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Articolo 1381 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 26/11/2024]

Promessa dell'obbligazione o del fatto del terzo

Dispositivo dell'art. 1381 Codice Civile

Colui che ha promesso l'obbligazione o il fatto(1) di un terzo(2) è tenuto a indennizzare(3) l'altro contraente, se il terzo rifiuta di obbligarsi o non compie il fatto promesso(4).

Note

(1) Il fatto del terzo fa riferimento ad un ventaglio di possibilità quali, ad esempio, la stipula di un contratto o anche un mero comportamento materiale.
(2) Terzo è colui che è estraneo alla promessa nel senso che non vi ha preso parte, poichè l'accordo intercorre tra altre parti.
(3) Con l'indennizzo il destinatario della promessa deve conseguire quanto non ha ottenuto dal promissario. È escluso, invece, che il promittente sia tenuto personalmente alla prestazione del terzo.
(4) Se, invece, il terzo assume l'obbligazione del promittente ma poi non adempie, la responsabilità grava solo in capo a questi.

Ratio Legis

La norma è volta a contemperare due esigenze: quella del terzo, che è estraneo alla promessa e non può essere costretto a tenervi fede e quella del soggetto cui la promessa è rivolta, che vi ha confidato e che, quindi, deve essere indennizzato se non ottiene la prestazione.

Spiegazione dell'art. 1381 Codice Civile

La promessa del fatto del terzo, e suoi effetti in generale

Il secondo comma dell'art. 1372 pone il principio che il contratto non produce effetto rispetto ai terzi. Questo principio importa che né i terzi possono giovarsi del contratto, né possono ricevere oneri dal medesimo. Per quanto concerne i benefizi che il contratto voglia assicurare ai terzi, opportune deroghe al principio sono state fatte dal codice del 1942 al capitolo IX, di questo Libro IV, titolo II, capitolo concernente appunto i contratti a favore di terzi. Invece, quanto alle prestazioni che due parti, fra loro contraendo, si propongono di ottenere dai terzi, nessun obbligo poteva addossare il codice a costoro, non potendo essi rimaner vincolati senza il loro consenso. Per conseguenza, o si ritiene nulla la promessa fatta da Tizio a Caio circa la prestazione di Sempronio ovvero essa si traduce in un semplice obbligo di risarcimento di Tizio verso Caio se Sempronio ricuserà di obbligarsi o non compirà il fatto divisato. Ambo i codici, quello vecchio e quello nuovo, hanno scelto giustamente la seconda strada, conferendo all'impegno preso dallo stipulante l'unica efficacia che esso può razionalmente avere, quale garanzia dello stipulante per l’eventuale rifiuto del terzo.

Tale garanzia vale soltanto se il promissario ha un interesse ad ottenere il fatto del terzo. E come il promissario non ha azione verso il terzo, così non ha nemmeno diritto di pretendere che il promittente si sostituisca al terzo nella prestazione specifica, perché questo diritto non gli è conferito dall'art. 1381. Però, secondo noi, il terzo non ha diritto di rifiutare la sostituzione del promittente, nei limiti dell'articolo 1180 primo comma: in particolare ciò sarebbe in contrasto con la buona fede che si esige da ambo le parti nel campo della esecuzione. Giustamente poi si è avvertito che il promittente risponde dei danni, nonostante ogni inutile sforzo che abbia fatto per persuadere il terzo riluttante.

Il fatto del terzo può essere tanto commissivo che omissivo, tanto la consegna di una cosa quanto la prestazione di un servizio. Se il fatto del terzo è illecito, è nulla anche la promessa.


Differenze di formulazione fra il codice del 1865 e quello del 1942, ed effetti

Fra il testo del 1865 ed il testo del 1942 vi sono alcune differenze: nel codice del 1865 si prevede l'ipotesi di chi si obbliga, promettendo la ratifica del terzo oppure addirittura la prestazione, che il terzo abbia a compiere. Nel codice del 1942 si prevede invece l'ipotesi di chi promette l'obbligazione del terzo e l'ipotesi di chi promette il fatto che il terzo abbia a compiere. Nel codice del 1865 l'indennità è dovuta solo se il terzo ricusa di adempiere: nel codice del 1942 è dovuta invece se il terzo rifiuta di obbligarsi o se rifiuta di adempiere.

