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Articolo 1615 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 26/11/2024]

Gestione e godimento della cosa produttiva

Dispositivo dell'art. 1615 Codice Civile

(1)Quando la locazione ha per oggetto il godimento di una cosa produttiva, mobile o immobile, l'affittuario deve curarne la gestione in conformità della destinazione economica della cosa [1618, 1619] e dell'interesse della produzione [1619, 1620]. A lui spettano i frutti [820, 821] e le altre utilità(2) della cosa [41 Cost.].

Note

(1) L'affitto è un tipo particolare di locazione (1571 c.c.) da cui si distingue poiché ha ad oggetto un bene produttivo. Come la locazione è un contratto oneroso (in cui il corrispettivo prende il nome di affitto), consensuale e ad effetti obbligatori (1376 c.c.) che, se ha ad oggetto immobili, deve essere trascritto (1350 c.c.).
(2) Cioè le utilità che avvantaggiano in modo indiretto l'affittuario.

Ratio Legis

Poiché l'affitto ha ad oggetto beni produttivi, l'affittuario non ha solo la custodia e la conduzione del bene (v. 1587 c.c.) ma anche la sua gestione, al fine di valorizzarne la produttività e mantenerla intatta a favore del locatore e dei successivi affittuari.

Spiegazione dell'art. 1615 Codice Civile

Affitto o locazione di beni produttivi

L'« affitto » è stata una novità del codice civile del 1942, e, si può dire, la più originale novità del contratto di locazione, anche se da un punto di vista astratto non si scorga la necessità di separare, nel concetto del godimento, quello dei beni produttivi dall'altro dei beni improduttivi.


Affitto e locazione

La nozione dell'affitto ha dato luogo a qualche disputa. La prima affermazione giurisprudenziale sul contratto in esame è che esso si differenzia dalla locazione per il contenuto del rapporto, che nella locazione è il godimento della cosa considerata in sé e per sé quale bene patrimoniale suscettibile di arrecare una qualsiasi utilità, mentre nell'affitto si concreta nel godimento di una cosa che produce frutti e in quanto ne produce. Questa decisione ha creduto di trovare l'elemento discriminatore non tanto nella natura intrinseca della cosa che forma oggetto del rapporto ovvero nel fatto che la cosa stessa venga adibita a scopo produttivo oppure nella necessità, ai fini del godimento, dell'esercizio di un'attività da parte del conduttore, quanto nel contenuto intrinseco del rapporto che nell'affitto è più ampio che non nella locazione in genere avendosi cura che la capacità produttiva della cosa venga integralmente mantenuta e, per quanto è possibile, incrementata.
Anche il criterio di distinzione fondato sull'esercizio o meno di un'attività personale da parte del conduttore non inciderebbe sull'essenza della nozione di bene produttivo. Questa interpretazione, per quanto suggestiva ed autorevole, prescinde dalla lettera della disposizione, e non tiene conto della parola della Relazione, che fonda invece la distinzione sulla natura della cosa e sull'esercizio dell'attività personale del conduttore.
Su questi elementi e non sul contenuto del rapporto il legislatore ha inteso basarsi nel porre di fronte i due concetti, giacché non è dato in astratto separare il concetto di godimento dei beni produttivi, da quello dei beni improduttivi.


Nozione di cosa produttiva

L'affitto ha per oggetto una cosa produttiva. Cosa produttiva è qualunque bene che ha attitudine, per la sua struttura e per la sua funzione organica, a produrre altri beni economicamente valutabili. Sono perciò cose produttive i fondi rustici, le miniere, le cave, le aziende commerciali o industriali. Non sono invece cose produttive quelle che producono soltanto un'utilità indiretta, cioè mediante un atto di scambio tra colui che dispone della cosa e ne concede ad altri l'uso e il godimento e colui che la cosa gode versando un corrispettivo.

A proposito dell'affitto è formulata in maniera più energica l'affermazione del dovere di esercitare il diritto subiettivo in modo che ne derivi incremento alla ricchezza della Nazione o, come dice la legge, in modo da conformare la gestione della cosa locata all'interesse superiore della produzione.
È attribuito all'affittuario il potere di trarre dalla cosa la massima utilità e ciò — precisa la Relazione — come stimolo per una sua attività diretta all'incremento della produzione; ma questo potere, conferito per fini di carattere collettivo, si contempera con l'interesse del proprietario a non subire oneri che finirebbero per ripercuotersi unicamente nella sua sfera.

