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Articolo 12 bis Legge sui reati tributari

(D.lgs. 10 marzo 2000, n. 74)

[Aggiornato al 06/11/2022]

Confisca

Dispositivo dell'art. 12 bis Legge sui reati tributari

1. Nel caso di condanna o di applicazione della pena su richiesta delle parti a norma dell'articolo 444 del codice di procedura penale per uno dei delitti previsti dal presente decreto, è sempre ordinata la confisca dei beni che ne costituiscono il profitto o il prezzo, salvo che appartengano a persona estranea al reato, ovvero, quando essa non è possibile, la confisca di beni, di cui il reo ha la disponibilità, per un valore corrispondente a tale prezzo o profitto.

2. La confisca non opera per la parte che il contribuente si impegna a versare all'erario anche in presenza di sequestro. Nel caso di mancato versamento la confisca è sempre disposta.

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Consulenze legali
relative all'articolo 12 bis Legge sui reati tributari

Seguono tutti i quesiti posti dagli utenti del sito che hanno ricevuto una risposta da parte della redazione giuridica di Brocardi.it usufruendo del servizio di consulenza legale. Si precisa che l'elenco non è completo, poiché non risultano pubblicati i pareri legali resi a tutti quei clienti che, per varie ragioni, hanno espressamente richiesto la riservatezza.

Anonimo chiede
lunedì 15/04/2024
“Spett.le Brocardi.it
La Corte di Appello sezione penale, ha dichiarato estinto per prescrizione il reato di cui all’art. 10 quater d.lgs. n. 74 del 2000, oggetto di confisca diretta alla società e per equivalente all’amministratore, ordinata dal primo Giudice ai sensi dell’art. 12-bis d.lgs. n.74 del 2000, per fatti commessi prima dell’entrata in vigore dell’art. 578-bis c.p.p., in tema di confisca per equivalente.

Nel dispositivo di sentenza, con deposito delle motivazioni nei 90 giorni, non è risultata descritta alcuna decisione in ordine alla confisca ordinata dal primo giudice, ma risulta la sola dichiarazione dell’estinzione del reato per prescrizione.
Ebbene, dalla lettura della motivazione depositata, si legge nel corpo della sentenza prima del P.Q.M., che la Corte di Appello, ha deciso ai sensi dell’art. 578-bis c.p.p., la conferma della sola confisca diretta nei confronti della società, ed ha revocato la confisca per equivalente nei confronti dell’amministratore.

Invece, dopo il P.Q.M., la Corte nulla DICHIARA, in ordine alla suddetta decisione.

Credo che la sentenza così come prospettata sottende aspetti che mi sfuggono.


-1) Ovvero, è legittima la sentenza circa il provvedimento della sola confisca diretta nei confronti della società non riportata né nel dispositivo di sentenza, né nella motivazione della sentenza dopo il P.Q.M.
L’imputato vuole impugnare presso la Corte di Cassazione il provvedimento riferito (ovviamente) alla sola confisca diretta ai sensi dell’art. 606 c.p.p..

-2) La domanda è: l’imputato deve contestare e se si, in che mondo la suddetta circostanza, che la decisione non era assolutamente descritta nel dispositivo di sentenza, e descritta solo nel corpo delle motivazioni, e non anche dichiarata dopo il P.Q.M.?

-3) Inoltre, in sede di ricorso presso la Corte di Cassazione, l’imputato ora ex amministratore della società, è legittimato a proporre ricorso per chiedere la nullità della sentenza in ordine alla ritenuta illegittima confermata confisca diretta nei confronti della società?

Cordiali saluti.”
Consulenza legale i 25/04/2024
Il caso di specie vede l’imputato condannato in primo grado per diversi reati fiscali.
La sentenza di condanna del giudice di prime cure prevedeva la comminazione della reclusione per un anno e 9 mesi più l’applicazione della confisca ex art. 12 d.lgs. 74 del 2000 diretta e per equivalente nei confronti dell’imputato e delle società a lui riferibili per un totale complessivo di euro 1.154.685,03.

L’imputato propone appello avverso la sentenza in esame e, per quanto di interesse in questa sede, eccepisce, tra le altre cose, l’erronea ritenuta data di consumazione di taluni reati e, implicitamente, la conseguente intervenuta prescrizione per alcune fattispecie, maturata già prima della sentenza di primo grado e/o nelle more dell’appello.

E’, questo, l’unico motivo accolto dalla Corte d’Appello che, in effetti, rileva come molti dei reati contestati all’imputato fossero già prescritti al tempo dell’emissione della sentenza di primo grado e altri si erano invece prescritti nelle more dell’appello.

Sulla confisca la Corte d’appello si pronuncia in modo alquanto dettagliato.
In primo luogo, infatti, concorda col Tribunale di primo grado il quale, nell’ambito del quantum da sottoporre a confisca, aveva ritenuto di includere i beni che fungono da conservazione alla pretesa erariale sulla base – anche – della riconosciuta sussistenza del credito sul fronte strettamente tributario (cfr. pg. 16).
Successivamente, la Corte d’appello afferma che, con riferimento alle fattispecie per cui è intervenuta la prescrizione, va mantenuta solo la confisca diretta – e non quella per equivalente – sulla base della corretta applicazione irretroattiva dell’ art. 578 bis del c.p.p..

