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Articolo 2435 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 26/11/2024]

Pubblicazione del bilancio e dell'elenco dei soci e dei titolari di diritti su azioni

Dispositivo dell'art. 2435 Codice Civile

Entro trenta giorni dall'approvazione una copia del bilancio, corredata dalle relazioni previste dagli articoli 2428 e 2429 e dal verbale di approvazione dell'assemblea o del consiglio di sorveglianza, deve essere, a cura degli amministratori, depositata presso l'ufficio del registro delle imprese o spedita al medesimo ufficio a mezzo di lettera raccomandata [2102, 2392, 2626].

Entro trenta giorni dall'approvazione del bilancio le società non aventi azioni quotate in mercati regolamentati sono tenute altresì a depositare per l'iscrizione nel registro delle imprese l'elenco dei soci riferito alla data di approvazione del bilancio, con l'indicazione del numero delle azioni possedute, nonché dei soggetti diversi dai soci che sono titolari di diritti o beneficiari di vincoli sulle azioni medesime. L'elenco deve essere corredato dall'indicazione analitica delle annotazioni effettuate nel libro dei soci a partire dalla data di approvazione del bilancio dell'esercizio precedente(1).

Note

(1) L'obbligo di redazione di un formale bilancio è previsto per le società di capitali a norma degli artt. 2423 e 2423 bis; tale obbligo non è del pari previsto per le società di persone, per le quali è prevista la sola redazione di un rendiconto annuale esente da ogni forma di deposito e pubblicità, atteso che la sua redazione non risponde ad una esigenza di tutela dei terzi e della collettività, a cui è invece soggetto il bilancio delle società di capitali.

Ratio Legis

La funzione della pubblicità del bilancio è quella meramente conoscitiva di pubblicità-notizia, ovvero di consentire a tutti gli interessati di formulare le proprie considerazioni in ordine ai rapporti con la società, della quale il bilancio fornisce la rappresentazione corretta e veritiera della situazione patrimoniale e finanziaria e del risultato economico dell'esercizio.

Spiegazione dell'art. 2435 Codice Civile

Il bilancio viene depositato presso il registro delle imprese.
L'obbligo del deposito ricade sull'organo amministrativo. Esso va eseguito entro i trenta giorni dalla data dell'approvazione assembleare, di conseguenza si ritiene che tale onere incomba sull'organo amministrativo in carica in quel tempo e non sull'organo amministrativo in carica alla chiusura dell'esercizio.
Non sono sanzionabili in via amministrativa gli amministratori che abbiano provveduto al deposito del bilancio entro trenta giorni dall'approvazione, quand'anche il bilancio sia stato approvato oltre il termine di legge.
In caso di mancato adempimento da parte dell'organo amministrativo, l'obbligo ricade sul collegio sindacale (v. art. 2406).

Massime relative all'art. 2435 Codice Civile

Cass. civ. n. 33091/2018

In tema di fallimento, ai fini della prova della sussistenza dei requisiti di non fallibilità di cui all'art. 1, comma 2, l.fall., i bilanci degli ultimi tre esercizi che l'imprenditore è tenuto a depositare, ai sensi dell'art. 15, comma 4, l.fall., sono quelli già approvati e depositati nel registro delle imprese, ex art. 2435 c.c., sicchè, ove difettino tali requisiti o essi non siano ritualmente osservati, il giudice può motivatamente non tenere conto dei bilanci prodotti, rimanendo l'imprenditore onerato della prova circa la sussistenza dei requisiti della non fallibilità.

Cass. civ. n. 13746/2017

In tema di fallimento, ai fini della prova della sussistenza dei requisiti di non fallibilità di cui all'art. 1, comma 2, l.fall., i bilanci degli ultimi tre esercizi che l'imprenditore è tenuto a depositare, ai sensi dell'art. 15, comma 4, l.fall., sono quelli già approvati e depositati nel registro delle imprese, ex art. 2435 c.c., sicchè, ove difettino tali requisiti o essi non siano ritualmente osservati, il giudice può motivatamente non tenere conto dei bilanci prodotti, rimanendo l'imprenditore onerato della prova circa la sussistenza dei requisiti della non fallibilità.

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Consulenze legali
relative all'articolo 2435 Codice Civile

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E. C. chiede
giovedì 17/11/2022 - Veneto
“Fatto, in qualità di amministratore di una società di capitali (Alfa s.r.l. con sede in XXX), ne depositavo l'elenco soci ed il bilancio al 31.12.2005 - approvato il 29.5.2006 - il 26.01.2007, con 7 mesi di ritardo dal termine ex art. 2435 c.c.
Con Verbale di accertamento n. 2007/35 notificato il 1.3.2007, la C.C.I.A.A. di YYY, evocata la sanzione amministrativa massima ex art. 2630 c.c., co. 1 per tardivo deposito dell'elenco soci, pari a euro 2.065,00 e la sanzione amministrativa massima ex art. 2630 c.c., co. 2 per tardivo deposito del bilancio, pari a euro 2.753,34, mi invitava a sanare l'illecito mediante il pagamento della sanzione in misura ridotta ex art. 16 L. 689/'81, pari a euro 961,34.

