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Articolo 104 ter Legge fallimentare

(R.D. 16 marzo 1942, n. 267)

[Aggiornato al 01/01/2023]

Programma di liquidazione

Dispositivo dell'art. 104 ter Legge fallimentare

(1) Entro sessanta giorni dalla redazione dell'inventario, e in ogni caso non oltre centottanta giorni dalla sentenza dichiarativa di fallimento, il curatore predispone un programma di liquidazione da sottoporre all’approvazione del comitato dei creditori. Il mancato rispetto del termine di centottanta giorni di cui al primo periodo senza giustificato motivo è giusta causa di revoca del curatore (2).

Il programma costituisce l’atto di pianificazione e di indirizzo in ordine alle modalità e ai termini previsti per la realizzazione dell'attivo, e deve specificare:

  1. a) l’opportunità di disporre l'esercizio provvisorio dell'impresa, o di singoli rami di azienda, ai sensi dell’articolo 104, ovvero l’opportunità di autorizzare l'affitto dell’azienda, o di rami, a terzi ai sensi dell'articolo 104-bis;
  2. b) la sussistenza di proposte di concordato ed il loro contenuto;
  3. c) le azioni risarcitorie, recuperatorie o revocatorie da esercitare ed il loro possibile esito;
  4. d) le possibilità di cessione unitaria dell'azienda, di singoli rami, di beni o di rapporti giuridici individuabili in blocco;
  5. e) le condizioni della vendita dei singoli cespiti;
  6. f) il termine entro il quale sarà completata la liquidazione dell'attivo.

Il termine di cui alla lettera f) del precedente comma non può eccedere due anni dal deposito della sentenza di fallimento. Nel caso in cui, limitatamente a determinati cespiti dell'attivo, il curatore ritenga necessario un termine maggiore, egli è tenuto a motivare specificamente in ordine alle ragioni che giustificano tale maggior termine.

Il curatore, fermo restando quanto disposto dall'articolo 107, può essere autorizzato dal giudice delegato ad affidare ad altri professionisti o società specializzate alcune incombenze della procedura di liquidazione dell'attivo.

Il comitato dei creditori può proporre al curatore modifiche al programma presentato.

Per sopravvenute esigenze, il curatore può presentare, con le modalità di cui ai commi primo, secondo e terzo, un supplemento del piano di liquidazione.

Prima della approvazione del programma, il curatore può procedere alla liquidazione di beni, previa autorizzazione del giudice delegato, sentito il comitato dei creditori se già nominato, solo quando dal ritardo può derivare pregiudizio all'interesse dei creditori.

Il curatore, previa autorizzazione del comitato dei creditori, può non acquisire all'attivo o rinunciare a liquidare uno o più beni, se l'attività di liquidazione appaia manifestamente non conveniente. In questo caso, il curatore ne dà comunicazione ai creditori i quali, in deroga a quanto previsto nell'articolo 51, possono iniziare azioni esecutive o cautelari sui beni rimessi nella disponibilità del debitore.

Il programma approvato è comunicato al giudice delegato che autorizza l’esecuzione degli atti a esso conformi.

Il mancato rispetto dei termini previsti dal programma di liquidazione senza giustificato motivo è giusta causa di revoca del curatore. È altresì giusta causa di revoca, in presenza di somme disponibili per la ripartizione, il mancato rispetto dell'obbligo di cui all'articolo 110 primo comma.

Note

(1) Articolo aggiunto dal d.lgs. 5/2006.
(2) Comma così sostituito con d.lgs. 169/2007.
Il programma di liquidazione è una novità della riforma del 2006. Il decreto correttivo del 2007 ha eliminato la necessità di approvazione del programma ad opera del giudice delegato: oggi è il curatore che redige il piano di liquidazione e lo sottopone al comitato dei creditori.
(4) Il comma risponde all'esigenza di speditezza del procedimento, evitando di intraprendere l'attività di liquidazione in relazione a beni palesemente invendibili o privi di rilevante valore economico. Il legislatore ha stabilito che su questi beni, cui il curatore ha rinunciato, possano soddisfarsi i creditori concorsuali, eccezionalmente attraverso singole azioni cautelari o esecutive.

Ratio Legis

La norma ha grande rilevanza, in quanto introduce ex novo l'istituto del piano di liquidazione che il curatore deve presentare al comitato dei creditori, che mira a rispondere a esigenze di speditezza e semplificazione della procedura fallimentare.

