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Articolo 589 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 07/03/2024]

Testamento congiuntivo o reciproco

Dispositivo dell'art. 589 Codice Civile

Non si può fare testamento da due o più persone nel medesimo atto, né a vantaggio di un terzo(1), né con disposizione reciproca(2) [458, 635 c.c.].

Note

(1) Il testamento con cui due o più persone, nel medesimo atto, dispongono dei propri beni a favore di un terzo (c.d. testamento congiuntivo) è vietato. È valido il testamento mediante il quale due o più persone, nel medesimo atto, con previsioni autonome e tra loro non collegate dispongono a favore di un terzo (c.d. testamento simultaneo).
(2) Si parla di testamento reciproco qualora due o più persone dispongano, nello stesso atto, l'una in favore dell'altra. Esso è nullo. Al contrario è consentito che due o più persone, in atti separati, dispongano l'uno in favore dell'altra (c.d. testamento corrispettivo).

Ratio Legis

Il fondamento dei divieti si ricollega alla necessità di assicurare che il testamento possa sempre essere revocato. Per revocare il testamento congiunto o reciproco servirebbe il consenso dell'altro testatore, motivo per cui la legge ne prevede l'invalidità.

Spiegazione dell'art. 589 Codice Civile

Il testamento è un negozio giuridico unilaterale. Ma mentre ogni altro negozio giuridico unilaterale può consistere nella dichiarazione di volontà di più persone, non già l’una di fronte all’altra, ma l’una accanto all’altra, assumendo, tutte, la figura giuridica di una sola parte, come avviene nei così detti atti complessi (es. accettazione o rinunzia all’eredità fatta contemporaneamente o congiuntamente da due o più successibili), il testamento non può consistere che nella volontà di una sola persona.

La legge vieta il testamento c.d. collettivo simultaneo, quello, cioè, risultante dalle contestuali dichiarazioni di ultima volontà di due o più persone che dispongono dei loro beni, o reciprocamente, l’una a vantaggio dell’altra, che sia superstite (testamento reciproco), o tutte a vantaggio di un medesimo o di diversi terzi (testamento congiuntivo).
La ragione di tale divieto sta nella garanzia della più ampia, assoluta libertà di disposizione e nel carattere di revocabilità che il legislatore ha voluto assegnare al testamento. Infatti, la contestualità delle disposizioni testamentarie di due o più persone simula, per sé, un accordo, per il quale la volontà dell’uno appare come determinata dal fatto che l’altra si è pure determinata in quel determinato modo, e, quindi, mancanza di spontaneità e libertà concettuale di ciascuna di quelle dichiarazioni.
D’altra parte sarebbe, per tale originario accordo, moralmente distrutta la revocabilità del testamento, perché ciascun disponente, nel caso in cui volesse revocare la propria disposizione, se lo facesse all'insaputa dell’altro, sentirebbe di venir meno ad un impegno morale commettendo un abuso di fiducia; se invece comunicasse all'altro quella sua volontà, potrebbe ugualmente sentirsi moralmente vincolato quando questi se ne dimostrasse dolente. E diciamo solo moralmente perché non potrebbe negarsi, anche nel testamento collettivo, la facoltà di ciascuno dei testatori di revocare la propria dichiarazione.

Nel testamento reciproco, poi, la contestualità delle disposizioni testamentarie simula anche più l’idea di un patto successorio, che la legge ha vietato, perché il reciproco personale interesse esige che l’atto nel quale trova la sua giuridica protezione sia tenuto fermo sulla base dell’in idem placitum consensus. Coerentemente, il legislatore ha comminato anche la nullità delle disposizioni testamentarie fatte sotto condizione di essere vicendevolmente avvantaggiato dal proprio erede o legatario (art. 635).

L’articolo in esame vieta che si faccia testamento da due o più persone nel medesimo atto a vantaggio di un terzo. Non v’è dubbio che il divieto permane anche quando nel medesimo atto si volessero fare disposizioni a vantaggio di diversi terzi, ciascuno, cioè, disponendo a favore di persona diversa da quella a vantaggio di cui dispone l’altra. Il motivo del divieto è identico nell’un caso e nell’altro, e se la legge contempla solo uno di essi è perché, in quello, più ordinariamente e praticamente si rivelerebbe l’uso del testamento collettivo in quanto l’identità della persona beneficata dimostrerebbe meglio l’accordo dei disponenti.

Ciò che principalmente e direttamente l’art. 589 vieta è che il testamento possa contenere disposizioni di ultima volontà di più di una persona. Tanto meno può essere possibile un testamento nel quale intervenga l’erede o il legatario come accettante la disposizione testamentaria a suo favore: questo intervento muterebbe la figura del negozio giuridico unilaterale in negozio bilaterale, però un testamento simile sarebbe nullo, o, per lo meno, sarebbe nulla la disposizione fatta a favore dell’accettante. Né si potrebbe ritenere applicabile, nella specie, il principio utile per inutile non vitiatur, ritenendo, cioè, valida ma priva d’efficacia l’accettazione. Sarebbero, invece, perfettamente validi due testamenti separati, dai quali emerga chiaramente l’accordo dei testatori nel fare la loro disposizione, perché, in tal caso, viene meno il pericolo che la libertà dei testatori venga menomata. Anzi, quest’accordo, talvolta, può essere lodevole, come quando avviene fra coniugi, al fine di una più giusta disposizione dei beni fra i loro discendenti.