In mancanza del suddetto pagamento, con Ordinanza n. 2009/55 notificatami il 25.6.2009, la C.C.I.A.A. mi ingiungeva il pagamento di euro 4.433,00 (pari alla sommatoria delle sanzioni effettive applicate - risultanti dalla tabella in atti della C.C.I.A.A. - di euro 1.900,00 per tardivo deposito dell'elenco soci e di euro 2.533,00 per tardivo deposito del bilancio).
Nelle more del Verbale 2007/35, la somma di euro 961,34 dovrebbe rappresentare un terzo della sanzione massima ex art. 2630 c.c., co. 2, ne consegue che la sanzione massima ex art. 2630 c.c., co. 2 irrogabile con l'Ordinanza - Ingiunzione corrisponde a euro 2.884,02 (961,34 x 3), viceversa la sanzione irrogata è pari a euro 4.433,00 talché la contraddizione e la mancata relazione e /o proporzione tra gli importi delle sanzioni previste dai due atti collegati sono palesi!
Opponevo l'Ordinanza in giudizio in quanto illegittima (non solo) per errore di calcolo della sanzione e nel contempo ne chiedevo alla C.C.I.A.A l'annullamento in autotutela, dei due procedimenti non ho ancora conseguito alcuna conclusione.
Di seguito, le deduzioni della sottoscritta in ordine alla corretta determinazione delle due sanzioni amministrative:
1. Il deposito contestuale 26.1.2007 dell'elenco soci e del bilancio 31.12.2005 rappresenta la violazione dei commi 1 e 2 dell'art. 2435 c.c. causando più violazioni della stessa disposizione con un'unica azione;
2. ex art. 8, co. 1, L. 689/'81: "chi con una azione od omissione (viola diverse disposizioni che prevedono sanzioni amministrative o) commette più violazioni della stessa disposizione, soggiace alla sanzione prevista per la violazione più grave, aumentata sino al triplo";


3. ex art.10, co.2, L. 689/'81 "(Fuori dei casi espressamente stabiliti dalla legge,) il limite massimo della sanzione
amministrativa pecuniaria non può, per ciascuna violazione superare il decuplo del minimo". Talché, per il combinato disposto degli articoli 2435 c.c., 8 co. 1 e 10 co. 2 L. 689/'81, ad avviso della sottoscritta la sanzione massima applicabile al caso di specie è pari a euro 2.746,60 ossia al decuplo del minimo della sanzione prevista per la violazione più grave ex art. 2630 co. 2, la quale ultima è pari a euro 274,66 (206,00 + 1/3 di 206,00).
Ma vieppiù!
4. Ex art. 16, co. 1, L.689/'81, " È ammesso il pagamento di una somma in misura ridotta pari alla terza parte del massimo della sanzione prevista per la violazione commessa, o, se più favorevole e qualora sia stabilito il minimo della sanzione edittale, pari al doppio del relativo importo......"; poiché per l'illecito amministrativo della specie è previsto ex art. 2630 c.c. il minimo della sanzione edittale, pari a euro 274,66 (v. punto 3), ne consegue che la sanzione in misura ridotta applicabile al caso di specie è pari a euro 549,32 (274,66 x 2) contro euro 961,34 del Verbale n. 2007/35.
Per quanto esposto, ritengo gli atti della C.C.I.I.A di YYY illegittimi perciò annullabili; in sintesi, alla sottoscritta risulta:
- che la sanzione amministrativa applicabile dal Verbale n. 2007/35 è pari a euro 549,32 (anziché euro 961,34);
- che la sanzione amministrativa applicabile dall'Ordinanza n. 2009/55 è pari a euro 2.746,60 (anziché euro 4.433,00).
Ferma la disponibilità a produrre gli atti della C.C.I.I.A. qui richiamati (ed eventuali altri), la sottoscritta chiede l'esame da parte Vostra della questione come esposta pertanto il Vostro parere in ordine:
- alla conformità legale dei criteri di ricalcolo delle sanzioni applicati dalla sottoscritta e degli importi conseguenti;
- alla ritenuta illegittimità del Verbale e dell'Ordinanza-Ingiunzione della C.C.I.I.A. di YYY quanto alle sanzioni irrogate.
Priva di un precedente ricorso alla Vostra prestazione, l'aspettativa è per la formulazione di una risposta articolata:
- sulla rappresentazione del fatto, il quale è corrispondente alla descrizione fornita dalla sottoscritta;
- sulla esposizione dei corretti criteri di determinazione delle sanzioni di cui al Verbale e all'Ordinanza e degli importi;
- sul parere di legittimità/illegittimità degli atti della C.C.I.I.A. visti i ritenuti errori di questa nel calcolo delle sanzioni.
Ringrazio della disponibilità, attendo l'esito via mail.

