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Articolo 414 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 26/11/2024]

Persone che possono essere interdette

Dispositivo dell'art. 414 Codice Civile

(1)Il maggiore di età [2] e il minore emancipato [390], i quali si trovano in condizioni di abituale infermità di mente che li rende incapaci di provvedere ai propri interessi, sono interdetti [85, 119, 193, 245, 417 ss., 429, 2949 n. 1; 40; 643 c.p.; 712 c.p.c.] quando ciò è necessario per assicurare la loro adeguata protezione.

Note

(1) L'articolo è stato così sostituito dall'art. 42 della L. 9 gennaio 2004 n. 6.

Brocardi

Furiosi, vel eius cui bonis interdictum sit, nulla est voluntas
Imbecillitas mentis

Spiegazione dell'art. 414 Codice Civile

L'assoluta incapacità di provvedere ai propri interessi deve essere valutata avuto riguardo anche agli interessi non patrimoniali purché possano subire pregiudizio da atti giuridici se non difesi dall'attività di un tutore. L'incapacità deve quindi essere valutata in base a personalità e condizione sociale dell'interdicendo, natura ed entità degli interessi affidati alla sua disponibilità, ed alla rispondenza della misura dell'interdizione per il soggetto che manifesti la carenza di autonomia.
L'interdizione viene definita giudiziale perché derivante da un accertamento giudiziario culminante in una sentenza (provvisoriamente esecutiva, che esplica pertanto i suoi effetti senza attenderne il passaggio in giudicato).
La cd. interdizione legale (di cui all'art. 32 del c.p.) invece opera automaticamente poichè conseguente a sentenza penale (derivante da reato doloso): riveste i tratti della sanzione e non del rimedio di tutela.
La sanzione per gli atti compiuti dall'interdetto (che ne sarebbe stato incapace poichè la figura di cui al presente articolo incide sulla capacità di agire) è rappresentata dall'istituto dell'annullamento (art. 1425 del c.c.), azionabile su istanza del tutore, dell'interdetto o degli eredi o aventi causa, nel termine di prescrizione quinquennale (art. 2934 del c.c.) decorrente dal passaggio in giudicato della sentenza che revoca l'interdizione oppure dalla morte dell'incapace a contrarre.

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)

Massime relative all'art. 414 Codice Civile

Cass. civ. n. 6079/2020

L'amministrazione di sostegno prevista dall'art. 3 della l. n. 6 del 2004 ha la finalità di offrire a chi si trovi nella impossibilità, anche parziale o temporanea, di provvedere ai propri interessi uno strumento di assistenza che ne sacrifichi nella minor misura possibile la capacità di agire, distinguendosi, con tale specifica funzione, dagli altri istituti a tutela degli incapaci, quali l'interdizione e l'inabilitazione, non soppressi, ma solo modificati dalla stessa legge attraverso la novellazione degli artt. 414 e 427 del c.c. Rispetto ai predetti istituti, l'ambito di applicazione dell'amministrazione di sostegno va individuato con riguardo non già al diverso, e meno intenso, grado di infermità o di impossibilità di attendere ai propri interessi del soggetto carente di autonomia, ma piuttosto alla maggiore idoneità di tale strumento ad adeguarsi alle esigenze di detto soggetto, in relazione alla sua flessibilità ed alla maggiore agilità della relativa procedura applicativa. Appartiene all'apprezzamento del giudice di merito la valutazione della conformità di tale misura alle suindicate esigenze, tenuto conto essenzialmente del tipo di attività che deve essere compiuta per conto del beneficiario e considerate anche la gravità e la durata della malattia, ovvero la natura e la durata dell'impedimento, nonché tutte le altre circostanze caratterizzanti la fattispecie. (Rigetta, CORTE D'APPELLO PALERMO, 20/02/2017).

Cass. civ. n. 18322/2007

Nel giudizio di interdizione è riservato al giudice del merito l'accertamento in concreto dell'esistenza e della misura della patologica alterazione delle capacità mentali e della conseguente incapacità, da parte dell'interdicendo, di provvedere ai propri interessi e, a tal fine, il giudice può recepire le conclusioni del consulente d'ufficio, senza necessità di esporre dettagliatamente tutte le ragioni per le quali ritenga di doverle accogliere.

Cass. civ. n. 2031/1990

L'interdizione o l'inabilitazione dell'infermo di mente devono ricollegarsi alle condizioni di salute psichica in atto al momento della relativa pronuncia, e, quindi, devono prescindere tanto da precorsi episodi d'infermità, quanto dall'eventualità di ricadute, ove prospettabile in termini di mera possibilità e non di alta probabilità.

