Cass. civ. n. 11004/2023
Con riferimento ai segni distintivi, la scissione parziale societaria dà luogo ad una vicenda non meramente organizzativa, ma sostanzialmente traslativa dei beni inclusi nel patrimonio attribuito alla società beneficiaria della scissione, con la conseguenza che, essendo il marchio e la denominazione sociale dei segni distintivi autonomi - avendo il primo la funzione di identificare i prodotti fabbricati o commercializzati od i servizi resi da un imprenditore, la seconda quella di individuare la società come soggetto di diritto - l'attribuzione del marchio non implica anche il trasferimento della denominazione sociale, la quale può essere oggetto di valido trasferimento "inter vivos", anche ove assimilata alla ditta sociale, solo nel caso in cui sia ceduta l'intera azienda, previo espresso consenso dell'alienante.
Cass. civ. n. 5931/2014
La denominazione sociale, investendo la sua funzione distintiva la stessa soggettività della società di capitali, non può essere oggetto di autonoma circolazione, neppure insieme all'azienda, sia perché la cessione di quest'ultima non estingue la persona giuridica, la cui continuità ed identità è preservata proprio dal mantenimento della denominazione, sia perché l'art. 2567 cod. civ., in tema di denominazione sociale, non richiama l'art. 2565 cod. civ., dettato in tema di impresa individuale, secondo cui la ditta non può essere trasferita separatamente dall'azienda. (In applicazione di tale principio è stata confermata la sentenza di merito che ha dichiarato l'illiceità dell'utilizzo del nome "Franco Tosi" da parte di alcune società acquirenti dell'azienda di una società di capitali avente tale denominazione).
Cass. civ. n. 7305/2009
Con riguardo al trasferimento di azienda per atto tra vivi, il contestuale trasferimento anche della ditta (ai sensi del secondo comma dell'art. 2565 c.c.) deve essere oggetto di una distinta manifestazione di volontà negoziale, che tuttavia non richiede un'esplicita menzione della ditta nell'atto di trasferimento, potendo la volontà di estendere quest'ultimo alla ditta ricavarsi dall'interpretazione dell'atto, sulla base dei criteri interpretativi indicati dagli artt. 1362 e seg. c.c.
Cass. civ. n. 5899/2002
Ai sensi degli artt. 2563 e 2565 c.c., la ditta, che può continuare ad essere intitolata al nome dell'imprenditore defunto, si trasmette ai successori unitamente all'azienda, in mancanza di una diversa disposizione testamentaria. Tale trasferimento comporta la possibilità di continuare l'esercizio dell'impresa come originariamente denominata, compreso il nome del titolare non più in vita, che può costituire un elemento indispensabile, o quanto meno utile, per la conservazione dell'avviamento commerciale, perché indice di una continuità operativa, che vale anche a tutelare coloro che abbiano avuto rapporti con l'originario imprenditore.
Cass. civ. n. 2755/1994
Con riguardo al trasferimento di azienda per atto tra vivi, il contestuale trasferimento della ditta (ai sensi dell'art. 2565, secondo comma c.p.c.) deve essere oggetto di una distinta manifestazione di volontà negoziale, ma tale manifestazione non richiede un'esplicita menzione della ditta nell'atto di trasferimento, potendo la volontà di estendere il trasferimento alla ditta ricavarsi dall'interpretazione dell'atto, sulla base dei criteri interpretativi indicati dagli artt. 1362 e ss. c.c.
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Il trasferimento della ditta, necessariamente collegato a quello dell'azienda, ai sensi dell'art. 2565, secondo comma, c.c., può aver luogo anche quando sia trasferita non l'intera organizzazione aziendale, ma solo un ramo di essa suscettibile di costituire un'organica unità, riproducente, sia pure su scala ridotta, le caratteristiche fondamentali dell'azienda originaria.