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Articolo 2226 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 26/11/2024]

Difformità e vizi dell'opera

Dispositivo dell'art. 2226 Codice Civile

L'accettazione espressa o tacita dell'opera(1) libera il prestatore d'opera dalla responsabilità per difformità o per vizi della medesima [1578], se all'atto dell'accettazione questi erano noti al committente o facilmente riconoscibili, purché in questo caso non siano stati dolosamente occultati [1512, 1665, 1745].

Il committente deve, a pena di decadenza, denunziare le difformità e i vizi occulti [1490, 1667], al prestatore d'opera entro otto giorni dalla scoperta [1495, 2964]. L'azione si prescrive entro un anno dalla consegna.

I diritti del committente nel caso di difformità o di vizi dell'opera sono regolati dall'articolo 1668 [2946](2).

Note

(1) L'accettazione fa sorgere il diritto al compenso e determina il passaggio di proprietà dell'opera, se la materia è fornita dal prestatore; invece, se la materia è fornita dal committente, la proprietà dell'opera gli spetta fin dal suo sorgere.
(2) Il rinvio all'art. 1668 consente al committente di scegliere tra i seguenti rimedi:
a) l'eliminazione dei vizi e delle difformità a spese del prestatore d'opera;
b) la riduzione proporzionale del prezzo;
c) la risoluzione se l'opera è inadatta alla sua funzione.
Oltre al diritto al risarcimento del danno in caso di colpa del prestatore.

Ratio Legis

L'articolo si riferisce alle prestazioni materiali, con la conseguenza che le statuizioni in esso contenute, anche in ordine ai termini di decadenza e prescrizione dell'azione non sono applicabili alla prestazione d'opera intellettuale, stante l'eterogeneità della prestazione da quella manuale.

Massime relative all'art. 2226 Codice Civile

Cass. civ. n. 8058/2023

Sussiste la responsabilità dell'architetto, dell'ingegnere o del geometra, il quale, nell'espletamento dell'attività professionale consistente nell'obbligazione di redigere un progetto di costruzione o di ristrutturazione di un immobile, non assicuri la conformità dello stesso alla normativa urbanistica, in quanto l'irrealizzabilità del progetto per inadeguatezze di natura tecnica costituisce inadempimento dell'incarico e consente al committente di rifiutare di corrispondergli il compenso, ovvero di chiedere la risoluzione del contratto. Né la responsabilità del professionista viene meno e può riconoscersi il suo diritto ad ottenere il corrispettivo ove la progettazione di una costruzione o di una ristrutturazione in contrasto con la normativa urbanistica sia oggetto di un accordo tra le parti per porre in essere un abuso edilizio, spettando tale verifica al medesimo professionista, in forza della sua specifica competenza tecnica, e senza che perciò possa rilevare, ai fini dell'applicabilità dell'esimente di cui all'art. 2226, comma 1, c.c., la firma apposta dal committente sul progetto redatto.

Cass. civ. n. 27370/2021

In tema di contratto d'opera e in ipotesi di difformità e vizi dell'opera, ai sensi dell'art. 2226 c.c., la denuncia deve essere effettuata nei confronti dell'effettivo prestatore d'opera, sicché non è idonea ad impedire la decadenza la denuncia, anche se tempestiva, effettuata nei confronti di un soggetto terzo che, pur avendo un rapporto diretto con il committente, non abbia alcuna diretta relazione con il prestatore d'opera e che risulti del tutto estraneo in ordine alla responsabilità per i vizi riscontrati.

Cass. civ. n. 10057/2019

In tema di contratto d'opera per la redazione di un progetto edilizio, pur trattandosi di una fase preparatoria rispetto all'esecuzione dell'opera, il professionista (che nella specie abbia cumulato l'incarico di progettista e di direttore dei lavori), deve assicurare la conformità del medesimo progetto alla normativa urbanistica ed individuare in termini corretti la procedura amministrativa da utilizzare, così da prevenire la soluzione dei problemi che precedono e condizionano la realizzazione dell'opera richiesta dal committente. Ne consegue che ne sussiste la responsabilità per l'attività espletata sia nella fase antecedente all'esecuzione delle opere in relazione alla scelta del titolo autorizzativo occorrente per il tipo di intervento edilizio progettato sia in quella successiva di controllo e verifica della difformità dell'opera progettata rispetto a quella eseguita, non costituendo la riscontrata difformità di per sè indice di un accordo illecito volto alla realizzazione di un abuso edilizio, trattandosi di un obbligo del professionista giustificato dalla specifica competenza tecnica necessariamente richiesta a chi abbia assunto l'incarico del progetto e della direzione dei lavori.

