Precedenti legislativi
Tale articolo si occupa delle
speciali limitazioni che la legge pone al proprietario per impedire la turbativa a cui possono dar luogo, a danno del fondo vicino, alcune opere (pozzi, latrine, fossi, ecc.) mediante l'immissione indiretta di materie atte ad espandersi anche attraverso il suolo (umidità, ecc.) o nell'aria (fumo, esalazioni, ecc.).
Questa materia ha dato luogo a disposizioni legislative fin da tempi molto antichi. Il giureconsulto Gaio ci dà notizia di una legge attribuita a Solone, che determinava appunto le distanze da osservarsi nello scavamento dei pozzi ecc.
Le disposizioni del nuovo codice in materia sono contenute negli artt.
889 e
890 che riproducono, con alcune modificazioni, gli artt. 573 e 574 del vecchio codice. Nel codice francese le opere indicate in tali due articoli sono raggruppate in uno solo (art. 674): per nessuna di esse è fissata una distanza legale, rimettendosene per tutte al disposto dei regolamenti e, in difetto, all'autorità giudiziaria. Fu sull'esempio del codice Albertino (artt. 597 e 598) che il vecchio codice distinse tra le due categorie, fissando per l'una una diversa regola che per l'altra, e la stessa distinzione è passata al nuovo codice.
Distanze legali per pozzi, cisterne, fosse e tubi
Le disposizioni dell'art.
889 muovono dalla presunzione che, a causa delle infiltrazioni che ne emanano, la costruzione di opere è dannosa al vicino se fatta a meno di una certa distanza. Questa deve dunque essere osservata per impedire
dannose immissioni nella proprietà altrui. Trattasi di una presunzione
iuris et de iure, non è ammessa la prova che, o per speciali condizioni di impermeabilità del suolo o per speciale preparazione coibente dei recipienti o dei tubi, l' infiltrazione venga impedita ed evitato il danno.
La distanza che il legislatore presume necessaria per evitare il danno è di
due metri per i pozzi, le cisterne, le fosse di latrina e di concime. La distanza si misura tra il confine della contigua proprietà e il punto più vicino del perimetro interno delle opere predette. La distanza è ridotta a
un metro per i tubi d'acqua pura o lurida, per quelli di gas e simili e loro diramazioni essa si computa dal confine al punto più vicino del perimetro esterno del tubo.
La disposizione dell'art.
889 lascia salve in ogni caso le disposizioni dei regolamenti locali. È una giusta limitazione, perchè i regolamenti locali possono fissare distanze più rispondenti al fine di evitare danno al vicino, in misura maggiore o minore di quelle prescritte dall'art.
889, secondo speciali condizioni locali di permeabilità del suolo.
Qualora le distanze prescritte dall'articolo suddetto o dai regolamenti locali non si mostrassero sufficienti ad evitare il danno è ammesso sempre il
ricorso all'autorità giudiziaria per determinare le maggiori distanze ed eseguire le opere necessarie per riparare e mantenere riparata la proprietà del vicino.
Questo era esplicitamente detto nel vecchio codice (art. 573 u. c.), ma anche nel silenzio dell'art.
889 nuovo codice non può sorgere alcun dubbio su tal punto.
Le distanze prescritte dall'art.
889 non sono applicabili nei riguardi degli edifici divisi per piani, e quindi non trovano applicazione per le opere fatte da un condomino sui muri perimetrali comuni. Pertanto è lecito per un condomino apporre al muro maestro una conduttura di scarico senza l'osservanza della distanza legale.
L'enumerazione dell'art. 889 è esemplificativa e non tassativa
Ci si è chiesti se l'enumerazione delle opere nocive contenuta nell'art.
889 sia tassativa o semplicemente esemplificativa.
A sostegno dell' interpretazione tassativa si è detto che,trattandosi di limitazione al diritto di proprietà, le disposizioni dell'art.
