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Articolo 1152 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 26/11/2024]

Ritenzione a favore del possessore di buona fede

Dispositivo dell'art. 1152 Codice Civile

Il possessore di buona fede può ritenere la cosa [748 comma 4, 975 comma 2, 1011, 1502 comma 2] finché non gli siano corrisposte le indennità dovute, purché queste siano state domandate nel corso del giudizio di rivendicazione [948] e sia stata fornita una prova generica della sussistenza delle riparazioni e dei miglioramenti [2756].

Egli ha lo stesso diritto finché non siano prestate le garanzie ordinate dall'autorità giudiziaria nel caso previsto dall'articolo precedente.

Ratio Legis

La disposizione prevede per il possessore di buona fede uno speciale diritto di ritenzione. Essendovi, infatti, le condizioni riportate dall' articolo in esame, concluso il giudizio di rivendica con risultato positivo per colui che rivendichi la titolarità della cosa, è permesso al possessore di buona fede tenere la cosa stessa, finché il suo proprietario non versi l'indennità dovuta o non fornisca le garanzie indicate dal giudice.

Brocardi

Ius retentionis
Retentio propter impensas

Spiegazione dell'art. 1152 Codice Civile

La ritenzione a favore del possessore di buona fede

Nel primo comma è stato riprodotto, con qualche opportuno miglioramento di forma, il disposto dell'art. 706 codice del 1865.

Da notare l'espresso riferimento alle spese per riparazioni oltre che a quelle utili: circostanza questa che varrà ad impedire la proponibilità per il nuovo codice di opinioni come quella, sostenuta da una corrente dottrinale con riferimento al codice del 1865, secondo la quale per le spese necessarie spetterebbe la ritenzione anche al possessore di mala fede.

In materia mobiliare la disposizione va coordinata con quella dell' art. 2756 del c.c., che cosi dispone: « I crediti per le prestazioni e le spese relative alla conservazione o al miglioramento di beni mobili hanno privilegio sui beni stessi, purché questi si trovino ancora presso chi ha fatto le prestazioni o le spese. Il privilegio ha effetto anche in pregiudizio dei terzi, che hanno diritti sulla cosa, qualora chi ha fatto le prestazioni o le spese sia stato in buona fede. Il creditore può ritenere la cosa soggetta al privilegio finchè non è soddisfatto del suo credito e puo anche venderla secondo le norme stabilite per la vendita del pegno ».

Quest'ultima norma, che attribuisce il privilegio tanto al possessore di buona che di mala fede e concerne sia le spese necessarie che le spese utili, non richiede una particolare illustrazione, così come non la richiede la seconda parte del primo comma dell'articolo in esame, che ha conservato il duplice limite posto dall'art. 706 codice del 1865 alla ritenzione, al fine di evitare che il possessore sia arbitro di arrestare l'esecuzione della sentenza che ordina la restituzione della cosa proponendo in via di opposizione all'esecuzione quella domanda di rimborso che egli non avesse avuto cura di proporre nel corso del giudizio di rivendica.

Il secondo comma concerne l'ipotesi in cui l'autorità giudiziaria abbia disposto il pagamento rateale delle indennità, e logicamente consente al possessore la ritenzione fino a che non gli siano state fornite le garanzie ordinate.

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)

542 E' attribuito al possessore di buona fede (art. 1152 del c.c.) il diritto di ritenere la cosa finché non gli siano state corrisposte le indennità dovute per le riparazioni e per i miglioramenti. Presupposto perchè il diritto di ritenzione possa esercitarsi è che il pagamento delle indennità di cui trattasi sia richiesto nel corso del giudizio di rivendicazione e che delle sussistenza delle riparazioni e dei miglioramenti sia fornite una prova almeno generica. Ho ritenuto opportuno riprodurre la duplice limitazione stabilita dall'art. 706 del codice del 1865 al fine di evitare che il possessore rimanga arbitro di arrestare l'esecuzione della sentenza che ordina la restituzione della cosa, proponendo in via di opposizione all'esecuzione quella domanda di rimborso che non ebbe cura di proporre nel corso del giudizio di rivendicazione e facendo così valere il suo diritto di ritenzione. Per eliminare ogni dubbio circa tale diritto nel caso in cui l'autorità giudiziaria disponga che il pagamento delle indennità dovute dai rivendicante sia fatto ratealmente, il secondo comma dell'art. 1152 aggiunge che il possessore può ritenere la cosa finché non siano fornite le garanzie ordinate a norma dell'articolo precedente.