Cass. civ. n. 15502/2018

In tema di contratto d'opera e in ipotesi di difformità e vizi dell'opera, ai sensi dell'art. 2226 c.c. e al fine di individuare il termine di decadenza per la denunzia di essi, occorre distinguere i vizi noti al committente o facilmente riconoscibili da quelli occulti, giacché, nella prima ipotesi, l'accettazione dell'opera senza riserve libera il prestatore dalla responsabilità per i suddetti vizi mentre, nella seconda, il termine di decadenza di otto giorni decorre dalla relativa scoperta, a prescindere, quindi, dall'accettazione dell'opera.

Cass. civ. n. 4908/2015

In tema di contratto di prestazione d'opera, sebbene l'art. 2226 cod. civ. non ne faccia richiamo, è applicabile la disciplina dettata, con riguardo al contratto di appalto, dall'art. 1667 cod. civ. in ordine alla garanzia per i vizi, secondo cui la denuncia dei vizi non è necessaria se l'appaltatore ha riconosciuto i vizi o li ha occultati, conseguendone che l'impegno di provvedere alla eliminazione dei difetti o vizi dell'opera dà vita ad un nuovo rapporto che si sostituisce a quello originario ed è fonte di un'autonoma obbligazione, che si prescrive nel termine ordinario decorrente dalla data di assunzione dell'impegno stesso.

In tema di contratto d'opera, allorché il prestatore eccepisca la decadenza del committente dalla garanzia di cui all'art. 2226 cod. civ. per i vizi dell'opera eseguita, incombe su quest'ultimo l'onere di dimostrare di averli tempestivamente denunziati, costituendo tale denuncia una condizione dell'azione.

Cass. civ. n. 682/2006

Nel contratto d'opera, la denuncia dei vizi dell'opera è valida ed efficace anche se ai vizi lamentati il committente colleghi conseguenze dannose non ascrivibili all'opera eseguita, purché comunque essi pregiudichino, in tutto o in parte, l'esecuzione dell'opera. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto valida ed efficace la denuncia dei vizi relativi alla cattiva esecuzione di una pavimentazione, anche se il denunciante ad essa collegava causalmente il verificarsi di un fenomeno di infiltrazioni, in ordine al quale la sussistenza del nesso causale con la accertata cattiva esecuzione del pavimento era stata esclusa in corso di causa).

Cass. civ. n. 15781/2005

Le disposizioni dell'art. 2226 c.c., in tema di decadenza e prescrizione dell'azione di garanzia per vizi dell'opera, sono inapplicabili alla prestazione d'opera intellettuale, ed in particolare alla prestazione del professionista che abbia assunto l'obbligazione della redazione di un progetto di ingegneria o della direzione dei lavori, ovvero l'uno e l'altro compito, attesa l'eterogeneità della prestazione rispetto a quella manuale, cui si riferisce l'art. 2226 c.c., norma che perciò non è da considerare tra quelle richiamate dall'art. 2230 dello stesso codice; pertanto, si deve escludere che il criterio risolutivo ai fini dell'applicabilità. delle predette disposizioni alle prestazioni in questione possa essere costituito dalla distinzione — priva di incidenza sul regime di responsabilità del professionista — fra le cosiddette obbligazioni di mezzi e le cosiddette obbligazioni di risultato: e ciò tenuto conto anche della frequente commistione, rispetto alle prestazioni professionali in questione, delle diverse obbligazioni in capo al medesimo o a distinti soggetti in vista dello stesso scopo finale, a fronte della quale una diversità di disciplina normativa risulterebbe ingiustificata.

