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Articolo 55 Legge equo canone

(L. 27 luglio 1978, n. 392)

[Aggiornato al 12/11/2014]

Termine per il pagamento dei canoni scaduti

Dispositivo dell'art. 55 Legge equo canone

La morosità del conduttore nel pagamento dei canoni o degli oneri di cui all'articolo 5 può essere sanata in sede giudiziale per non più di tre volte nel corso di un quadriennio se il conduttore alla prima udienza versa l'importo dovuto per tutti i canoni scaduti e per gli oneri accessori maturati sino a tale data, maggiorato degli interessi legali e delle spese processuali liquidate in tale sede dal giudice.

Ove il pagamento non avvenga in udienza, il giudice, dinanzi a comprovate condizioni di difficoltà del conduttore, può assegnare un termine non superiore a giorni novanta.

In tal caso rinvia l'udienza a non oltre dieci giorni dalla scadenza del termine assegnato.

La morosità può essere sanata, per non più di quattro volte complessivamente nel corso di un quadriennio, ed il termine di cui al secondo comma è di centoventi giorni, se l'inadempienza, protrattasi per non oltre due mesi, è conseguente alle precarie condizioni economiche del conduttore, insorte dopo la stipulazione del contratto e dipendenti da disoccupazione, malattie o gravi, comprovate condizioni di difficoltà.

Il pagamento, nei termini di cui ai commi precedenti, esclude la risoluzione del contratto.