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)

Massime relative all'art. 589 Codice Civile

Cass. civ. n. 11195/2012

L'art. 590 c.c., nel prevedere la possibilità di conferma od esecuzione di una disposizione testamentaria nulla da parte degli eredi, presuppone, per la sua operatività, l'oggettiva esistenza di una disposizione testamentaria che, sia comunque frutto della volontà del "de cuius", sicché detta norma non trova applicazione in ipotesi di accertata sottoscrizione apocrifa del testamento, la quale esclude in radice la riconducibilità di esso al testatore.

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Consulenze legali
relative all'articolo 589 Codice Civile

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G. A. chiede
martedì 07/03/2023 - Emilia-Romagna
“IMPUGNAZIONE DI TESTAMENTO FRUTTO DI ACCORDI DI DISTRIBUZIONE COMPLEMENTARE DELL’EREDITA’ TRA CONIUGI
Mio padre e mia madre si sono accordati nel corso della loro vita per costruire un testamento comune e distribuire i loro beni ai loro 5 figli in maniera complementare.à

Ecco che mio padre da poco venuto a mancare ha lasciato agli altri 4 fratelli 4 fabbricati e terreni a ciascuno per un valore di molto che più 80.000 euro; non ha menzionato nel testamento mia madre, la quale tuttavia si è intestata un mezzo fabbricato rivendicandolo ex comunione dei beni e mi ha lasciato solo un terreno di 80.000 euro, contando di farmi avere 1 fabbricato di mia madre e delle sterline d’oro alla di lei dipartita.

Tale costruzione successoria mi pone in gravi difficoltà per la esiguità della quota al momento attribuita, per la aleatorietà dei beni acquisibili in futuro, per l’ elevatissimo rischio- in caso di mancata impugnazione nei tempi previsti- viste le quote altamente sperequative, di perdita di gran parte dell’ eredità paterna e anche materna.

Poiché di tali accordi tra coniugi sono stati (oltre che provati dall’incarico assegnato ad un amico geometra di effettuare una suddivisione a massa testamentaria unita) formalizzati in un documento (che vi invio in allegato) dattiloscritto, datato e sottoscritto da entrambi -che tuttavia è di qualche giorno successivo al testamento- in cui mio padre tra l’altro dichiara espressamente di aver tentato con mamma di fare “un testamento comune “, che ha provato a pubblicarlo da una notaia , ma “si è dimostrato non legale” e pertanto invita tutti noi a rispettare le loro comuni ultime volontà “ rinunciando ad impugnare problemi di legittima”,
chiedo di sapere se il relativo testamento in tutto e per tutto identico a quello dell’accordo tra coniugi a voi inviato può essere impugnato ai sensi del divieto dei patti successori e se una eventuale relativa causa ha possibilità di riuscita.
In fede”
Consulenza legale i 13/03/2023
Diverse sono le ragioni per le quali la volontà dei genitori di chi pone il quesito, così come manifestata, non può in alcun modo avere attuazione ed essere, pertanto, vincolante per i figli.
Innanzitutto una disposizione di questo tipo si pone in contrasto con quello che è il carattere essenziale ed imprescindibile della volontà testamentaria, ovvero la sua revocabilità fino all’ultimo momento della vita del testatore.
Il nostro ordinamento giuridico vuole che sia garantita la libertà di disporre delle proprie sostanze per l’epoca posteriore alla morte, come tipica manifestazione della libertà umana e individuale, vietando espressamente sia i c.d. patti successori (così art. 458 c.c.), sia la donazione mortis causa, con la conseguenza che anche il testamento che dovesse essere redatto in esecuzione di un patto successorio risulterebbe invalido (cfr. Cass, 9 maggio 2000 n. 5870).

In secondo luogo, sotto il profilo della sua natura giuridica, il testamento si configura come un tipico negozio unilaterale, non recettizio, espressione della sola volontà del testatore, che non ha bisogno dell’adesione di alcuno e neppure di essere rivolto o portato a conoscenza di persone determinate.
Esso è, inoltre, un atto strettamente personale, non essendo consentito come tale il testamento congiuntivo, fatto da due o più persone nel medesimo atto (così art. 589 c.c.), né a vantaggio di un terzo (è proprio questo il caso dei due genitori che dispongono nello stesso atto a favore dei figli) né con disposizione reciproca (è tale il caso di due coniugi che, sempre nello stesso atto, stabiliscono che quello di loro che sopravvivrà succederà all’altro).
Al riguardo va segnalata la sentenza della Corte di Cassazione n. 5508 del 5 aprile 2012, ove si evidenza che il divieto, al pari di tutte le norme proibitive, deve essere interpretato in senso restrittivo.
Diverso dal testamento congiuntivo (vietato come si è appena detto) è, invece, il testamento simultaneo, dovendosi qualificare come tale la volontà testamentaria che consta di due atti distinti, ciascuno sottoscritto da una sola persona, ma scritto su uno stesso foglio.
I testamenti simultanei in linea di principio non sono nulli, ma possono far sorgere il sospetto, avvalorabile con ulteriori prove, che uno dei due testatori abbia potuto influenzare o captare la volontà dell’altro.