Si può dire che la promessa di ratifica (testo del 1865) e la promessa di obbligazione (testo del 1942), sostanzialmente coincidono, perché il terzo, ratificando, fa sua l'obbligazione. Ma non coincidono le conseguenze. Anzitutto, nel codice del 1865 il rifiuto di dare la ratifica non impegna lo stipulante se poi il terzo adempie, invece nel codice del 1942, il rifiuto di assumere l’obbligazione da parte del terzo impegna lo stipulante, anche se poi l'adempimento ha luogo. E può facilmente accadere che i1 terzo, la cui obbligazione è promessa, ricusi di farla sua, senza con questo escludere la prospettiva di adempimento, riservandosi libertà di dare o non dare la prestazione a seconda delle circostanze. E’ chiaro che il creditore si trova allora in una posizione meno favorevole di quella che lo stipulante gli ha garantito, e per conseguenza l'indennità può essere giustificata, dato che l'incertezza gli rechi pregiudizio.

In secondo luogo, nel codice del 1865, la ratifica promessa, seguita da inadempimento, impegnava il promittente. Al contrario, secondo il codice del 1942, se il promittente si è impegnato soltanto per l'obbligazione del terzo, e questo la assume, cio che può fare in modo anche tacito, non crediamo che l'inadempimento del terzo impegni il promittente. Quest'ultima conclusione non scaturisce forse in modo cristallino dal testo del 1942, ma il senso, secondo noi, non è dubbio, perché alle due ipotesi alternativamente previste dell’obbligazione o del fatto, corrispondono alternativamente le due conseguenze del rifiuto di obbligarsi o del mancato adempimento del fatto promesso. Ambo le variazioni ci sembrano giustificate.


Promessa di fatto del terzo garantita con cauzione o con promessa di fatto proprio

La promessa del fatto del terzo sovente si coordina con una promessa di fatto proprio, sotto forma di cauzione, o di prestazione che il promittente dà o promette, per l'ipotesi che il terzo non adempia. Il patto è lecito, e conferisce alla mancata prestazione del terzo il carattere di condizione a cui è subordinato l’obbligo, da parte del promittente, di dare quello che ha promesso come garanzia.

Questo contratto può ricordare lontanamente la fideiussione, ma ne differisce perché, come è stato giustamente notato, il terzo non ha nessun obbligo. Ora, mentre la fideiussione non regge se non è valida l'obbligazione principale (art. 1939), invece, in questo caso, l’obbligo del promittente è valido, nonostante che il terzo non abbia nessun obbligo a quella prestazione che viene garantita. Si tratta dunque di una figura giuridica di per sè stante, giustificata dai principi posti all'art. 1381.

Massime relative all'art. 1381 Codice Civile

Cass. civ. n. 9114/2019

La promessa del fatto del terzo, ex art. 1381 c.c., si connota per la funzione di garanzia di un determinato risultato ed è pertanto configurabile laddove, nel corso delle trattative per la stipula di un contratto di vendita, un terzo estraneo consegni ad una delle parti contraenti un assegno bancario, la cui restituzione sia condizionata alla successiva effettiva conclusione dell'affare.

Cass. civ. n. 24853/2014

Con la promessa del fatto del terzo, il promittente assume una prima obbligazione di "facere", consistente nell'adoperarsi affinché il terzo si impegni o tenga il comportamento promesso, onde soddisfare l'interesse del promissario, ed una seconda obbligazione di "dare", cioè di corrispondere l'indennizzo nel caso in cui, nonostante si sia adoperato, il terzo si rifiuti di obbligarsi o di tenere il comportamento oggetto della promessa, sicchè, qualora l'obbligazione di "facere" non venga adempiuta e l'inesecuzione, totale o parziale, sia imputabile al promittente, il promissario avrà a disposizione gli ordinari rimedi contro l'inadempimento (quali la risoluzione del contratto, l'azione di inadempimento, l'azione di adempimento), mentre se, nonostante l'esatto adempimento dell'obbligazione di "facere", il promissario non abbia ottenuto il risultato sperato a causa del rifiuto del terzo, diverrà attuale l'altra obbligazione di "dare", in virtù della quale il promittente sarà tenuto a corrispondere l'indennizzo.