Spiegazione dell'art. 55 Legge equo canone

La norma in oggetto va letta in combinato disposto con quanto previsto dall’art. 5 della l. equo canone, dettato in relazione al mancato pagamento, per oltre venti giorni, del canone o degli oneri accessori da parte del conduttore. La ratio della norma in commento è quella di tutelare la controparte debole del rapporto locatizio, facendo in modo che non si addivenga alla risoluzione del contratto a fronte di comportamenti inadempienti di scarsa rilevanza o comunque ai quali il conduttore è in grado di porre rimedio.
Più nello specifico, l’art. 55 rappresenta una deroga alle normali regole in tema di risoluzione del contratto, e all’art. 1453 c.c., comma 3, in particolare.
Il comma 3 dell’art. 1453 del c.c., infatti, impedisce alla parte inadempiente di sanare l’inadempimento una volta che sia stata proposta la domanda giudiziale di risoluzione del contratto. L’art. 55, invece, offre al conduttore la possibilità di sanare il suo inadempimento, pur all’interno di un preciso termine.
In tal modo, i casi di morosità meno gravi non condurranno alla risoluzione del contratto prima che sia stata offerta al conduttore la possibilità di rimediare al suo inadempimento.
Ci si è chiesti in giurisprudenza se le parti possano, in virtù della loro autonomia contrattuale, derogare all’art. 55, inserendo nel contratto una clausola risolutiva espressa. La soluzione maggiormente avallata dai giudici sembra essere nel senso dell’esclusione di tale possibilità, costituendo la norma di cui all’art. 55 una disposizione di ordine pubblico.
La dottrina sostiene, in merito all’ambito di applicazione della norma, che essa vada applicata sia nel caso in cui l’attore abbia attivato un procedimento per convalida di sfratto, sia nel caso di giudizio a cognizione piena, essendo ingiustificata una disparità di trattamento basata sulla diversità del procedimento seguito dal locatore. La Corte Costituzionale, in particolare, sulla base dei principi di uguaglianza e di diritto di difesa previsti dagli articoli 3 e 24 della Costituzione, ha del tutto equiparato il giudizio per convalida di sfratto all’ordinario giudizio col quale si chiede la risoluzione del contratto, ammettendo in entrambi il ricorso al meccanismo di sanatoria previsto dall’art. 55.
È possibile per il conduttore ricorrere al meccanismo di sanatoria in via subordinata rispetto alla contestazione del proprio inadempimento. Tuttavia, in tal caso, in mancanza del dovuto pagamento, atto a sanare l’inadempimento, verrà emessa ordinanza di convalida di sfratto, a prescindere dalle contestazioni del conduttore in merito all’inadempimento.
Vivace dibattito ha suscitato la questione dell’applicazione di tale norma anche alle locazioni di immobili ad uso diverso da quello abitativo. In particolare, certa parte della giurisprudenza affermava che il meccanismo di sanatoria fosse applicabile solamente alle locazioni abitative, mentre altra parte degli interpreti riteneva che l’art. 55 fosse applicabile anche per gli immobili adibiti ad uso diverso da quello abitativo, escludendo quindi una applicazione riduttiva dell’istituto in commento, non giustificata nemmeno sulla base della espressa previsione di legge, che non opera in tal senso alcun tipo di distinzione.
Le Sezioni Unite sono intervenute a dirimere tale contrasto, affermando che l’art. 55 non è applicabile alle locazioni ad uso non abitativo, sulla base della lettura in combinato disposto di quest'ultima norma e dell’art. 5, che si riferisce solamente alle locazioni abitative. Le situazioni in cui si troverebbero il conduttore di immobile ad uso abitativo e non abitativo, infatti, sono diverse. Solo nel primo caso, in realtà, verrebbe in rilievo l’interesse inviolabile e fondamentale della persona ad avere una abitazione. Per tale motivo, la diversità di disciplina non è stata ritenuta in alcun modo discriminatoria nei confronti del conduttore di immobile adibito ad uso non abitativo. Tuttavia, per le locazioni di immobili adibiti ad uso non abitativo, la possibilità di sanare l’inadempimento, e quindi la morosità, in sede giudiziale, può essere in ogni caso prevista dalle parti del rapporto locatizio, nella loro autonomia contrattuale, attraverso una apposita clausola del regolamento negoziale.
La disposizione di cui all’art. 55 prevede due alternative, sulla base delle quali il conduttore può sanare la propria morosità o direttamente in udienza o, in presenza di comprovate difficoltà, fuori udienza, vedendosi assegnare il cosiddetto “termine di grazia”. Tale concessione, che rappresenta un potere discrezionale del giudice, non è automatica, ma deve essere richiesta dalla parte istante, in presenza di serie ed obiettive ragioni di difficoltà del conduttore che possano giustificare il ritardo nell'adempimento. Il termine di grazia, che viene ritenuto in dottrina e in giurisprudenza perentorio e inderogabile, sarà di novanta o centoventi giorni a seconda della gravità della situazione economica in cui versa il conduttore.
Nel caso in cui il conduttore non adempia comunque all’obbligazione di pagamento del canone, il sub procedimento di sanatoria si estingue e verrà emesso dal giudice il provvedimento di convalida di sfratto. Infatti, una volta accertata la mancata sanatoria del comportamento inadempiente da parte del conduttore, in presenza di ritardo qualificato di cui all’art. 5, il giudice non potrà in alcun modo entrare nel merito della gravità dell’inadempimento, che è stata definita in via preventiva dal legislatore. Quest’ultimo, infatti, ha ancorato a due determinati criteri, uno di ordine quantitativo relativo al “mancato pagamento di una sola rata del canone o all'omesso pagamento degli oneri accessori per un importo superiore a due mensilità del canone", l’altro di ordine temporale.

Rel. ministeriale L. 392/1978

(Relazione ministeriale L. 392/1978)

0 È stato osservato che la norma, nel consentire la sanatoria della morosità, con effetto preclusivo della risoluzione del rapporto, non contiene più il limite, stabilito dalla legislazione previgente, che l’immobile locato sia destinato ad uso di abitazione.
Da ciò e dai richiami contenuti negli artt. 42 e 74 alle disposizioni processuali degli articoli da 43 a 57, è stata in prevalenza tratta la conclusione che l’art. 55 sia applicabile ad ogni locazione di immobili urbani, quale che ne sia la destinazione. È stato osservato in contrario che il richiamo contenuto nello stesso art. 55 dell’art. 5 della legge, che si riferisce ai contratti relativi ad immobili destinati ad uso abitativo, farebbe intendere che la sanatoria della morosità sia ammissibile soltanto per detti contratti; tale interpretazione non appare, peraltro, in armonia con l’intenzione del legislatore che ha inteso richiamare l’art. 5 solo per ribadire il contenuto della morosità equiparata al «grave inadempimento».
La procedura prevista dall’art. 55 dovrebbe inserirsi nell’ordinaria procedura di convalida dello sfratto per morosità. Come è stato osservato, il giudice, nel concedere il termine per sanare la morosità, non può provvedere sul rilascio e deve rinviare la causa ad un'udienza successiva alla scadenza di detto termine. Sul punto è stato ritenuto che la legge abbia parzialmente innovato la disciplina degli artt. 664, 665 e 666 del codice di procedura civile.

