-
Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 338 del 26 febbraio 1973
«Per la sussistenza del delitto di frode nell'esercizio del commercio non occorrono artifizi e raggiri da parte del venditore, essendo insito l'inganno nella obiettività della consegna di una cosa per un'altra (aliud pro alio), ovvero di una cosa...»
-
Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 3953 del 12 aprile 1995
«L'elemento materiale del delitto di cui all'art. 515 c.p. (frode nell'esercizio del commercio) consiste nel consegnare all'acquirente cosa mobile non conforme a quella convenuta ed il termine «consegna» fa riferimento ad un'attività contrattuale...»
-
Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 5166 del 30 maggio 1984
«Il delitto di frode in commercio si consuma soltanto con la consegna materiale della merce all'acquirente, e tale criterio non subisce modificazioni nel caso di vendite da piazza a piazza.»
-
Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 22313 del 6 giugno 2011
«Integra il tentativo di frode in commercio la detenzione, presso il magazzino di prodotti finiti dell'impresa di produzione, di prodotti alimentari con false indicazioni di provenienza, destinati non al consumatore finale ma ad utilizzatori...»
-
Cassazione penale, Sez. Unite, sentenza n. 28 del 9 marzo 2000
«Il delitto di falsità ideologica commessa da privato in atto pubblico (art. 483 c.p.) è configurabile solo nei casi in cui una specifica norma giuridica attribuisca all'atto la funzione di provare i fatti attestati dal privato al pubblico...»
-
Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 37602 del 25 settembre 2009
«Il delitto di frode nell'esercizio del commercio è configurabile anche se il prodotto consegnato non sia alterato o nocivo alla salute del consumatore, in quanto il reato è integrato dalla semplice messa in vendita di un bene difforme da quello...»
-
Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 8507 del 5 luglio 1999
«I reati di cui agli artt. 515 c.p. e 5 legge 30 aprile 1962, n. 283 si pongono in relazione di specialità reciproca e possono pertanto concorrere. Infatti il delitto viene commesso da chi pone in vendita sostanze alimentari non genuine come...»
-
Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 3968 del 5 febbraio 1998
«La funzione esclusivamente informativa del termine minimo di consumazione dei prodotti alimentari esclude che gli stessi, consumati oltre detto termine, siano privi dei requisiti nutrizionali caratteristici. Ne consegue che non può rinvenirsi...»
-
Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 5353 del 23 aprile 1980
«Vietando e sanzionando l'attività di chi pone in vendita o mette altrimenti in commercio come genuine sostanze alimentari non genuine, il legislatore ha voluto reprimere ogni operazione che sia comunque diretta allo scambio ed allo smercio di cibi...»
-
Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 419 del 2 aprile 1971
«Non è genuino il prodotto depauperato di elementi nutritivi caratteristici, come il formaggio che abbia una percentuale di sostanza grassa inferiore a quella stabilita dalla legge. La produzione e messa in vendita di un formaggio (nella specie...»
-
Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 8662 del 25 luglio 1998
«Il delitto di cui all'art. 516 c.p. si consuma nel momento in cui la sostanza è messa in vendita o altrimenti in commercio, senza che sia richiesta la vendita effettiva. Tale commercializzazione coincide con il momento in cui la merce esce dalla...»
-
Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 6852 del 6 luglio 1996
«Poiché l'art. 516 c.p. contempla e punisce la semplice messa in commercio di sostanze alimentari adulterate, mutate nelle loro componenti naturali ed artificiosamente modificate o alterate nella loro essenza primaria ovvero commiste a sostanze...»
-
Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 19625 del 28 aprile 2003
«Il delitto di cui all'art. 516 c.p., vendita di sostanze alimentari non genuine come genuine, rappresenta una forma di tutela avanzata rispetto al reato di frode in commercio di cui all'art. 515 c.p., in quanto relativo ad una fase preliminare ed...»
-
Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 8292 del 9 marzo 2006
«Il delitto di cui all'art. 516 c.p., vendita di sostanze alimentari non genuine come genuine, copre l'area della semplice immissione sul mercato ed è sussidiario rispetto a quello di cui all'art. 515 c.p., frode in commercio, atteso che...»
-
Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 7843 del 3 luglio 1998
«Il delitto di vendita di sostanze alimentari non genuine come genuine, di cui all'art. 516 c.p., rappresenta una forma di tutela avanzata rispetto al reato di frode in commercio, di cui all'art. 515 c.p., in quanto relativo ad una fase preliminare...»