Consulenza legale i 25/11/2022
Le risposte ai suoi seguiti si basano sugli elementi contenuti nel Verbale di accertamento n. 35 del 27 febbraio 2007 e nell’Ordinanza n. 55 del 25 giugno 2009.
Le fattispecie, che le vengono contestate dalla Camera di Commercio Industria Artigianato e Agricoltura di Venezia, riguardano la mancata presentazione, quale amministratore unico della società Quantum srl, ai sensi dell’art. 2435 c.c. dell'elenco dei soci e del bilancio. In particolare, tali obblighi avrebbero dovuto essere adempiuti entro il termine di trenta giorni, decorrenti dall’approvazione del bilancio, pena l’applicazione delle sanzioni amministrative previste dall’art. 2630 commi 1 e 2. c.c. Detto articolo, nella versione applicabile ratione temporis, essendo nel frattempo intervenuta una modifica legislativa, prevedeva al comma 1, nel caso in cui fossero stato omesse denunce, comunicazioni o depositi, quali l’elenco soci, l’irrogazione della sanzione amministrativa pecuniaria 206 euro a 2.065 euro. Laddove, invece, fosse stato violato l’obbligo di deposito relativo ai bilanci, il comma 2 dell’art. 2630 c.c. prevedeva, e tutt’ora prevede, l’aumento di un terzo della predetta sanzione
Per quanto attiene il meccanismo di calcolo delle sanzioni, oltre a tali norme, parrebbero esserci delle linee guida, delle quali ci ha allegato un estratto con l’indicazione delle sanzioni applicabili dalla Camera di Commercio di Venezia per le violazioni di cui all’art. 2630 c.c., che nel caso di specie ammonterebbe ad euro 1.900 per la violazione dell’art. 2630 comma 1 c.c. ed aumentata di un terzo per la violazione prevista dal comma 2 del medesimo articolo.
Non è stato, tuttavia, possibile reperire il documento integrale.
Nel caso di specie risulta che il deposito, sia dell’elenco dei soci sia del bilancio, sia stato da lei effettuato in data 26 gennaio 2007 quindi all’incirca sette mesi dopo il termine fissato al 29 maggio 2006 che, come da lei comunicato, era la data in cui scadeva il termine di 30 giorni dall’approvazione del bilancio per effettuare il deposito.
Pertanto, in assenza di altri elementi, appare corretta la duplice violazione accertata dalla Camera di Commercio con il verbale di accertamento del 27 febbraio 2007 che, nella sua richiesta di parere, non risulta peraltro contestate in fatto.
Ciò detto, la disciplina del procedimento sanzionatorio in questione è contenuta nella l. n. 689 del 1981, la quale prevede, all’articolo 14, che gli estremi della violazione – quando non sia possibile la contestazione immediata – debbano essere notificati entro 90 giorni dall’accertamento.
Dalla notificazione del verbale di accertamento decorrono poi 60 giorni per il pagamento in misura ridotta previsto dall’art. 16 della l. n. 689 del 1981, della sanzione pecuniaria comminata che, potrà essere fissata, senza margine di discrezionalità da parte dell’ente, in misura pari alla terza parte del massimo della sanzione prevista per la violazione commessa o, se più favorevole e qualora sia stabilito il minimo della sanzione edittale, pari al doppio del relativo importo
Nel caso di specie, la sanzione in misura ridotta era stata calcolata in euro 961,34.
In mancanza di pagamento entro quel termine, il procedimento prosegue ordinariamente e può avere come esito o l’archiviazione o l’emissione dell’ordinanza – ingiunzione con la determinazione della somma dovuta. Nel determinare l’importo, l’amministrazione deve tener conto dei seguenti criteri: gravità della violazione; opera svolta dall’agente per l’eliminazione o attenuazione delle conseguenze dannose della violazione, personalità del trasgressore e delle sue condizioni economiche (art. 11, L. n. 689 del 1981).
Nel suo caso la sanzione irrogata è pari ad euro 4.433,00.
Venendo al quesito posto, ci si chiede di ricevere un parere in merito al corretto ammontare delle sanzioni irrogate e, quindi, se gli atti adottati dalla Camera di Commercio siano o meno legittimi.
Sul punto, occorre precisare preliminarmente che non risulta applicabile al suo caso la previsione di cui all’art. 8 della l. n. 689 del 1981, recante la disciplina del c.d. cumulo giuridico in quanto, come ha avuto modo di precisare la giurisprudenza “In tema di sanzioni amministrative, ai fini dell'applicazione dell'art. 8 della l. n. 689 del 1981 - che prevede l'applicazione della sanzione nella misura massima del triplo di quella prevista per la violazione più grave in ordine a plurime trasgressioni (n.d.r. il c.d. “cumulo giuridico”) di diverse disposizioni o della medesima disposizione - è necessario che la pluralità delle violazioni derivi da un'unica azione od omissione e dunque va esclusa nel caso di condotte distinte.(Tribunale Salerno sez. I, 11 agosto 2022, n.2807; in termini Cassazione civile sez. II, 21 maggio 2020, n.9385).