Ebbene, fatte queste precisazioni, necessarie per chiarire la situazione prospettata sotto il profilo prettamente giuridico, si può a questo punto confermare che quanto asserito dal notaio (circa i profili di illegittimità che avrebbero colpito le volontà testamentarie per come i genitori avrebbero voluto manifestarle) è del tutto corretto.
Una volontà testamentaria così espressa si sarebbe posta in contrasto sia con il divieto dei patti successori ex art. 458 c.c. (e, dunque, con il principio della revocabilità del testamento) sia con l’altro essenziale principio della personalità del testamento, quale risultante dall’art. 589 c.c., in forza del quale non può in alcun modo ritenersi valido un testamento c.d. congiuntivo, anche se a favore di uno o più terzi (ovvero i figli).

La volontà manifestata dai propri genitori negli scritti che sono stati trasmessi in allegato al quesito posto, invece, può soltanto intendersi e farsi valere quale progetto divisorio, di cui i figli possono (ma non debbono) tener conto soltanto nel rispetto di un obbligo morale nei confronti dei medesimi genitori.
Tale obbligo, in quanto tale, non può assumere alcuna rilevanza per l’ordinamento giuridico, non potendosi, dunque, pretendere in alcun modo il suo adempimento ricorrendo agli strumenti giuridici che lo stesso ordinamento giuridico può mettere a disposizione.

In conclusione, dunque, si suggerisce di non intraprendere alcuna azione giudiziaria volta a far valere la volontà manifestata dai propri genitori per realizzare un’equa distribuzione dei beni tra i figli, non potendo tale azione avere una benchè minima possibilità di conseguire un esito positivo.
Piuttosto, se si teme che alla morte del padre possano prospettarsi profili di lesione della propria quota di riserva, tenuto conto che la madre è ancora in vita e che potrebbe in qualunque momento disporre diversamente da come convenuto con il marito o disfarsi di uno o più beni, ciò che può consigliarsi è di attivarsi esperendo in giudizio l’azione di riduzione.

Giuseppe S. chiede
giovedì 15/10/2020 - Puglia
“Due mie sorelle hanno la necessità di stilare un testamento olografo. Hanno incaricato me (fratello), di approntarlo in modo tale che loro lo scriveranno di loro pugno, lo dateranno e lo firmeranno. Poiché entrambe hanno assunto la medesima decisione, ovvero, che tutto ciò che ha ogni singola persona, vada all'altra sorella, quello da me approntato verrà compilato singolarmente da ognuna di loro, in modo autografo. Quindi, ci saranno due testamenti separati, perfettamente uguali. Le uniche diversità consisteranno nelle generalità delle singole persone. In sostanza, loro vogliono donare tutto a mio figlio. Ciò però quando entrambe saranno defunte. Questo è il motivo per il quale una sorella dona all'altra e l'altra alla prima. Quindi, mio figlio ne entrerà in possesso solo dopo la morte di entrambe. Pertanto, dopo che mi invierete la mail vi invierò quello che ho approntato, che altro non è che una bozza. Controllate se è legittimo e fatemi sapere. E' bene che sappiate che le due mie sorelle in questione, sono nubili e non hanno figli. Inoltre, hanno me come fratello ed un'altra sorella coniugata con figli. Distinti saluti.”
Consulenza legale i 26/10/2020
Prima di analizzare il contenuto della bozza di testamento fatta pervenire a questa Redazione, si ritiene sia il caso di prendere in esame la posizione delle due sorelle con riferimento a coloro che potranno succedere loro.
Si dice nel quesito che le due sorelle sono nubili e senza figli e che come parenti più stretti hanno un fratello, ossia colui che pone il quesito, ed un’altra sorella, coniugata con figli.

Al momento della loro morte, avendo redatto testamento, non si aprirà la successione legittima, ma quella testamentaria, per la quale, nel caso di specie, le testatrici non incontreranno alcun limite (nel senso che potranno disporre del loro patrimonio come vorranno).
Infatti, i parenti più stretti che potrebbero assumere la posizione di chiamati all’eredità sono il fratello e la sorella, i quali non rientrano in alcuna delle categorie di eredi legittimari previsti dall’art. 536 del c.c., cioè di eredi in favore dei quali deve essere comunque riservata una porzione di eredità (sono tali soltanto il coniuge, i figli e gli ascendenti).

Chiarito ciò, si può adesso affrontare il tema per il quale il quesito è stato posto, ossia l’analisi della bozza di testamento che le testatrici dovrebbero redigere, onde verificarne limiti e ammissibilità.
Il riferimento normativo di un testamento avente tale contenuto si rinviene all’art. 589 c.c., il quale vieta espressamente che due o più persone, utilizzando il medesimo atto, dispongano per testamento l’uno a favore dell’altro (c.d. testamento reciproco) ovvero a vantaggio di un terzo (c.d. testamento simultaneo).
Un testamento così redatto andrebbe incontro alla sanzione della nullità, e ciò in considerazione del fatto che esso, per sua natura, non può consistere che nella volontà di una sola persona, in funzione della assoluta libertà di disposizione e del carattere di revocabilità che il legislatore ha inteso assegnare a tale atto.
Infatti, la contestualità delle disposizioni testamentarie di due o più persone simula, di per sé, un accordo, per il quale la volontà dell’uno appare come determinata dal fatto che l’altra si è pure determinata in quel determinato modo, venendo così meno la spontaneità e libertà concettuale di ciascuna di quelle dichiarazioni.