Massime relative all'art. 55 Legge equo canone

Corte app. Ancona n. 347/2008

Poiché secondo la lettera e la ratio dell’art. 55 L. 392/78, la richiesta di sanatoria ha carattere necessariamente pregiudiziale, l’intimato, anche nel caso in cui contesti la morosità, può chiedere preliminarmente il «termine di grazia», al solo fine di evitare il provvedimento di rilascio, con riserva di ripetizione della somma versata. Non può, invece, avanzare tale richiesta di termine in via subordinata e condizionata all’accertamento dell’esistenza della contestata morosità.

Cass. civ. n. 741/2002

La sanatoria della morosità ex art. 55 della legge 27 luglio 1978, n. 392 costituisce rimedio non applicabile nella disciplina dei contratti aventi ad oggetto immobili destinati ad uso diverso da quello abitativo.

In tema di locazioni, là dove opera la speciale disciplina dettata dall’art. 55 della legge 27 luglio 1978, n. 392, la sanatoria della morosità, costituente per il conduttore un vero e proprio diritto, è consentita anche al terzo, in virtù della regola generale dettata dall’art. 1180, primo comma, c.c., sempre che costui intenda adempiere nella veste di terzo, e non quando assuma di essere l’effettivo titolare del rapporto di locazione nei confronti del locatore.

Cass. civ. n. 14481/2000

La richiesta del termine di grazia, pur se vale ad impedire l’emissione del provvedimento di rilascio dell’immobile locato; non comporta rinuncia ad una eventuale azione di ripetizione da parte del conduttore moroso di somme pagate in eccedenza all’equo canone.

Cass. civ. n. 13538/2000

In tema di locazione di immobili urbani, la legge 27 luglio 1978, n. 392, all'art. 55, ha inserito, nel procedimento speciale per convalida di sfratto, un subprocedimento di sanatoria, stabilendo modalità e termini entro i quali è consentito al conduttore di evitare la convalida dello sfratto o, successivamente, la emissione dell'ordinanza di rilascio, attraverso la corresponsione dei canoni dovuti, con la conseguenza che, ove il conduttore non abbia manifestato alcuna opposizione all'intimato sfratto, limitandosi a richiedere il termine per sanare la morosità, non potrà, in caso di attestazione dell'intimante di mancata o incompleta sanatoria nel termine assegnato, fondare la sua opposizione, volta ad impedire la emissione a suo carico del provvedimento definitivo di rilascio ex art. 663, primo comma, c.p.c., che su eccezioni relative al completo adempimento della obbligazione nella forma qualificata derivata dal provvedimento di assegnazione del termine.

Cass. civ. n. 2087/2000

Lo speciale istituto della sanatoria della morosità del conduttore, previsto e disciplinato dall'art. 55, L. 27 luglio 1978, n. 392, per le locazioni aventi ad oggetto immobili urbani adibiti ad uso di abitazione, trova applicazione sia nel procedimento di convalida di sfratto per morosità di cui all'art. 658 c.p.c., sia allorché la domanda per conseguire la restituzione dell'immobile sia stata introdotta dal locatore con un ordinario giudizio di risoluzione del contratto per inadempimento.

Cass. civ. n. 12760/1999

La colpa dell’inadempiente, quale presupposto per la risoluzione del contratto, è presunta sino a prova contraria, e tale presunzione è destinata a cadere solo a fronte di risultanze, positivamente apprezzabili, dedotte e provate dal debitore, le quali dimostrino che quest’ultimo, nonostante l’uso della normale diligenza, non sia stato in grado di eseguire tempestivamente le prestazioni dovute per cause a lui non imputabili. (Principio enunciato in tema di inadempimento del pagamento del canone di locazione).

Corte cost. n. 3/1999

È infondata, in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost., la questione di legittimità costituzionale dell’art. 55 della legge 27 luglio 1978, n. 392 (Disciplina delle locazioni di immobili urbani), nella parte in cui prevede la possibilità di sanare in sede giudiziale la morosità, impedendo in tal modo la risoluzione del contratto nel solo procedimento per convalida di sfratto e non anche nel giudizio ordinario di risoluzione per inadempimento.