Cass. civ. n. 3295/2003

In tema di contratto d'opera ed in ipotesi di difformità e vizi dell'opera, ai sensi dell'art. 2226 c.c. ed al fine di individuare il termine di decadenza per la denunzia di essi, occorre distinguere i vizi noti al committente o facilmente riconoscibili da quelli occulti, giacché nella prima ipotesi l'accettazione dell'opera senza riserve libera il prestatore dalla responsabilità per i suddetti vizi, mentre nella seconda ipotesi il termine di decadenza di otto giorni decorre dalla relativa scoperta, a prescindere quindi dall'accettazione dell'opera.

Cass. civ. n. 2724/2002

Il committente di una prestazione di opera intellettuale (nella specie, progettazione di edificio da destinare ad attività alberghiera) rivelatasi inadeguata, non ha il diritto di pretendere l'eliminazione delle difformità e dei vizi, ma, neppure, è tenuto ad accettarla, ove l'altra parte si offra di modificarla o vi dia corso di sua iniziativa, sicché legittimamente il committente può avvalersi dell'eccezione inadimplementi non est adimplendum e, pertanto, rifiutarsi di versare il corrispettivo pattuito.

Cass. civ. n. 1874/2000

In tema di esecuzione di contratto d'opera, la mancata denunzia dei vizi della stessa, da parte del committente, nel termine stabilito dall'art. 2226, secondo comma, c.c., ne determina la non incidenza sulla efficacia del contratto, con la conseguenza che detti vizi non possono essere fatti valere neanche al fine di eccepire l'inesatto adempimento da parte del prestatore d'opera, qualora questi richieda il pagamento del corrispettivo convenuto. Alla medesima conclusione deve pervenirsi con riguardo alla richiesta del committente di risarcimento, ex art. 2043 c.c., dei danni causati dalla condotta illecita del prestatore, potendosi profilare una responsabilità extracontrattuale di quest'ultimo solo in relazione a fatti diversi da quelli oggetto dello specifico regolamento negoziale, il quale, come precisato, esclude la rilevanza dei vizi non tempestivamente denunziati.

Cass. civ. n. 8033/1993

Poiché l'obbligazione di redigere un progetto di costruzione è di risultato, impegnando il professionista alla prestazione di un progetto concretamente realizzabile, il committente, in base al principio inadimplenti non est adimplendum, ha diritto di rifiutare il compenso al professionista che abbia fornito il progetto di un'opera non conforme agli strumenti urbanistici del comune del luogo in cui deve essere eseguita.

Cass. civ. n. 12820/1992

Mentre nella progettazione di un edificio è ravvisabile una obbligazione di risultato, risolvendosi l'attività del professionista nel mettere a disposizione del proprio cliente un determinato bene avente un'autonoma utilità, nella direzione dei lavori di esecuzione dell'opera progettata va ravvisata invece un'obbligazione di mezzi concretandosi essa in un complesso di attività strumentali rispetto all'obiettivo finale della realizzazione dell'edificio a regola d'arte in conformità del progetto. Ne consegue che i termini di decadenza e di prescrizione di cui all'art. 2226 c.c. sono applicabili al contratto avente per oggetto la redazione del progetto e non a quello con cui viene conferito l'incarico della direzione dei lavori, neppure quando le due attività siano svolte dallo stesso professionista, in quanto nella direzione dei lavori manca il compimento dell'opus dalla cui consegna soltanto possono farsi decorrere i due suddetti termini.