Cass. civ. n. 5652/1989

L'incapacità di provvedere ai propri interessi, contemplata dall'art. 414 c.c. al fine dell'interdizione dell'infermo di mente, va riguardata anche sotto il profilo degli interessi non patrimoniali, sempre che si tratti di interessi che possano subire pregiudizio da atti giuridici, e per la cui difesa, pertanto, sia configurabile una supplenza del tutore (come nel caso in cui si debba ovviare ai pericoli derivanti dal rifiuto, per infermità psichica, di cure od interventi medici).

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Consulenze legali
relative all'articolo 414 Codice Civile

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Razzino G. chiede
domenica 30/08/2020 - Lazio
“Per chiedere al tribunale l'interdizione giudiziale di mia figlia Claudia, invalida civile psichica ( schizofrenia esacerbante) al 100%, posso inoltrare io la richiesta al Tribunale di ……. oppure devo necessariamente nominare un avvocato?
Sono in possesso di tutta la documentazione clinica necessaria; io e mia moglie siamo pensionati e il mio nucleo familiare si compone di: R. G., nato a …..il …/…/1954 e residente a ……..; T. M. R. nata a ……il …/…/1954 e residente a ………..; C. R….., nata a ……. il …/…/1982 e residente a ….; B… S…, nato a … il …/…/2003 ( nipote in affidamento dal tribunale dei minori fino alla maggiore età) e residente a ……
Nel caso debba nominare un legale a tal fine, quanto mi potrebbe costare? Grazie

Consulenza legale i 03/09/2020
Il codice civile italiano prevede, agli artt. 414 e ss., l’interdizione “giudiziale” per la persona che si trovi in condizioni di grave infermità fisica o mentale o in generale perché non più in grado di curare i propri interessi.
Si tratta di un istituto tradizionale, di ampia tutela dell'incapace, ormai di residuale applicazione in quanto richiede una vera causa civile e la pronuncia della sentenza collegiale dichiarativa dell'interdizione, con tempi più lunghi e necessità di maggiori spese.

Possono essere dichiarati interdetti i soggetti con gravissimi disturbi psichici, tali da comportare la necessità di intervenire in maniera più rigida, così da escludere ogni loro iniziativa di carattere patrimoniale o personale, che risulterebbe lesiva dei loro stessi interessi.
Solitamente il tutore viene scelto nell'ambito familiare, così come avviene per la nomina dell'amministratore di sostegno. Infatti, possono essere nominati tali:
il coniuge (o la persona stabilmente convivente), il padre, la madre, il figlio, il fratello o la sorella, ed i parenti entro il quarto grado.
Qualora tale scelta non sia possibile, per motivi di opportunità o altro, il tutore viene nominato tenuto conto dell'esclusivo interesse del beneficiario.

Fasi fondamentali dell'iter giudiziario per l'ottenimento dell'interdizione sono:
  1. il ricorso;
  2. l'esame del giudice istruttore;
  3. la sentenza.

Per quanto concerne l’assistenza di un difensore, che poi è ciò che viene fondamentalmente chiesto nel quesito, occorre fare alcune considerazioni di carattere generale.
In tutti i procedimenti di volontaria giurisdizione, relativi ad amministrazione di sostegno, interdizione e inabilitazione, nessuna norma, né del codice civile né del codice di procedura civile, richiede espressamente la necessaria difesa legale del soggetto sottoposto al procedimento, e ciò nonostante il provvedimento finale sia destinato ad incidere su diritti fondamentali dell'individuo.
Tuttavia, malgrado l’assenza di una espressa previsione in tal senso, l'assistenza di un difensore si ritiene indispensabile, oltre che opportuna.

In tal senso può argomentarsi dalla sentenza della Corte di Cassazione, Sez. I Civ., n. 25366 del 2006, nel corpo della quale la S.C., affrontando in particolare un caso relativo ad una amministrazione di sostegno, ha affermato che "il procedimento per la nomina dell'a.d.s. ... non richiede il ministero del difensore nelle ipotesi ... in cui l'emanando provvedimento debba limitarsi a individuare specificamente i singoli atti ... in relazione ai quali si richiede l'intervento dell'amministratore di sostegno; mentre invece esso necessita della difesa tecnica ogni qualvolta il decreto che il giudice ritenga di emettere ... incida su diritti fondamentali della persona, attraverso la previsione di effetti, limitazioni o decadenze analoghi a quelli previsti dalle disposizioni di legge per l'interdetto o l'inabilitato, per ciò stesso incontrando il limite del rispetto dei principi costituzionali in materia di diritto di difesa e giusto processo".

