attiva a carico del fondo di un terzo, la quale non risulti effettivamente costituita, non sussiste un titolo idoneo per l'usucapione decennale prevista dall'art. 1159 c.c.

Cass. civ. n. 20068/2018

In tema di usucapione speciale prevista dall'art. 1159 bis c.c., il decreto di riconoscimento della proprietà rurale di cui alla legge n.346 del 1976 non ha valore di sentenza e, quindi, non è idoneo a passare in cosa giudicata, conferendo solo una presunzione di appartenenza del bene a favore del beneficiario del provvedimento fino a quando, a seguito dell'opposizione di cui all'art. 3 della citata legge o di un autonomo giudizio, non vi sia stata una pronuncia di accertamento della proprietà; ne consegue che l'eventuale estinzione del giudizio di opposizione determina la caducazione e non la consolidazione del decreto che sia stato emesso.

Cass. civ. n. 11141/2018

Non è configurabile l'usucapione decennale, ai sensi dell'art. 1159 c.c., in favore di colui che abbia acquistato un'area di parcheggio vincolata al diritto d'uso riservato "ex lege" ai proprietari delle unità immobiliari comprese nei fabbricati di nuova costruzione, trattandosi di atto nullo per contrarietà a norme imperative e, perciò, di titolo inidoneo a trasferire la proprietà, a prescindere dalla sua trascrizione.

Cass. civ. n. 24170/2013

L'acquisto della servitù apparente per usucapione decennale presuppone la sussistenza di un atto a titolo particolare astrattamente idoneo ad attuare il "trasferimento" del diritto che si assume usucapito, e tale atto deve consistere in un titolo col quale il soggetto, che si qualifichi - senza esserlo - proprietario del "fondo servente", abbia costituito una servitù in favore del "fondo dominante", il cui titolare vanti, poi, l'acquisto della servitù per usucapione.

Cass. civ. n. 14440/2013

Non è configurabile l'usucapione decennale in favore di chi abbia acquistato un immobile dall'effettivo proprietario, ma in forza di titolo la cui nota di trascrizione rechi inesattezze, tali da indurre incertezza sulla persona del dante causa, idonea ad escludere la validità della trascrizione stessa, trattandosi, agli effetti dell'art. 1159 cod. civ., di titolo non "debitamente trascritto".

Cass. civ. n. 12996/2013

Non è configurabile l'usucapione decennale, ai sensi dell'art. 1159 cod. civ., in favore di colui che abbia acquistato un'area di parcheggio vincolata al diritto d'uso riservato "ex lege" ai proprietari delle unità immobiliari comprese nei fabbricati di nuova costruzione, trattandosi di atto nullo per contrarietà a norme imperative e, perciò, di titolo inidoneo a trasferire la proprietà, a prescindere dalla sua trascrizione.

Cass. civ. n. 11312/2012

In tema di usucapione speciale per la piccola proprietà rurale, l'art. 1159 bis c.c. richiede, che il fondo rustico ricada in un comune classificato montano, non che esso ricada nella zona montana del comune classificato montano. Ne consegue che, qualora il comune presenti le caratteristiche altimetriche previste dalla legge per essere classificato montano (almeno l'80 per cento della superficie al di sopra dei 600 metri di altitudine sul livello del mare o dislivello tra la quota altimetrica inferiore e quella superiore del territorio comunale non minore di 600 metri), il fondo incluso nel territorio comunale può essere usucapito ai sensi dell'art. 1159 bis c.c., ancorché si trovi nel livello inferiore del territorio medesimo.

Cass. civ. n. 4851/2012

L'usucapione abbreviata, di cui all'art. 1159 c.c., non è configurabile in relazione all'acquisto posto in essere da un "falsus procurator" del proprietario, non integrando l'atto compiuto in nome altrui da persona sprovvista di poteri rappresentativi un titolo idoneo a trasferire la proprietà, quanto, piuttosto, un atto negoziale inefficace, né potendo, in tal caso, sussistere il requisito della buona fede dell'acquirente, intesa come ignoranza dell'alienità del bene.

Cass. civ. n. 4063/2012

In tema di usucapione decennale di beni immobili, la buona fede di chi ne acquista la proprietà in forza di titolo astrattamente idoneo è esclusa soltanto quando sia in concreto accertato che l'ignoranza di ledere l'altrui diritto dipenda da colpa grave, ai sensi dell'art. 1147, secondo comma, c.c.. Non può, allora, affermarsi che versi in colpa grave colui il quale, rivoltosi a un notaio per la redazione di un atto traslativo, senza averlo esonerato dal compiere le visure catastali ed ipotecarie, addivenga all'acquisto in considerazione delle garanzie di titolarità del bene e di libertà dello stesso fornite dall'alienante, o apparente tale, e nella ragionevole presunzione che l'ufficiale rogante abbia compiuto le opportune verifiche. (Nella specie, in applicazione dell'enunciato principio, la S.C. ha cassato la sentenza di merito, per aver del tutto omesso di prendere in esame la tesi dell'attore, il quale aveva sostenuto che la propria buona fede al momento dell'acquisto dovesse essere desunta dalla circostanza che egli aveva incaricato del rogito un notaio "tra i più autorevoli della zona", sicché non avrebbe avuto ragione di dubitare circa il diligente compimento delle visure, dalle quali sarebbe risultata l'esistenza della trascrizione di una domanda giudiziale di trasferimento in proprietà del bene in questione, ai sensi dell'art. 2932 c.c., proposta da un terzo nei confronti del dante causa).

Cass. civ. n. 21227/2010

Ai fini dell'usucapione decennale di cui all'art. 1159 c.c. per il caso di acquisto "a non domino", il requisito dell'esistenza di un titolo che sia idoneo a far acquistare il diritto trasferendo, va inteso nel senso che il titolo deve essere idoneo in astratto e non in concreto a determinare il trasferimento del diritto reale, ossia tale che l'acquisto si sarebbe senz'altro verificato se l'alienante ne fosse stato titolare.

Cass. civ. n. 8778/2010

Per l'applicazione dell'usucapione speciale di cui all'art. 1159-bis cod. civ. - introdotta dalla legge n. 346 del 1976 con la finalità di incoraggiare lo sviluppo e salvaguardare il lavoro agricolo - non è sufficiente che il fondo sia iscritto nel catasto rustico, ma è necessario che esso, quanto meno all'atto dell'inizio della "possessio ad usucapionem", sia destinato in concreto all'attività agraria, atteso che tale usucapione può avere ad oggetto soltanto un fondo rustico inteso come entità agricola ben individuata ed organizzata, che sia destinata ed ordinata a una propria vicenda produttiva. Ne consegue che l'art. 1159-bis cod. civ. non è applicabile, né in via analogica, trattandosi di norma eccezionale rispetto a quella di cui all'art. 1158 cod. civ., né in base ad un'interpretazione estensiva, tenuto conto delle finalità perseguite dal legislatore, qualora il possesso protratto venga dedotto ai fini dell'acquisizione di limitate superfici, ancorché facenti parti di maggiori fondi coltivati o coltivabili siti in zone montane, che non siano di per sé idonee a costituire un'autonoma unità produttiva.