Tuttavia, proprio dalla lettura di tale norma e dagli espressi divieti che essa pone è possibile dedurre che deve ritenersi consentito che due o più persone, avvalendosi di separati atti, dispongano l’una a favore dell’altra con un testamento che si definisce corrispettivo.
Della validità di tale forma di testamento se ne trova conferma nella giurisprudenza della Corte di Cassazione, ed in particolare:
  1. nella sentenza n. 2364 del 18/07/1959, in cui viene espressamente detto che “A norma dell'art. 589 c.c., perché si abbia testamento reciproco, è necessario che le manifestazioni di volontà dei testatori costituiscano, in un documento unitario, un solo atto, in modo che la volontà delle parti non abbia alcuna autonomia formale. È da escludere, quindi, che due testamenti, fatti da due testatori, ciascuno in favore dell'altro, possano essere considerati un testamento congiuntivo reciproco”;
  2. nella più recente sentenza della Cass. civ. Sez. II Sent. n. 5508 del 05/04/2012, in cui si afferma che “In tema di successioni testamentarie, l'art. 589 cod. civ., vietando il testamento di due o più persone nel medesimo atto, sanziona di nullità l'ipotesi di un testamento unitario contenente due o più sottoscrizioni, in violazione dei requisiti formali di cui all'art. 602 del c.c., nel quale è palese il richiamo ad un'attività di redazione e sottoscrizione delle disposizioni da parte di un unico soggetto. Ne consegue che la nullità suddetta non può estendersi all'ipotesi di due testamenti redatti con separati atti dai testatori, non ricorrendo, in presenza di schede testamentarie formalmente distinte, la presunzione assoluta di mancanza di una libera estrinsecazione della volontà dei testatori, propria del testamento congiuntivo. (cassa con rinvio, App. Roma, 29/01/2008)”.

Ulteriore conferma della validità di tale disposizione testamentaria si ritrova anche in alcune decisioni della giurisprudenza di merito, ed in particolare si ritiene utile segnalare la sentenza del Tribunale di Genova Sez. IV, 12/09/2006, la quale da un lato conferma la validità di due testamenti di analogo contenuto con i quali una coppia di coniugi si istituiscono vicendevolmente erede universale l'uno dell'altro, ritenendo che venga così violato l’art. 589 c.c.; dall’altro lato, però, la stessa corte di merito precisa che se i due testamenti risultano redatti in pari data potrebbe sorgere il sospetto che i testatori abbiano stipulato un patto successorio, vietato dall'art. 458 del c.c., sospetto che indubbiamente deve trovare adeguato riscontro in ulteriori elementi di prova, diversi dal mero fatto della redazione avvenuta nello stesso giorno.
Così si è ritenuto che possa configurarsi un patto successorio, vietato, ai sensi dell'art. 458 c.c., quando le disposizioni testamentarie, redatte da più persone, manifestino un stretta interdipendenza tra di loro, ossia, pur essendo contenute in schede formalmente distinte, si integrino a vicenda, dando luogo a un accordo con il quale ciascuno dei testatori provvede alla sua successione in un determinato modo, in determinante correlazione con la concordata disposizione dei propri beni da parte degli altri.

Ebbene, pur non sussistendo alcun dubbio sulla validità di un testamento c.d. corrispettivo, la presenza nel caso di specie di altri soggetti che potrebbero avere interesse alla successione delle sorelle (l’altra sorella ed i suoi figli) suggerisce di prestare particolare cautela nel redigere un testamento di tale tipo, seppure contenuto in due diverse schede testamentarie.
Infatti, per non destare il sospetto di un preventivo accordo tra le stesse, con conseguente ricaduta nel divieto dei patti successori di cui all’art. 458 c.c., si sconsiglia di far risultare i testamenti redatti in pari data e soprattutto di usare il medesimo contenuto per entrambe le schede testamentarie.
La soluzione migliore, per raggiungere l’effetto desiderato, sarebbe quella di utilizzare una formula abbastanza semplice e snella come quella che qui di seguito si propone:
Io sottoscritta Tizia, nel pieno possesso delle mie facoltà mentali, nomino erede universale di tutti i miei beni, mobili, immobili, denaro, titoli di credito e quant’altro si ritroverà nel mi patrimonio al momento della mia morte, mia sorella Caia.
Sostituisco alla medesima, nel caso che non possa o non voglia accettare la mia eredità, mio nipote Secondo, figlio di mio fratello Primo.

Con tale formula, molto semplice e priva di espressioni strettamenti personali, da cui poter desumere la sussistenza di un preventivo accordo, ciascuna sorella istituisce l’altra erede universale e viceversa, e nello stesso tempo si garantisce che, se l’altra sorella non possa o non voglia accettare, il suo patrimonio passerà automaticamente al nipote Secondo, per effetto dell’istituto giuridico della sostituzione ordinaria, il quale dà luogo ad una doppia vocazione, la prima semplice e la seconda condizionata, con l’effetto finale e desiderato di evitare che possa operare la vocazione legittima.