A valle delle considerazioni sopra esposte, la Corte, nei PQM afferma, con specifico riferimento alla confisca: “REVOCA la confisca diretta disposta nella misura di euro 901,478,00 nei confronti della società …. nonché la confisca per equivalente disposta nei confronti di….”.

La sentenza di secondo grado appare, dunque, poco attaccabile e trasparente nelle sue statuizioni.

La stessa, infatti, esclude la confisca diretta rispetto alla società per cui era venuta meno la debenza tributaria e esclude quella per equivalente rispetto alle fattispecie prescritte. Una conclusione, quindi, perfettamente in linea con le motivazioni esposte.

Dunque, rispondendo ai quesiti posti, è possibile dire quanto segue.

1. In merito alla legittimità della confisca diretta, la risposta è positiva. Contrariamente a quanto si afferma nel quesito 1, infatti, la Corte d’Appello, in realtà, spiega in modo puntuale le ragioni per cui talvolta viene mantenuta solo la confisca diretta (e non quella per equivalente per i capi prescritti) e anche le ragioni per cui viene talvolta del tutto espunta anche la confisca diretta per mancanza del credito tributario da soddisfare;
2. conseguentemente, in risposta al quesito 2, la sentenza sotto questo profilo “motivazionale” pare molto poco attaccabile in quanto, come detto, c’è un perfetto rapporto di conseguenzialità e logica tra le motivazioni della sentenza sulla confisca e il relativo PQM;
3. l’imputato può di certo ricorrere in cassazione avverso il capo della sentenza che statuisce sulla confisca ma, in tal caso, dovrà di certo farlo per motivi diversi rispetto alla ritenuta non coincidenza tra motivazioni e PQM del provvedimento. Il provvedimento, dunque, dovrà essere attaccato con riferimento ai profili di violazione di legge connessi all’applicazione della confisca e non già in riferimento – lo si ripete – a vizi di correlazione tra la motivazione e la statuizione finale della sentenza (che nel caso di specie non sembrano esservi e che, comunque, difficilmente rappresenterebbero un motivo di impugnazione valido).

Anonimo chiede
sabato 26/02/2022 - Lazio
“Spett.le Brocardi.it
Sono a chiedere il seguente parere di ordine penal - tributario.

All’indagato, nella fase delle indagini preliminari le viene eseguito un sequestro preventivo sul suo patrimonio a seguito di reati tributari.

L’indagato fa ricorso al Tribunale del Riesame per la richiesta dell’annullamento del decreto di sequestro preventivo, e il Tribunale del Riesame accoglie al richiesta ed annulla il decreto di sequestro preventivo, e il P.M. non si oppone all’Ordinanza e provvede alla restituzione dei beni in sequestro in favore dell’indagato.

Dopodiché inizia il processo di primo grado, e al termine di esso il Giudice di merito condanna l’imputato per il reato tributario a lui ascritto e consumato nell’anno 2014, e accoglie la richiesta del P.M. alla confisca diretta e per equivalente dei beni dell’imputato ex art. 12 bis D.Lgs. 74/2000, come suddetto trattasi di beni liberi a seguito dell’annullamento del precedente Decreto di sequestro preventivo, ovvero, la peculiare fattispecie non riguarda la confisca di beni già sequestrati ma di beni dissequestrati ovvero nella libera disponibilità dell’imputato condannato.

Il P.M. esegue la confisca dei beni dell’imputato e ulteriormente quale fatto nuovo, estende la confisca anche e nei confronti di un terzo estraneo al reato in quanto ritenuti dal P.M., beni nella disponibilità di fatto dell’imputato condannato in primo grado, e ciò nonostnte che tali beni erano già in possesso del terzo estraneo del reato dapprima dell'originario sequtro preventivo poi annullato, così come rislta anche agli atti delle indagini preliminari.

Ebbene, quali modi e termini offre l’ordinamento affinché l’imputato condannato possa opporsi ovvero impugnare la suddetta confisca anche alla luce del fatto che proporrà appello alla sentenza di condanna?

Ulteriormente, quali modi e termini offre l’ordinamento affinché il terzo estraneo al reato possa opporsi ovvero impugnare la suddetta confisca per dimostrare che in effetti il bene confiscato è nella sua esclusiva proprietà, disponibilità e nei propri interessi e non in quelli del condannato?

Giova rilevare nella fattispecie che il terzo estraneo non ha ovviamente chiesto il riesame del decreto di sequestro in quanto non gli erano mai stati sequestrati i propri beni. E ne nel caso di specie non è prevista la partecipazione del terzo proprietario del bene da confiscare nel processo di primo grado. Corte Costituzionale sentenza n. 253/2017.