L'art. 1615 del codice abrogato, tra le regole particolari alla locazione dei fondi rustici, imponeva pure all'affittuario diversi obblighi, ma con tale disposizione si aveva riguardo all'interesse esclusivo del locatore. Un accenno agli interessi superiori della produzione, si trova nell'art. 544 del codice civile 1865 dettato in materia di servitù derivanti dalla situazione dei luoghi, dal quale poteva trarsi il principio, secondo il quale l'affittuario (e anche il proprietario coltivatore diretto), nell'adibire il fondo alla coltivazione ritenuta più redditizia e vantaggiosa doveva comportarsi in modo da non danneggiare i fondi vicini e in modo che il loro uso e sfruttamento normale non venisse danneggiato. Ma anche qui l'interesse dell'agricoltura era preso in considerazione più in funzione dell'interesse dei proprietari vicini che non quale pubblico interesse all'incremento della produzione.
Queste considerazioni consentono di accogliere la definizione che del contratto di affitto ha dato il Bassanelli: contratto con il quale ci si obbliga a permettere ad altri l'esercizio dell'impresa su di un bene nostro. Nel dualismo tra impresa e proprietà la legge mira ad atte­nuare le conseguenze della scissione che possono riuscire dannose all'economia generale.

L'affittuario non soltanto deve gestire la cosa locata nell'interesse superiore della produzione, ma deve curare la gestione stessa in con­formità della destinazione economica della cosa. Tale destinazione non può essere mutata stabilmente dall'affittuario, che deve osservare le regole della buona tecnica (art. 1618) affinché la cosa sia in ogni tempo idonea alla produzione.

La cosa produttiva, che forma oggetto del rapporto d'affitto, può essere tanto mobile che immobile. L'affitto di un fondo rustico è esempio di affitto di cosa immobile, quello di un gregge o di una mucca è esempio di affitto di cosa mobile.
All'affittuario spettano i frutti e le altre utilità della cosa. Sono frutti naturali quelli che provengono direttamente dalla cosa, vi concorra o no l'opera dell'uomo, come i prodotti agricoli, la legna, i parti degli animali, la lana delle pecore, i prodotti delle miniere, cave e torbiere (art. 820 cod. civ.). Per l'art. 821 del codice i frutti naturali appartengono al proprietario della cosa che li produce, salvo che la loro proprietà sia attribuita ad altri: una eccezione alla regola è appunto costituita dall'affitto, che attribuisce all'affittuario, ad esclusione del proprietario, i frutti e le altre utilità della cosa.

Relazione al Libro delle Obbligazioni

(Relazione del Guardasigilli al Progetto Ministeriale - Libro delle Obbligazioni 1941)

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)

Massime relative all'art. 1615 Codice Civile

Cass. civ. n. 5391/2012

Il contratto avente per oggetto lo sfruttamento di una cava non può essere inquadrato nello schema della vendita immobiliare, ove ad esso sia apposto un termine finale, attesa l'impossibilità tecnico-giuridica, nel nostro ordinamento, di una vendita sottoposta a termine finale per l'inammissibilità della proprietà temporanea, essendo invece esso tipicamente sussumibile, ai sensi degli artt. 820 e 1615 c.c., nella figura del contratto di affitto. (Nella specie, la S.C. ha osservato che la clausola della temporaneità aveva significato dirimente per escludere l'inquadramento della fattispecie nel contratto di vendita immobiliare, anche in presenza della previsione della rinuncia all'ipoteca legale).

Cass. civ. n. 10106/2000

Il criterio discretivo tra locazione di immobile ad uso non abitativo e affitto d'azienda è fondato, rispettivamente, sulla valenza assorbente ed esclusiva dell'immobile nel primo caso e, viceversa, sulla sua considerazione funzionalmente paritaria e complementare con gli altri beni organizzati per l'azienda, nel secondo caso.

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