L’ambito di applicazione delle disposizioni contenute nelle Sezioni da I a IV del Capo relativo ai “diritti dei consumatori nei contratti” va ricostruito attraverso un’operazione ermeneutica che tiene conto non solo di quanto previsto dalla norma in esame, ma anche delle definizioni dettate nella norma che precede (
art. 45 del codice consumo e, per sottrazione, del regime di esclusione di cui al successivo
art. 47 del codice consumo.
Sotto il profilo soggettivo la presente norma si applica soltanto con riferimento ai rapporti conclusi tra
consumatore e
professionista, in proprio o tramite soggetto che agisca in suo nome o per suo conto.
Va comunque escluso lo
status di consumatore nel caso di contraente che agisce nell’ambito della propria attività professionale, anche qualora gli atti giuridici posti in essere con costituiscano
esercizio della professione, purché risultino comunque necessari o utili al compimento dell’attività professionale medesima (la Corte di Cass. Sez. III civ., con ordinanza, 26/09/2018, n. 22810 ha negato l’applicazione della disciplina di protezione del consumatore all’avvocato che abbia stipulato contratti di utenza telefonica per il proprio studio professionale).
Sotto il profilo oggettivo, invece, occorre innanzitutto precisare che la disciplina introdotta agli artt. 45 ss. cod. cons., per effetto del recepimento con D.lgs. n. 21/2014 della dir. 2011/83/UE, incontra un limite temporale di applicazione per i soli contratti conclusi a far data dal 14.6.2014.
Essa si applica, salvo che non sia diversamente indicato in maniera espressa, non solo in relazione ai contratti posti in essere con tecnica di comunicazione a distanza o conclusi fuori dei locali commerciali, ma anche con riferimento a “qualsiasi” contratto connotato dalla presenza, in capo alle parti, degli
status soggettivi di “professionista” e “consumatore”, secondo le definizioni tipiche del diritto privato europeo, esplicitate all’art.
3, comma 1, lett. a) e b), cod. cons., a cui viene fatto espressamente rinvio.
Nell’accezione “
qualsiasi contratto” devono farsi rientrare quattro categorie di contratti, relativi a distinte operazioni di consumo, e precisamente:
a) i contratti di vendita;
b) i contratti di fornitura dei servizi;
c) i contratti di somministrazione di acqua, energia elettronica e gas (qualora non siano messi in vendita in un volume limitato o in quantità determinata) e di teleriscaldamento;
d) i contratti aventi ad oggetto “contenuti digitali” non forniti su supporto materiale, ma resi fruibili mediante altri sistemi di distribuzione (accesso tramite reti telematiche, fruizione tramite downloading o streaming, ecc.), in relazione ai quali il professionista attribuisce generalmente al consumatore un diritto di utilizzazione verso il pagamento di un
corrispettivo.
L’ambito oggettivo va poi delimitato anche in negativo, per effetto delle ipotesi di esclusione previste dall’
art. 47 del codice consumo.
Il comma 2 della norma è volto a coordinare la disciplina di cui agli artt. 45 e ss. di questo codice con le altre disposizioni normative di matrice comunitaria disciplinanti settori specifici e con le quali potrebbe porsi in conflitto, disponendo che in tal caso tali ultime norme (quelle dell’UE e quelle norme nazionali di recepimento) prevalgono e si applicano a tali settori specifici (secondo il principio
lex specialis derogat generali).
Per effetto della clausola di armonizzazione massima, contenuta nella dir. 2011/83/UE, i singoli Stati membri dell’UE non possono derogare
in pejus o
in melius le disposizioni ivi contenute, a meno che tale facoltà non sia accordata direttamente dal testo della direttiva per determinate e circoscritte ipotesi.
A tale principio, tuttavia, è possibile derogare nell’esercizio dell’autonomia contrattuale riconosciuta alle parti, alle quali è consentito introdurre, su iniziativa del professionista, norme più favorevoli per il consumatore rispetto a quelle previste dalla disciplina in esame.