Cordialità.”
Consulenza legale i 01/03/2022
Prima di rispondere al parere, occorre innanzi tutto chiarire che, ad oggi, la confisca consegue direttamente alla condanna o patteggiamento per i reati tributari previsti e puniti dal d. lgs. 74/2000.
In tal senso depone l’art. 12 bis d.lgs. 74/00 che afferma in modo chiaro che la confisca “è sempre” ordinata.

Ciò detto, è chiaro che, quanto all’imputato, lo strumento per reagire alla misura di sicurezza è di certo l’appello.
Attraverso lo stesso, invero, questi potrà contestare la sentenza di condanna e, in caso di assoluzione piena, la confisca decadrà in maniera diretta.
In ogni caso, che l’imputato possa, mediante l’impugnazione, contestare la confisca, lo dice espressamente anche l’articolo 579, comma 3, c.p.p.

Quanto al terzo, va detto che, in merito, vi sono state numerose dispute giurisprudenziali.

Senza dare conto nel dettaglio dei “battibecchi” pretori, va detto che, sul punto è dirimente quanto affermato dalla Cassazione Penale, Sezioni Unite, nella sentenza n. 48126 del 2017.

Lo scontro giurisprudenziale era il seguente:
- secondo una prima corrente, il terzo, non essendo parte del giudizio di cognizione e non potendo procedere all’appello ex art. 579 c.p.p., può, anche prima della definitività della sentenza che ha disposto la confisca, proporre l'incidente di esecuzione, per chiedere la restituzione del bene confiscato allo stesso giudice della cognizione. In buona sostanza il terzo dovrebbe presentare richiesta di restituzione ex art. 263 c.p.p. al giudice procedente che deciderà senza formalità applicando analogicamente la normativa in tema di esecuzione (artt. 676 e 667 c.p.p.);
- secondo una diversa corrente giurisprudenziale, tuttavia, tale iter sarebbe estremamente pericoloso in considerazione del rischio di giudicati contrastanti.

Le Sezioni Unite hanno risolto il contrasto in modo abbastanza semplice, per non dire semplicistico.
Pur confermando la non titolarità del terzo a proporre appello avverso la sentenza di merito (non essendo parte del processo), le Sezioni Unite ritengono di aderire all’orientamento secondo cui:
- intervenuto il giudicato, il terzo possa fare solo riferimento all’incidente di esecuzione;
- nelle more, invece, il terzo potrebbe avanzare istanza di restituzione e, in caso di diniego, proporre appello cautelare ex art. 322 bis c.p.p.

Tale strada, peraltro, è confermata anche dalla Corte Costituzionale, con la sentenza menzionata nella richiesta del parere.
In tale sede, il Giudice delle leggi, ritenendo inammissibile la questione di costituzionalità degli articoli del codice di rito che non consentono al terzo estraneo di impugnare in via diretta la sentenza di primo grado comminatoria della confisca, afferma proprio che il giudice rimettente non avrebbe considerato le alternative – di ideazione giurisprudenziale – di cui il terzo beneficia e che garantiscono una revisione della confisca nei suoi confronti.
Una di queste alternative è proprio quella dell’appello cautelare a seguito dell’ipotetico rigetto dell’istanza di restituzione presentata al giudice della cognizione.

Vero è che tali modalità sono esperibili solo laddove i beni dei terzi siano stati assoggettati ad un pregresso sequestro.
Nel caso in cui, invece, la confisca non faccia seguito alla misura cautelare reale, la giurisprudenza è conforme nel sostenere che il terzo possa adire solo il giudice dell’esecuzione, attraverso l’incidente di esecuzione.
Tale principio viene affermato partendo dal presupposto che, in realtà, in mancanza di un sequestro, la situazione giuridica del terzo viene incisa solo dal giudicato, che conferisce dignità definitiva alla confisca.
Conseguentemente, prima del giudicato, il terzo nulla può fare.
In tal senso si è espressa chiaramente Cass. pen. Sez. III Sent., 04/10/2018, n. 58444 secondo cui “in tema di confisca, nel caso in cui il provvedimento ablatorio non sia stato preceduto dal sequestro del bene, il terzo che assume di esserne proprietario e che sia rimasto estraneo al giudizio di cognizione può far valere le proprie pretese soltanto a seguito dell'irrevocabilità della sentenza che dispone la confisca, mediante la proposizione di incidente di esecuzione ai sensi dell'art. 676 cod. proc. pen.”.
In tale sede, peraltro, la Cassazione ha dichiarato irrilevante la questione di legittimità costituzionale degli artt. 573, comma 1, 579, comma 3 e 607 cod. proc. pen. nella parte in cui non prevedono per il terzo la facoltà di impugnare, con appello o con ricorso per cassazione, il capo della sentenza che dispone la confisca del bene, osservando che, in mancanza di un precedente sequestro, una eventuale lesione del diritto del terzo si può determinare solo a seguito del passaggio in giudicato della sentenza che dispone il provvedimento ablatorio.

Si tratta, comunque, di un sistema tutt'altro che soddisfacente che potrebbe mutare a seguito di ulteriori revirement giurisprudenziali.