Cass. civ. n. 16305/2009

La promessa, da parte del venditore di quote sociali, delle dimissioni volontarie di un dipendente della società, qualora comporti le dimissioni nel periodo compreso tra la richiesta delle pubblicazioni di matrimonio e il decorso di un anno dalla celebrazione dello stesso, si configura come promessa del fatto del terzo nulla per contrarietà a norme imperative poste a tutela della donna in osservanza dei principi costituzionali (art. 37 Cost.), atteso che l'art. 1 della L. 9 gennaio 1963, n. 7 (ora art. 35 del D.L.vo 11 aprile 2006, n. 198) prevede la nullità sia del licenziamento che delle dimissioni volontarie nel periodo di riferimento; né vale ad escludere la nullità la previsione della possibilità di conferma delle dimissioni da parte della lavoratrice all'ufficio del lavoro (quarto comma dell'art. 1 suddetto), in quanto quest'ultima disposizione è volta ad evitare che un divieto posto a tutela della lavoratrice si traduca in un danno per la stessa, e non attribuisce, pertanto, alcuna aspettativa a favore del datore di lavoro o di terzi. Ne consegue la non indennizzabilità, ai sensi dell'art. 1381 c.c., del promissario per la mancata verificazione del fatto del terzo. (Nella specie, alle dimissioni non era seguita la conferma e le stesse erano state dichiarate nulle dal giudice del lavoro).

Cass. civ. n. 19472/2003

In tema di promessa del fatto del terzo, ai sensi dell'art. 1381 c.c., le conseguenze derivanti dal mancato compimento del fatto promesso, per il rifiuto del terzo di obbligarsi o di tenere il comportamento oggetto delle promessa, devono essere graduate sulla base della condotta in concreto mantenuta dal promittente, nel senso che questi è tenuto al mero indennizzo nel caso in cui sia stato diligente nell'attivarsi presso il terzo onde soddisfare l'interesse del promissario ed è obbligato, invece, a risarcire i danni secondo le generali regole risarcitorie allorquando siano ravvisabili colpa o negligenza e il promissario dia la prova degli effettivi danni subiti in conseguenza dell'inadempimento. (Nella specie, relativa ad accordo sindacale con cui un'azienda si era obbligata nei confronti di un lavoratore licenziato a ricollocarlo presso altre aziende del medesimo gruppo industriale, la sentenza di merito, confermata dalla S.C. in base all'enunciato principio, aveva ritenuto la configurabilità di un indennizzo, e non di un risarcimento, a seguito della mancata assunzione del lavoratore da parte di aziende terze).

Cass. civ. n. 16225/2003

Nella promessa dell'obbligazione o del fatto del terzo, disciplinata dall'art. 1381 c.c., l'obbligo assunto dal promittente verso il promissario consiste nell'adoperarsi affinché il terzo si obblighi a fare, ovvero faccia, ciò che il promettente medesimo ha promesso alla propria controparte, sicché il rifiuto del terzo non libera il primo, il quale è tenuto a indennizzare il promissorio, mentre la fideiussione assolve alla funzione di garantire un obbligo altrui già (pre)esistente, secondo lo schema previsto dall'art. 1936 c.c., affiancando al primo un secondo debitore di pari o diverso grado.

Cass. civ. n. 5347/1998

L'impossibilità sopravvenuta, in quanto causa di estinzione delle obbligazioni avente portata generale, esplica la sua efficacia estintiva anche in relazione alla promessa del fatto del terzo. (Nella specie, una persona fisica si era impegnata a far assumere, con una determinata retribuzione, un lavoratore da una società edile per lo svolgimento dei lavori alla medesima appaltati per la costruzione della centrale nucleare di Montalto di Castro, ma, sopravvenuta l'interruzione dei lavori a seguito del referendum sulle centrali nucleari, detto lavoratore era stato posto in cassa integrazione come le altre maestranze; la S.C. ha confermato sul punto la sentenza impugnata, che aveva escluso l'obbligo di detta persona fisica di corrispondere in proprio la retribuzione prevista).

Cass. civ. n. 13120/1997

Se le parti, secondo l'accertamento del giudice di merito, hanno convenuto un'indennità — che prescinde pertanto dall'inadempimento della parte all'obbligo assunto — nel caso il terzo non compia il fatto promesso da una di esse, non è applicabile l'art. 1384 c.c., norma eccezionale di deroga all'autonomia delle parti (art. 1322 c.c.), e perciò il giudice non può ridurre la somma predeterminata.