Rel. ill. riforma fall. 2007

(Relazione Illustrativa al decreto legislativo 12 Settembre 2007, n. 169)

7 L’articolo 7 del decreto legislativo, reca disposizioni correttive del Titolo II, Capo VI della legge fallimentare.
Il comma 1 interviene sull’articolo 104-ter definendo il programma di liquidazione come "l’atto di pianificazione e di indirizzo in ordine alle modalità ed ai termini previsti per la realizzazione dell’attivo".
Si puntualizza il rapporto tra l’approvazione e l’autorizzazione del programma. Viene, infatti, chiarito che il programma deve essere approvato dal comitato dei creditori, mentre il giudice delegato autorizza gli atti di liquidazione conformi al programma medesimo.

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Consulenze legali
relative all'articolo 104 ter Legge fallimentare

Seguono tutti i quesiti posti dagli utenti del sito che hanno ricevuto una risposta da parte della redazione giuridica di Brocardi.it usufruendo del servizio di consulenza legale. Si precisa che l'elenco non è completo, poiché non risultano pubblicati i pareri legali resi a tutti quei clienti che, per varie ragioni, hanno espressamente richiesto la riservatezza.

P. S. chiede
lunedì 05/12/2022 - Toscana
“Buongiorno, sono curatore fallimentare di una srl che partecipa ad un consorzio di urbanizzazione disciplinato dalle norme di legge di cui all'art. 27 comma 5 L166/2002.
Al momento della redazione del programma di liquidazione non fu inserita la quota di partecipazione al consorzio la quale, ad oggi, non presenta evidentemente alcun valore di realizzo. Il consorzio inoltre non prevede nello statuto l'automatica esclusione delle consorziate fallite. Riterrei pertanto, in qualità di curatore, di partecipare regolarmente alle assemblee dei consorziati e, vista la non convenienza a mantenere la quota del consorzio, di richiedere la rinuncia alla sua acquisizione al G.D. ex art. 104-ter comma 8 l.f. non essendo stato possibile nominare il comitato dei creditori. Alla luce dell'eventuale autorizzazione alla rinuncia alla quota ritenete di poter soprassedere anche ad una modifica del programma di liquidazione? Come detto inizialmente infatti non vi era stata inserita la quota del consorzio.”
Consulenza legale i 13/12/2022
La normativa di riferimento non disciplina il caso specifico della modifica del programma di liquidazione. Non sono infatti previste cause tassative che comportino l’obbligatorietà della modifica dello stesso. Inoltre, essendo, nel caso di specie, l’attività non indicata nella prima stesura del programma di liquidazione ed essendo oggetto di rinuncia alla sua acquisizione nell’attivo ai sensi dell’art. 104-ter c.8 l.f. si ritiene che la decisione in merito alla volontà di procedere con una modifica o meno del programma iniziale possa essere lasciata al Giudice Delegato.

A. S. chiede
venerdì 18/11/2022 - Sardegna
“Buongiorno,
Il 31/07/1997 i soci, con atto autenticato dal Notaio, dichiarano lo scioglimento della Società di fatto e nominano il sottoscritto liquidatore.
In data 19/02/1998 Il Tribunale dichiara il fallimento della Sdf.
Dopo 24 anni il fallimento è ancora aperto.
Il 19 ottobre 2021 il curatore fallimentare mi comunica, tramite PEC, che ai sensi e per tutti gli effetti dell'art. 104 ter R.D.267/1942, in seguito all'esito della valutazione effettuata, gli organi della procedura hanno rinunciato alla prosecuzione della liquidazione di alcuni beni immobili acquisiti all'attivo, per manifesta non convenienza.
Nella comunicazione, il Curatore, ricorda che ai sensi dell'art. 51 L.F. i creditori sono stati informati della loro possibilità di iniziare azioni esecutive o cautelari sui medesimi beni.
Allegato alla comunicazione vi è l'elenco dei beni.
Ad oggi,18/11/2022, nessun creditore ha iniziato alcuna azione.
La tipologia dei beni riguarda essenzialmente piccole cantine o piccoli magazzini per di più abusivi o inagibili. Nella prosecuzione della liquidazione sono riuscito a trovare diverse persone interessate all'acquisto di alcuni beni. Mi sono recato dal Notaio per predisporre gli atti di vendita, ma il conservatore dei Registri Immobiliari si rifiuta di fare le trascrizioni in mancanza di un documento contenente l'elenco dei beni firmato dal G.D., nonostante la presenza della PEC del Curatore.
Il G.D. alla richiesta del documento richiesto dal Conservatore dei RR.II. ha risposto che lui aveva concesso le autorizzazioni al curatore e pertanto null'altro doveva fare.
A questo punto mi trovo impossibilitato a proseguire la liquidazione dei beni.
Come posso risolvere e proseguire nella liquidazione?
Grazie

