Si diceva prima che elementi indispensabili per le servitù prediali sono un fondo dominante ed uno servente: ora ci si domanda
se i fondi possono essere cose future nel momento in cui si concede la servitù.
Va premesso che una cosa può dirsi futura in
due sensi: nel senso che la cosa, nel momento in cui si pone in essere il negozio giuridico, non esiste in rerum
natura, oppure nel senso che la cosa, benché esistente
in rerum natura, non è nel patrimonio dell'alienante. In tal caso la cosa è futura se le parti, conoscendo questa circostanza, prendono in considerazione la cosa, precisamente come non appartenente al dichiarante e come destinata in futuro ad appartenergli; altrimenti, e cioè se la cosa non viene considerata in tal senso, si ha cosa altrui
, e le conseguenze sono del tutto diverse, come si dirà.
Il nuovo codice ammette, sulle tracce del risultato cui erano giunte la dottrina e la giurisprudenza nel silenzio del vecchio codice, che la servitù possa costituirsi a carico o a favore di un
edificio da costruire o di un fondo da acquistare. In altre parole, al momento della costituzione, il fondo dominante o il servente può essere inesistente in
rerum natura («
edificio da costruire »), oppure non appartenere all'alienante o all'acquirente della servitù («
fondo da acquistare »: «
fondo » vuol dire sia edificio che terreno, potendo i fondi essere rustici o urbani). Non è da escludere che tanto il fondo dominante che il servente si trovino nella stessa condizione. È necessario, in ogni caso, che i fondi siano designati specificamente. Dalla norma in esame si desume in tale situazione la convenzione è valida, poiché il codice non la considera né nulla né annullabile.
Tale soluzione viene meno, però, nel caso in cui si abbia una concessione di servitù su cosa futura
causa donandi, cioè senza una controprestazione. Infatti, in tal caso è da applicare la norma contenuta nell’
art. 771 del c.c., secondo cui la donazione di cosa futura è nulla: donazione è sia l'alienazione del diritto di proprietà sia la concessione di servitù.
Al di fuori di questo caso eccezionale, nel quale una norma particolare deroga alla generale, ed esaminando i casi normali, si osserva che giustamente nella legge viene sancito che, intanto, il negozio è
inefficace : «la costituzione non ha effetto se non dal giorno in cui l'edificio sia costruito o il fondo sia acquistato ». La semplice inefficacia, definita
inefficacia in senso stretto — che nettamente va distinta dall'annullabilità e dalla nullità — è la situazione in cui il negozio si trova
medio tempore. Tale inefficacia è dovuta alla mancanza di un requisito legale di efficacia
(condicio iuris) : l'esistenza attuale del fondo dominante e del fondo servente. Ciò vuol dire che
medio tempore nessuna delle parti può attaccare il negozio, perché questo è valido, però sono sospesi i suoi effetti: in altre parole, la servitù, come diritto reale, ancora non sorge; quando l'edificio sorge o il fondo, sia rustico sia urbano, diventa di proprietà della parte, nasce la servitù.
Qualcuno potrebbe qui osservare che, poiché l'effetto è sospeso, tanto varrebbe
rinviare la stipulazione della convenzione al giorno in cui esso potrà verificarsi. E ancora potrebbe lo stesso ipotetico ragionatore argomentare da quanto precede per l’ inutilità della anticipata convenzione. La premessa sarebbe erronea e del pari l'argomentazione: conviene alle parti fissare fin da subito le loro posizioni, emettendo le dichiarazioni di volontà, per loro vincolanti e definitive. Non dovranno fare infatti nient’altro poi, affinché nasca la servitù: non appena la cosa sorgerà o diventerà propria, la servitù scaturirà immediatamente dal preesistente negozio, senza bisogno di ulteriore consenso o ratifica. Esse, d'altro canto, non potranno fare nulla per impedire la produzione dell'effetto stesso.