Invero, nel caso di specie, la violazione dell’art. 2630 comma 1 e comma 2 c.c. deriva da due condotte distinte.

Tali condotte, sia pur contestuali in quanto il Codice Civile, all’art. 2435 c.c., ne prevede, per l’adempimento, il medesimo termine di trenta giorni decorrenti dall’approvazione del bilancio, hanno portato alla violazione di due distinte norme di legge: una concernente il mancato deposito nel termine dell’elenco dei soci e l’altra l’omessa denuncia del bilancio d’esercizio. Pertanto, non opera nel suo caso il trattamento giuridico più favorevole, dato dall’irrogazione della sanzione prevista per la violazione più grave aumentata fino al triplo, dovendosi, invece, procedere al c.d. cumulo materiale, vale a dire all’applicazione delle sanzioni indicate da ogni singola disposizione violata.
Per tale ragione, quindi, non opera neppure il limite previsto dall’art. 10 della l. n. 689 del 1981.
Alla luce di quanto detto, tornando alla legittimità delle sanzioni irrogate dalla Camera di Commercio di Venezia, si osserva che:
  • Per quanto attiene alla sanzione irrogata con il Verbale di accertamento n. 35 del 27 febbraio 2007, ossia il pagamento in misura ridotta, si rileva che la somma irrogata risulta legittima in quanto consiste nel cumulo derivante dal doppio della sanzione minima prevista dall’art. 2630 comma 1 c.c. (206 x 2= 412) e dal doppio della sanzione minima prevista per la violazione dell’art. 2630 comma 2 c.c. (206 + 1/3= 274,66 x 2 = 549,34) e dunque per un totale di 961,34 euro (412 + 549,34).
  • Per quanto concerne, invece, la sanzione stabilita nell’ordinanza ingiunzione n. 55 del 25 giugno 2009, le è stata irrogata la sanzione che, dalle linee guida della Camera di Commercio, si ritiene applicabile al ritardo nel deposito che va da 6 a 12 mesi, fissato nella forbice ex art. 2630 comma 1 c.c., ad euro 1.900. A tale importo è stato poi aggiunto l’aumento di 1/3 previsto dal comma 2 della art. 2630 c.c. ossia 2.533 euro (1.900 + 1/3= 2.533) per un totale di 4.433 euro (1.900 + 2.533).
Ora, posto che entrambe le sanzioni irrogate appaiono legittime, occorre precisare che:
-quanto al pagamento in misura ridotta, non sussiste alcun margine di discrezionalità dell’ente nell’irrogare la sanzione, essendo previsto per legge che debba essere applicato il doppio del minimo che, nel caso di specie, come sopra chiarito, risulta correttamente calcolato.
- quanto invece alla sanzione irrogata nell’ordinanza ingiunzione, si osserva che avrebbe potuto interloquire con l’ente chiedendo, anziché l’annullamento degli atti, una revisione dell’importo irrogato argomentando in ordine ai criteri di determinazione della sanzione che, come sopra richiamati e previsti dall’art. 11, L. n. 689 del 1981, l’ente avrebbe potuto valorizzare per determinare una somma inferiore e quindi a lei più favorevole.
In conclusione, si ritiene che ad oggi, appaiono ormai scaduti i termini sia per poter presentare memorie difensive (30 giorni dalla notifica del Verbale di accertamento del 27 febbraio 2007) sia il ricorso all’Autorità giudiziaria competente averso l’ordinanza – ingiunzione che avrebbe dovuto esser presentato nel termine di trenta giorni dalla notifica dell’ordinanza avvenuta il 22 giugno 2009, con i quali avrebbe potuto chiedere la rideterminazione, all’ente o al Giudice, dell’ammontare della somma irrogata.