Tale disposizione è stata inserita dalla L. n. 24 dell'8 marzo 2017, che si occupa in generale della responsabilità professionale degli esercenti le professioni sanitarie.
Il primo comma della disposizione ha una funzione che è stata definita da certa dottrina "ridondante", o comunque inutile, poiché si limita ad introdurre la successiva disposizione, con funzione invece precettiva, contenuta nel comma 2.
Il secondo comma, infatti, esclude la punibilità dell'esercente la professione sanitaria nel caso di lesioni e omicidio colposo nel caso in cui l'evento si sia verificato a causa di imperizia.
La responsabilità del medico non sarà invece esclusa nel caso in cui l'evento si sia verificato a causa di negligenza o imprudenza, che costituiscono gli altri due tradizionali aspetti della colpa penalmente rilevante.
Per negligenza si intende in generale in cui il medico non agisca con tutte le accortezze e cautele richieste dal compimento dell'incarico.
L'imprudenza, invece, è configurabile allorquando si violi una regola cautelare che imponeva di non tenere una determinata condotta, o di tenerla comunque con modalità differenti.
L'imperizia si riferisce, più nello specifico, alla mancanza di cognizioni tecnico-scientifiche adeguate alla professione svolta o all'incarico ricoperto. In altri termini, configura una negligenza intesa in senso più "qualificato", poiché presuppone in capo all'autore del fatto un bagaglio di conoscenze e di nozioni specialistiche, che devono essere utilizzate durante lo svolgimento dell'attività professionale.
Ebbene, la norma in oggetto intende esimere da responsabilità quell'esercente la professione sanitaria che, nello svolgimento di operazioni mediche, abbia agito con imperizia, avendo tuttavia rispettato le raccomandazioni previste dalle linee guida o dalle buone pratiche clinico-assistenziali, a patto che le raccomandazioni previste dalle predette linee guida risultino adeguate alle specificità del caso concreto.
Tuttavia, la formulazione della norma ha dato vita a moltissimi problemi di carattere interpretativo tra gli operatori del diritto, i quali hanno censurato l'incoerenza e la contraddittorietà della norma. Tali difficoltà applicative sono emerse anche dalle prime sentenze emesse in applicazione dell'art. 590-sexies, leggendo le motivazioni delle quali si comprende a pieno quali siano le difficoltà degli interpreti, che si sono trovati ad applicare una disposizione scritta in un modo poco chiaro e foriero di ambiguità.
E infatti, se si legge con attenzione il secondo comma dell'articolo in esame, si può notare, come la maggior parte della dottrina ha osservato, che i presupposti richiesti al fine di escludere la punibilità dell'agente, in realtà finiscano col confliggere l'uno con l'altro.
Invero, si presuppone che l'evento si sia verificato a causa di imperizia ma che, allo stesso tempo, siano state rispettate le linee guida e che le stesse si siano rivelate adeguate al caso di specie.
Sarebbe più facile comprendere un rimprovero per imperizia al medico che non si sia discostato dalle linee-guida (che per forza di cose si presentano come dei riferimenti tecnico-scientifici di carattere generale e astratto) allorquando le specifiche esigenze del caso concreto lo richiedessero, proprio per le specificità della fattispecie posta all'attenzione del medico.
Viceversa, risulta molto più arduo comprendere che tipo di rimprovero, a titolo di colpa, possa essere mosso all'operatore sanitario il quale si sia strettamente attenuto alle linee-guida poiché le stesse si presentavano adeguate al caso concreto, e non v'era alcun dovere di discostarsene.
In tali termini si è espressa la giurisprudenza della Cassazione che, con sentenza n. 28187 del 7 giugno 2017, ha osservato come sussista di fatto una "incompatibilità logica" nel momento in cui si esclude la punibilità nelle ipotesi in cui l'evento si sia verificato a causa di imperizia poiché "si è in colpa per imperizia ed al contempo non lo si è, visto che le codificate leges artis sono state rispettate ed applicate in modo pertinente ed appropriato [...] all'esito di un giudizio maturato alla stregua di tutte le contingenze fattuali rilevanti in ciascuna fattispecie".
Certa parte delle giurisprudenza, per attribuire una portata precettiva alla disposizione de quo, aveva inizialmente ipotizzato che sarebbe esclusa la punibilità per quel medico che, pur agendo con imperizia nella fase esecutiva dell'intervento medico, si sia comunque strettamente attenuto alle linee-guida dettate per quel determinato caso. Si riporta a tal riguardo l'esempio del medico-chirurgo il quale, pure nel formale rispetto delle linee guida, commetta un errore nella fase esecutiva dell'operazione, con effetto letale per il paziente sottoposto alle sue cure.