889 devono essere interpretate restrittivamente e quindi applicate nei soli casi in esso specificatamente previsti. Ma è prevalsa nella giurisprudenza l'opinione contraria, che ritiene l'enumerazione come
esemplificativa. La distanza di un metro non vale per le grondaie, ma vale per i tubi che dalle grondaie scendono verticalmente lungo i muri delle case e portano l' acqua proveniente dai tetti, e quindi è applicabile anche al canale costruito dal proprietario del fondo soggetto a servitù di stillicidio, per raccogliervi le acque di stillicidio.
Una volta ammesso il carattere esemplificativo dell'art.
889, non si dovrebbe avere difficoltà a fame applicazione all'escavazione adibita a porcile, poiché, dato il modo con cui sono ordinariamente tenuti i porcili, le infiltrazioni a danno dei fondi vicini sono inevitabili. In senso contrario decise una sentenza della Cassazione, perchè trattandosi di stalla sarebbe applicabile l'art.
890 che a differenza dell'art.
889 non adotta il sistema delle distanze fisse, ma quello del danno effettivo. In realtà la sentenza è incorsa in errore: l'art.
890, come si vedrà in seguito, riguarda il danno che dalle stalle, come da altri luoghi, può provenire al vicino per ragioni diverse dalle infiltrazioni (incendio, scoppio, esalazioni nocive, ecc.), mentre al danno proveniente dalle infiltrazioni provvede l'art.
889. Quindi nella specie decisa, il porcile sarebbe entrato nell'ambito di applicazione dell'art.
890 solo se il vicino ne avesse lamentato le esalazioni, ma dal punto di vista delle infiltrazioni, rientra sotto la disposizione dell'art.
889.
Le distanze devono osservarsi dal confine indipendentemente dall'esistenza di fabbriche proprie o del vicino
Secondo il vecchio codice la distanza doveva osservarsi per le opere da praticarsi «
presso un muro altrui od anche comune »: l'obbligo della distanza veniva quindi meno quando sul confine esistesse un muro di proprietà esclusiva di chi faceva l'opera nociva. Veniva meno anche quando sul fondo vicino non esistesse alcun muro a distanza minore di due metri per gli scavi, e di un metro per i tubi. Il che dava luogo, in pratica, a non lievi questioni nel caso in cui il vicino volesse fabbricare in seguito.
Il nuovo codice, invece, prescrive l'
obbligo delle distanze anche se sul fondo vicino non esistano fabbriche a distanza minore di due metri di un metro (per i tubi), ed anche nel caso in cui sul confine esista un muro divisorio, senza distinguere se di proprietà comune o di proprietà esclusiva del proprietario dell'opera. L'innovazione è giustificata nella Relazione del Guardasigilli rilevando che le distanze devono essere osservate «
anche quando sul confine non sorge alcun muro o costruzione, giacché esse sono stabilite non soltanto a tutela degli altri edifici, ma altresì dell'igiene ».
Acquisto di servitù contrarie
La distanza prescritta dall'art.
889 è stata stabilita nell'interesse privato, quindi è possibile
derogarvi acquistando una servitù contraria: tale servitù può essere acquistata anche per prescrizione. Così, per es., è stato deciso che se si è tenuta una cloaca a distanza minore della legale, con opere visibili e permanenti, durante tutto il termine di prescrizione, senza opposizione del vicino, questi decade dal diritto di fare opposizioni al riguardo.
Cosi pure la servitù di tenere una fossa di concime a distanza minore di due metri può acquistarsi per prescrizione.
Distanze per fabbriche e depositi nocivi o pericolosi
Altre opere nocive o pericolose sono contemplate nell'art.
890. Chi vuole fabbricare forni, camini, magazzini di sale, stalle e simili presso il confine deve osservare le distanze stabilite dai regolamenti e, in mancanza, quelle necessarie a preservare fondi vicini da ogni danno alla solidità, salubrità e sicurezza. La stessa disposizione si applica a chi vuol collocare presso il confine materie umide o esplodenti in altro modo nocive, ovvero impiantare macchinari, per i quali può sorgere pericolo di danni (art.
890 cit.).
A differenza del precedente art.
889, l'art.