Cass. civ. n. 6238/2010

L'usucapione abbreviata, per i suoi peculiari requisiti rispetto all'usucapione ordinaria, deve essere specificamente invocata e la sua deduzione non può considerarsi compresa in quella concernente l'usucapione ordinaria, sicché non può essere invocata per la prima volta nel giudizio di cassazione.

Cass. civ. n. 18136/2007

Anche con riguardo all'usucapione speciale di cui alla legge n. 346/1976 la prova del possesso, per tutto il quindicennio richiesto dalla legge, deve essere fornita dalla parte che chiede il riconoscimento, in suo favore, della fattispecie acquisitiva, anche se in via di eccezione riconvenzionale. A tal fine non può ritenersi sufficiente la prova del possesso intermedio, in mancanza di riscontri idonei a dimostrare la retroazione della signoria di fatto sul fondo fin dal momento inizialmente necessario per l'acquisto della proprietà ad usucapionem. (Nel caso di specie la Corte ha cassato la pronuncia di merito, secondo la quale, il riconoscimento tacito del possesso intermedio a favore di chi invocava l'intervenuta usucapione doveva ritenersi idoneo a provare per presunzioni anche il possesso anteriore, in contrasto con la norma contenuta nell'art. 1142 c.c. ai sensi della quale, è il possesso intermedio che può presumersi, se vi sia la prova di quello remoto, e non il contrario).

Cass. civ. n. 14414/2006

In base alle modifiche apportate alla legge n. 346 del 1976 dalla legge n. 97 del 1994 la disposizione di cui all'art. 1159 bis c.c. si applica anche ai fondi rustici con annessi fabbricati situati in territori non classificati montani, quando il loro reddito dominicale iscritto in catasto non supera complessivamente le lire trecentocinquantamila.

Cass. civ. n. 15252/2005

In tema di usucapione decennale di beni immobili, la buona fede di chi ne acquista la proprietà in forza di titolo astrattamente idoneo è esclusa soltanto quando sia in concreto accertato che l'ignoranza di ledere l'altrui diritto dipenda da colpa grave (art. 1147 c.c.); in linea generale, non può affermarsi che versi in colpa grave colui il quale, rivoltosi a un notaio per la redazione di un atto traslativo e non avendolo esonerato dal compiere le cosiddette visure catastali ed ipotecarie, addivenga all'acquisto in considerazione delle garanzie di titolarità del bene e di libertà dello stesso fornite dall'alienante, o apparente tale, e nella ragionevole presunzione che l'ufficiale rogante abbia compiuto le opportune verifiche, atteso che il notaio, pur fornendo una prestazione di mezzi e non di risultato, è tenuto a consentire la realizzazione dello scopo voluto dalle parti con la diligenza media, riferibile alla categoria professionale di appartenenza, curando le adeguate operazioni preparatorie affatto da compiere, senza ridurre la sua opera alla passiva registrazione delle altrui dichiarazioni. (Nella specie, è stata cassata la sentenza impugnata che, senza compiere alcuna specifica indagine in ordine alla colpa in concreto ascrivibile, aveva escluso la buona fede di coloro i quali avevano posseduto per oltre dieci anni l'immobile acquistato con atto regolarmente trascritto, sulla astratta considerazione che i predetti avrebbero potuto verificare attraverso le visure dei registri immobiliari l'esistenza — al momento del loro acquisto — della trascrizione della domanda giudiziale di accertamento del trasferimento della proprietà del medesimo bene a favore di terzi, che l'avevano in precedenza comprato dallo stesso dante causa in forza di atto non trascritto).

Cass. civ. n. 12898/2003

L'acquisto della servitù apparente per usucapione decennale presuppone la sussistenza di un atto a titolo particolare astrattamente idoneo ad attuare il «trasferimento» del diritto che si assume usucapito, e tale atto deve consistere in un titolo col quale il soggetto, il quale si qualifichi — senza esserlo — proprietario del «fondo servente», abbia costituito una servitù in favore del «fondo dominante» il cui titolare ne vanti, poi, l'acquisto per usucapione.

Cass. civ. n. 8056/2001

Colui che abbia acquistato la proprietà ed il possesso di un bene da chi ne abbia spogliato il legittimo proprietario/possessore, pur potendo invocare la propria buona fede per estraneità allo spoglio ove sia convenuto in reintegrazione dallo spogliato successivamente all'avvenuto suo acquisto, non può invocare tale proprio stato soggettivo se, essendo già in corso il processo di reintegrazione, questo prosegua nei confronti del suo dante causa, a norma dell'art. 111 c.p.c., poiché in tale ipotesi la pronuncia contro la parte originaria, quale sostituto processuale, fa stato tanto nei confronti di questa, quanto nei confronti del successore a titolo particolare. (Nell'affermare il principio di diritto che precede, la S.C. ha ulteriormente precisato che, in caso contrario, il proprietario spogliato, che abbia ottenuto una sentenza favorevole, sarebbe esposto al rischio di restare privo della tutela esecutiva in conseguenza di maliziose manovre dello spoliante nei cui confronti sia intervenuta la sentenza di condanna).

Cass. civ. n. 1596/2001

La donazione di beni altrui non può essere ricompresa nella donazione di beni futuri, nulla ex art. 771 c.c., ma è semplicemente inefficace e, tuttavia, idonea ai fini dell'usucapione abbreviata ex art. 1159 c.c., in quanto il requisito, richiesto dalla predetta disposizione codicistica, della esistenza di un titolo che sia idoneo a far acquistare la proprietà o altro diritto reale di godimento, che sia stato debitamente trascritto, va intesa nel senso che il titolo, tenuto conto della sostanza e della forma del negozio, deve essere idoneo in astratto, e non in concreto, a determinare il trasferimento del diritto reale, ossia tale che l'acquisto del diritto si sarebbe senz'altro verificato se l'alienante ne fosse stato titolare.

Cass. civ. n. 867/2000

La disciplina dettata dell'art. 1159 bis c.c. relativa all'usucapione speciale per la piccola proprietà rurale è applicabile soltanto per l'acquisto a titolo originario del diritto di proprietà, non contemplando la norma in questione la servitù o altri diritti reali.

Cass. civ. n. 1374/1997

Quando l'alienante dichiari nell'atto di trasferimento di un immobile che a favore del bene ceduto esiste una servitù attiva (nella specie, una servitù di passaggio) a carico del fondo di un terzo, la quale non risulti effettivamente costituita, non sussiste un titolo idoneo per l'usucapione decennale prevista dall'art. 1159 c.c., poiché tale titolo richiede, riguardo ad una servitù (che in occasione del trasferimento del fondo dominante si trasferisce all'acquirente non perché il venditore lo abbia voluto e dichiarato, ma per l'inerenza della servitù al fondo), la partecipazione, oltre che del proprietario del fondo a cui vantaggio opererebbe la servitù, anche dell'apparente proprietario del fondo servente, nei cui confronti deve operare la trascrizione prevista dallo stesso art. 1159.

