Corte cost. n. 137/2018
La necessità che il riordino delle funzioni sia accompagnato dal passaggio delle relative risorse - oltre a risultare da diverse disposizioni della legge n. 56 del 2014 e dagli atti attuativi di essa - deriva dall'art. 119 Cost. Nel momento in cui lo Stato avvia un processo di riordino delle funzioni non fondamentali delle province, alle quali erano state assegnate risorse per svolgerle, in attuazione dell'art. 119 Cost., questa stessa norma costituzionale impedisce che lo Stato si appropri di quelle risorse, costringendo gli enti subentranti (regioni o enti locali) a rinvenire i fondi necessari nell'ambito del proprio bilancio, adeguato alle funzioni preesistenti. L'omissione del legislatore statale lede l'autonomia di spesa degli enti in questione (art. 119, primo comma, Cost.), perché la necessità di trovare risorse per le nuove funzioni comprime inevitabilmente le scelte di spesa relative alle funzioni preesistenti, e si pone altresì in contrasto con il principio di corrispondenza tra funzioni e risorse, ricavabile dall'art. 119, quarto comma, Cost., perché all'assegnazione delle funzioni non corrisponde l'attribuzione delle relative risorse. La necessità del finanziamento degli enti destinatari delle funzioni amministrative, del resto, si fonda sulla «logica stessa del processo di riordino delle funzioni» (sentenza n. 84 del 2018), come è confermato dai diversi atti legislativi che hanno disciplinato conferimenti di funzioni.
Corte cost. n. 143/2016
Non sono fondate - con riferimento agli artt. 3 comma 1, 81 ultimo comma, 114 comma 2, 117 comma 2 lett. p), 3, 4 e 6, 118, comma 1, e 119 commi 1 , 2 e ultimo comma, Cost., oltre all'art. 5 comma 1 lett. e) e comma 2, lett. b) L. Cost. 20 aprile 2012 n. 1, e agli artt. 9 comma 5, e 10 comma 1 L. 24 dicembre 2012 n. 243 - le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 1 comma 420 L. 23 dicembre 2014 n. 190, il quale stabilisce che a decorrere dal 1 gennaio 2015, alle province delle Regioni a statuto ordinario è fatto divieto: a) di ricorrere a mutui per spese non rientranti nelle funzioni concernenti la gestione dell'edilizia scolastica, la costruzione e gestione delle strade provinciali e regolazione della circolazione stradale ad esse inerente, nonché la tutela e valorizzazione dell'ambiente, per gli aspetti di competenza; b) di effettuare spese per relazioni pubbliche, convegni, mostre, pubblicità e di rappresentanza; c) di procedere ad assunzioni a tempo indeterminato, anche nell'ambito di procedure di mobilità; d) di acquisire personale attraverso l'istituto del comando; i comandi in essere cessano alla naturale scadenza ed è fatto divieto di proroga degli stessi; e) di attivare rapporti di lavoro ai sensi degli artt. 90 e 110 T.U. 18 agosto 2000, n. 267, e successive modificazioni. I rapporti in essere ai sensi del predetto art. 110 cessano alla naturale scadenza ed è fatto divieto di proroga degli stessi; f) di instaurare rapporti di lavoro flessibile di cui all'art. 9 comma 28 D.L. 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla L. 30 luglio 2010, n. 122, e successive modificazioni; g) di attribuire incarichi di studio e consulenza.
Cass. civ. n. 4202/2011
Sebbene la fauna selvatica rientri nel patrimonio indisponibile dello Stato, la L. 11 febbraio 1992 n. 157 attribuisce alle regioni a statuto ordinario il potere di emanare norme relative alla gestione ed alla tutela di tutte le specie della fauna selvatica (art. 1, comma 3) ed affida alle medesime i poteri di gestione, tutela e controllo, riservando invece alle province le relative funzioni amministrative ad esse delegate ai sensi della L. 8 giugno 1990 n. 142 (art. 9, comma 1). Ne consegue che la Regione, anche in caso di delega di funzioni alle province, è responsabile, ai sensi dell'art. 2043 c.c., dei danni provocati da animali selvatici a persone o a cose, il cui risarcimento non sia previsto da specifiche norme, a meno che la delega non attribuisca alle province un'autonomia decisionale ed operativa sufficiente a consentire loro di svolgere l'attività in modo da poter efficientemente amministrare i rischi di danni a terzi e da poter adottare le misure normalmente idonee a prevenire, evitare o limitare tali danni.
Cass. civ. n. 80/2010
La responsabilità aquiliana per i danni provocati da animali selvatici alla circolazione dei veicoli deve essere imputata all'ente, sia esso Regione, Provincia, Ente Parco, Federazione o Associazione, ecc., a cui siano stati concretamente affidati, nel singolo caso, i poteri di amministrazione del territorio e di gestione della fauna ivi insediata, sia che i poteri di gestione derivino dalla legge, sia che derivino da delega o concessione di altro ente (nella specie della Regione). In quest'ultimo caso, sempre che sia conferita al gestore autonomia decisionale e operativa sufficiente a consentirgli di svolgere l'attività in modo da poter efficientemente amministrare i rischi di danni a terzi, inerenti all'esercizio dell'attività, e da poter adottare le misure normalmente idonee a prevenire, evitare o limitare tali danni.