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Cassazione penale, Sez. Unite, sentenza n. 19054 del 2 maggio 2013
«In tema di peculato, la condotta del pubblico ufficiale o dell'incaricato di un pubblico servizio che utilizzi il telefono d'ufficio per fini personali al di fuori dei casi d'urgenza o di specifiche e legittime autorizzazioni, integra il reato di...»
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Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 15108 del 31 marzo 2003
«Il peculato è un reato istantaneo che si consuma nel momento in cui l'agente si appropria del danaro o della cosa mobile della pubblica amministrazione di cui ha il possesso per ragione del suo ufficio, o dà ad essi una diversa destinazione. Ne...»
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Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 3021 del 8 marzo 1991
«Il peculato è un reato istantaneo che si consuma nel momento in cui l'agente si appropria del danaro o della cosa mobile della pubblica amministrazione di cui ha il possesso per ragione del suo ufficio, o dà ad essi una diversa destinazione. Ne...»
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Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 8647 del 24 settembre 1996
«Il reato di peculato, di cui all'art. 314 c.p., sussiste anche se il pubblico ufficiale non abbia la materiale consegna del bene e la sua diretta disponibilità, essendo in ogni caso sufficiente la disponibilità giuridica. (Nella fattispecie si...»
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Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 4300 del 9 maggio 1997
«Il delitto di corruzione si configura come reato a duplice schema, principale e sussidiario. Secondo quello principale, il reato viene commesso con due attività, l'accettazione della promessa e il ricevimento della utilità e il momento consumativo...»
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Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 23954 del 3 giugno 2013
«Qualora il giudice di merito, vigente l'art. 317 c.p., antecedente le modifiche apportate dalla L. 6 novembre 2012, n. 190, abbia proceduto, con motivazione approfondita e non illogica, a qualificare la condotta del pubblico agente in termini di...»
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Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 12977 del 11 dicembre 1998
«In tema di richiesta di accesso ai documenti amministrativi, ai sensi dell'art. 25 della legge 7 agosto 1990, n. 21, coincidendo il termine di trenta giorni dalla richiesta dell'interessato formulata ex art. 328, comma secondo, c.p. con il termine...»
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Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 2339 del 23 febbraio 1998
«Il reato di rifiuto di atti d'ufficio non richiede che il rifiuto sia espresso in modo solenne o formale, ma può essere espresso anche dalla silente inerzia del pubblico ufficiale, protratta senza giustificazione oltre i termini di comporto o...»
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Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 45629 del 13 novembre 2013
«In tema di delitto di omissione di atti d'ufficio, il formarsi del silenzio rifiuto alla scadenza del termine di trenta giorni dalla richiesta del privato costituisce inadempimento integrante la condotta omissiva richiesta per la configurazione...»
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Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 7348 del 24 febbraio 2010
«Ai fini della integrazione del delitto di omissione di atti d'ufficio, è irrilevante il formarsi del silenzio-rifiuto entro la scadenza del termine di trenta giorni dalla richiesta del privato. Ne consegue che il "silenzio-rifiuto" deve...»
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Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 37542 del 11 ottobre 2007
«Integra il reato di cui all'art. 328, comma secondo, c.p., la condotta di un sindaco che omette di rispondere o, comunque, di fornire congrue giustificazioni nel termine di trenta giorni, a seguito della richiesta, avanzata da un dipendente...»
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Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 12238 del 15 marzo 2004
«Il reato di cui all'art. 591 c.p. di abbandono di persone minori o incapaci ha natura permanente, in quanto la condotta si protrae fino a quando gli imputati non fanno cessare le situazioni che non consentono un'assistenza o cura adeguata o fin...»
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Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 2510 del 24 gennaio 2004
«Il reato di rifiuto di atti d'ufficio (art. 328 c.p.) non richiede che il rifiuto sia espresso in modo solenne o formale, ma può essere espresso anche dalla silente inerzia del pubblico ufficiale, protratta senza giustificazione oltre i termini di...»
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Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 24567 del 15 giugno 2001
«La previsione di cui all'art. 328, comma 2, c.p., pur rispondendo alle stesse esigenze che si pongono a base della disciplina del diritto d'accesso di cui alla legge n. 241 del 1990, si colloca su di un piano di tutela diverso rispetto a...»
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Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 5691 del 17 maggio 2000
«Il sindaco di un comune, anche non di grandi dimensioni, non può essere considerato, solo per la sua posizione istituzionale, penalmente responsabile di ogni ritardo o inadempimento addebitabile all'ente territoriale, ivi compreso quello...»