890 si
astiene dal prescrivere delle distanze fisse e si limita a rimandare ai regolamenti e, in mancanza, all'autorità giudiziaria. Ciò perché gli elementi di fatto sono talmente variabili nei diversi casi che ogni determinazione sarebbe stata arbitraria.
La disposizione si applica alle opere nocive che si fabbricano
sul confine, anche se sul medesimo si trova un muro divisorio, qualunque ne sia l'appartenenza, poichè l'esistenza di un muro, anche esclusivamente proprio, non sempre è sufficiente a evitare danni al vicino.
Lo
scopo delle distanze previste dall'art.
890 è di evitare al vicino ogni danno proveniente dalla costruzione di opere nocive, in detto articolo indicate in via esemplificativa. Pertanto la disposizione è applicabile non soltanto a salvaguardia delle proprietà latistanti, ma anche, trattandosi di case divise per piani, alle proprietà soprastanti e sottostanti.
Nell'art.
890 non si fa menzione delle macchine messe in moto dal vapore, menzionate nell'art. 574 del vecchio codice, in quanto, come si rileva nella Relazione ministeriale, le immissioni di fumo, calore o altro sono disciplinate dall'art.
844. La disciplina testuale delle immissioni nocive contenuta nel nuovo codice, ha svuotato in gran parte del suo contenuto la disposizione del vecchio art. 574 come dell'attuale art.
890. Infatti, anche per le opere previste da quest'ultimo articolo devono applicarsi, al bisogno, i principi delle immissioni nocive di cui all'art.
844.
I regolamenti richiamati dall'art. 890
L'articolo
890 si riferisce ai regolamenti in genere, mentre l'art.
889 si riferisce ai regolamenti locali. Se ne è voluta trarre la conseguenza secondo cui i regolamenti di cui si fa parola nell'art.
890 siano soltanto quelli generali emanati dal potere centrale.
Invece devono ritenersi compresi nel richiamo dell'articolo menzionato
anche i regolamenti locali di polizia edilizia e di igiene. E la giurisprudenza ha deciso che quando un regolamento di polizia edilizia comunale sia stato emanato a integrazione dell'art.
890 codice civile, e cioè per disciplinare con norme locali le stesse ipotesi previste nella legge generale, la norma del regolamento deve essere applicata con esclusione di facoltà discretive da parte dell'autorità giudiziaria, le quali sono applicabili solo quando l'osservanza delle norme regolamentari non si dimostra sufficiente in pratica ad evitare al vicino ogni danno.
L'essersi i giudici di merito riferiti a disposizioni regolamentari d'igiene emanate posteriormente alla costruzione dell'opera nociva non rende censurabile la sentenza, ove essa si sia riferita a quelle disposizioni, non per attingervi criteri e norme giuridiche, ma criteri e norme tecniche che era necessario adottare per virtù dei principi preesistenti derivanti dall'art.
890 del codice civile.
Mancanza di regolamenti o provata insufficienza delle distanze prescritte dai regolamenti: ricorso all'autorità giudiziaria
In mancanza di speciali distanze stabilite dai regolamenti, sarà l'
autorità giudiziaria che dovrà determinare le distanze e prescrivere le altre opere idonee a preservare i fondi vicini da ogni danno.
Lo stesso deve dirsi quando le distanze prescritte dai regolamenti si dimostrino in pratica insufficienti a impedire il danno: anche in questo caso deve ammettersi il ricorso all'autorità giudiziaria per determinare le provvidenze necessarie a preservare i fondi vicini da ogni danno. In sostanza, le distanze prescritte dai regolamenti, non altrimenti di quelle prescritte dall'art.
889, si presumono sufficienti a impedire il danno, ma è una presunzione semplice, che cede di fronte alla prova contraria. Naturalmente, l'onere della prova e a carico del proprietario del fondo vicino che si pretende danneggiato.