Cass. civ. n. 8441/1995

La trascrizione non costituisce un elemento integrante della fattispecie negoziale, ma attua solo una pubblicità (di regola) dichiarativa, per cui essa non ha efficacia sanante dei vizi dell'atto, ma può solo costituire un elemento della fattispecie legale dell'acquisto per usucapione abbreviata, ai sensi degli artt. 1159 e 1159 bis c.c. Ne deriva che non pub essere invocata come titolo la nota di trascrizione redatta, per errore di compilazione del notaio rogante, a favore di persona diversa dall'effettivo acquirente che aveva stipulato l'atto pubblico di acquisto.

Cass. civ. n. 10690/1993

L'usucapione speciale disciplinata dall'art. 1159 bis c.c. ha ad oggetto tutti i fondi rustici, ancorché privi di annessi fabbricati — e non già soltanto quelli sui quali insistano manufatti del genere — ed è insensibile, una volta decorso il lasso di tempo per essa necessario, a mutamenti di destinazione (da agricola ad edilizia) del terreno, successivi a tale decorso, anche se anteriori alla dichiarazione giudiziale dell'intervenuta usucapione.

Cass. civ. n. 5071/1993

Con riguardo all'usucapione decennale, che presuppone l'acquisto in buona fede di un immobile a non domino e postula l'identità tra zona alienata e zona posseduta, nonché la trascrizione del titolo, il quale deve specificamente riguardare l'immobile che si è inteso con esso trasferire e del quale si sostiene l'acquisto per decorso del decennio, il titolo stesso è elemento autonomo ed essenziale, nel senso che deve indicare con esattezza l'immobile ed il diritto immobiliare trasmesso, poiché la perfetta ed assoluta identità fra l'immobile posseduto e quello acquistato in buona fede a non domino, va accertata in base ad una distinta valutazione del titolo di acquisto e del possesso, rimanendo preclusa la possibilità di integrare le risultanze dell'uno con quelle dell'altro.

Cass. civ. n. 4059/1990

Anche con riguardo alla usucapione speciale per la piccola proprietà rurale, di cui alla L. 10 maggio 1976, n. 346, la prova del possesso idoneo all'usucapione; sia per quanto concerne l'elemento materiale sia per quanto attiene all'elemento subiettivo dell'animus, deve essere fornita dalla parte che chiede il riconoscimento, in suo favore, della dedotta fattispecie acquisitiva.

Cass. civ. n. 4215/1987

In ipotesi di acquisto a non domino, la circostanza che il titolo contenga elementi idonei per consentire, con la normale diligenza, di escludere o comunque dubitare della titolarità in capo all'alienante del diritto trasferito può essere ostativa all'usucapione decennale, ai sensi dell'art. 1159 c.c., ove evidenzi il difetto di buona fede del compratore.

Cass. civ. n. 6544/1985

Ai fini dell'usucapione abbreviata a norma dell'art. 1159 c.c. non costituisce titolo astrattamente idoneo al trasferimento la donazione di un bene altrui, attesa l'invalidità a norma dell'art. 771 c.c. di tale negozio.

Cass. civ. n. 3362/1985

Per aversi l'usucapione abbreviata ex art. 1159 c.c. occorre la perfetta corrispondenza tra il contenuto del titolo, astrattamente idoneo al trasferimento del diritto reale, ma proveniente a non domino, e l'oggetto del possesso. (Nella specie la C.S. ha riformato la sentenza del giudice del merito che aveva ritenuto che costituisse titolo idoneo, in relazione all'usucapione del diritto di superficie e della comproprietà dei muri perimetrali, una sentenza che — senza specificare in ordine a tali diritti reali — aggiudicava ex art. 699 c.p.c. abr. il diritto di proprietà del bene gravato all'esito di una procedura espropriativa).

Cass. civ. n. 3466/1982

Titolo idoneo al trasferimento della proprietà, al fine dell'usucapione decennale prevista dall'art. 1159 c.c., è l'atto annullabile, in quanto operante fino a quando non venga annullato, ma non l'atto nullo (nella specie, donazione rogata senza la presenza di testimoni), perché il vizio di nullità, rilevabile da chiunque vi abbia interesse, investe la giuridica esistenza dell'atto medesimo.

Cass. civ. n. 1813/1982

L'usucapione abbreviata è ammissibile solo se il titolo, inefficace per difetto di potere di disposizione dell'alienante, presenta, in astratto, i requisiti necessari e sufficienti al trasferimento del diritto reale sull'immobile e sull'universalità di mobili; detta usucapione non è configurabile, pertanto, nel caso di acquisto dal falsus procurator, in cui l'alienante pone in essere soltanto un frammento della fattispecie complessa, compiutamente realizzabile solo con la ratifica del dominus.

Cass. civ. n. 680/1982

L'usucapione decennale della proprietà di un immobile, regolata dall'art. 1159 c.c., ha, quali suoi necessari presupposti, sia l'acquisto in buona fede dell'immobile a non domino, sia l'identità tra il bene posseduto e quello oggetto del titolo, che deve riguardare specificamente l'immobile che si è inteso trasferire e del quale si sostiene l'acquisto per decorso del decennio.

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Edoardo P. chiede
domenica 06/10/2024
“Dovrei procedere ad una compravendita immobiliare presso notaio dove io sono l'acquirente e il venditore non è il proprietario del bene ma procede alla vendita avendo goduto del fondo con un possesso pubblico pacifico continuo e non interrotto da oltre trenta anni, il tutto con rispettiva documentazione.
Purtroppo sul terreno in questione è presente un ipoteca dell'agenzia delle entrate, iscritta soli due mesi fa, relativa a un debito del reale proprietario.
Procedendo con questa tipologia di atto per usucapione posso comunque procedere alla compravendita senza prendermi a carico l'ipoteca? Se dovessi procedere alla compravendita l'ipoteca verrà automaticamente cancellata non essendoci più i presupposti in quanto il terreno é stato utilizzato ininterrottamente da un altra persona da esattamente 37 anni?”
Consulenza legale i 10/10/2024
L’art. 1158 del c.c., norma con cui si apre la disciplina dettata dal codice civile in materia di usucapione, prevede in via generale che la proprietà di beni immobili e gli altri diritti reali di godimento sui beni medesimi si acquistino in virtù del possesso continuativo per venti anni.
Ora, tralasciando di soffermarsi su quelli che sono i requisiti tipici dell’usucapione, occorre qui prendere in esame quelle che sono le modalità per mezzo delle quali è consentito accertare l’intervenuta usucapione.

