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Diritto penale -

Uomini che maltrattano le donne: un percorso rieducativo possibile. Strategie di intervento tra prevenzione e reinserimento sociale

AUTORE:
ANNO ACCADEMICO: 2023
TIPOLOGIA: Tesi di Laurea Magistrale
ATENEO: Universitą Telematica
FACOLTÀ: Giurisprudenza
ABSTRACT
La violenza sulla persona è un reato esecrabile, in qualunque forma essa si manifesti: fisica, psicologica, sessuale, economica.
La presente tesi si pone l’ambizioso obiettivo di far comprendere l’importanza del lavoro trattamentale e di reinserimento sociale degli uomini autori di violenza di genere. Ci si è interrogati sull’opportunità, da parte di istituzioni, associazioni, enti pubblici e privati, organismi internazionali e nazionali, organizzazioni no profit e di volontariato, di proseguire nella sola direzione che vede nella vittima la sola figura su cui concentrare le risorse in termini di supporto psicologico, accompagnamento, protezione e impiego di risorse finanziarie. Ci si è interrogati sul possibile coinvolgimento dell’autore di violenza in un percorso a sé stante, mai di contatto con la vittima, che lo veda parte attiva di programmi trattamentali. Si è posto il dubbio circa l’utilità del ricorso ad un sistema punitivo-centrico, in termini di raggiungimento di obiettivi di tutela e prevenzione di tali reati.
Si è ritenuto doveroso trattare inizialmente il tema della violenza sulle donne e di genere, cercando di definire i concetti entro parametri sinottici in grado di restituire un confronto terminologico tra le definizioni fornite dagli organismi internazionali, dai quali emergono difficoltà nel trovare una definizione univoca di “genere”. Si sono confrontati i dati recenti su violenza e femminicidi, dati che si confermano essere allarmanti ovunque. Si è inquadrato il fenomeno entro una cornice normativa internazionale e nazionale a partire dai primi movimenti femministi degli anni ’60 fino ad arrivare all’introduzione del Codice Rosso nel 2019. Ci si è interrogati sul motivo per cui, seppur a fronte di norme a tutela delle donne, di possibilità di intercettare condotte prodromiche alla violenza, di strumenti come l’ammonimento del Questore, i dati riguardanti la violenza nelle relazioni intime restino allarmanti. Si è cercato di spiegare come l’attenzione rivolta unicamente alla donna non sia sufficiente per la sua messa in sicurezza: da qui la necessità di occuparsi anche dell’uomo che agisce con violenza, con interventi il più possibile strutturali ed omogenei. Si è ripercorsa la storia dei programmi rivolti proprio agli autori di violenza.
L'elaborato si colloca in un quadro normativo internazionale e nazionale che è andato progressivamente verso il riconoscimento di strategie comuni d’intervento e linee d’azione standardizzate, che hanno portato alla nascita di un sistema di reti integrato, quali la rete europea Work With Perpetrators e italiana Relive.
Nell’ultima parte si è dettagliato l’approccio e le linee d’azione del CIPM, cooperativa informata ai parametri di giustizia riparativa, nata a Milano nel 1995 e diffusasi in altre città italiane.
La scelta è frutto di impegno di volontariato da parte della scrivente presso il CIPM di Piacenza, che vede nel reinserimento sociale di autori di violenza l’oggetto del lavoro con persone che si sono rese responsabili di condotte lesive, ma che hanno imparato (o stanno lavorando in tale direzione) ad assumersi le proprie responsabilità, senza minimizzare i comportamenti violenti. Si è ampiamente dimostrato come il solo sistema sanzionatorio retributivo-centrico non sia sufficiente, né a fini preventivi né ad evitare recidive, ma piuttosto contribuisca ad un mero “congelamento” delle problematiche sottese al reato, che al termine della pena tendono a riproporsi.
Appare fondamentale quindi, in ottica securitaria per le vittime, l’attivazione di percorsi trattamentali per i perpetrators sia in carcere, affinché possano essere supportati nell’elaborazione e riflessione rispetto al proprio agito, che sul territorio, affinché possano chiedere aiuto a fronte delle difficoltà che incontreranno al momento dell’uscita dal carcere. Piacenza e Milano, città in cui opera attivamente il CIPM, sono state individuate come parametri comparativi di dati relativi al lavoro trattamentale con gli autori di violenza. Da qui emergono risultati incoraggianti che vedono coinvolte istituzioni territoriali e nazionali, accordi, protocolli siglati con le Questure.
Al fine di produrre un cambiamento nell’uomo e nell’assunzione di responsabilità rispetto all’agito violento, si rileva abbassamento di recidive, messa in posizione securitaria della vittima, oltre a un lavoro di prevenzione capace di coinvolgere non solo i diretti interessati, ma anche l’intera comunità. Si auspica di scardinare posizioni patriarcali e stereotipate comprendendo la necessità che la società civile si occupi del reinserimento in società della persona redenta: una persona recuperata equivale ad un potenziale numero di vittime che non saranno mai tali.
Si tratta di sfide ancora aperte, che richiedono un’azione condivisa, nell’ottica che per arginare il fenomeno si debba rendere prioritario l’intervento strutturato e standardizzato dei centri che si occupano degli uomini, accanto alla rete territoriale di supporto alle vittime.

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