Giovanna chiede
lunedì 04/03/2019 - Marche
“oggetto: Testamento reciproco
I miei zii non hanno avuto figli e vorrebbero fare un testamento reciproco. Lui lascia tutto alla moglie e viceversa.
Il mio dubbio è: muore prima lui...e quindi lascia tutto a lei come da testamento. Quando muore lei invece che succede? L'erede del suo testamento è morto....quindi lei di fatto a chi lascerebbe tutto? Ai parenti del suo erede?
Muore prima lei, lascia tutto a lui....e lui quando muore a chi lascia l'eredita'?

Consulenza legale i 11/03/2019
Quando l’erede designato con testamento muore (nel nostro caso, o la moglie superstite o il marito superstite) l’eredità va evidentemente agli eredi di quest’ultimo.
Se i due coniugi non hanno figli e – si presume – neppure ascendenti in vita (i genitori) l’eredità si devolve infatti, secondo le regole della successione legittima, ai parenti in ordine progressivo, secondo la regola “il più prossimo esclude i remoti”.
Ciò significa che si procede con ordine individuando i parenti più prossimi di grado e, se questi ultimi mancano, si prosegue con quelli via via di grado maggiore fino ad arrivare al massimo al sesto grado (oltre il sesto grado non si eredita).

Il quesito non dice chi siano i parenti degli zii che hanno fatto testamento reciproco, pertanto - non potendo individuare i parenti che erediterebbero nel caso specifico - si ricorderanno di seguito le regole generali.
Alla madre ed al padre succedono i figli.
A chi muore senza lasciare figli, né fratelli o sorelle o loro discendenti succedono i genitori. Se anche i genitori mancano, in presenza degli stessi presupposti, subentrano gli ascendenti.
A chi muore senza lasciare figli, né genitori, né altri ascendenti, succedono i fratelli e le sorelle.
A chi muore senza lasciare figli, né genitori, né altri ascendenti, né fratelli o sorelle o loro discendenti, la successione si apre a favore del parente o dei parenti più prossimi, senza distinzione di linea (materna o paterna).
Infine, in mancanza di altri successibili, l'eredità è devoluta allo Stato.

In sostanza: è possibile decidere solo a chi andranno i beni quando morirà il primo dei due coniugi, e lo si potrà fare disponendo che vadano al coniuge superstite. Entrambi disporranno in questo senso, l'uno a favore dell'altro. Poi, una volta deceduto il primo dei due coniugi, l'altro erediterà tutto il suo patrimonio e lo farà suo. A questo punto due sono le possibilità per il superstite:
1) non fa testamento --> tutto andrà secondo le norme della successione legittima
2) fa testamento (uno nuovo, il precedente ormai è privo di valore essendo deceduto il beneficiario) e lascia tutto il suo patrimonio (composto da ciò che ha ereditato del coniuge premorto + il suo personale) a chi vorrà.

Attenzione: il testamento reciproco in senso tecnico ... è nullo. Lo dispone proprio l'art. 589 c.c. Quindi gli zii devono ben guardarsi dal disporre l'uno a favore dell'altro in uno stesso documento.
Possono ottenere il risultato voluto facendo due diversi testamenti, documentalmente (materialmente) separati l'uno dall'altro e nominando tutti e due l'altro coniuge come erede universale. Chiaro che nessuno potrà garantire che uno dei due non venga - ancora in vita tutti e due - modificato (magari all'insaputa del coniuge).

Orlando C. chiede
lunedì 03/12/2018 - Emilia-Romagna
“Marito e moglie senza figli ognuno ha fatto testamento olografo su due fogli protocollo separati e consegnati personalmente al notaio
con la seguente disposizione:
1) io sottoscritto x. y. nomino mio erede universale mia moglie w. z.
in caso di sua premorienza lascio tutti i miei beni mobili ed immobili alla fondazione g.h. ed a chi si sara' maggiormente adoperato nell'assistenza a me stesso ed a mia moglie.
2) io sottoscritta w.z.,nomino mio erede universale mio marito x.y.
In caso di sua premorienza lascio tutti i miei beni mobili ed immobili alla fondazione g.h. ed a chi si sara' maggiormente adoperato nell'assistenza a me stessa ed a mio marito.
Entrambi sono firmati singolarmente e con la stessa data.
Un fratello dell'ultima persona deceduta ritene i testamenti
annullabili. Chiedo un vostro giudizio. grazie”
Consulenza legale i 10/12/2018
Il quesito non rende note le ragioni specifiche e/o giuridiche per le quali il fratello dell’ultimo dei due coniugi deceduti ritenga che i due testamenti siano annullabili (ma più correttamente si dovrebbe dire viziati da nullità).
Il problema parrebbe, in effetti, quello della legittimità di due disposizioni testamentarie identiche nella forma e nel contenuto, redatte da due soggetti l'uno a favore dell'altro.