Fino all’anno 2013 l’ordinamento italiano prevedeva che solo un Tribunale potesse accertare l’usucapione; tuttavia, il Decreto del fare (DL 69/2013 convertito in L 98/2013) ha modificato l’art. 2643 del c.c., introducendo al comma 12 bis la possibilità di accertare l’usucapione di un bene a mezzo di una procedura di mediazione civile.
L’art. 5 del D.lgs. 28 del 2010 prevede che le parti tentino la mediazione prima di ricorrere al giudice per accertare l’usucapione, proprio per evitare che queste cause ingolfino i tribunali e durino troppo tempo.
Spesso, però, tale forma di accertamento dell’usucapione può tradursi in un percorso lungo, pieno di ostacoli e anche molto costoso, soprattutto nei casi in cui si ha difficoltà a reperire i reali proprietari dell’immobile che si intende usucapire; per tale ragione il possessore del bene usucapito preferisce limitarsi ad occupare il bene e servirsene, pensando che tanto non verrà mai nessuno a rivendicarlo.

Il problema, però, sorge nel momento in cui il medesimo possessore decida di vendere il bene usucapito, in quanto, non disponendo di un titolo di proprietà (conseguibile soltanto per effetto di una sentenza o dell’accordo di mediazione), non gli resta altra soluzione che quella di avvalersi della c.d. “vendita per antico possesso”, un tempo molto utilizzata negli studi notarili ed oggi, per la verità, un po’ in disuso.
La vendita per possesso è il trasferimento della proprietà di un bene immobile a un terzo da parte di chi non risulta reale intestatario del bene immobile nei pubblici registri, ma che dichiari dinanzi a un notaio, sotto la propria responsabilità, di esserne il reale proprietario per aver esercitato sul bene il possesso ad usucapionem richiesto dalla legge.

La legittimità di questo atto è regolamentata, anche se indirettamente, dall’art. 1159 c.c. (Vendita di cosa altrui) che disciplina l’usucapione breve o decennale.
In particolare, quest’ultima fattispecie giuridica si riferisce proprio all’ipotesi in cui vi sia un titolo capace di trasferire un immobile con la regolare trascrizione e, considerato che possono essere trascritti solo gli atti pubblici e le scritture private autenticate (oltre ovviamente alle sentenze e alle domande giudiziali), sembra evidente che il testo di tale norma faccia riferimento all’atto notarile per mezzo del quale viene trasferita la proprietà da parte di colui che non è proprietario.

Tuttavia, poiché la titolarità del bene immobile viene dal notaio trascritta e volturata al nuovo proprietario al momento della stipula dell’atto pubblico di vendita per antico possesso, è soltanto da tale momento che può avere effetto universale ed erga omnes e che i terzi potranno considerarsi obbligati ad ammettere la proprietà del nuovo intestatario ancorchè l’abbiano ricevuta da un alienante non intestatario.
Ciò comporta che, non essendo stato l’acquisto da parte del venditore-possessore cristallizzato in una anteriore pronuncia di accertamento o in un anteriore accordo di mediazione, l’acquirente non soltanto potrà subire l’azione rivendicatoria da parte dell’intestatario del bene, ma dovrà anche rispettare eventuali diritti di garanzia iscritti su quel medesimo bene prima della trascrizione del suo acquisto (quale, nel caso di specie, l’ipoteca iscritta di recente da parte dell’Agenzia delle entrate).

Proprio per tale ragione, il notaio che riceve un atto di questo tipo ha non soltanto l’obbligo di raccogliere le dichiarazioni dell’alienate, ma anche quello di avvertire l’acquirente dei rischi che tale atto comporta, invitando il medesimo acquirente a dichiarare di comprendere tali rischi e di voler esonerare comunque il notaio rogante da ogni responsabilità.

Diversa, invece, è la situazione nel caso in cui il possessore venditore si munisca di un titolo per alienare, titolo che, come si è detto prima, può essere costituito da una sentenza o da un accordo di mediazione.
In questo caso, infatti, la sentenza che accerta l’usucapione ha natura dichiarativa e l’usucapione si intende compiuta all’esito del possesso ventennale, con la conseguenza che, esplicando efficacia retroattiva, comporta l’estinzione delle iscrizioni e trascrizioni risultanti dai registri immobiliari a nome del proprietario.
Tuttavia, occorre precisare che, in considerazione proprio della estinzione delle iscrizioni pregiudizievoli, i creditori ipotecari, titolari di diritto reale di garanzia sull’immobile oggetto della domanda di usucapione, devono considerarsi litisconsorti necessari nel relativo giudizio e, pertanto, dovranno essere chiamati nel relativo giudizio.

In tal senso si sono pronunciate Cass. n. 18185 del 26.06.2023 e ancor prima Cass. sent. n. 29325 del 13.11.2019, così massimata:
“Il creditore garantito da ipoteca iscritta nei registri immobiliari anteriormente alla trascrizione della domanda giudiziale di usucapione del medesimo immobile è litisconsorte necessario nel giudizio di usucapione, con la conseguenza che la sentenza pronunciata all’esito di un giudizio al quale non sia stato posto nelle condizioni di partecipare è a lui inopponibile e potrà, semmai, essere prudentemente apprezzata quale mero elemento di prova dal giudice dell’opposizione di terzo ex art. 619 c.p.c., promossa dall’usucapiente avverso l’espropriazione immobiliare del bene usucapito”.


V. P. chiede
giovedì 26/09/2024
“Buongiorno,<br />
Avrei bisogno di un vostro parere tecnico su una questione di usucapione.<br />
Casa di mia madre ha un piccolo giardino che ci siamo accorti non essere accatastato ne risulta dalla planimetria.<br />
<br />
Ci siamo rivolti ad un geometra che ci propone di risolvere la situazione in due modi possibili:<br />
<br />
1) Accatastando il terreno al condominio e poi fare usucapione<br />
2) Accatastando direttamente a mia madre il terreno ma non avendone titolo si dovranno aspettare 10 anni<br />
<br />
Allego i documenti di entrambe le proposte.<br />
<br />
Vorrei un vostro consulto legale specializzato sulle proposte ricevute e sapere come procedere per essere certi si raggiunga il risultato desiderato con eventuali pro e contro.<br />
<br />
Grazie anticipatamente<br />
Consulenza legale i 30/09/2024
L’ usucapione è un mezzo di acquisto originario della proprietà (o di altro diritto reale su cosa altrui), che si concretizza nel momento in cui un soggetto possiede il bene in maniera pacifica ed ininterrotta per un determinato periodo di tempo (solitamente venti anni ex art. 1158 del c.c.). Quando si acquista la proprietà di un bene per mezzo di tale istituto, solitamente non si ha un titolo, banalizzando un pezzo di carta, che attesta che colui che usucapisce è divenuto proprietario di quel determinato cespite. Il motivo di tutto questo è facilmente spiegabile: l’usucapione è la conseguenza di una determinata situazione di fatto che si protrae per un tempo prestabilito dalla legge (il possesso del bene), e questa è una circostanza che semplicemente avviene con il passare del tempo e non può essere cristallizzata in un determinato atto giuridico, come un rogito notarile. Per tale motivo, spesso sorge l’esigenza per il proprietario di avere un documento che certifichi il suo acquisto per usucapione: l’unico modo però per realizzare tale obbiettivo è quello di promuovere una causa nei confronti di coloro che risulterebbero in teoria formalmente proprietari del bene per far accertare l’intervenuta usucapione contro di loro e ovviamente a favore di parte attrice. Se il contenzioso avrà l’esito sperato da chi lo promuove, si avrà finalmente un titolo, e nello specifico una sentenza, che accerterà l’acquisto per usucapione: il titolo potrà poi essere utilizzato per procedere alle necessarie trascrizioni e volturazioni nei registri immobiliari e al catasto.