Massime relative all'art. 1152 Codice Civile

Cass. civ. n. 12483/2022

Il diritto di ritenzione di cui all'art. 1152 c.c., è un mezzo di autotutela di natura eccezionale, ed in quanto tale non è applicabile in via analogica a casi che non siano contemplati dalla legge e non può essere esercitato dall'appaltatore rispetto alle opere da lui costruite sul suolo del committente.

Cass. civ. n. 27990/2019

Il diritto di ritenzione, che è riconosciuto in via generale dall'art. 1152 c.c. e si configura come una situazione non autonoma ma strumentale all'autotutela di altra situazione attiva generalmente costituita da un diritto di credito, è contemplato in favore dell'affittuario di fondo rustico nell'art. 20 della legge 3 maggio 1982, n. 203 (così come lo era, già, nell'art. 15 della precedente legge n. 11 del 1971) in stretta correlazione al diritto di credito per le indennità spettanti al coltivatore diretto per i miglioramenti, le addizioni e le trasformazioni da lui apportati al fondo condotto, sicché, presupponendo l'esistenza di un credito derivante dalle opere indicate e realizzate dal coltivatore diretto, non è scindibile dall'esistenza di detto credito o dall'accertamento di questo. Pertanto, eccepito dall'affittuario che si opponga all'esecuzione del rilascio di un fondo rustico il diritto di ritenzione a garanzia del proprio credito per i miglioramenti apportati al fondo, il giudice non può limitarsi ad accertare l'esistenza delle opere realizzate dall'affittuario, ma deve verificarne anche l'indennizzabilità, rigettando l'eccezione ove tale verifica dia esito negativo.

Cass. civ. n. 12406/2016

Il diritto di ritenzione, previsto dall'art. 1152 c.c. e spettante al possessore di buona fede a garanzia del credito per i miglioramenti apportati all'immobile, è in astratto idoneo a giustificare una opposizione ai sensi dell'art. 615 c.p.c. avverso l'esecuzione per rilascio promossa in suo danno, ma a condizione che la domanda per i miglioramenti sia stata avanzata nel corso di giudizio per rivendicazione.

Cass. civ. n. 6489/2011

Colui il quale abbia acquistato il possesso di un fondo agricolo a titolo di esecuzione anticipata di un contratto preliminare non è possessore di esso, ma mero detentore qualificato. Ne consegue che, dichiarato nullo il contratto preliminare, al promissario acquirente non spetta né il diritto all'indennità per i miglioramenti previsto dall'art. 1150 c.c., né quello di ritenzione previsto dall'art. 1152 c.c., diritti attribuiti dalla legge unicamente al possessore di buona fede, e non anche al detentore, ancorché qualificato.

Cass. civ. n. 9267/2010

Il diritto di ritenzione, che è riconosciuto in via generale nell'art. 1152 cod. civ e si configura come situazione non autonoma ma strumentale all'autotutela di altra situazione attiva generalmente costituita da un diritto di credito, è contemplato in favore dell'affittuario di fondo rustico nell'art. 20 della legge 3 maggio 1982, n. 203 (così come lo era, già, nell'art. 15 della precedente legge n. 11 del 1971) in stretta correlazione al diritto di credito per le indennità spettanti al coltivatore diretto per i miglioramenti, le addizioni e le trasformazioni da lui apportati al fondo condotto, sicché, presupponendo l'esistenza di un credito derivante dalle opere indicate e realizzate dal coltivatore diretto, non è scindibile dall'esistenza di detto credito o dall'accertamento di questo. Pertanto, eccepito dall'affittuario che si opponga all'esecuzione del rilascio di un fondo rustico il diritto di ritenzione a garanzia del proprio credito per i miglioramenti apportati al fondo, il giudice non può limitarsi ad accertare l'esistenza delle opere realizzate dall'affittuario, ma deve verificarne anche l'indennizzabilità, rigettando l'eccezione ove tale verifica dia esito negativo.