Esiste, sotto questo profilo, una fattispecie giuridica - descritta nel codice civile - alla quale potrebbe sembrare riconducibile quella in esame.
Si tratta del testamento congiuntivo o reciproco, di cui parla l’art. 589 c.c.: in pratica, non è consentito a due persone fare testamento nel medesimo atto, quindi con un unico documento (foglio), né a vantaggio di un terzo né a vantaggio l’una dell’altra.
Più nello specifico: il testamento congiuntivo cosiddetto “semplice” è quello con il quale due testatori dispongono tutti ugualmente – con un’unica dichiarazione negoziale (un unico atto che proviene da più persone e contenuto nel medesimo documento) –a vantaggio di uno o più terzi; il testamento congiuntivo, invece, cosiddetto “reciproco” è quello con il quale – sempre con la stessa dichiarazione espressa in un unico atto materiale – ciascuno dei testatori dispone l’uno a vantaggio dell’altro.

La sanzione della nullità, pertanto, almeno secondo la lettera della norma citata, non si applicherebbe al caso in cui le disposizione dei testatori, pur se uguali o reciproche (esattamente, quindi, come nel caso di specie) siano contenute in documenti/fogli separati.
La norma è finalizzata, infatti, al rispetto del principio di unipersonalità ed esclusività del testamento, ovvero la volontà testamentaria, sia sotto il profilo formale che sostanziale, dev’essere imputabile ad un unico testatore, ad evitare il pericolo che i testatori, nel redigere un atto congiuntivo, possano influenzarsi reciprocamente e non sia in tal modo garantita la spontaneità del volere e la revocabilità dell'atto (Trib. Monza Sez. IV, 04/02/2008).

Afferma la Cassazione in merito: “In tema di successioni testamentarie, l’art. 589 c.c., vietando il testamento di due o più persone nel medesimo atto, sanziona di nullità l'ipotesi di un testamento unitario contenente due o più sottoscrizioni, in violazione dei requisiti formali di cui all’art. 602 c.c., nel quale è palese il richiamo ad un'attività di redazione e sottoscrizione delle disposizioni da parte di un unico soggetto. Ne consegue che la nullità suddetta non può estendersi all'ipotesi di due testamenti redatti con separati atti dai testatori, non ricorrendo, in presenza di schede testamentarie formalmente distinte, la presunzione assoluta di mancanza di una libera estrinsecazione della volontà dei testatori, propria del testamento congiuntivo“ (Cass. civ. Sez. II Sent., 05/04/2012, n. 5508).

Si è discusso, per la verità, e si discute ancora se il divieto di cui all’art. 589 c.c. debba essere inteso in senso formale o sostanziale: nel caso che ci occupa, è legittimo dunque chiedersi se i coniugi – anche se formalmente rispettosi della regola dei fogli separati – abbiano disposto l’uno a favore dell’altro perché influenzatisi reciprocamente (o addirittura se uno abbia coartato la volontà dell’altro).

La giurisprudenza prevalente e più recente (ma permangono pronunce di segno opposto) ha optato per la vigenza solo formale della regola anzidetta, per cui se anche i testamenti reciproci di identico contenuto ed identica data possono essere – nella sostanza – derivati da una decisione non spontanea, comunque i giudici, per escludere la sanzione della nullità di cui all’articolo in commento – ritengono che sia sufficiente che le volontà siano state espresse in due atti separati.
Quindi, la presenza di due testamenti di analogo contenuto con i quali i disponenti si istituiscono vicendevolmente erede universale l’uno dell’altro (addirittura nello stesso foglio, si noti bene) non viola il disposto di cui all’art. 589 c.c. né quelo di cui al diverso art. 458 c.c..
Quest’ultimo vieta i patti successori, ovvero dispone la nullità di ogni accordo con cui taluno dispone della propria successione oppure con il quale dispone dei diritti che gli possono spettare su una successione non ancora aperta, o rinunzia ai medesimi.
Ebbene, si diceva che due testamenti con le caratteristiche formali e sostanziali sopra descritte sono rispettosi del 458 c.c.poiché la presenza di un patto successorio deve risultare da ulteriori elementi di prova e non basta che la redazione sia avvenuta nello stesso giorno e con identico contenuto.
Interessante una pronuncia del Tribunale di Terni (13/09/2007) che arriva addirittura a dichiarare quanto segue: “Il fondamento della nullità di cui all’art. 589 c.c. è esclusivamente di carattere formale e non sostanziale, riguardando essa specificamente l'obbligo, in sede di redazione di testamento, di attenersi alle vincolanti prescrizioni normative vigenti in materia. Ne consegue che l’art. 589 c.c. non vieta i testamenti simultanei, anche reciproci, cioè stilati su di un medesimo foglio ma distinti e distintamente sottoscritti. In mancanza di prove specifiche idonee a dimostrare il perfezionamento di un patto successorio sottostante, la identità, la contestualità e la reciprocità dei testamenti, non consente di concludere che gli stessi siano stati redatti in esecuzione di un preciso "vinculum iuris"” (Tribunale Terni, ).

Da ultimo appare doveroso ribadire ancora una volta caso che dal quesito non emergano informazioni utili sui motivi effettivi per cui il fratello di uno dei due defunti ritenga i testamenti annullabili: le ragioni, infatti, potrebbero essere diverse da quelle legate al rispetto dell’art. 589 c.c., ad esempio potrebbe essere in contestazione la capacità di disporre di uno o dei due coniugi defunti. Non abbiamo però elementi utili, evidentemente, per esprimere un parere in questo senso.