Oggi la procedura per giungere a quanto appena descritto è stata in parte snellita, poiché parte attrice, prima di promuovere una causa di usucapione, dovrà instaurare obbligatoriamente una procedura di mediazione ex. D.Lgs. n.28/10. Se vi è un sostanziale accordo tra le parti in causa, cosa che capita molto più frequentemente di quanto si pensi, all’ interno della mediazione si potrà ottenere un verbale di mediazione, autenticato nelle firme da un notaio, che in sostituzione della sentenza, certificherà l’acquisto per usucapione con notevole risparmio di tempo.

Nel caso specifico il geometra non ha fatto altro che prospettare al suo cliente un percorso simile a quello descritto che ovviamente dovrà essere affrontato necessariamente con l’assistenza di un legale.
Uno dei problemi di questo tipo di contenziosi è quello di individuare le controparti, ovvero coloro che risultano formalmente proprietari del bene usucapito e nei cui confronti è necessario promuovere la causa per usucapione. Nel caso specifico si fa riferimento ad un condominio, il quale ovviamente, a sua volta, è composto da condomini che giocoforza devono risultare comproprietari del bene che si intende usucapire. Se la situazione fosse effettivamente questa, sarebbe sicuramente consigliabile procedere subito a promuovere nei confronti di ogni singolo condomino una causa tesa ad accertare nei loro confronti l’acquisto per usucapione del giardino. Se poi i componenti di questo fantomatico condominio non nutrono particolari mire nei confronti del giardino, e quindi non avranno alcun interesse a difendersi nel processo che si promuoverà nei loro confronti, si potrà raggiungere con loro un facile accordo in sede di mediazione.

La seconda ipotesi prospettata fa riferimento ad un caso piuttosto particolare, ovvero l’usucapione decennale prevista dall’art. 1159 del c.c. Secondo tale norma, colui che acquista in buona fede da chi non è proprietario un immobile, in forza di un titolo che sia idoneo a trasferire la proprietà e che sia stato debitamente trascritto, ne compie l'usucapione in suo favore col decorso di dieci anni dalla data della trascrizione. A parere di chi scrive l’applicazione dell’art. 1159 del c.c. al caso prospettato è piuttosto difficile. Si dovrebbe presupporre infatti che la madre dell’autore del quesito, che certamente non può vantare la proprietà del giardino per giusti e legittimi titoli, ceda con un rogito notarile al figlio il cespite: dalla data della cessione o, meglio, dalla sua trascrizione, decorrerebbero poi i dieci anni necessari per usucapire. Per raggiungere tale obbiettivo vi è però un problema pratico insormontabile: non esiste un notaio degno di questo nome che accetterà di rogare un rogito del genere posto che colei che dovrebbe cedere, ovvero la madre, non ha i titoli che giustificano la proprietà e quindi giuridicamente non ha nulla da cedere.


F. D. chiede
martedì 27/09/2022 - Campania
“Nel corso di una causa di divisione di un fabbricato tra due fratelli DF e DA figli unici, DA ha proceduto di sua iniziativa al frazionamento e alla trascrizione alla Conservatoria RR.II. a suo nome dell’intero immobile nel DIC 2017.
Purtroppo la richiesta di divisione e attribuzione della metà dell’immobile iniziata da DF è stata rigettata per la mancanza del titolo di proprietà della de cuius e DF intende ripeterla oppure chiedere la PETIZIONE DI EREDITA’ ART 533 cc imprescrivibile .
Da informazioni ricevute sembra che dopo cinque anni dalla trascrizione senza opposizione, l’immobile diventi di proprietà di DA.
QUESITO
L’eventuale esito favorevole successivo dell’azione giudiziaria di DF può modificare la proprietà acquisita da DA con la trascrizione precedente ?
Esiste un termine per iniziare l’azione giudiziaria ?
Con riserva di ulteriori informazioni, porge distinti ossequi.”
Consulenza legale i 05/10/2022
Le questioni che vengono poste con il quesito in esame nascono da una situazione ben più complessa, di cui questa Redazione si è in precedenza occupata.
Ad una prima lettura di quanto qui viene riferito ci si potrebbe porre il dubbio di come DA sia riuscito non tanto a frazionare, quanto piuttosto ad effettuare una regolare trascrizione presso la competente conservatoria dei RR.II., senza che tale trascrizione trovi fondamento su un valido titolo giuridico.
Ripercorrendo, invece, le consulenze già rese sulla medesima problematica, si può giungere alla conclusione che in realtà quella trascrizione trovi il suo fondamento nel testamento in virtù del quale quell’unico bene è pervenuto indiviso nel patrimonio di DA e DF.

Ciò di cui adesso ci si deve preoccupare, dunque, è che DA possa avere intenzione di avvalersi del disposto di cui all’art. 1159 c.c., norma che disciplina quella particolare forma di acquisto della proprietà a titolo originario che si definisce usucapione speciale o abbreviata.
Secondo quanto previsto dalla norma citata, infatti, è possibile conseguire il diritto di proprietà o altro diritto reale su un determinato bene immobile soltanto con il decorso di dieci anni, allorchè sussista un titolo idoneo al trasferimento della proprietà ed il medesimo titolo sia stato debitamente trascritto presso la competente Conservatoria dei Registri immobiliari.
Nel caso di specie, stando a quanto riferito nel corso delle precedenti consulenze ed ai documenti già fatti pervenire a questa Redazione, il titolo astrattamente idoneo al trasferimento della proprietà deve individuarsi nel testamento della madre di DA e DF, testamento che ha già formato oggetto di accurato esame da parte dell’autorità giudiziaria, la quale è giunta alla conclusione che la volontà con la quale la testatrice ha disposto della particella 135 (quella in contestazione, successivamente frazionata) deve configurarsi come disposizione a titolo particolare, come tale immediatamente produttiva di effetti ex art. 649 del c.c..