Distanze per canali e fossi
Fin dai tempi più antichi fu riconosciuto che lo scavamento di un fosso troppo vicino al fondo altrui poteva cagionare a questo dei danni per franamenti. Di qui la disposizione della
legge di Solone riportata da Gaio (L. 13, Dig. 1o, 1) che obbligava ad osservare una distanza uguale alla profondità: «
si sepulchrum aut scrobem foderit, quantum profunditatis habuerint, tantum spatii relinquito ». Fra i romanisti era controverso se la legge solonica avesse avuto vigore di legge nel diritto romano: un' opinione autorevole affermava di si, almeno per il diritto giustinianeo, formando la suddetta disposizione parte del
Corpus iuris.
Il codice Napoleone taceva su questo punto, e gli scrittori francesi si trovarono fra loro divisi: la maggior parte opinava che si dovesse fare riferimento in proposito agli usi locali, e in questo senso era anche la giurisprudenza prevalente. Per primo, il codice Albertino (art. 559) riprodusse la regola solonica, e fu seguito dal codice estense prima (art. 556) e poi dal codice del 1865 (art. 575) e ora dal nuovo (art. 891).
L'art. 891 dispone che chi vuole scavare fossi o canali presso il confine, se non dispongono diversamente i regolamenti locali, deve osservare una distanza uguale alla profondità del fosso o canale. Il legislatore
presume che la distanza prescritta sia necessaria ad evitare danno al vicino. Non è ammessa nessuna prova contraria per dimostrare che nel caso concreto, attesa la consistenza speciale del suolo o le opere di sostegno che il proprietario è disposto a fare, il danno sarebbe evitato anche lasciando una distanza minore. Nel vecchio codice nemmeno i regolamenti locali potevano diminuire la distanza solonica, disponendo l'art. 575 «
salve le maggiori distanze stabilite dai regolamenti locali ». Invece, data la diversa locuzione del nuovo codice «
se non dispongono in modo diverso i regolamenti locali », è ammesso che questi possano disporre una distanza minore.
La disposizione dell'art. 891 si applica a tutte le escavazioni di fossi e canali presso il confine: il vecchio codice (art. 577) vi faceva eccezione quando l' escavazione si facesse in vicinanza di un muro comune, ma l'eccezione non è stata ripetuta nel nuovo codice e quindi l'esistenza di un muro sul confine, comune o anche in proprietà esclusiva, non toglie l'obbligo della distanza.
La disposizione dell'art. 891 è
applicabile a tutti gli scavamenti in generale, senza distinguere se essi siano destinati o no a ricevere delle acque. Non si applica però agli scavi e alle buche che non sono destinati a rimanere permanentemente aperti, ma abbiano carattere provvisorio. E neppure a quelle escavazioni che non abbiano le caratteristiche proprie del fosso o canale e che non presentino perciò pericolo di danno. In quest'ordine d'idee è stato deciso non rientrare nella disciplina delle distanze legali per le escavazioni (art. 891), bensì in quella del contenuto del diritto di proprietà (
art. 840 del c.c.) una escavazione rivestita di una gabbia in muratura adibita per contenere il macchinario occorrente per l'esercizio di una pesa pubblica e coperta di una lastra di ferro.
Sotto l'impero del vecchio codice qualche decisione credette applicabile l'obbligo della distanza solonica anche alle escavazioni delle fosse di concime, per le quali l'art.
889 impone la distanza fissa di due metri, venendo cosi a cumulare le due distanze e giungendo praticamente ad esigere la distanza maggiore tra le due. È invece preferibile l'opinione secondo cui è invece inapplicabile l'obbligo della distanza solonica, di cui all'art. 891, alle speciali escavazioni regolate dall'art.
889 (pozzi, cisterne, fosse di latrina e di concime) , e ciò in applicazione della regola che
generi per speciem derogatur.