Cass. civ. n. 12232/2002

Il diritto di ritenzione previsto dall'art. 1152 c.c., attuando una forma di autotutela in deroga alla regola per cui nessuno può farsi giustizia da sé, costituisce istituto di carattere eccezionale, insuscettibile di applicazione analogica, che non può, quindi, essere invocato dal detentore nomine alieno del bene nei confronti del proprietario rivendicante.

Cass. civ. n. 7692/1993

Il diritto di ritenzione spettante al possessore di buona fede a norma dell'art. 1152 c.c. mira a tutelare la pretesa creditoria al pagamento dell'indennità e, come tale, è ad essa intimamente connesso, per cui allo stesso modo di questa deve essere fatto valere in via riconvenzionale nel corso del giudizio di rilascio, soggiacendo alle stesse regole processuali stabilite per il credito di cui garantisce l'esecuzione, con la conseguenza che la domanda per il riconoscimento del diritto di ritenzione, se non proposta in primo grado è domanda nuova, come tale inammissibile in grado di appello.

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Consulenze legali
relative all'articolo 1152 Codice Civile

Seguono tutti i quesiti posti dagli utenti del sito che hanno ricevuto una risposta da parte della redazione giuridica di Brocardi.it usufruendo del servizio di consulenza legale. Si precisa che l'elenco non è completo, poiché non risultano pubblicati i pareri legali resi a tutti quei clienti che, per varie ragioni, hanno espressamente richiesto la riservatezza.

L. V. C. chiede
domenica 17/12/2023
“Un’autoscuola prenota per il candidato l’esame di guida e alcune lezioni di guida, come richiestole dal suddetto, anticipando spese verso banca d’Italia e m.c.t.c. per compenso esaminatori; il candidato non vuole più sostenere l’esame in suddetta scuola e vuole ritirare documento foglio rosa e relativa pratica, senza pagare il dovuto. È possibile esercitare diritto di ritenzione della pratica fino al saldo? O comunque altra azione a tutela dei propri diritti? Grazie.”
Consulenza legale i 27/12/2023
Nel quesito proposto viene richiesto se è possibile invocare il diritto di ritenzione ai sensi dell’art.1152 c.c. per trattenere il foglio rosa di un candidato che non vuole più sostenere l’esame nella scuola guida scelta inizialmente e non vuole pagare quindi gli oneri e i compensi richiesti.

La disposizione di legge indicata non è applicabile al caso in esame perché è una norma relativa alla disciplina del possesso, nello specifico al diritto del possessore di buona fede di trattenere il bene al fine di ottenere il pagamento per le riparazioni e i miglioramenti eseguiti sul bene posseduto.

La giurisprudenza, infatti, ha affermato il principio in base al quale il carattere di eccezionalità della norma implica l’impossibilità di applicazione analogica della stessa (Cass. civ. n. 12232/2002).

Nel caso in esame quindi non si può invocare questo strumento giuridico.

Innanzitutto, è necessario verificare cosa fosse contrattualmente previsto come oneri di pagamento all’atto dell’iscrizione e della prenotazione dell’esame di guida.
In questo modo è possibile accertare che il titolare della scuola guida abbia un elemento di prova a suo favore che dimostri l’obbligo per il candidato di versare quanto richiesto.

Il gestore della scuola guida avrà due strade.
1) Alla richiesta da parte dell’aspirante pilota di consegnare il foglio rosa potrà invocare il principio inadimplenti non est adimplendum enunciato dall’art. 1460 del c.c., a condizione che abbia avuto un comportamento in buona fede.
In questo modo potrà trattenere il foglio rosa finché non avrà ottenuto il pagamento.

