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Articolo 1034 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 25/09/2024]

Apertura di nuovo acquedotto

Dispositivo dell'art. 1034 Codice Civile

Chi ha diritto di condurre acque per il fondo altrui deve costruire il necessario acquedotto, ma non può far defluire le acque negli acquedotti già esistenti e destinati al corso di altre acque(1).

Il proprietario del fondo soggetto alla servitù può tuttavia impedire la costruzione, consentendo il passaggio nei propri acquedotti già esistenti, qualora ciò non rechi notevole pregiudizio alla condotta che si domanda. In tal caso al proprietario dell'acquedotto è dovuta un'indennità da determinarsi avuto riguardo all'acqua che s'introduce, al valore dell'acquedotto, alle opere che si rendono necessarie per il nuovo passaggio e alle maggiori spese di manutenzione.

La facoltà indicata dal comma precedente non è consentita al proprietario del fondo servente nei confronti della pubblica amministrazione(2).

Note

(1) Il legislatore impone tale divieto allo scopo di evitare l'insorgenza di cause legate alla comunione di acque diverse che deriverebbe dallo far scorrere le acque in acquedotti già esistenti.
(2) Tanto è previsto in ragione della posizione di supremazia della P.A. e della funzione di interesse pubblico del fondo dominante.

Ratio Legis

Tale disposizione disciplina la servitù di acquedotto coattivo, prevista dal codice al fine di garantire la massima distribuzione di un bene primario, l'acqua potabile.

Brocardi

Aquaeductus est ius aquam ducendi per fundum alienum

Spiegazione dell'art. 1034 Codice Civile

Il titolare della servitù non ha facoltà di utilizzare l'acquedotto esistente

Lla servitù di acquedotto coattivo è, per il fondo servente, un onere con duplice contenuto: sopportare il passaggio dell'acqua e sopportare la costruzione e l'impianto dell'acquedotto. Non rientra nel contenuto della servitù il dover sopportare da parte del proprietario del fondo servente anche il deflusso delle acque nell'acquedotto proprio, esistente già nel fondo.

Nella norma in esame ciò è statuito espressamente. La prima parte della disposizione secondo cui « chi ha diritto di condurre acque per il fondo altrui deve costruire il necessario acquedotto », di per se, appare una superflua ripetizione della norma che le spese sono da sopportare dal proprietario del fondo dominante (art. 1069 del c.c.). D'altronde, essa appare superflua anche a chi empiricamente consideri che sarebbe strano imporre al proprietario del fondo servente l'obbligo di costruire l'acquedotto.

Ma tutto diventa chiaro leggendo l'altra parte della disposizione secondo cui chi ha diritto di condurre acque « non può far defluire le acque negli acquedotti già esistenti.... ». Diciamo fin da ora che cosa è necessario perché sia negata al titolare della servitù di acquedotto la facoltà di servirsi dell'acquedotto del fondo servente: bisogna che questo sia destinato al corso di altre acque. Pertanto, se è abbandonato, ben se ne può richiedere l'uso.


Il proprietario del fondo servente può impedire la costruzione del nuovo acquedotto

Nel comma secondo è riconosciuta al proprietario del fondo servente la facoltà di impedire la costruzione di nuovo acquedotto e consentire il passaggio nel proprio, già esistente. Tale facoltà, una volta esercitata, annulla quella spettante al titolare della servitù di costruire l'acquedotto.

Le condizioni perché ciò accada sono molteplici. Anzitutto si può impedire l'apertura del nuovo acquedotto solo consentendo il passaggio delle acque nell'acquedotto, questo quindi deve essere già esistente. Inoltre, è necessario che il proprietario del fondo servente sia proprietario dell'acquedotto. Nel codice del 1865 si richiedeva pure che il proprietario del fondo servente fosse proprietario delle acque scorrenti nel suo acquedotto: tale condizione non è più richiesta. Anzi non è neppure necessario che il canale sia destinato al corso delle acque. Ultima condizione richiesta dalla legge è che dall'uso dell'acquedotto esistente non derivi un « notevole pregiudizio alla condotta che si domanda ». Ciò vuol dire che piccoli inconvenienti od anche un qualche pregiudizio non fanno da ostacolo alla facoltà, spettante al proprietario del fondo servente, di pretendere che si faccia uso del suo acquedotto. Di impedimento è solo un « pregiudizio notevole »: nel vecchio codice si diceva « danno notabile », il che è lo stesso. In caso di contrasto, sarà l'autorità giudiziaria a stabilire se vi è o meno il pregiudizio notevole, si tratta di una quaestio facti relativa alle modalità della costituzione della servitiù Tale pregiudizio vi sarebbe se le acque nuove da immettere, mischiandosi con quelle già defluenti, perdano le caratteristiche o le qualità necessarie per l'uso cui sono destinate.


Può introdurre le sue acque nel nuovo acquedotto

Una questione si poneva nel vecchio codice e può riproporsi nel nuovo: se l'acquedotto non esiste, e il titolare dell'acquedotto coattivo lo costruisce, il proprietario del fondo servente può chiedere di introdurvi le sue acque? La risposta è affermativa, purché non arrechi un notevole pregiudizio alla condotta delle acque del titolare della servitù.