Cass. civ. n. 8614/1997

In tema di promessa del fatto del terzo, l'art. 1381 c.c. prevede, quale conseguenza della mancata assunzione, da parte del terzo, dell'obbligazione o del mancato compimento del fatto promesso, il pagamento di un indennizzo, che è cosa ben diversa dal risarcimento del danno il quale ricorre allorché il promittente non assolva al proprio compito e cioè non si adoperi con la dovuta diligenza presso il terzo, violando così i propri doveri di correttezza e buona fede, nel qual caso il promissario può ben avvalersi dei rimedi predisposti contro l'inadempimento e richiedere, in presenza del necessario nesso di causalità, il risarcimento del danno. Se invece il promittente abbia assolto diligentemente al suo obbligo di attivazione, ma, nonostante ciò, il terzo abbia rifiutato la prestazione o l'assunzione dell'obbligazione, si verifica, per l'appunto, quella situazione in presenza della quale l'art. 1381 c.c. riconosce al promissario l'indennità a carico del promittente, indipendentemente da ogni valutazione sul comportamento di quest'ultimo.

Cass. civ. n. 8522/1996

La diversità tra l'ordinario risarcimento del danno e l'indennizzo contemplato dall'art. 1381 codice civile consiste, anche sotto il profilo processuale, nel fatto che, a differenza del risarcimento del danno, che tende a ricostruire la situazione patrimoniale del danneggiato lesa dal comportamento illegittima del danneggiante, l'indennizzo è rivolto a compensare la lesione di interessi altrui, conseguente, di norma, al legittimo esercizio di un diritto. Pertanto, è inammissibile, per diversità della causa petendi, la richiesta avanzata per la prima volta in grado di appello dell'indennizzo previsto dall'art. 1381 codice civile, per il mancato rispetto della promessa di obbligazione o di fatto del terzo, ove in primo grado sia stato richiesto il risarcimento del danno.

Cass. civ. n. 12973/1995

Con la promessa del fatto del terzo, il promittente assume una prima obbligazione di facere, consistente nell'adoperarsi affinché il terzo tenga il comportamento promesso, onde soddisfare l'interesse del promissario, ed una seconda obbligazione di dare, cioè di corrispondere l'indennizzo nel caso in cui, nonostante si sia adoperato, il terzo si rifiuti di impegnarsi. Ne consegue che, qualora l'obbligazione di facere non venga adempiuta e l'inesecuzione sia imputabile al promittente, ovvero venga eseguita in violazione dei doveri di correttezza e buona fede, il promissario avrà a disposizione gli ordinari rimedi contro l'inadempimento, quali la risoluzione del contratto, l'eccezione di inadempimento, l'azione di adempimento e, qualora sussista il nesso di causalità tra inadempimento ed evento dannoso, il risarcimento del danno; qualora, invece, il promittente abbia adempiuto a tale obbligazione di facere e, ciononostante, il promissario non ottenga il risultato sperato a causa del rifiuto del terzo, diverrà attuale l'altra obbligazione di «dare, in virtù della quale il promittente sarà tenuto a corrispondere l'indennizzo.

Cass. civ. n. 12507/1993

In tema di vendita di immobili destinati ad abitazione, l'obbligo del venditore di fare ottenere al compratore il certificato di abitabilità, avendo ad oggetto il fatto del terzo (autorità comunale) ed inquadrandosi quindi nella previsione dell'art. 1381 c.c. è un obbligo incoercibile, sicché il venditore, in caso di inadempimento, può bensì essere tenuto ad indennizzare il compratore, ma non può essere condannato all'adempimento dell'impegno assunto.

Cass. civ. n. 5216/1993

Quando l'inserimento della promessa del fatto del terzo è operato nel contesto di un contratto a prestazioni corrispettive, con effetti integrativi dell'obbligazione gravante su uno dei contraenti a vantaggio dell'altro, sì da condizionare la funzionalità del contratto stesso, l'autonomia dei due negozi viene meno. Ma poiché il terzo è libero di compiere il fatto promesso, il mancato adempimento di lui è inadempimento del promittente, per la colpa che questi ha di aver assunto un impegno da adempiersi dal terzo, senza essere sicuro che questi avrebbe adempiuto. (Nella specie, il fatto del terzo promesso consisteva nella cessione di un credito di un terzo verso un altro soggetto).