Anche sotto il profilo dell’ulteriore requisito richiesto dall’art. 1159 c.c. per il maturarsi dell’usucapione abbreviata, ossia quello soggettivo della buona fede, si ritiene che lo stesso possa ritenersi sussistente in capo a DA, tenuto conto che, secondo un costante orientamento giurisprudenziale, la buona fede può dirsi insussistente soltanto nel caso in cui colui che intende usucapire incorra in colpa grave.
In tal senso si riporta quanto affermato dalla Corte di Cassazione, Sez. VI civ., con sentenza n. 4063 del 14 marzo 2012, nella quale tra l’altro si legge:
In tema di usucapione decennale di beni immobili, la buona fede di chi ne acquista la proprietà in forza di titolo astrattamente idoneo è esclusa soltanto quando sia in concreto accertato che l'ignoranza di ledere l'altrui diritto dipenda da colpa grave, ai sensi dell'art. 1147, secondo comma, c.c.. Non può, allora, affermarsi che versi in colpa grave colui il quale, rivoltosi a un notaio per la redazione di un atto traslativo, senza averlo esonerato dal compiere le visure catastali ed ipotecarie, addivenga all'acquisto in considerazione delle garanzie di titolarità del bene e di libertà dello stesso fornite dall'alienante, o apparente tale, e nella ragionevole presunzione che l'ufficiale rogante abbia compiuto le opportune verifiche”.

Anche sotto il profilo della validità del titolo sulla base del quale è stata effettuata la trascrizione non sembra possano sollevarsi eccezioni, considerato che lo stesso art. 1159 c.c. richiede che quel titolo sia solo in astratto idoneo al trasferimento della proprietà.
In tal senso si richiama altra pronuncia sempre della Corte di Cassazione, Sez. II civ., sentenza n. 21227 del 14 ottobre 2010, nella quale si legge quanto segue:
Ai fini dell'usucapione decennale di cui all'art. 1159 c.c. per il caso di acquisto "a non domino", il requisito dell'esistenza di un titolo che sia idoneo a far acquistare il diritto trasferendo, va inteso nel senso che il titolo deve essere idoneo in astratto e non in concreto a determinare il trasferimento del diritto reale, ossia tale che l'acquisto si sarebbe senz'altro verificato se l'alienante ne fosse stato titolare”.

Stando a quanto fin qui detto, dunque, sembra che DA si trovi proprio nelle condizioni di poter in ogni caso opporre, tra qualche anno, l’avvenuto acquisto per usucapione della proprietà dell’immobile oggetto di contestazione.
Tra l’altro, di tale facoltà se ne può anche avvalere in sede di instaurazione di un eventuale successivo giudizio di divisione, facendo valere quanto disposto dall’art. 714 del c.c., così come in sede di esercizio da parte di DF dell’azione di petizione di eredità, relativamente alla quale il secondo comma dell’art. 533 c.c. ne riconosce l’imprescrittibilità, ma fa anche qui salvi gli effetti dell’usucapione rispetto ai singoli beni.

Per ovviare a tale situazione ed impedire che DA possa opporre a DF l’intervenuta usucapione del bene (per la quale, si precisa, non può essere sufficiente un periodo di tempo di cinque anni, ma di almeno dieci anni), ciò che si consiglia non è tanto di intraprendere un nuovo giudizio di divisione (il cui esito negativo sembra possa ritenersi certo), quanto piuttosto di avvalersi, come si è pensato, dell’azione di petizione di eredità ovvero dell’azione di rivendicazione di quel singolo bene, disciplinata dall’art. 948 del c.c. ed anch’essa imprescrittibile, come previsto dall’ultimo comma della medesima norma (che, tuttavia, fa sempre salvi gli effetti dell’acquisto della proprietà da parte di altri per usucapione).
Del resto, si tenga presente che in situazioni quale quella che qui viene descritta, i confini tra le due azioni sono davvero molto sottili, come risulta da un esame della giurisprudenza sia di merito che di legittimità.
Infatti, secondo la Cassazione, qualora il convenuto in petizione non contesti la qualità di erede dell'attore, ma si limiti a negare l'appartenenza del bene all'asse ereditario, l'azione di petizione ereditaria non si trasforma in azione di rivendicazione, ma l'attore, esentato dalla prova della propria qualità di erede, dovrà provare esclusivamente l'appartenenza del bene all'asse ereditario al momento dell'apertura della successione (così Cass. n. 5304/1984).
In senso contrario, la giurisprudenza di merito ha affermato che in tale caso sia esperibile solo l’azione di rivendicazione (così Appello di Genova sentenza 22.01.2021).

Qualunque delle due azioni si deciderà di proporre, dal momento della loro notifica e necessaria trascrizione si intenderanno interrotti nei confronti di DA i termini per l’usucapione, con la conseguenza che l’eventuale pronuncia in favore di DF sarà in grado di esplicare piena efficacia ai fini del riconoscimento della proprietà in capo allo stesso.

Sergio Z. chiede
mercoledì 08/02/2017 - Veneto
“Io e i miei fratelli abbiamo comprato una quota di un terreno pro indiviso il 2 agosto 1996 e trascritto il 9 agosto 1996. Il venditore nell’atto precisava che vendeva la quota risultante in catasto intestata a “………(suo zio) da lui pubblicamente ed ininterrottamente posseduta da oltre il ventennio e si chiedeva, ai sensi della legge 17 agosto 1941 n. 1043 e 1 ottobre 1969 n. 679, cancellazione di detto nominativo dalla partita catastale”.
In una recente ispezione in conservatoria, trovo una compravendita del 18/06/ 2007 trascritta il 27/06/2007 della suddetta quota, dove una cugina del venditore, figlia dello zio, acquistava i diritti di spettanza da i suoi fratelli.
Questo contratto a distanza di oltre dieci anni è valido? Cosa devo fare? Come posso tutelarmi?

Ringrazio e porgo distinti saluti.
Sergio Z.”
Consulenza legale i 15/02/2017
Il caso che si esamina richiede di trattare della c.d.vendita per possesso, per tale intendendosi quella vendita per effetto della quale si realizza il trasferimento della proprietà di un bene immobile ad un terzo da parte di chi non risulta effettivo intestatario del bene immobile nei Pubblici Registri, ma che dichiara apertis verbis e sotto la propria responsabilità, di esserne il vero ed effettivo proprietario per aver esercitato sul bene il possesso ad usucapionem richiesto dalla legge.

In passato si è molto discusso della validità di tale negozio giuridico, in considerazione del fatto che il possesso, costituendo una semplice situazione di fatto e non un diritto, non potesse essere trasferito mediante un atto notarile.
In realtà l’errore di fondo sta nel fatto che si è creata confusione tra la “vendita del possesso” e la “vendita per possesso”.
Nel primo caso non può che aderirsi alla tesi restrittiva, secondo cui la sola situazione di fatto del possesso non può essere trasferita, mentre quello che a noi interessa non è il trasferimento del possesso, ma il trasferimento della piena proprietà dell’immobile acquistata per possesso, ovvero in virtù del possesso esercitato di fatto sul bene per il tempo e secondo le modalità richieste dalla legge per usucapire.