Cass. civ. n. 4031/1998

Nel procedimento di convalida di sfratto, l’ordinanza pretorile che respinge l’istanza del convenuto di concessione di un termine di grazia ai sensi dell’art. 55 della legge 27 luglio 1978, n. 392, sul presupposto della inapplicabilità di detta disposizione alle locazioni non abitative, risolve una questione di merito di natura decisoria ed è pertanto impugnabile con l’appello.

Cass. civ. n. 7289/1996

La contestazione della morosità da parte del conduttore cui sia stato intimato sfratto, ai sensi dell’art. 665 c.p.c., non preclude il ricorso alla sanatoria di cui all’art. 55 della L. 27 luglio 1978, n. 392, nel senso che con la richiesta di sanatoria l’ordinanza di convalida non può più ritenersi condizionata dalla mancata proposizione dell’opposizione, secondo quanto dispone l’art. 665 citato, bensì dal mancato pagamento del dovuto nel termine - che ha carattere perentorio - all’uopo fissato giusta il disposto dell’art. 55 citato.

Cass. civ. n. 7253/1996

La speciale sanatoria della morosità del conduttore trova applicazione soltanto nel procedimento di convalida di sfratto per morosità di cui all’art. 658 c.p.c. e non pure quando sia introdotto un ordinario giudizio di risoluzione del contratto per inadempimento, nel qual caso, ai sensi del terzo comma dell’art. 1453 c.c., non è consentito al conduttore adempiere la propria obbligazione dopo la proposizione della domanda. Tale sanatoria è subordinata, dal primo comma dell’art. 55 della legge n. 392 del 1978, al pagamento oltre che dei canoni scaduti, anche degli interessi legali e delle spese processuali liquidate dal giudice. Ne consegue che, in caso di incompleta sanatoria, legittimamente viene emessa, una volta scaduto il termine di grazia, ordinanza di convalida ex art. 663 c.p.c., dovendosi ritenere che la morosità persiste, senza che l’inadempimento residuo sia suscettibile di una nuova verifica sotto il profilo della gravità.

Cass. civ. n. 5088/1996

Il ricorso straordinario per cassazione ai sensi dell'art. 111 Cost. contro i provvedimenti adottati con forma diversa dalla sentenza è consentito a condizione che essi abbiano la natura sostanziale di una sentenza, nel senso che, oltre ad incidere su diritti soggettivi di natura sostanziale delle parti, abbiano attitudine al passaggio in giudicato formale e sostanziale. Conseguentemente non può essere impugnata con il ricorso per cassazione ai sensi dell'art. 111 Cost. l'ordinanza di rilascio con riserva delle eccezioni di cui all'art. 665 c.p.c., che non definisce la causa, perché nel giudizio sul rilascio possono essere rimessi in discussione tutti i fatti che si assume siano stati trascurati dal giudice dell'ordinanza. Né a diversa conclusione può pervenirsi nel caso in cui si contesti la mancata ammissione della parte al godimento del beneficio della purgazione della mora, a norma dell'art. 55 della legge n. 392 del 1978, poiché la relativa richiesta è espressione di una facoltà strumentale del conduttore o dell'intimato e non di un diritto soggettivo, e contro il diniego vanno utilizzati i rimedi ordinari, compresi, se lo consente la fattispecie, quelli delle opposizioni esecutive.

Cass. civ. n. 10202/1994

La particolare sanatoria della morosità nel pagamento del canone di locazione stabilita dall’art. 55 della legge sull’equo canone trova applicazione soltanto nel procedimento di convalida di sfratto per morosità di cui all’art. 658 c.p.c. e non pure qualora sia introdotto, con citazione, un ordinario giudizio di risoluzione del contratto per inadempimento, nel qual caso, ai sensi del terzo comma dell’art. 1453 c.c., non è consentito al conduttore adempiere la propria obbligazione dopo la proposizione della domanda.