Da tale sentenza se ne può trarre un principio che si ritiene di carattere generale, ossia quello secondo cui all'amministrando, all'inabilitando o all'interdicendo deve essere garantita l’assistenza di un avvocato per concretizzare il diritto alla difesa ex art. 24 Cost. nonchè il diritto al giusto processo "nel contraddittorio tra le parti, in condizioni di parità, davanti a giudice terzo e imparziale" ex art. 111 Cost. co. 2, risultando l’assistenza tecnica necessaria ogni qualvolta vi sia un procedimento volto ad incidere sui diritti fondamentali della persona.

Persone legittimate a presentare il ricorso sono, senza che si debba rispettare un particolare ordine di preferenza: il coniuge, i parenti entro il quarto grado, gli affini entro il secondo grado, il tutore o il curatore e il Pubblico Ministero, dietro segnalazione di terzi.
Tutti i soggetti legittimati possono intervenire nel procedimento.
Unitamente al ricorso occorre presentare:
  1. fotocopia del certificato di invalidità o della relazione medica attestante la patologia e l'incapacità di tutelare i propri interessi materiali e morali;
  2. originali di: stato di famiglia, certificato di cittadinanza e di residenza in carta semplice;
  3. estratto dell'atto di nascita;
  4. dichiarazione medica in data recente attestante la persistenza dello stato di invalidità e incapacità.

Il ricorso va depositato in originale presso la cancelleria volontaria giurisdizione del Tribunale del luogo in cui l'interdicendo ha la residenza o il domicilio.
A questo punto, il Presidente del Tribunale, sempre tramite cancelleria, dà comunicazione del ricorso al Pubblico Ministero, il quale può chiedere che venga emesso decreto di rigetto della domanda.
In mancanza di tale richiesta, il Presidente del Tribunale nomina il giudice istruttore e fissa l'udienza di comparizione del ricorrente (colui che ha presentato il ricorso), dell'interdicendo e di tutti coloro che sono indicati nel ricorso.

Momento particolarmente rilevante del giudizio di interdizione è quello dedicato all'esame personale dell'interdicendo da parte del giudice istruttore, in quanto tale esame, oltre a costituire il presupposto necessario per la pronuncia del giudice, è anche la sua fonte principale di convincimento se non addirittura il mezzo di prova più importante.
E’ sulla base dell'esito di tale esame, infatti, che il giudice potrà decidere di respingere l'istanza o pronunciare d'ufficio l'inabilitazione; data l’estrema importanza che esso assume, è previsto che se la persona da esaminare non è in grado di presentarsi (ad esempio perchè infermo), il giudice dovrà recarsi presso il suo domicilio.
Sembra evidente che in tale momento la presenza di un legale è quanto mai necessaria, poiché, grazie alle sue specifiche cognizioni tecniche e giuridiche, sarà in grado di contraddire ad eventuali rilievi del giudice (o del CTU eventualmente nominato) che potrebbero produrre risvolti negativi nel procedimento di interdizione.

Il giudizio, infine, si conclude con la pronuncia della sentenza, in forza della quale il Tribunale potrà pronunciare:
  1. l' interdizione e, dunque, accogliere la domanda (si parla in tal caso di sentenza di accoglimento);
  2. l'inabilitazione d'ufficio, qualora il giudice non ritenga sussistere uno stato di infermità tale da giustificare la domanda;
  3. il rigetto del ricorso.
A seguito di sentenza di accoglimento, lo stato di incapace viene annotato sull'atto di nascita e sui documenti di identità.
Gli effetti della interdizione decorrono dal momento della pubblicazione della sentenza, cioè dal suo deposito in cancelleria, ed ha efficacia nei confronti di tutti.
Con la sentenza che dichiara l'interdizione viene disposta la nomina di un tutore, con il compito di rappresentare legalmente l'interdetto e di amministrare il suo patrimonio.
La sentenza che decide sulla domanda di interdizione, anche se passata in giudicato (quindi non più impugnabile) può essere revocata in ogni momento se la causa che ne ha determinato la pronuncia cessa totalmente o parzialmente.

Per quanto concerne le spese, si può soltanto dire che il procedimento di interdizione rientra tra i c.d. procedimenti esenti.
Infatti, il Testo unico in materia di spese di giustizia (D.P.R. 115/2002) prevede l'esenzione dal pagamento del contributo unificato per i procedimenti d'interdizione giudiziale; tale previsione, tuttavia, non esonera il ricorrente dal pagamento della marca da bollo di € 27.00, a cui si aggiunge la parcella dell'avvocato, per la quale non si è in grado di fornire una determinazione esatta (si può soltanto dire che, considerando una ipotesi di complessità media della controversia, dovrebbe aggirarsi intorno ai 3000,00 euro).
Ovviamente, è sempre possibile avvalersi del gratuito patrocinio qualora ne sussistano i presupposti.


