L'azione di regolamento di confini era menzionata soltanto nell'art. 79, comma 4, del codice di procedura civile, a proposito della competenza; l'azione per l'apposizione di termini era disciplinata all'art. 441 del vecchio codice civile negli stessi termini dell'art. 646 del codice civile francese, sotto il titolo relativo alla Proprietà. La distinzione tra le due azioni fu posta nel Progetto della Commissione reale negli artt. 36 e 37.
Secondo gli artt.
950 e 951 le due azioni competono al
proprietario: esse possono però essere proposte anche dal nudo proprietario, dal superficiario, dal condominio, dall'enfiteuta, dall'usufruttuario, dall'usuario, e dal marito per i beni dotati della moglie in contraddittorio anche di costei. S'intende che il condomino deve agire contro il terzo nell'interesse di tutto il fondo comune: non potrebbe agire, a causa dell'indivisione, per la sua quota indivisa, contro il condomino. Le due azioni possono anche essere proposte contro le stesse persone.
Condizione per l'esercizio delle due azioni è che
i fondi siano in confine: la legge parla di fondi senza specificare altro, è quindi da ritenere che le due azioni possano essere esercitate tanto se i fondi siano aperti quanto se siano recintati da muri o siepi. Ciò sia perché la costruzione del muro o l'impianto della siepe possono essere fatti da un proprietario senza sufficiente riguardo alla linea di confine, sia perché inoltre il muro e la siepe potrebbero essere demoliti.
Carattere delle due azioni. Distinzione tra l'azione di rivendicazione e quella di regolamento di confini
L'
950 presuppone che il
confine sia incerto: l'articolo in esame presuppone che il confine sia certo, però manchino o siano diventati irriconoscibili i termini. Del rispettivo presupposto rimangono caratterizzate le due azioni. Quella di regolamento di confini è reale, l'altra personale. La prima si accosta alla
rei vindicatio perché può avere per risultato che una zona di terra, lungo il confine, sia trasferita da un fondo all'altro: non si identifica però con la rivendicazione, perché non ha per specifico oggetto la restituzione di questa o quella zona, ma la rettifica del confine, e conseguentemente non obbliga l'attore ad indicare qual è la cosa che vuole rivendicare.
L'attore deve muovere dall'unica premessa che il confine è incerto: la differenza tra l'azione di rivendicazione e quella di regolamento di confini si riflette, nel giudizio, sull'
onere della prova. Infatti, nel giudizio di rivendicazione, il rivendicante deve provare il suo diritto di proprietà sulla cosa, nel giudizio per il regolamento di confini la prova della proprietà sulla zona contesa incombe all'attore e al convenuto, e vince chi fornisce la prova migliore.
Può sorgere il quesito se uno dei due proprietari confinanti possa in suo favore dedurre l
'acquisto per usucapione. Con il vecchio codice la Corte di Cassazione ha detto di no, con ripetute decisioni; con il nuovo codice pare si debba seguire la tesi contraria, perché la Suprema Corte per escludere l'acquisto per usucapione ha indicato due presupposti dell'azione di regolamento di confini: il confine incerto ed il possesso promiscuo della zona di confine intermedia. L'articolo in esame non parla di possesso promiscuo, ma indica solo l'incertezza del confine. Né, come sembra, si confondono in tal modo le due azioni di rivendicazione e di regolamento dei confini: come già si è detto, le due azioni rimangono distinte e caratterizzate dal rispettivo oggetto. Certo, però, che nel confine incerto, se una zona di terra è contesa e non è nel possesso esclusivo di uno dei proprietari confinanti, ma nel possesso promiscuo di entrambi, mancano i presupposti dell'usucapione, e non può parlarsi del corrispondente acquisto.
Se, regolato il confine, qualche zona intermedia passa da un fondo all'altro, la restituzione dei frutti, i rimborsi per le spese e le indennità per i miglioramenti sono regolati secondo le norme che valgono per la rivendicazione.
L'azione per apposizione di termini è
personale perché nessun contrasto esiste circa il diritto di proprietà delle zone di confine: si tratta soltanto dell'apposizione materiale dei termini mancanti o del ristabilimento di quelli diventati irriconoscibili. L'attore chiede contro il convenuto l'adempimento di un obbligo impostogli dalla legge e che consiste nel concorrere alle operazioni di apposizione o ristabilimento dei termini ed all'onere delle relative spese.
Prova. Onere delle spese
Quanto all'apposizione dei termini, non possono sorgere difficoltà di prova: vi è soltanto da apporre o ristabilire i termini in modo che seguano la linea precisa di confine. Le difficoltà di prova possono invece verificarsi, come si è accennato, per il regolamento di confini. Il
secondo comma dell'art.
950 prevede che sia ammesso ogni mezzo di prova: è la stessa norma che vale in tema di rivendicazione. Il terzo comma aggiunge, riproducendo l'art. 36 del Progetto della Commissione Reale, che se mancano altri elementi il giudice dovrà delineare il confine secondo le mappe catastali. La giurisprudenza, circa il valore probatorio di queste ultime, ritiene che le mappe abbiano soltanto efficacia presuntiva o indiziaria. L'art.
950 attribuisce, per il regolamento di confini, più ampia efficacia probatoria ai dati catastali, subordinatamente alla considerazione che manchino altri elementi, ritornando così ad una regola che fu già seguita nel diritto romano.
Le due azioni sono
imprescrittibili, poiché attengono all'esercizio di facoltà che promanano dal diritto di proprietà: tale esercizio può farsi in qualunque tempo, finché il diritto sussiste.
L'
onere comune delle spese è espressamente previsto dall'art. 951, ma è da ritenere che le spese siano a carico comune dei proprietari anche per il regolamento dei confini. Le spese giudiziali, invece, seguono il criterio della soccombenza, quando, tenuto conto del comportamento di una delle parti, delle richieste fatte e delle eccezioni svolte, nonché dell'esito del giudizio, la parte stessa debba essere ritenuta soccombente.