Cass. civ. n. 6984/1991

Nella promessa dell'obbligazione o del fatto del terzo, disciplinata dall'ars. 1381 c.c., l'obbligo assunto dal promittente verso il promissario è quello di adoperarsi perché il terzo si obblighi a fare o faccia ciò che il promittente medesimo ha promesso alla propria controparte, ed il rifiuto del terzo di assumere l'obbligazione o di compiere il fatto oggetto della promessa (i quali debbono avere specificità e concretezza di contenuto) non libera il promittente, il quale è tenuto ad indennizzare il promissario. Tale indennizzo per l'inadempimento dell'obbligazione del promittente — la quale, in difetto di determinazione di termine, è immediatamente esigibile ai sensi dell'art. 1183, primo comma, c.c. — differisce dall'ordinario risarcimento del danno e pertanto la sua liquidazione, attesa anche la mancata determinazione di appositi criteri, non può che essere equitativa.

Cass. civ. n. 2965/1990

La promessa dell'obbligazione o del fatto del terzo, contemplata dall'art. 1381 c.c., è configurabile quando il terzo non sia già giuridicamente vincolato ad assumere l'obbligo od a tenere il comportamento oggetto della promessa. Pertanto, nel caso di promessa dell'adempimento del terzo ad una sua pregressa obbligazione, deve negarsi l'inquadrabilità dell'atto nella previsione della citata norma (e quindi negarsi la sua idoneità a produrre il debito indennitario contemplato dalla norma medesima), restando ravvisabile una fideiussione, se la promessa medesima assuma i connotati della garanzia dell'adempimento altrui, ovvero, in difetto, una mera interposizione amichevole di buoni uffici, priva di effetti per il promittente (salvo espresso patto).

Cass. civ. n. 1081/1982

La promessa dell'obbligazione o del fatto del terzo, cui si riferisce l'art. 1386 (Recte: 1381 - N.d.R.) c.c., consiste nell'assunzione dell'impegno di adoperarsi affinché il terzo, non tenuto da precedenti vincoli nei confronti del soggetto cui tale promessa è fatta, assuma verso costui un'obbligazione o, addirittura, esegua a favore del medesimo una determinata prestazione; pertanto, nel caso in cui taluno promette che altri adempia ad un'obbligazione che questi ha già validamente assunto, è configurabile non una promessa ai sensi della norma suddetta bensì una fideiussione.

Cass. civ. n. 1666/1975

La promessa del fatto del terzo non deve essere necessariamente assunta mediante una dichiarazione espressa di volontà, ma è, tuttavia, indispensabile che l'impegno del promittente di ottenere dal terzo l'assunzione di una determinata obbligazione risulti in modo certo ed univoco dal contenuto del negozio.

Cass. civ. n. 1836/1974

In tema di promessa del fatto di un terzo l'impegno del promittente si esaurisce nell'indurre il terzo ad obbligarsi o compiere il fatto promesso. In caso di rifiuto del terzo può, nei confronti del promittente, emettersi condanna al pagamento di un indennizzo, ma non una pronunzia di adempimento specifico o di risoluzione del contratto che il terzo abbia ricusato di stipulare o di eseguire.

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Francesco chiede
giovedì 26/05/2011 - Molise

“Perchè, in questo caso, può parlarsi "solamente" di indennizzo e non di risarcimento danni?”

Consulenza legale i 26/05/2011

Secondo la prevalente dottrina, la fattispecie di cui all'art. 1381 del c.c. consisterebbe in un contratto di (prestazione di) garanzia, in cui il mancato comportamento del terzo sarebbe condizione dell'obbligazione del garante: con la promessa, dunque, il promittente sopporterebbe il rischio del rifiuto del terzo. Al fine di contrapporre l'indennizzo di cui all'art. 1381 c.c. dal risarcimento del danno, la giurisprudenza ha affermato che, qualora il promittente abbia adempiuto la sua obbligazione di facere e, ciononostante il promissario non ottenga il risultato sperato a causa del rifiuto del terzo, il promissario stesso resta garantito dall'obbligo del promittente di corrispondergli l'indennizzo. Qualora, invece, l'obbligazione di facere non venga adempiuta, e l'inesecuzione sia imputabile al promittente, o venga eseguita in violazione dei dovere di buona fede o correttezza, il promissario avrà a disposizione gli ordinari rimedi contro l'inadempimento, e potrà richiedere, in presenza del necessario nesso di causalità, il risarcimento del danno.