Sante B. chiede
sabato 14/05/2011 - Lombardia
“Due coniugi con quattro figli si sono separati consensualmente.La madre è affetta da sclerosi multipla in stadio avanzato. Tende a spendere irresponsabilmente le sue proprietà. I figli sono preoccupati. Possono avanzare richiesta di un intervento del giudice per tutelare il loro avvenire ? Una figlia maggiorenne può proporsi come amministratrice di sostegno ?
Ringrazio per la cortesia.
Sante Bardini”
Consulenza legale i 15/05/2011

La nomina di un amministratore di sostegno può essere richiesta a beneficio di una persona che per effetto di un'infermità ovvero di una menomazione fisica o psichica si trovi nell'impossibilità anche parziale di provvedere ai propri interessi. Va dato atto del fatto che, sebbene la norma dell'art. 404 del c.c. sembri autorizzare a pensare che basti un semplice impedimento fisico per poter dare luogo alla nomina di un amministratore di sostegno, deve comunque essere presente una certa limitazione della capacità decisionale del soggetto. La nomina dell'amministratore di sostegno viene disposta dal giudice tutelare con decreto motivato, immediatamente esecutivo, il cui contenuto verrà determinato tenendo conto della particolarità della situazione concreta. Il provvedimento individuerà la persona dell'amministratore di sostegno e del beneficiario e conterrà le determinazioni in ordine alla durata, ai limiti e all'oggetto dell'incarico.

Ai sensi dell'art. 406 del c.c. il ricorso per l'istituzione di questa figura può essere proposto dallo stesso soggetto beneficiario, anche se minore, interdetto o inabilitato ovvero da uno dei soggetti indicati nell'art. 417 del c.c.. Questi sono il coniuge, la persona stabilmente convivente, i parenti entro il quarto grado, gli affini entro il secondo grado, il tutore, il curatore o il pubblico ministero. Da qui la possibilità che la figlia maggiorenne possa avanzare istanza per l'istituzione dell'amministrazione di sostegno nei confronti della madre.

Riguardo la persona da nominare, questa è scelta rimessa alla valutazione del giudice, il quale si formerà una preliminare opinione mediante la lettura del ricorso con il quale si chiede la nomina, ed in seguito, una più approfondita, dopo aver ascoltato i parenti.

"Allo scopo di raccogliere i dati utili per la decisione il giudice tutelare procede all’assunzione delle informazioni dal ricorrente, dai parenti e dai terzi citati e provvede, anche di ufficio, per lo svolgimento degli accertamenti di natura medica e gli altri mezzi istruttori ritenuti utili" (art. 407 del c.c., comma 3).

La preferenza va di norma ai parenti e alla persona stabilmente convivente che per consuetudine di vita meglio possono svolgere le attività sostitutive di cura, privilegiando in questo modo la relazione affettiva, o alla persona indicata dal genitore superstite. Si veda a questo proposito quanto disposto dall'art. 408 del c.c..


Giorgia S. chiede
martedì 19/04/2011 - Veneto
“Buongiorno, il mio quesito riguardo all'art. succitato è il seguente:

poniamo il caso che vi sia un soggetto che venga interdetto per vizio di mente e la cui tutela sia affidata ad uno zio.

Se lo zio (ormai anziano), dopo aver esercitata la tutela per anni, muore: a chi viene attribuita la tutela dell'interdetto ?

é possibile che il giudice decida, senza che questi sia d'accordo, di investire della tutela il figlio dello zio/tutore morto ?

Ringrazio in anticipo per la disponibilità,
SALUTI”
Fabio chiede
mercoledì 13/10/2010
“Per piacere, potreste farmi degli esempi pratici di interdizione legale ex lege 32 c.p.? L'interdetto legale è solo incapace di agire sugli interessi patrimoniali o altro? grazie e buon lavoro.”
Consulenza legale i 24/10/2010

L'interdizione legale è una pena accessoria per chi sia stato condannato all'ergastolo o alla pena della reclusione per un periodo non inferiore a cinque anni. Si tratta di legale incapacità di agire che la legge collega direttamente alla condanna penale insorgendo automaticamente, senza bisogno di instaurare un giudizio. E' uno stato di incapacità stabilito non a protezione dell'interdetto, ma con scopo punitivo, per una più intensa restrizione di libertà nei confronti del condannato.

L'interdizione legale limita l'incapacità del soggetto ai soli atti che riguardano la "disponibilità e l'amministrazione dei beni", e poichè in questo caso non difetta la capacità di intendere e di volere, esso può contrarre matrimonio, fare validamnete testamento, riconoscere un figlio (in questo caso sussiste però la "sospensione dell'esercizio della potestà dei genitori, salvo che il giudice disponga altrimenti").


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