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Umberto P. chiede
sabato 13/03/2021 - Lombardia
“In Gennaio 2020 faccio eseguire nella mansarda (non abitabile) della mia abitazione dei lavori edili (pavimentazione, viene ricavato un piccolo bagno, installazione di condizionatore d'aria, piastrelle ecc.).
Il muratore che si occuperà dei lavori è in attività presso un'impresa edile di sua proprietà.
Viene concordato verbalmente un preventivo di spesa di 8.000 euro e consegnati acconti durante l'avanzamento dei lavori (diventeranno - a lavori ultimati - 11.000 euro). Non ho nessuna traccia dei pagamenti erogati (effettuati di volta in volta in denaro contante).
A termine lavori il risultato è di pessima qualità, con evidentissimi difetti di manifattura (posseggo fotodocumentazione).
Il muratore, dal termine dei lavori in poi, si rende irreperibile rispetto a qualunque tentativo di contatto (per un’eventuale mediazione).
E' possibile/opportuno a vostro parere qualche intervento (con finalità risarcitoria) nei confronti del muratore?”
Consulenza legale i 18/03/2021
Va premesso che il rapporto intercorso tra le parti va inquadrato nell’ambito del contratto d’opera, previsto e disciplinato dagli artt. 2222 e ss. c.c.
Nel caso in cui l’opera realizzata presenti vizi o difformità, il committente può chiedere che le difformità o i vizi siano eliminati a spese del prestatore d’opera, oppure che il prezzo sia proporzionalmente diminuito, salvo il risarcimento del danno nel caso di colpa del prestatore. Se, però, le difformità o i vizi dell'opera sono tali da renderla del tutto inadatta alla sua destinazione, il committente può chiedere la risoluzione del contratto (art. 1668 c.c., dettato in tema di appalto ma espressamente richiamato dall’art. 2226 c.c.).
Ora, la legge prevede termini abbastanza ridotti per la denuncia dei vizi da parte del committente; se la denuncia non è tempestiva, non sarà operante la garanzia.
In particolare, il menzionato art. 2226 c.c., al comma 2, prevede un doppio termine (uno di decadenza, l’altro di prescrizione), stabilendo che il committente deve, a pena di decadenza, denunziare le difformità e i vizi occulti al prestatore d'opera entro otto giorni dalla scoperta; l'azione si prescrive entro un anno dalla consegna.
Nel nostro caso, pertanto, occorrerebbe verificare che tali termini non siano decorsi.
Ma, soprattutto, siamo di fronte ad un evidente problema di prova: assenza di un contratto scritto e di qualsivoglia documentazione utile a dimostrare l’esistenza del rapporto in questione, come un preventivo scritto, per non parlare di eventuali stati di avanzamento lavori. Anche il preventivo, infatti, è stato concordato verbalmente, ed i pagamenti sono stati eseguiti in contanti, quindi senza nessuna possibilità di tracciamento.
A ciò si aggiunga, comunque, che l’art. 2721 c.c. vieta la prova per testimoni dei contratti, quando il valore dell'oggetto eccede gli euro 2,58; l'autorità giudiziaria, tuttavia, può consentire la prova oltre il predetto limite, sulla base della valutazione di elementi come la qualità delle parti, la natura del contratto e “ogni altra circostanza”.
Si tratta, però, di una valutazione rimessa al potere discrezionale del giudice, che è tenuto a motivarne l’esercizio; inoltre, la recentissima Cass. Civ., Sez. II, 20/04/2020, n. 7940, ha precisato che la deroga al divieto di prova per testi dei contratti “è subordinata ad una concreta valutazione delle ragioni in base alle quali, nonostante l'esigenza di prudenza e di cautela che normalmente richiedono gli impegni relativi a notevoli esborsi di denaro, la parte non abbia curato di predisporre una documentazione scritta.
Nel nostro caso, sarebbe stata opportuna, quanto meno, la redazione di un preventivo scritto, recante l’indicazione più dettagliata possibile dei lavori da eseguire, anche per verificare l’esattezza dell’adempimento del prestatore, oltre naturalmente all’effettuazione di pagamenti con mezzi tracciabili. Tuttavia ciò non è avvenuto, nonostante il corrispettivo sia di importo tutt’altro che trascurabile, considerate la natura dell'opera e la qualità delle parti. Tale scelta si è rivelata imprudente, e non appare sorretta da motivazioni che possano essere considerate apprezzabili da un giudice. Anzi, un'operazione di questo tipo effettuata "in nero", con tutte le implicazioni che ciò comporta, non sarebbe certo guardata con favore. Un eventuale giudizio, in queste condizioni, sarebbe sicuramente rischioso per il committente.