Condizioni per la servitù di acquedotto
In base ai principi generali,
l'onere della prova circa l'esistenza delle condizioni essenziali per la servitù di acquedotto non poteva non porsi a carico di colui che richiede la servitù. Sotto questo punto di vista, la norma in esame può dirsi superflua, però la sua utilità è da riporre nella sua funzione di chiarificazione e precisazione di dette condizioni (o pre-supposti) della servitù.
Esse sono
tre, come nel vecchio codice (art. 602):
a) che il richiedente possa
disporre dell'acqua;
b) che l'acqua sia
sufficiente per l'uso cui si voglia destinare;
c) che il passaggio richiesto sia il
più conveniente e il meno pregiudizievole al fondo servente, anche con riguardo ai fondi vicini.
Diritto all' acqua
La prima dimostrazione da dare è che si possa disporre dell'acqua: è evidente che, senza la disposizione dell'acqua, non è possibile richiedere l’ acquedotto. Tale disposizione non basta si abbia solo in fatto, ma è necessario che vi sia il
diritto all'acqua (
art. 1033 del c.c.). Come detto precedentemente, non si richiede il diritto di proprietà.
Poichè si esige la prova che si possa disporre dell'acqua, naturalmente si deve dimostrare che si ha
diritto a disporre dell'acqua per il tempo per cui si chiede la servitù: sarebbe assurdo pretendere l'acquedotto per un tempo maggiore, mentre è possibile per un tempo minore. Non è comunque necessario che il diritto di disposizione dell'acqua si eserciti ininterrottamente.
Sufficienza dell'acqua all'uso
Il secondo estremo è più che mai logico: esso è in stretto legame con il requisito della utilità, per cui si deve costituire questa servitù legale. Se l'acqua non è sufficiente all'uso cui si vuol destinare, non vi è ragione di costituire la servitù, gravando il fondo servente: il risultato sarebbe antieconomico e, quindi, antisociale.
La norma sembrerebbe del tutto superflua ove si considerasse che nessuno è tanto matto da richiedere una servitù di acquedotto, pagando l’ indennità al proprietario del fondo servente, senza poter condurre acqua sufficiente all'uso cui è da destinate. Ma la ragione in realtà c’è: si è voluto evitare che qualcuno, avendo poca acqua, ne chieda la condotta, con lo scopo recondito di accrescerla per via di filtrazioni e possibili sorgenti da sfruttare nei fondi attraversati.
Chiarito, cosi, il vero scopo della norma, per questa parte, va precisato che, dovendo la dimostrazione avere per oggetto la sufficienza dell'acqua all'uso cui è da destinare, è necessario
indicare tale uso.
Tracciato dell'acquedotto
L'ultima condizione riguarda il tracciato dell'acquedotto. il passaggio dev'essere il più conveniente e il meno pregiudizievole al fondo servente. Il criterio della convenienza riguarda sia il fondo dominante che quello servente.
Il giudizio è di mero fatto: nel determinare la soluzione migliore bisogna avere riguardo non solo alla situazione e alle condizioni del fondo servente e di quello dominante, ma anche a quelle dei fondi vicini.
Pregiudizio del fondo servente
La legge non richiede nessun'altra condizione. Si discuteva, in base al vecchio codice, se il giudice potesse negare il passaggio nei casi in cui il danno del fondo servente fosse gravissimo e di molto superiore al vantaggio del fondo dominante. Prevalse la soluzione negativa:
al giudice non è data tale facoltà. Ma nel progetto della Commissione Reale «
Cose e diritti reali » si accolse la soluzione opposta: con norma espressa (art. 195, comma 2) si stabilì che «
il giudice può negare il passaggio se la condotta delle acque importi un eccessivo sacrificio del fondo servente, salvo che l'interesse della produzione od altra analoga esigenza possa giustificare sacrificio predetto ».
Nel testo legislativo attuale tale disposizione è stata
soppressa. Bisogna, pertanto, ritenere, oggi, come sicura la soluzione sostenuta dalla prevalente dottrina sotto la vigenza del vecchio codice.