Anche la Corte di Cassazione con la sentenza n. 2485 del 5.02.2007, ammise esplicitamente il trasferimento di proprietà per possesso, negando perfino in quella occasione la responsabilità per negligenza professionale del notaio che abbia proceduto alla stipula di una vendita di terreni per i quali l’alienante assumeva solo di aver acquistato la proprietà per usucapione senza relativo accertamento giudiziale.

In favore della piena validità di tale forma di vendita, peraltro, si può argomentare anche dallo stesso dato normativo, e precisamente:
  1. dal fatto che il nostro ordinamento ammette addirittura la vendita di cosa altrui (da distinguersi dalla vendita di cosa qualificata come propria per antico possesso);
  2. nello stesso codice civile si ritrovano dei riferimenti normativi chiari e specifici, anche se indiretti, a tale tipo di vendita, e precisamente nell’art. 1159 c.c. che, in materia di usucapione breve o decennale, dispone che “colui che acquista in buona fede, da chi non è proprietario, un immobile in forza di un titolo idoneo a trasferire la proprietà e che sia stato debitamente trascritto, ne compie l’usucapione in suo favore col decorso di dieci anni dalla data della trascrizione.
Come si vede la norma parla espressamente di un titolo capace di trasferire un immobile e regolarmente trascritto, e potendo essere trascritti solo gli atti pubblici e le scritture private autenticate (oltre ovviamente alle sentenze di domande giudiziali) è chiaro che il testo di tale norma fa riferimento all’atto notarile mediante il quale viene trasferita la proprietà da parte di chi non è proprietario.

Ammessa la validità di tale forma di vendita, la principale conseguenza è che la titolarità del bene immobile viene dal notaio trascritta e volturata immediatamente al nuovo proprietario, scomparendo così dai registri il nominativo dell’intestatario che ha abbandonato a suo tempo il terreno.
Tale trascrizione e voltura hanno un effetto universale ed i terzi sono obbligati a riconoscere la proprietà del nuovo intestatario ancorché l’abbia ricevuto da un alienante non intestatario, ma con una sola eccezione.
L’eccezione è costituita dall’intestatario originario dell’immobile, il quale ha il diritto di contestare l’affermazione dell’alienante di aver usucapito il bene e riottenerne così a suo favore l’intestazione.


A questo punto, però, colui il quale ha effettuato l’acquisto per antico possesso si trova in posizione di vantaggio, in quanto viene di fatto ad “invertirsi” l’onere processuale; infatti, non è più chi ritiene di aver usucapito (ossia l’alienante originario) a dover agire in giudizio contro il proprietario effettivo, sopportandone i costi e le difficoltà burocratico-giudiziali, ma il proprietario precedentemente intestatario (ed in danno del quale il bene è stato usucapito) che ha l’onere di agire per far dichiarare dal giudice come non corrispondente alla realtà la dichiarazione che l’alienante, sotto la propria responsabilità, ha reso nell’atto pubblico notarile.

Questa finestra di incertezza potrebbe avere come conseguenza che, nella sfortunata ipotesi in cui l’antico intestatario insorga per reclamare la proprietà e ottenga la pronuncia in suo favore, l’alienante che ha dichiarato circostanze non vere venga chiamato a risarcire il danno nei confronti dell’acquirente.

Ovviamente comporta soprattutto il rischio, per l’acquirente, che venga meno il suo diritto, in quanto la proprietà acquistata con l’atto notarile di “vendita per possesso” gli può essere tolta dal vecchio proprietario intestatario, che dimostri come la dichiarazione dell’alienante non sia stata veritiera.

Questi rischi si ritiene però che non ricorrerano nel caso di specie.

Innanzitutto va detto che, considerato che la vendita del 2 agosto 1996 è stata regolarmente trascritta in data 9 agosto 1996, per il principio della continuità delle trascrizioni, la successiva vendita del 18/06/2007, trascritta il 27/06/2007, non può arrecare nessun pregiudizio all’acquirente della vendita per possesso.
Dispone l’art. 2650 c.c. che “Nei casi in cui, un atto di acquisto è soggetto a trascrizione, le successive trascrizioni o iscrizioni a carico dell’acquirente non producono effetto, se non è stato trascritto l’atto anteriore di acquisto”, trascrizione che in questo caso manca in quanto superata da quella del 9 agosto 1996.
A ciò si aggiunga, come detto prima, che per far invalidare la vendita per possesso è necessario che colui in danno del quale il bene è stato usucapito faccia ricorso all’autorità giudiziaria, e provi che la porprietà è rimasta in capo a lui, con tutti i disagi della inversione dell’onere della prova sopraccitati.

Infine, dato da non trascurare, qualora si venisse citati in giudizio per sentir dichiarare nulla la vendita del 2 agosto 1996, si potrebbe facilmente eccepire l’intervenuta usucapione decennale, sussistendo tutti i requisiti prescritti dall’art. 1159, ossia:
  • titolo astrattamente idoneo a trasferire la proprietà;
  • buona fede;
  • trascrizione dell’atto di acquisto e conseguente allineamento catastale ai sensi della legge citata nel quesito.

Alfio B. chiede
venerdì 01/05/2015 - Sicilia
“Gentilissimi, oltre 20 anni addietro mio padre (deceduto nel 1992) ed altri comproprietari vendettero un immobile. Per errore non fu inserita nell'atto di vendita un piccola particella (6 metri quadrati) che pur essendo naturalmente utilizzata dai nuovi proprietari rimane in catasto in capo a mio padre ed agli altri vecchi comproprietari.Non ho inserito detta particella in successione (ritengo che la mia quota di possesso non superi i 2 metri quadrati) Come fare per liberarmene formalmente?Posso considerarla di fatto usucapita e quindi non fare niente? vi ringrazio.”
Consulenza legale i 07/05/2015
La vicenda descritta nel quesito sembra configurare una pacifica ipotesi di usucapione della particella di 6 mq, che solo per errore non venne inserita nell'atto di compravendita di un compendio immobiliare. Difatti, sono trascorsi oltre vent'anni senza che i veri titolari del piccolo appezzamento lo abbiamo rivendicato o abbiamo comunque compiuto atti tali da interrompere l'usucapione in corso.

Colui che risulta catastalmente proprietario, se non ha motivo per rivendicare la titolarità della particella, può semplicemente disinteressarsene.
Naturalmente, però, risulta preferibile - più nell'interesse di chi ha usucapito, in realtà - adeguare la situazione catastale a quella reale, visto che un domani potrebbero sorgere problematiche per il titolare dell'immobile che voglia, ad esempio, rivendere il bene. Il venditore è ormai fatto salvo da qualsiasi azione di risarcimento del danno, poiché sembra ormai essersi prescritto ogni diritto in tal senso, dato il decorso del termine decennale ordinario.