G. A. chiede
domenica 19/03/2023 - Emilia-Romagna
“QUOTA DELL’AZIONE DI RIDUZIONE E TIPO DI IMPUGNAZIONE DEL TESTAMENTO, FRUTTO DI ACCORDO TRA CONIUGI CON DIVISIONE DEI BENI PER UNA DISTRIBUZIONE MOLTO SPEREQUATA DEI LORO AVERI AI FIGLI, VIVENTE MA PRATERMESSO IL SECONDO GENITORE IN COMUNIONE DEI BENI

Premesso che
mio padre e mia madre si sono accordati nel corso della lor vita per costruire un testamento comune e distribuire i loro beni in maniera complementare ma anche molto sperequata a noi 5figli, sia all’interno del testamento di ciascuno di loro (uno dei quali manca di data) che quanto ad eredità derivante congiuntamente a noi da entrambi ex post;
che tali accordi sono provati;
che entrambi i coniugi hanno pretermesso se stessi nei loro testamenti (cfr. allegati) senza ricavarne vantaggio individuale,
ma accordandosi hanno arrecato notevole vantaggio ad alcuni figli e nocumento vistoso ad altri contravvenendo all’art. 589
chiedo ,
se posso aver titolo, posto che i genitori erano in regime di comunione dei beni e vivendo ancora uno dei coniugi ,
in ordine di convenienza ad azione di riduzione:
A)per nullità di testamento congiunto con suddivisione della massa ereditaria del coniuge deceduto tra i figli eredi menzionati nel testamento e dunque 1/5 della massa ereditaria ( imprescrittibile );

B) per annullamento del testamento del coniuge deceduto, annullabile anche per assenza di data, con richiesta dei 2/15 della massa ereditaria prevista dalla successione ex lege (1/3 al coniuge rimasto in vita e il resto diviso in parti uguali ai 5 figli entro i 5 anni)

C) ad azione di riduzione con rivendicazione solo di 1/10 della quota necessaria o legittima.

Chiedo soprattutto se a quanto previsto da B o C si possa aggiungere la quota spettante a me in qualità di figlio della parte spettante al coniuge in vita, ma pretermesso e non dallo stesso rivendicata (il suo 25% di tutto) ai sensi dell’art.557,c.1 (entro 10 anni e prima della dipartita del coniuge pretermesso)

o se tale richiesta, non avendo espresso il secondo genitore formale rinuncia alla eredità, sia lecita solo a dopo la dipartita del secondo genitore.”
Consulenza legale i 27/03/2023
Le ipotesi prospettate sotto le lettere a), b) e c) del quesito pongono problematiche a cui riesce difficile rispondere con esattezza, considerato che non è stato trasmesso a questa Redazione alcun testamento del de cuius, da poter esaminare in concreto e valutare.
Infatti, lo scritto inviato con il quesito 33038, precedentemente posto, non può in alcun modo qualificarsi come scheda testamentaria, e ciò per le ragioni che in detta consulenza sono state illustrate ed a cui si rimanda.
L’impossibilità di far valere quello scritto come testamento e di richiederne la pubblicazione innanzi ad un notaio, al fine di dare esecuzione alle disposizioni in esso contenuto, preclude ogni azione volta a far dichiarare la nullità di quella scheda testamentaria.

Non essendovi un testamento da eseguire, pertanto, non si vede come gli eredi superstiti possano decidere di escludere la madre dalla divisione dei beni del de cuius, dovendosi per forza di cose aprire la successione legittima, con suddivisione del patrimonio ereditario ex art. 581 c.c. (1/3 al coniuge superstite e 2/3 indivisi ai figli, in parti eguali tra loro).
L’unico modo per far sì che la madre venga esclusa dalla successione è quello di una sua rinuncia all’eredità, nel qual caso, per effetto del combinato disposto di cui agli artt. 521 e 522 c.c., la parte della madre rinunziante si andrebbe ad accrescere con quella di coloro che avrebbero concorso con la medesima, ovvero i figli, con conseguente diritto per questi ultimi di concorrere sul patrimonio del defunto in ragione di 1/5 indiviso ciascuno.

Qualora, invece, il padre defunto avesse manifestato in un testamento, già pubblicato o ancora da pubblicare, la volontà di dividere i suoi beni soltanto tra i figli, escludendo dunque la moglie e rispettando quanto concordato con quest’ultima nel documento inviato a questa Redazione, la situazione sarebbe diversa.
Innanzitutto occorre prestare particolare attenzione a quanto disposto dall’art. 590 c.c., ove viene sancito il principio secondo cui la nullità di una disposizione testamentaria, da qualunque causa dipenda, non può essere fatta valere da chi, pur conoscendo la causa di nullità, abbia dato ad essa volontaria esecuzione.
Ciò significa che, se si ha intenzione di far valere la nullità del testamento del padre, è indispensabile non prestare acquiescenza allo stesso, procedendo alla sua pubblicazione e dandovi esecuzione.
Nel quesito, sotto la lettera B), si fa riferimento ad un testamento privo di data, il che rende lo stesso testamento sicuramento nullo, per espressa previsione dell’art. 602 c.c.
Al di là di ciò, non si vedono altre ragioni per poter far valere l’invalidità del testamento, tenuto conto che, sebbene i due coniugi abbiano concordato le modalità secondo cui disporre dei propri beni, di fatto non hanno redatto un testamento congiuntivo, come tale vietato dall’art. 589 c.c.