Ciò spiega l'utilità di una convenzione definitiva di costituzione di servitù a favore o a carico di una
res futura, sia nei confronti di una convenzione definitiva rinviata al momento in cui la cosa nasce, sia nei confronti di una convenzione preliminare
(pactum de contrahendo). Quest'ultima produrrebbe solo effetti obbligatori: sarebbe, poi, necessaria una nuova manifestazione di volontà, ovvero la sentenza (costitutiva) del giudice.
Rimane ancora una questione da risolvere: la convenzione in parola può
trascriversi subito, o deve attendersi il momento in cui essa spiegherà la sua efficacia? La convenzione può trascriversi appena compiuta. Inoltre, in caso di concessione di più servitù o in genere di più diritti reali a carico di
res futura nel senso detto, l'ordine e, quindi, la poziorità
(prior in tempore, potior in iure) sono dati dalla
priorità della trascrizione: se ne desume, ancora una volta, l'utilità dell'immediata trascrizione della convenzione costitutiva della servitù a carico o a favore di
res futura.
Fondo altrui
Si è già chiarito che, per le cose esistenti
in rerum natura, in tanto la servitù può ritenersi posta in essere a favore o a carico di una cosa futura
, in quanto le parti siano consapevoli che il fondo dominante o servente e per ora altrui sia considerato da esse come destinato ad entrare più tardi nel patrimonio di una di loro. Se tale considerazione manca, il fondo è da qualificare
cosa altrui e la norma in esame sarà, quindi, inapplicabile. Quale disciplina si avrà, allora, per i casi di
servitù a favore o a carico di cosa altrui?
Esaminiamo per prima l'ipotesi in cui
sia altrui il fondo servente. Si ha, qui, una alienazione costitutiva, posta essere
a non domino: una persona che non è proprietaria del fondo vuole costituire una servitù a suo carico. Se la convenzione è a titolo oneroso, si ha una specie di
vendita di servitù su cosa altrui, pertanto si può applicare la disciplina che la legge indica per la vendita di cosa altrui: infatti il fatto che l'alienazione sia parziale non sposta i termini sostanziali del negozio. Orbene nel nuovo codice (
art. 1478 del c.c.) è stabilito che «
se, al momento del contratto, la cosa venduta non era di proprietà del venditore, questi è obbligato a procurarne l'acquisto al compratore. Il compratore diventa proprietario nel momento in cui il venditore acquista la proprietà dal titolare di essa ».
La situazione che, in forza di questa norma, discende, è la seguente: dal punto di vista reale, il negozio è inefficace e diviene efficace appena il fondo diventa di proprietà del concedente, perciò la situazione è uguale a quella che si presenta in tema di servitù su cosa futura. Sotto l'aspetto obbligatorio, però, le cose possono stare diversamente: nella servitù su cosa futura può mancare ogni obbligazione, per il concedente, di acquistare la cosa, invece nella concessione di servitù su cosa altrui, a titolo oneroso, una tale obbligazione c’è
ope legis. La conseguenza che ne discende può investire la situazione di tutto il negozio: infatti, se il concedente non adempie all'obbligazione di acquistare la cosa, la controparte può chiedere la risoluzione del contratto per inadempimento (
art. 1479 del c.c.).
Ove la concessione della servitù avvenga
senza un corrispettivo, si può raffigurare come
donazione, quindi alla concessione di servitù su cosa altrui può applicarsi la soluzione propria della donazione di cosa altrui: nullità del negozio (
art. 771 del c.c.).
Quanto alle
servitù a favore di fondo altrui, il problema è più delicato. Poiché qui mancano norme che possano applicarsi in luogo dell'art. 1029, e, d'altro canto, nessun interesse potrebbe avere il concessionario a chiedere la risoluzione del negozio, ed inoltre la sua lamentela difficilmente potrebbe essere accolta perché è lui in difetto, in quanto ha preteso acquistare una servitù a vantaggio di un fondo non suo, agendo come se questo fosse suo, la convenzione può ritenersi semplicemente
inefficace, come la concessione a favore di cosa futura. Tanto più che neppure l'alienante (proprietario del fondo, che deve divenire servente) ha interesse a chiedere la risoluzione del contratto: per lui è un vantaggio il fatto che, non appartenendo il fondo al concessionario della servitù, questa intanto non sorga.