Si è discusso se le disposizioni sulla distanza solonica siano applicabili anche alle
escavazioni per cave di argilla e simili, per cui la legge 30 marzo 1894 n. 184 richiede l'autorizzazione del Prefetto, o se in tali casi cessi l'applicazione del codice civile e la competenza dell'autorità giudiziaria. Ma è stato deciso che l'autorizzazione del Prefetto prescritta dalla legge del 1894 cit. circa l'esecuzione di scavi per la estrazione di sostanze minerali, a distanza minore di m. 20 dalle abitazioni, da luoghi cintati di muro e da strade pubbliche, e a distanza minore di m. 5o da corsi d'acqua, canali, acquedotti ecc., è diretta esclusivamente a tutelare la pubblica incolumità, e non pregiudica affatto i diritti dei privati, per la tutela dei quali, in base alle norme del codice civile, rimane ferma la competenza dell'autorità giudiziaria, anche quando l'esercizio della cava sia stato iniziato in seguito a regolare autorizzazione prefettizia. Permane inoltre la competenza giudiziaria anche se dalla escavazione a distanza minore di quella prescritta dall'art. 891 codice civile non sia derivato danno attuale, essendo consentito rivolgersi al giudice anche per ottenere provvedimenti diretti ad eliminare it fondato timore di un danno eventuale.
Speciali norme sono invece dettate per l'
apertura di canali, fossi ed altre escavazioni in prossimità di strade pubbliche. Il T. U. delle norme per la tutela delle strade 8 dicembre 1933, n. 1749 vieta (art. 1, n. 10) di aprire canali, fossi, e fare qualunque escavazione nei terreni laterali a distanza minore della loro profondità, partendo dal confine della strada (ciglio della strada, ciglio esterno del fosso, ove esiste, piede della scarpata se la strada e in rilevato o ciglio della scarpata se la strada e in trincea). Tale distanza non può essere minore di tre metri, quantunque l'escavazione del terreno sia meno profonda.
Misurazione della distanza
Sarebbero potute nascere facilmente questioni circa il modo di misurare la distanza nei vari casi: è chiaro che variando il punto di partenza e di arrivo, o anche l'inclinazione della sponda nello scavamento, si sarebbe potuto arrivare indirettamente ad eludere la legge. Il vecchio codice (art. 576) provvedette in proposito con una minuziosità che appare eccessiva. Il nuovo codice dispone che la distanza si misura dal confine al ciglio della sponda più vicina, la quale deve essere a scarpa naturale ovvero munita di opere di sostegno. Se il confine si trova in un fosso comune o in una via privata, la distanza si misura da ciglio a ciglio o dal ciglio al lembo esteriore della via.
Quando lo scavo sia fatto a
gradoni, come avviene normalmente nelle cave di argilla e simili, la distanza prescritta dall'art. 891 deve calcolarsi in relazione alla profondità massima dell'escavazione e non a quella del gradone più vicino al confine. Infatti sarebbe arbitrario, ai fini dell'art. 891, distinguere fra fosso fatto a gradoni e fosso fatto con sistema diverso, perché la legge parlando in genere di fosso e non dettando norme specifiche circa la misura della profondità di esso ha inteso evidentemente riferirsi a qualsiasi fosso ed al limite esterno dello scavo.
L'osservanza della distanza solonica è disposta dalla legge come necessaria per evitare danni al vicino, ma può riuscire insufficiente allo scopo. In tal caso chi pratica l'escavazione, se vuole evitare responsabilità, deve osservare le maggiori distanze o fare le opere atte ad evitare il danno.
In tale ordine di idee la giurisprudenza, argomentando dai principi generali in materia di rapporti di vicinato, ha ritenuto responsabile l'autore di rilevanti escavazioni destinate a
scantinati di stabili, le quali nonostante l'osservanza della distanza solonica, avevano prodotto lesioni alle costruzioni esistenti nel fondo vicino. Cosi pure è stato deciso che il proprietario del fondo sottostante al muro di sostegno del fondo superiore, se col dissodamento del suolo, sia pure eseguito a distanza legale, provoca il crollo del muro di sostegno e il conseguente franamento del fondo soprastante, contravviene alle norme di reciproco rispetto e di mutua collaborazione e tolleranza che nell'interesse generale devono informare i rapporti di vicinanza, e pertanto egli deve sottostare al danno che è effetto del suo comportamento.