Cass. civ. n. 11923/1993

Nel caso di opposizione alla intimazione di sfratto per morosità dopo la convalida (art. 668 c.p.c.), la procedura di sanatoria a norma dell’art. 55 della L. 27 luglio 1978 n. 392, sia per effetto del pagamento delle somme dovute alla prima udienza, sia nel termine fissato dal giudice, non richiede la preventiva decisione in ordine all’ammissibilità dell’opposizione, non comportando automaticamente la chiusura del procedimento, così come accade nell’ordinario procedimento di convalida ma restando l’avvenuta sanatoria condizionata al successivo accertamento dell’ammissibilità dell’opposizione di spettanza del giudice competente per il merito. Ne consegue che la deliberazione fatta dal pretore, in quella fase sommaria, sull’ammissibilità dell’opposizione, ha di necessità carattere provvisorio e strumentale ed è sempre revocabile con la sentenza che decide la controversia.

Cass. civ. n. 5414/1993

L’art. 55 della L. 27 luglio 1978 n. 392, che consente al conduttore di sanare la mora in sede giudiziale versando, alla prima udienza, l’importo dovuto per tutti i canoni scaduti e per gli oneri accessori, non è applicabile nel caso in cui il conduttore, al quale sia stato intimato lo sfratto per morosità, si oppone alla convalida ammettendo la mora per una somma inferiore ed offrendo, quindi, solo il pagamento di questa somma. In tale ipotesi, mancando il pagamento integrale delle somme pretese, deve essere, invece, applicato l’art. 666 c.p.c.

Cass. civ. n. 160/1990

La L. 27 luglio 1978, n. 392 non ha, neppure implicitamente abrogato il procedimento per convalida di sfratto di cui all'art. 657 c.p.c., ma ha apportato – con specifico riferimento allo sfratto per morosità – particolari modifiche, stabilendo modalità e termini entro i quali è consentito al conduttore di sanare la morosità, con l'effetto di impedire, alla prima udienza, la convalida dello sfratto o, successivamente, l'emissione dell'ordinanza di rilascio, ai sensi dell'art. 665 stesso codice, con la conseguenza che, qualora – concesso dal pretore il termine di grazia di cui all'art. 55 della L. n. 392 del 1978 – l'intimato non provveda a sanare la morosità nel termine perentorio concessogli, detto giudice non è tenuto a decidere con sentenza sulla domanda di risoluzione, ma può emettere, nel concorso delle altre condizioni, il provvedimento di convalida, che non assume natura di sentenza e non è passibile di impugnazione mediante appello.

Cass. civ. n. 369/1987

Poiché l’art. 82 della L. 27 luglio 1978 n. 392 sull’equo canone, secondo cui ai giudizi in corso al momento dell’entrata in vigore della legge suddetta continuano ad applicarsi ad ogni effetto le leggi precedenti, si applica sia alla disciplina sostanziale che a quella processuale vigente in materia di locazioni urbane, la sanatoria della morosità come prevista agli artt. 5 e 55 della citata legge n. 392 del 1978, non è applicabile ai giudizi proposti prima della sua entrata in vigore.

Cass. civ. n. 6995/1986

La sanatoria della morosità prevista dall’art. 55 della legge n. 392 del 1978 in relazione al mancato pagamento del canone di locazione di immobile urbano, è ammessa anche se le parti abbiano pattuito la clausola risolutiva espressa, contenendo tale norma disposizioni di ordine pubblico che non possono essere derogate dalle private pattuizioni.

Cass. civ. n. 4474/1985

La contestazione della morosità, da parte del conduttore cui sia stato intimato sfratto ex art. 658 c.p.c., qualora sia diretta ad opporsi alla convalida ed all’ordinanza di rilascio di cui all’art. 665 c.p.c., esaurisce in tali limiti la sua efficacia e, quindi, non preclude né rende incompatibile il ricorso alla sanatoria di cui all’art. 55 della legge n. 392 del 1978, introdotta a completamento più dettagliato della procedura di convalida dettata dal codice di rito per la possibilità offerta al conduttore di sanare la morosità e la cui utilizzazione comporta implicitamente, ma necessariamente, la manifestazione della prevalente volontà solutoria del conduttore, che va autonomamente valutata e regolamentata in aderenza alla ratio legis di componimento della lite.

Cass. civ. n. 2077/1983

Nel procedimento di convalida di sfratto per morosità, il provvedimento con il quale si assegna al conduttore un termine di grazia per sanare la morosità, in quanto privo di carattere decisorio, non è impugnabile con ricorso per cassazione a norma dell’art. Ili della Costituzione.

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