Consulenza legale i 25/11/2022
Si ricorda che in fase di apertura della procedura di fallimento, come previsto dall’art. 88 della l. fall., al fine di acquisire la disponibilità dei beni all’attivo, il curatore ha notificato un estratto della sentenza dichiarativa di fallimento ai competenti uffici, perché venisse trascritto nei pubblici registri.
Successivamente, secondo quanto previsto dall’art. 104 ter della l. fall., nel momento in cui questi decida di rinunciare a liquidare uno o più beni, se l'attività di liquidazione appare manifestamente non conveniente, al fine di restituire la disponibilità di tali beni al fallito, il curatore dovrà eliminare la trascrizione della sentenza, richiedendo al giudice l'emissione di un provvedimento di cancellazione di detta trascrizione, in applicazione analogica del secondo comma dell'art. 108 della l. fall..


P. S. chiede
martedì 02/08/2022 - Toscana
“Buongiorno,
sono curatore di un fallimento ed avrei queste problematiche da risolvere ex art. 104-ter comma 8 l.fall.
Ho il programma di liquidazione già approvato dal GD in quanto al momento non è stato ancora possibile nominare il comitato dei creditori. Nel programma ho riportato la valorizzazione dei beni mobili inventariati stimati dall'Istituto Vendite Giudiziarie.
Tali beni sono ricoverati in un fondo detenuto in locazione dalla società fallita il cui proprietario mi chiede la rimozione dei beni.
Ho fatto stimare lo smontaggio e l'asportazione dei beni (attrezzature di un ex panificio) e l'importo è manifestamente superiore all'eventuale ricavato della loro vendita. Posso fare istanza al GD (manca il comitato) affinché mi autorizzi alla rinuncia dei beni ex art. 104-ter comma 8 l.f. con contestuale comunicazione ai creditori per cui possono operare in deroga all'art. 51 l.f.? Dopo l'eventuale autorizzazione del GD all'abbandono dei beni, devo depositare un programma di liquidazione integrativo? A quali conseguenze mi espongo nei confronti del proprietario del fondo ove sono ubicati i beni che abbandonerei nei suoi locali?
Grazie
Saluti”
Consulenza legale i 09/09/2022
In linea generale, alla vicenda esposta appare applicabile l’104 ter, comma 8, della l. fall., in forza del quale il curatore, previa autorizzazione del comitato dei creditori, può non acquisire all'attivo o rinunciare a liquidare uno o più beni, se l'attività di liquidazione appaia manifestamente non conveniente.

La circostanza per la quale, da una stima dei beni effettuata dall’IVG, l’importo per l’asportazione dei beni sia superiore al presumibile valore di realizzo, fa evidentemente apparire la liquidazione non conveniente.
In tale circostanza si ritiene corretto avanzare al giudice delegato, posta l’assenza del comitato dei creditori ed affinché decida in via sostitutiva ad esso, un’istanza per la rinuncia a detti beni ex 104 ter, comma 8, della l. fall., con comunicazione ai creditori della possibilità di iniziare azioni esecutive individuali in deroga all’art. 51 della l. fall..

In seguito all’eventuale autorizzazione, si ritiene, altresì, opportuno provvedere al deposito di un programma di liquidazione integrativo, che tenga in considerazione l’abbandono di detti beni e che riporti, pertanto, la riduzione dell’attivo fallimentare.

In ogni caso, dovrà essere preliminarmente definita la questione inerente al fondo detenuto in locazione ed i rapporti con il locatore.
Ai sensi dell’80, comma 3, della l. fall., in caso di fallimento del conduttore, il curatore può in qualunque tempo recedere dal contratto, corrispondendo al locatore un equo indennizzo per l'anticipato recesso (eventualmente determinato dal giudice delegato in caso di dissenso fra le parti), da soddisfarsi in prededuzione ai sensi dell'111, n. 1, della l. fall. con il privilegio di cui all’art. 2764 del c.c..

Nell’eventualità in cui tale diritto non fosse stato esercitato dal curatore, il contratto di locazione sarebbe ancora in essere ed essi dovrebbe continuare a corrispondere i canoni di locazione.
A ciò consegue, tuttavia, che il fondo si troverà ancora nella disponibilità del conduttore fallito ed il locatore non potrà legittimamente richiederne la liberazione.