Evidentemente, una soluzione di tal fatta non può essere condivisibile. Essa, infatti, contrasterebbe apertamente con l'
art. 32 Cost., poiché si produrrebbe per il medico un
completo ed
ingiustificato esonero da responsabilità, in contrasto
in primis con il principio di colpevolezza.
In seguito a tali pronunce e ai susseguenti dubbi interpretativi, ci si è chiesti quale potesse essere un valido campo applicativo della norma di cui all'art. 590-sexies.
Con altra nota pronuncia del 2018 (c.d. "sentenza Mariotti"), la giurisprudenza di legittimità ha affermato che l'esercente la professione sanitaria risponde, a titolo di colpa, per morte o lesioni personali derivanti dall'esercizio di attività medico-chirurgica:
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se l'evento si è verificato per colpa (anche lieve) da negligenza o imprudenza;
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se l'evento si è verificato per colpa (anche lieve) da imperizia, quando il caso concreto non è regolato dalle raccomandazioni delle linee-guida o dalle buona pratiche clinico-assistenziali;
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se l'evento si è verificato per colpa (anche lieve) da imperizia nella individuazione o nella scelta delle linee-guida o pratiche non adeguate alla specificità del caso concreto;
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se l'evento si è verificato per colpa "grave" da imperizia nell'esecuzione di raccomandazioni di linee-guida o buona pratiche adeguate, tenendo conto del gradi di rischio da gestire e delle speciali difficoltà dell'atto medico.
In altri termini, volendo operare una sintesi, pare doversi dedurre dal dato giurisprudenziale che si risponderà per imperizia, sia grave che lieve, se manchino o siano state individuate o scelte erroneamente le linee guida o buone pratiche clinico assistenziali.
Si risponderà solo per imperizia grave nel caso in cui l'errore nell'esecuzione sia accompagnato dalla corretta scelta e dal rispetto delle linee guida, che risultino in concreto adatte.
Le linee-guida citate dalla norma sono quelle definite e pubblicate ai sensi di legge.
Tali linee-guida sono costituite da una sorta di raccomandazioni, sviluppate attraverso un processo di analisi delle ricorrenze cliniche avente carattere sistematico.
Sarà onere dell'esercente la professione sanitaria allegare le specifiche linee-guida utilizzate, al fine di consentire al giudice un controllo in merito alla correttezza delle stesse e al loro accreditamento presso la comunità scientifica; in secondo luogo, la consultazione delle stesse sarà necessaria al fine di accertare la conformità del comportamento del medico a tali indicazioni.
Un altro problema interpretativo è stato dato dalla successione delle leggi nel tempo, con riguardo in particolare alla previgente disciplina normativa data dal D.L. 13 settembre 2012 n. 58 (c.d. "Decreto Balduzzi").
Gli interpreti si sono chiesti se, ai fini dell'applicazione dell'
2, sia da considerarsi
legge più favorevole quella introdotta dalla L. 8 marzo 2017 n. 24 (c.d. Legge Gelli-Bianco) che ha inserito l'art. 590-sexies nel
Codice Penale, oppure l'art. 3 del "Decreto Balduzzi".
Certa parte della giurisprudenza ha affermato che il secondo comma dell'art. 590-sexies è norma più favorevole, poiché prevede una causa di non punibilità del medico che opera nel solo caso di imperizia e indipendentemente dal grado della colpa.
Più nello specifico, la sentenza n. 08770 depositata il 22 febbraio del 2018, ha affermato che:
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La norma di cui all'art. 3 del "Decreto Balduzzi" "risulta più favorevole in relazione alle contestazioni per comportamenti del sanitario - commessi prima dell'entrata in vigore della legge Gelli-Bianco - connotati da negligenza o imprudenza, con configurazione di colpa lieve, che solo per il decreto Balduzzi erano esenti da responsabilità quando risultava provato il rispetto delle linee-guida o delle buona pratiche accreditate.
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Nell'ambito della colpa da imperizia, l'errore determinato da colpa lieve, che sia caduto sul momento selettivo delle linee-guida e cioè su quello della valutazione della appropriatezza della linea-guida era coperto dalla esenzione di responsabilità del decreto Balduzzi, mentre non lo è più in base alla novella che risulta anche per tale aspetto meno favorevole.
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Sempre nell'ambito della colpa da imperizia, l'errore determinato da colpa lieve nella sola fase attuativa andava esente per il decreto Balduzzi ed è oggetto di causa di non punibilità in base all'art. 590-sexies, essendo, in tale prospettiva, ininfluente, in relazione all'attività del giudice penale che si trovi a decidere nella vigenza della nuova legge su fatti verificatisi antecedentemente alla sua entrata in vigore, la qualificazione giuridica dello strumento tecnico attraverso il quale giungere al verdetto liberatorio".