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Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 9088 del 15 luglio 1999
«In tema di omissione o rifiuti di atti d'ufficio, la richiesta di cui al secondo comma dell'art. 328 c.p., è collegata da un lato ad un apprezzabile interesse del richiedente e dall'altro ad uno dei tre possibili sbocchi ipotizzati dalla norma...»
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Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 48538 del 18 dicembre 2003
«In tema di turbata libertà degli incanti, poiché le persone preposte dalla legge o dall'autorità ai pubblici incanti o alle licitazioni private per conto di pubbliche amministrazioni hanno il dovere giuridico di impedire che l'esito della gara sia...»
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Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 5816 del 18 maggio 1995
«Gli allievi della scuola di polizia, espletando attività solo discente, non sono ancora investiti di pubbliche funzioni e solo quando vengono mandati in servizio di ordine pubblico investono tali funzioni in quanto manifestano la volontà dello...»
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Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 1974 del 3 marzo 1993
«In materia di calunnia, il termine «denuncia» di cui all'art. 368 c.p. va inteso nel senso di informazione contenente fatti criminosi, idonea a attivare un procedimento penale. Ne consegue che costituisce «denuncia» anche il disconoscimento di...»
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Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 1914 del 21 gennaio 2011
«Ai fini dell'accertamento della sussistenza della scriminante dell'esercizio del diritto di critica politica, il giudice deve considerare sia l'estrema opinabilità degli argomenti che la sostengono, sia la possibilità che i giudizi siano espressi...»
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Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 29436 del 25 agosto 2006
«Sussiste la scriminante di cui all'art. 51 c.p. (esercizio del diritto di critica) nella condotta di un giornalista ambientalista che - nel corso di una trasmissione televisiva a difesa dei beni naturali - utilizza l'espressione «uomini squalo»...»
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Cassazione penale, Sez. IV, sentenza n. 12472 del 1 dicembre 2000
«Il reato di omicidio colposo plurimo non è configurabile come reato unico, ma come concorso formale di più reati con unificazione soltanto quoad poenam, sicché il termine di prescrizione del reato va computato con riferimento a ciascun evento di...»
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Cassazione penale, Sez. II, sentenza n. 44868 del 18 novembre 2004
«In tema di circostanze aggravanti comuni, in relazione all'ipotesi di cui all'art. 61, n.11 c.p., il termine «ufficio» cui fa riferimento la disposizione, va inteso tanto nel suo senso soggettivo, come esercizio di mansioni da parte dell'agente,...»
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Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 29938 del 29 luglio 2010
«L'attenuante di cui all'art. 62 n. 5 c.p., richiedendo la sussistenza del fatto doloso della persona offesa, rinvia, per la nozione del dolo, al precedente art. 43 e quindi presuppone che la persona offesa preveda e voglia l'evento dannoso come...»
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Cassazione penale, Sez. II, sentenza n. 9512 del 3 luglio 1990
«In tema di favoreggiamento personale, il termine aiuto riguarda qualsiasi attività positiva (o negativa), atta a favorire un'altra persona, per eludere le indagini dell'autorità di polizia giudiziaria. Nel novero di tali comportamenti rientra...»
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Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 2978 del 4 marzo 1988
«Per la configurabilità del delitto di favoreggiamento personale il termine «aiuto» usato dal legislatore è comprensivo di qualsiasi condotta finalizzata, sotto il profilo soggettivo, ad eludere le investigazioni dell'autorità. In tale concetto...»
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Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 10282 del 13 marzo 2001
«È da escludere la configurabilità del reato di evasione, mancando il presupposto della legalità della detenzione, qualora il fatto sia stato commesso dopo la scadenza del termine di durata massima della custodia cautelare, cui non abbia fatto...»
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Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 8646 del 27 luglio 1995
«In tema di evasione, per chi è agli arresti domiciliari, il termine «abitazione» di cui all'art. 385 comma 3 c.p., va riferito solo al luogo in cui la persona conduce vita domestica e non alle appartenenze (come cortili e giardini); la norma,...»
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Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 2160 del 16 febbraio 1990
«Il termine «allontanarsi», impiegato dall'art. 385 c.p. per chi è agli arresti domiciliari, va letto con riferimento a quest'ultima espressione e nel più ampio contesto dell'economia cui la norma corrisponde, nel senso cioè che l'interessato resti...»
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Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 10270 del 13 marzo 2001
«La violazione delle prescrizioni previste per il regime della detenzione domiciliare a norma dell'art. 47 ter, ottavo comma, dell'ordinamento penitenziario integra automaticamente il reato di evasione di cui all'art. 385 c.p., in quanto alla...»