In caso di mancato pagamento dei canoni il locatore potrebbe notificare un’intimazione di sfratto per morosità ex art. 658 del c.c., insinuandosi al passivo come chirografario per gli eventuali canoni impagati ante fallimento, in prededuzione per quelli successivi fino alla scadenza del contratto; per il periodo successivo alla scadenza del contratto potrà chiedere, sempre insinuandosi al passivo, il pagamento in prededuzione di una indennità di occupazione senza titolo dell'immobile, fino all'effettivo rilascio.
Solo allora il locatore potrà pretendere legittimamente la rimozione dei beni presenti nel fondo.

Al contrario, nell’eventualità in cui il curatore avesse esercitato il diritto di recesso, la pretesa del locatore di liberare l’immobile sarebbe legittima.

Se la richiesta del locatore non dovesse essere accolta, ovvero il conduttore (curatore) dovesse restare inerte, il locatore dovrebbe intraprendere la procedura di cui all’art. 609 del c.p.c., la quale prevede un’intimazione per il tramite dell’ufficiale giudiziario alla parte tenuta al rilascio ad asportare entro un termine assegnato i beni mobili che non debbono essere consegnati.
Quando entro il termine assegnato l'asporto non viene eseguito, l'ufficiale giudiziario, su richiesta e a spese della parte istante, determina il presumibile valore di realizzo dei beni ed indica le prevedibili spese di custodia e di asporto.
Se può ritenersi che il valore dei beni è superiore alle spese di custodia e di asporto, l'ufficiale giudiziario, a spese della parte istante, nomina un custode e lo incarica di trasportare i beni in altro luogo.
Quando, invece, in mancanza di istanza in tal senso e di pagamento anticipato delle spese di custodia e asporto, non appare evidente l'utilità del tentativo di vendita, i beni sono considerati abbandonati e l'ufficiale giudiziario, salva diversa richiesta della parte istante, ne dispone lo smaltimento o la distruzione.

Con tutta probabilità, a tali attività dovrà materialmente provvedere il locatore, il quale potrà insinuarsi al passivo per il rimborso delle spese all’uopo sostenute; ferma in ogni caso la possibilità di agire con autonoma azione per il risarcimento degli eventuali danni subiti.

Gianluca F. chiede
mercoledì 13/05/2020 - Sardegna
“Salve,
vorrei porre il seguente quesito:
due autoveicoli intestati ad una Società Cooperativa posta in Liquidazione Coatta Amministrativa con Decreto in data 14/06/2012, sono custoditi, oramai da svariati anni nel giardino di una abitazione privata, i quali oltre a essere diventati un ricettacolo di ratti, pregiudicando l'igiene e la salute dei residenti, sono fonte di inquinamento ambientale del terreno circostante. Ciò posto, avendo fatto istanza al MISE per essere messo in contatto col Commissario Liquidatore in modo da poter prendere accordi per la rimozione dei mezzi sopracitati, si apprendeva dalla risposta del MISE che, nel frattempo, il Commissario è deceduto e la procedura risulta conclusa da tempo con la conseguente cancellazione dal registro delle imprese della Soc. Coop. in data 18/11/2014 delegando la rimozione degli autoveicoli all'ex Legale Rappresentante della Soc. Coop. in bonis quale soggetto destinatario dei beni non acquisiti dalla procedura. Puntualizzando che l’ex legale rappresentante è deceduto, e al solo fine di rimuovere le criticità sopra evidenziate, si possono ritenere gli eredi autorizzati alla rimozione dei mezzi per conferimento presso un centro autorizzato di autodemolizioni per la rottamazione senza recare danno o pregiudizio alcuno?”
Consulenza legale i 17/05/2020
Ai sensi dell’art. 104 ter della Legge Fallimentare, alla cui lettura si rimanda, il curatore (nel caso di specie, trattandosi di liquidazione coatta amministrativa, il commissario) può sempre decidere di non acquisire alla massa fallimentare un determinato bene.

Dalla ricostruzione dei fatti risulta che il Commissario Liquidatore della Procedura di liquidazione coatta amministrativa avesse deciso per la non acquisizione dei due autoveicoli, disponendo che fosse l’allora legale rappresentante della soc. coop. a provvedere alla rimozione di detti autoveicoli, il quale, sempre dalla predetta ricostruzione, sembra che avesse acquisito la disponibilità giuridica e materiale dei suddetti beni.

Se così fosse, gli eredi del legale rappresentante deceduto, essendo divenuti successori a titolo universale di tutto il patrimonio di detto soggetto, avrebbero acquisito anche la proprietà di dette autovetture, cosicché non pare peregrino sostenere che siano legittimati a rimuovere detti beni divenuti ormai di loro proprietà.