Indennità per il consenso all'uso dell'acquedotto esistente

Il proprietario del fondo servente che consente il passaggio delle acque nel proprio acquedotto già esistente ha diritto ad una indennità: questa si determina d'accordo fra le parti (art. 1032 del c.c.) e, in mancanza, dall'autorità giudiziaria. I criteri per la determinazione sono posti dalla legge: si deve avere riguardo all'acqua che si introduce, cioè al suo vo­lume, alla sua qualità (es. acqua corrosiva), alla sua velocità; al valore dell'acquedotto; alle opere necessarie per il nuovo transito, cioè alla spesa che una tantum si deve fare per rendere il canale adatto al nuovo transito; alle maggiori spese di manutenzione, di cui si può fare un calcolo approssimativo, in base ad un coefficiente di capitalizzazione.


Pubblica amministrazione

La facoltà del proprietario del fondo soggetto alla servitù di impedire la costruzione dell'acquedotto consentendo il passaggio nei propri acquedotti già esistenti non può esercitarsi nei confronti della pubblica amministrazione.


Facoltà di usare l'acquedotto esistente. Comunione delle acque

Un'ultima questione si pone: quando il proprietario del fondo servente consente il passaggio nel proprio acquedotto al titolare della servitù di acquedotto coattivo, sorge un condominio fra l'uno e l'altro per l'acquedotto? La risposta è negativa: il titolare della servitù acquista una facoltà di usare dell'acquedotto, il cui proprietario deve pati, tollerare. Nella legge non vi è alcuna traccia di costituzione di una comunione, nè questa è necessaria.

La facoltà di usare dell'acquedotto è contenuta nel diritto di servitù, che, nella fattispecie in esame, ha per oggetto non solo il fondo, ma anche l'acquedotto: come il primo, cosi il secondo è una res aliena rispetto al titolare della servitù.

E per le acque? Indubbiamente esse, scorrendo nello stesso canale, si confondono. per tale ragione, si può ammettere il sorgere di una comunione sulle acque.

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)

494 L'art. 1043 del c.c. riproduce nel primo comma il disposto dell'art. 606 del codice del 1865 e risolve, nel secondo comma di nuova formulazione, la questione se lo scarico coattivo possa essere domandato per le acque impure. Si ammette lo scarico anche per tali acque; ma, com'è ovvio, a condizione che siano adottate le precauzioni atte a evitare qualsiasi pregiudizio o molestia. Si precisa, infine, nell'art. 1034 del c.c. (art. 599 del codice del 1865), con una nuova disposizione, che la facoltà del proprietario del fondo soggetto alla servitù di presa d'acqua d'impedire la costruzione dell'acquedotto, consentendo il passaggio nei propri acquedotti già esistenti, non può farsi valere nei confronti della pubblica amministrazione.

Massime relative all'art. 1034 Codice Civile

Cass. civ. n. 23459/2021

In materia di servitù coattiva d'acquedotto, l'azione di costituzione coattiva di servitù di passaggio deve essere contestualmente proposta nei confronti dei proprietari di tutti i fondi che si frappongono all'accesso alla pubblica via; né, al fine, è bastevole alla parte istante allegare che su tutte le altre tratte o su talune di esse, il passaggio avvenga precariamente.

Cass. civ. n. 24470/2017

L’art. 1034 c.c. – che trova applicazione ai fini della disciplina della costituzione della servitù coattiva di attraversamento di fondi da parte di ferrovie private di seconda categoria, giusta il rinvio operato dall’art. 5 del r.d. n. 1447 del 1912 – consente, tenuto conto della “ratio” della norma di evitare usi in aggravio o in conflitto di opere preesistenti, la costituzione di servitù coattiva di acquedotto mediante opere già esistenti sul fondo servente, oltre che quando lo offra il titolare di quest'ultimo, anche quando lo domandi l’avente diritto sul fondo dominante e non sussistano l’aggravio o il conflitto di uso che la norma tende ad evitare, in particolare ove il proprietario del fondo servente non prospetti la necessità o possibilità - da apprezzarsi da parte del giudice con congrua motivazione - di adibire dette opere per il corso di altre acque.

Cass. civ. n. 1258/1976

Il divieto stabilito dall'art. 1034 c.c., che proibisce al titolare di una servitù attiva di acquedotto di far defluire le acque negli acquedotti preesistenti sul fondo servente e destinati al corso di altre acque, è escluso espressamente per il proprietario che voglia, ai fini di bonifica, usare le fogne e i fossi con tale destinazione che già passano per il proprio fondo ai sensi dell'art. 1045 c.c.; poiché nessun espresso divieto è posto dall'art. 1044 per chi non ha già canali passanti per il proprio fondo, deve dedursene logicamente che il citato art. 1045 in realtà esclude per gli scarichi di bonifica l'incompatibilità con le opere di adduzione preesistenti, che invece è la base della disciplina della diversa servitù di acquedotto.

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