E' possibile, quindi, che l'acquirente chieda l'accertamento giudiziale dell'usucapione sul bene: in tal caso, egli dovrà necessariamente convenire in giudizio tutti coloro che risultano formalmente proprietari della particella. Questi ben possono decidere di non costituirsi in giudizio, garantendo così all'usucapente l'accoglimento della sua domanda, con conseguente trascrizione e aggiornamento catastale. In questo caso, ogni spesa graverà sull'attore in giudizio.

Dal 2010, tuttavia, la materia dei diritti reali rientra tra quelle per le quali il legislatore ha previsto la mediazione obbligatoria (v. art. 5 del D.lgs. 28 del 2010). Pertanto, è possibile che il proprietario "formale" della particella si veda recapitare un invito alla mediazione. In questo caso, visti i costi assolutamente contenuti della procedura, è suggeribile parteciparvi, prestando il consenso ad una conciliazione. Il verbale positivo che verrà siglato, grazie alla modifica introdotta dal legislatore nell'art. 2643 c.c., consentirà al nuovo titolare in via originaria di chiedere validamente la trascrizione dell'accordo, senza dover "passare" dal tribunale.

Ovviamente, nulla vieta che le parti redigano direttamente tra loro un accordo, se l'acquirente abbia interesse a far risultare formalmente il proprio acquisto: anche in tal caso, questi dovrà assumere ogni onere connesso alla procedura di trascrizione e aggiornamento catastale, visto che venditore e suoi eredi sono esenti da responsabilità.

Antonio O. chiede
martedì 27/05/2014 - Lombardia
“Con testamento pubblico, tizio lascia alla moglie l'usufrutto e al nipote la nuda proprietà di alcuni beni intestati al de cuius ma ricadenti nella comunione legale. La moglie, che potrebbe vantare la proprietà del 50%, accetta espressamente in sede di pubblicazione del testamento e si comporta come usufruttuaria per lunghi anni senza neppure proporre l'azione di annullamento prevista dall'Art. 184 c.c. Può il creditore particolare, peraltro dopo il decennio previsto dall'Art. 1159 c.c. che consente al nipote di acquistare anche per usucapione abbreviato, pignorare il 50% dei beni che sarebbero dovuti andare alla moglie ma dati al nipote?”
Consulenza legale i 27/05/2014
Quando uno dei coniugi, sposato in regime di comunione dei beni, decede, la comunione si scioglie per legge. Il coniuge superstite ha quindi diritto a chiedere la divisione dei beni, che andrebbe completata prima di effettuare la successiva divisione ereditaria, proprio per evitare che agli eredi siano assegnati beni che non erano interamente di proprietà del defunto.
Nei confronti dei terzi, lo scioglimento della comunione diventa opponibile con l'annotazione a margine dell'atto di matrimonio dell'evento "morte".

Il diritto di proprietà è imprescrittibile, pertanto, astrattamente, anche se sono trascorsi numerosi anni, la quota del bene immobile di spettanza della moglie superstite è ancora di sua proprietà. La proprietà, però, come noto, cede di fronte all'acquisto a titolo originario per usucapione da parte di un terzo.

Si deve quindi valutare se nel caso di specie possa trovare applicazione l'art. 1159 del c.c., in base al quale colui che acquista in buona fede da chi non è proprietario (acquisto c.d. a non domino) un immobile, in forza di un titolo che sia idoneo a trasferire la proprietà e che sia stato debitamente trascritto, lo acquista per usucapione col decorso di dieci anni dalla data della trascrizione.

Buona fede
Affinché l'art. 1159 possa operare, il nipote doveva essere in buona fede al momento dell'acquisto per causa di morte, ignorando di ledere l'altrui diritto (quello della moglie del defunto).
La buona fede non sussisterebbe, per la giurisprudenza, se l'ignoranza circa la titolarità del bene in capo all'alienante avrebbe potuto essere facilmente superata mediante una ispezione catastale o la consultazione dei registri immobiliari (Cass. 13929/2002).

Titolo astrattamente idoneo
La disposizione testamentaria con cui venne lasciata la nuda proprietà dell'immobile costituisce valido titolo ai fini dell'usucapione abbreviata?
Se il testatore aveva inteso porre in essere un legato (cioè il lascito di un bene determinato, senza istituire come erede il nipote, che quindi non risponde dei debiti ereditari), autorevole dottrina e parte della giurisprudenza sono orientati verso una risposta positiva. Interpretando in combinato disposto gli artt. 2648 e 1159 c.c. è possibile affermare che la trascrizione del legato può costituire presupposto per la maturazione dell’usucapione decennale ex art. 1159 c.c.
Si ritiene generalmente, infatti, che il legatario, a differenza dell’erede, può essere considerato terzo acquirente rispetto al de cuius, e quindi può avvalersi della trascrizione del suo acquisto ai fini dell’usucapione di cui all’art. 1159 c.c.

Al contrario, va condiviso che nessun effetto può avere la trascrizione dell’acquisto, ai fini dell’usucapione decennale di beni immobili, a titolo di erede: il titolo idoneo a trasferire la proprietà di beni immobili, richiesto per l'usucapione decennale, deve consistere in un negozio traslativo a titolo particolare e non può essere, quindi, ravvisato in atti diretti ad attuare un acquisto mortis causa (v. Cass. 3342/1977). Ciò, in quanto la successione universale mortis causa, determinando il subentrare del successore nell'intero patrimonio del de cuius o in una quota di esso, non consente di accertare la necessaria precisa corrispondenza fra l'oggetto dell'usucapione e quello del titolo, da cui deve invece risultare con precisione il diritto immobiliare trasmesso.

Ciò premesso, alla luce dei dati riportati nel quesito, non è possibile affermare con certezza che l'usucapione ex art. 1159 c.c. si sia perfezionata. Si dovrebbe valutare con attenzione sia la sussistenza dell'elemento della buona fede nel nipote, sia quello della natura dell'acquisto ereditario, se in qualità di erede o di legatario.

Quanto al tipo di azione che potrebbero esperire i creditori, si ritiene che essi potrebbero agire in rivendica del bene in luogo della proprietaria, con azione surrogatoria ex art. 2900 del c.c.

Loredana V. chiede
sabato 23/10/2010
“L'utilizzo di uno spazio condominiale da parte di un'esercizio di pizzeria per dieci anni può comportare l'usucapione del diritto sullo spazio occupato?”
Consulenza legale i 26/10/2010

L'usucapiente acquista il diritto in maniera automatica, per effetto della semplice congiunzione tra possesso e decorso del tempo ed al di fuori di qualsivoglia nesso con la situazione giuridica del precedente titolare. Il possesso richiesto ai fini dell'usucapione è un possesso continuo, non interrotto e non viziato da violenza o clandestinità. Il dies a quo del termine per l'usucapione si fissa in relazione al momento in cui è acquistato il potere di fatto sulla cosa con tutti i requisiti del possesso ad usucapionem. Di conseguenza, la proprietà dello spazio condominiale in questione potrà essere usucapita solo in virtù del possesso continuato per venti anni, così come previsto ex art. 1158 del c.c.


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