-
Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 11258 del 10 novembre 1994
«Nell'ipotesi di esposizione per la vendita di salsicce confezionate con carne mista, mentre il cartellino indicava la composizione con carne di solo suino, non è configurabile il delitto tentato di frode in commercio, di cui agli artt. 56 e 515...»
-
Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 9963 del 2 marzo 1990
«Il delitto di cui all'art. 516 c.p. e la contravvenzione prevista dall'art. 5, lettera a) della L. 30 aprile 1962, n. 283 hanno differente oggettività giuridica: il primo ha la finalità di garantire l'ordine economico esposto a pericolo da colui...»
-
Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 2003 del 15 gennaio 2008
«In tema di vendita di prodotti industriali con segni mendaci, deve escludersi la natura di reato di pericolo del delitto di cui all'art. 517 c.p., in quanto il bene tutelato non è l'interesse dei consumatori o quello degli altri produttori, ma è...»
-
Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 2499 del 11 dicembre 1969
«Il delitto di cui all'art. 517 c.p. è un reato di pericolo, nel quale l'obiettività giuridica è data dalla tutela dell'ordine economico, che deve essere garantito dagli inganni tesi ai compratori mediante l'uso di nomi, marchi e segni distintivi,...»
-
Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 27986 del 9 luglio 2008
«La riproduzione di una figura o di un personaggio di fantasia che costituisce esso stesso marchio o segno distintivo del prodotto (c.d. marchio figurativo) impone, ai fini della configurabilità del reato di vendita di prodotti industriali con...»
-
Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 11671 del 13 ottobre 1999
«È configurabile il tentativo nel reato di cui all'art. 517 c.p., allorché vengano presentati per lo sdoganamento prodotti industriali con segni mendaci in quanto può costituire atto idoneo, diretto in modo non equivoco, a mettere la merce in...»
-
Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 4053 del 21 marzo 1990
«Il delitto di cui all'art. 517 c.p. può essere commesso, oltre che dall'imprenditore, anche dai suoi collaboratori sia a titolo di concorso nel reato qualora essi cooperino consapevolmente con lui nella consumazione del fatto-reato, sia a titolo...»
-
Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 4450 del 29 marzo 1977
«Il delitto previsto dall'art. 517 c.p. sussiste anche nel caso di marchio o segno distintivo genuino usato in modo illegittimo. E, trattandosi di reato di pericolo presunto, è del tutto irrilevante che particolari categorie di acquirenti abbiano...»
-
Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 11351 del 29 ottobre 1976
«Per la configurabilità del delitto di cui all'art. 517 c.p. (vendita di prodotti industriali con segni mendaci) è sufficiente la coscienza e volontà della condotta a tal fine posta in essere dall'agente, essendo tale reato punibile a titolo di...»
-
Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 37139 del 13 ottobre 2005
«È configurabile il tentativo nel reato di cui all'art. 517 c.p., allorché vengano presentati per lo sdoganamento prodotti industriali con segni mendaci in quanto può costituire atto idoneo, diretto in modo non equivoco, a mettere la merce in...»
-
Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 14644 del 20 aprile 2005
«In tema di elemento oggettivo del delitto di vendita di prodotti industriali con segni mendaci (art. 517 c.p.), la condotta di messa in vendita o di messa in circolazione si verifica quando il prodotto esce dalla sfera di custodia del fabbricante...»
-
Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 4066 del 7 maggio 1997
«Il delitto di vendita di prodotti industriali con segni mendaci si consuma con la messa in vendita o in circolazione di tali prodotti. Non è quindi penalmente rilevante la loro mera detenzione senza che gli stessi possano dirsi in vendita, non...»
-
Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 7217 del 24 maggio 1990
«Il reato di vendita di prodotti industriali con segni mendaci si consuma nel momento in cui l'opera e il prodotto vengono «posti in vendita» o «messi altrimenti in circolazione» e, pertanto, l'elemento oggettivo del delitto deve essere ritenuto...»
-
Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 11426 del 30 ottobre 1976
«Il negoziante che vende un prodotto contraffatto, senza avere avuto alcun rapporto con il contraffattore, ma a conoscenza della contraffazione, è punibile a norma dell'art. 474 c.p., e non già dell'art. 517 c.p., che è applicabile quando il fatto...»
-
Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 2723 del 10 marzo 1975
«In tanto può ritenersi ricorrente il reato di vendita di prodotti industriali con segni mendaci (art. 517 c.p.) in quanto sia esclusa la sussistenza del delitto di contraffazione di segni distintivi giuridicamente protetti o del delitto di...»