Cass. pen. n. 29377/2019
Sussiste l'interesse dell'imputato all'impugnazione della sentenza di assoluzione, pronunciata con la formula "perché il fatto non costituisce reato", al fine di ottenere il proscioglimento con le più ampie formule liberatorie "perché il fatto non sussiste" o "per non aver commesso il fatto", in quanto, a parte le conseguenze di natura morale, vanno considerati i diversi e più favorevoli effetti che gli artt. 652 e 653 cod. proc. pen. connettono al secondo tipo di dispositivi nei giudizi civili o amministrativi di risarcimento del danno e nel giudizio disciplinare. (Annulla con rinvio, CORTE APPELLO FIRENZE, 07/12/2017).
Cass. pen. n. 22614/2017
Non sussiste l'interesse dell'imputato all'impugnazione della sentenza di assoluzione, pronunciata con la formula "perché il fatto non costituisce reato", al fine di ottenere la più ampia formula liberatoria "perché il fatto non sussiste", allorquando il fatto reato non risulti accertato nella sua materialità, e, pertanto, non sussista alcun pregiudizio nella prospettiva di un successivo giudizio civile, stante la piena autonomia di cognizione e di valutazione dell'organo investito del relativo giudizio. (Dichiara inammissibile, Giud.pace Ferrara, 18/07/2016).
Cass. civ. n. 1768/2011
In tema di giudicato, la disposizione di cui all'art. 652 cod. proc. pen., cosi come quelle degli artt. 651, 653 e 654 dello stesso codice costituisce un'eccezione al principio dell'autonomia e della separazione dei giudizi penale e civile e non è, pertanto, applicabile in via analogica oltre i casi espressamente previsti. Ne consegue che soltanto la sentenza penale irrevocabile di assoluzione (per essere rimasto accertato che il fatto non sussiste o che l'imputato non lo ha commesso o che il fatto è stato compiuto nell'adempimento di un dovere o nell'esercizio di una facoltà legittima), pronunciata in seguito a dibattimento, ha efficacia di giudicato nel giudizio civile o amministrativo per le restituzioni ed il risarcimento del danno, mentre le sentenze di non doversi procedere perché il reato è estinto per prescrizione o per amnistia non hanno alcuna efficacia extrapenale, a nulla rilevando che il giudice penale, per pronunciare la sentenza di proscioglimento, abbia dovuto accertare i fatti e valutarli giuridicamente consegue, altresì, che, nel caso da ultimo indicato il giudice civile, pur tenendo conto degli elementi di prova acquisiti in sede penale, deve interamente ed autonomamente rivalutare il fatto in contestazione. (Rigetta, App. Roma, 29/07/2004).
Cass. civ. n. 5676/2010
Ai sensi dell'art. 652 (nell'ambito del giudizio civile di danni) e dell'art. 654 (nell'ambito di altri giudizi civili) c.p.p., il giudicato di assoluzione ha effetto preclusivo nel giudizio civile solo quando contenga un effettivo e specifico accertamento circa l'insussistenza o del fatto o della partecipazione dell'imputato e non anche quando l'assoluzione sia determinata dall'accertamento dell'insussistenza di sufficienti elementi di prova circa la commissione del fatto o l'attribuibilità di esso all'imputato e cioè quando l'assoluzione sia stata pronunziata a norma dell'art. 530, comma secondo c.p.p.
Cass. civ. n. 4961/2010
L'art. 654 c.p.p., diversamente dall'art. 652 relativo ai giudizi civili di risarcimento del danno, esclude che possa avere efficacia in un successivo giudizio civile la sentenza penale di condanna o di assoluzione, con riferimento ai soggetti che non abbiano partecipato al giudizio penale, indipendentemente dalle ragioni di tale mancata partecipazione; il citato art. 654, peraltro, esclude comunque l'efficacia in sede civile del giudicato penale di assoluzione ove i fatti oggetto del giudizio penale non siano sovrapponibili a quelli oggetto del processo civile. (Nella specie, la S.C. ha confermato, sul punto, la sentenza di merito che aveva ritenuto ininfluente il giudicato penale di assoluzione, in relazione ad un'imputazione di costruzione in difformità rispetto alla concessione, nel giudizio civile avente ad oggetto la demolizione di opere eseguite in violazione della disciplina legale sulle distanze).
Cass. pen. n. 10792/1994
L'art. 654 c.p.p. ha implicitamente abrogato l'art. 12 del D.L. 10 luglio 1982 n. 429, conv. con modif. in L. 7 agosto 1982, n. 516. Pertanto, prevedendo esso, tra l'altro, a differenza del citato art. 12 del D.L. n. 429/82, che la sentenza penale di condanna o di assoluzione abbia efficacia di giudicato nei giudizi civili o amministrativi solo a condizione che la legge civile «non ponga limitazioni alla prova della posizione soggettiva controversa», deve ritenersi inammissibile, per difetto di interesse, il ricorso proposto dall'Amministrazione finanziaria avverso sentenza di proscioglimento, per intervenuta amnistia (previa definizione automatica delle controversie), di soggetti imputati di reati fiscali, dal momento che, essendo il processo tributario caratterizzato da un sistema probatorio molto limitato rispetto a quello penale, la detta Amministrazione potrebbe comunque far valere le sue ragioni in detto processo, senza incontrare preclusioni derivanti dal giudicato penale. Tale principio, per il disposto di cui all'art. 260 disp. att., coord. e trans. c.p.p., opera anche con riguardo ai processi penali tuttora regolati dal codice di rito previgente.
Cass. civ. n. 6164/1992
L'art. 654 c.p.p. — in armonia con la sentenza n. 55 del 22 marzo 1971 della Corte costituzionale dichiarativa dell'illegittimità dell'art. 28 c.p.p. abrogato — esclude che l'accertamento dei fatti materiali oggetto di un giudizio penale sia vincolante nei giudizi civili od amministrativi nei confronti di coloro che al giudizio penale siano rimasti estranei perché non posti in condizione di intervenire.
Cass. civ. n. 5220/1992
Nella controversia promossa per il pagamento di indennizzo in forza di polizza assicurativa contro il furto o la rapina, la sentenza con la quale il giudice penale abbia assolto l'assicurato per insufficienza di prove dall'imputazione di simulazione di reato, sulla base dell'accertamento dubitativo dell'effettiva perpetrazione di detto reato in suo danno, può essere invocata dall'assicurato quale giudicato vincolante idoneo ad escludere l'indicato obbligo d'indennizzo, non rilevando in contrario che nelle more del giudizio civile avente ad oggetto tale obbligo, con l'entrata in vigore del nuovo codice di procedura penale, sia stata soppressa l'assoluzione con la suddetta formula dubitativa, in quanto non viene in discussione l'efficacia ai fini penali di siffatta formula assolutoria passata in giudicato sotto il vigore dell'abrogato codice di rito penale, ma esclusivamente le valutazioni giudiziali di determinate situazioni di fatto, al solo e diverso fine di evitare discordanze tra giudicato penale e giudicato civile, cui l'art. 654 del nuovo codice di procedura penale ha dato attuazione senza discostarsi dalla normativa dell'art. 28 dell'abrogato codice di rito.