2) Nel caso in cui fossero chiaramente indicati nel contratto gli importi da pagare, il gestore della scuola guida potrà chiedere al Giudice di Pace, competente per valore della causa, l’emissione di un decreto ingiuntivo producendo il contratto e la fattura o la ricevuta del pagamento delle tasse per l’iscrizione all’esame.
In mancanza della documentazione necessaria per la richiesta di emissione di decreto ingiuntivo inaudita altera parte, sarà necessario introdurre un’azione ordinaria per ottenere la condanna del candidato al pagamento.

Si consiglia in ogni caso di rivolgersi ad un legale presentando tutta la documentazione in proprio possesso così che possa valutare quale azione intraprendere.

G. E. chiede
giovedì 02/11/2023
“Bongiorno.
Il quesito è legato al fatto se si possa utilizzare il DIRITTO DI RITENZIONE nella situazione di seguito descritta:
Ho eseguito dei lavori di realizzazione di una sala musicale con studio di registrazione annesso, per conto di una impresa, compresi gli impianti elettrici, impianti audio, impianti di sicurezza ( allarme), realizzazione dell'isolamento acustico della sala e della regia, dei soffitti e dei pavimenti. Lavori accettati tramite un peventivo munito di copia documenti di identità del titolare dell'impresa. l'impresa ha pagato alcune fatture relative sempre ai lavori eseguiti oltre alla fornitura di materiali e apparecchiature pagate con il mio bancomat e fatturate direttamente alla sua impresa. Altre fatture di acquisti efettuati con le stesse modalità non sono ancora state pgate.
Avendo eseguito personalmente ordini di strumenti e apparecchiature occorrenti i lavori da realizzare, gli stessi sono stati recapitati presso la mia attività commerciale, quindi in mio possesso. Ho chiesto tramite pec , il pagamento delle mie fatture relative all'esecuzione dei lavori nonchè il rimborso dei materiali da me acquistati, sempre per lo stesso lavoro e il pagamento di una fattura relativa alla costruzione di alcuni pannelli acustici, realizzati nei miei laboratori e installati nella sala musicale.
Posso esercitare il diritto di ritenzione sino a che non mi vengano pagate le fatture come descritto?”
Consulenza legale i 14/11/2023
Nel quesito proposto sembra che tra l’odierno creditore e il debitore, il soggetto per cui sono stati svolti i lavori di realizzazione di una sala musicale, sia intercorso un contratto di appalto o di subappalto.

In mancanza del pagamento delle opere svolte, l’appaltatore/subappaltatore vorrebbe potere trattenere i beni del debitore presso di lui custoditi, finché non ottenga soddisfazione del proprio credito.

Il riferimento legislativo proposto da chi pone il quesito è l’art. 1152 c.c. sul diritto di ritenzione del possessore in buona fede al fine di ottenere il pagamento delle riparazioni e miglioramenti sul bene posseduto. Norma relativa alla disciplina del possesso.
La giurisprudenza ha però affermato il principio in base al quale il carattere di eccezionalità della norma implica l’impossibilità di applicazione analogica della stessa (Cass. civ. n. 12232/2002).

La norma quindi non è applicabile in tema di appalto (Cass. civ. n. 5828/1984).

Il principio giuridico che può venire in soccorso al creditore nella fattispecie, è quello dell’art. 1460 del c.c. inadimplenti non est adimplendum”.
In materia di appalto, quindi, in caso di rifiuto ingiustificato di pagare il corrispettivo da parte del committente, l’appaltatore può rifiutarsi di consegnare l’opera oggetto dell’appalto (Cass. civ. n. 8906/2013).
Si ritiene che tale principio sia applicabile anche in caso di subappalto poiché l’art. 1460 c.c. è norma che riguarda tutti i contratti in generale.

Si consiglia però di valutare con un legale se il materiale che si vuole trattenere possa essere ricompreso “nell’opera oggetto dell’appalto” così da non incorrere in azioni di rivendicazione da parte del proprietario dei beni.