Si potrebbe, ad ogni modo, per scrupolo, chiedere una ulteriore conferma sul punto al MISE onde evitare qualsivoglia contestazione futura.

Daniele P. chiede
giovedì 22/10/2015 - Lombardia
“L'azienda "Pippo" in cui lavoravo è fallita. Ha affittato il ramo d'azienda all'azienda "Paperino" che ha trasferito presso la propria sede diversi beni mobili funzionali all'esercizione dell'attività (scrivanie, Pc, telefoni, armadi, gabbie metalliche, database clienti, muletti, ecc..) Tutti questi beni sono stati regolarmente inventariati. Al termine del contratto di affitto la ditta "Paperino" non ha restituito i suddetti beni come richiesto dal Curatore fallimentare il quale, dopo aver espletato senza successo le aste per la vendita di tali beni, ha deciso di abbandonarli presso la ditta "Paperino" che ne usufriusce tutt'ora per il proseguo dell'attività ex ramo d'azienda.
Il fallimento della ditta "Pippo" è stato poi regolarmente chiuso con decreto del Tribunale.
Ora, come creditore privilegiato, solo minimamente soddisfatto dal riparto finale, posso, se lo ritengo conveniente, avvalermi su tali beni abbandonati nonostante si trovino in uso presso la ditta "Paperino" ?
Lo stato giuridico di "beni abbandonati" attraverso quale atto del Curatore e/o del Tribunale è sancito ?
La richiesta di un supporto cartaceo che attesti lo status dei beni,rivolta al Curatore, è risultata inevasa salvo una mera attestazione verbale.
E' regolare tutto ciò? Come posso procedere per aggredire tali beni?
Grazie”
Consulenza legale i 27/10/2015
La vicenda descritta nel quesito può ricondursi al settimo e penultimo comma dell'art. 104 ter della Legge Fallimentare. Esso sancisce: "Il curatore, previa autorizzazione del comitato dei creditori, può non acquisire all'attivo o rinunciare a liquidare uno o più beni, se l'attività di liquidazione appaia manifestamente non conveniente. In questo caso, il curatore ne dà comunicazione ai creditori i quali, in deroga a quanto previsto nell'articolo 51, possono iniziare azioni esecutive o cautelari sui beni rimessi nella disponibilità del debitore".
La norma è chiara e sembra direttamente applicabile nel caso di specie.

Dal punto di vista pratico, il curatore del fallimento "Pippo", dopo aver stabilito che - viste le aste deserte - dai beni utilizzati dalla ditta "Paperino" non avrebbe potuto ottenere una liquidazione conveniente, dovrebbe:
1. aver chiesto l'autorizzazione al comitato dei creditori al fine di rinunciare alla liquidazione stessa;
2. ottenuta l'autorizzazione, aver comunicato ai creditori che i beni "abbandonati" risultano fuori dal fallimento e quindi su di essi era possibile agire con azioni esecutive individuali.

Dal fascicolo del fallimento dovrebbe risultare l'autorizzazione del comitato dei creditori, mentre il creditore singolo che si è insinuato nella procedura avrebbe dovuto ricevere una comunicazione scritta.

Ora, atteso che evidentemente la comunicazione al creditore non è stata inviata, dovrebbe almeno recuperarsi l'istanza del curatore di abbandono dei beni e la relativa autorizzazione. E' possibile eventualmente rivolgersi alla cancelleria fallimentare per visionare il fascicolo (la procedura cambia da Tribunale a Tribunale, quindi non possono darsi consigli pratici in merito).

In ogni caso, ciò che appare certo è che il creditore singolo possa agire in esecuzione contro i beni la cui liquidazione è stata abbandonata. Naturalmente, sugli stessi beni potranno esperire l'espropriazione forzata anche gli altri creditori del fallito, addirittura quelli successivi.
La procedura da seguire è quella del pignoramento di beni mobili del debitore presso terzi, disciplinata dagli artt. 532 e seguenti del codice di procedura civile.
Si dovrà valutare con attenzione la convenienza a procedere esecutivamente, verificando che i beni di cui si tratta abbiano un valore tale da soddisfare anche in parte il creditore (solitamente, in fase di pignoramento, l'ufficiale giudiziario tende ad attribuire valori in eccesso ai beni, quindi a fine procedimento si rischia di ottenere un prezzo irrisorio che copre, magari, solo le spese dell'esecuzione).

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