Neppure si può pensare ad una violazione del divieto dei patti successori di cui all’art. 458 c.c., e ciò per le ragioni che seguono.
Con il termine “patti successori” si intendono tutti quegli atti, mortis causa o inter vivos, mediante i quali un soggetto dispone della propria successione (in tal caso si parlerà di patti costitutivi o istitutivi), di un’eredità non ancora aperta (c.d. patti dispositivi) o mediante i quali il soggetto rinuncia alla medesima (si parla in questo caso di patti abdicativi o rinunciativi).
Tale norma si pone a sua volta in continuità con l’art. 457 c.c., nel quale si stabilisce la stretta tipicità della vicenda successoria, esclusivamente legata alle fonti del testamento o della legge.
Dal combinato disposto di tali norme risulta palese la volontà del legislatore italiano, ovvero quella di circoscrivere le fonti della delazione ereditaria a quella testamentaria ed a quella legittima, escludendo invece quella convenzionale (non a caso si parla di “patti”).
La ratio di tale divieto sta evidentemente, nel caso dei patti istitutivi, nel voler preservare l’assoluta revocabilità del testamento “usque ad viate supremum exitum”, mentre nel caso dei patti successori dispositivi e abdicativi, nell’intento di evitare che i contraenti, facendo affidamento su un patrimonio di cui non sono ancora titolari, possano sperperare ciò che presumono di ricevere alla morte del de cuius.

Ebbene, nel caso in esame si ritiene che debba escludersi in assoluto la configurabilità di un patto istitutivo, in quanto, seppure il testamento redatto dal de cuius possa considerarsi frutto dell’accordo raggiunto con l’altro coniuge, la volontà testamentaria è stata correttamente e legittimamente manifestata in un scheda testamentaria (quella sulla cui base si è aperta la successione).

Stando così le cose, residua soltanto la possibilità prospettata nell’ultima parte del quesito ed a cui si era fatto riferimento nella parte conclusiva della precedente consulenza, ovvero quella di avvalersi della facoltà di cui all’art. 557 comma 1 c.c., norma che attribuisce la legittimazione all’esperimento dell’azione di riduzione, oltre che ai legittimari, anche ai loro eredi o aventi causa.
Va segnalato a tale riguardo l’orientamento espresso in più occasioni dalla Corte di Cassazione (cfr. Cass. civ. Sez. II sent. n. 2120/2017 e Cass. civ. Sez. II sent. n. 26254/2008), secondo cui l’azione di riduzione delle disposizioni lesive della quota di legittima, contemplata al primo comma dell’art. 557 c.c., avendo natura patrimoniale, può essere proposta non solo dai legittimari, ma anche dai loro eredi o aventi causa, e ciò in quanto il carattere personale dell’azione non incide sulla trasmissibilità del diritto, ma esclusivamente sull’accertamento della lesione, che va limitata alla quota di colui che agisce.
Tale azione, però, non potrà essere esperita prima della morte dell’altro coniuge pretermesso, considerato che la norma fa riferimento alla qualità di eredi del legittimario.
Il positivo esperimento della stessa farebbe entrare nel patrimonio del coniuge superstite la quota spettantele a titolo di riserva (ovvero un terzo indiviso del patrimonio del coniuge), sulla quale, a sua volta, l’erede che agisce in riduzione potrà far valere il diritto ad una quota pari ad 1/5 indiviso.

Ricapitolando quanto fin qui riportato e cercando di dare una risposta a quanto espressamente chiesto, può dirsi quanto segue:
a) non si può parlare di testamento congiunto, in quanto lo scritto sottoposto all’attenzione di questa Redazione non può qualificarsi come testamento, difettandone ogni indispensabile requisito formale;
b) se il testamento a cui ci si riferisce nel quesito (e che non si ha avuto possibilità di visionare) risulta privo di data, è senza alcun dubbio nullo secondo quanto espressamente disposto dall’art. 602 c.c..
In questo caso, occorre prestare attenzione a non darvi volontaria esecuzione, pena il prodursi delle conseguenze previste dall’art. 590 c.c., mentre occorrerà farne valere l’invalidità mediante sua impugnativa.
Fatta valere la nullità di quella scheda testamentaria, si aprirà la successione legittima e l’eredità verrà devoluta secondo quanto auspicato da chi pone il quesito.
c) se il testamento del genitore deceduto non presenta alcun profilo di invalidità ed il coniuge superstite, escluso dalla successione, non intende agire in riduzione per far valere il diritto alla quota di riserva che le spetta, alla morte di quest’ultima la medesima azione potrà essere esperita dai suoi eredi (ed in particolare dal figlio che, per effetto della volontà testamentaria del padre, alla fine ha ricevuto meno di quanto effettivamente gli sarebbe spettato).

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