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Articolo 2950 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 26/11/2024]

Prescrizione del diritto del mediatore

Dispositivo dell'art. 2950 Codice Civile

Si prescrive in un anno il diritto del mediatore [1754] al pagamento della provvigione(1).

Note

(1) Tale termine prescrizionale annuale, il quale decorre generalmente dalla conclusione dell'affare o, in caso di eventuale frode, dalla scoperta della stessa, è riferito ai diritti derivanti da determinati rapporti commerciali. Tuttavia devono essere tenuti in considerazione due accorgimenti: innanzitutto, la disposizione riguarda esclusivamente la provvigione e non pertanto gli ulteriori diritti parimenti concessi al mediatore (in primis il rimborso spese); in secondo luogo, è relativa soltanto all'azione posta in essere del mediatore verso le parti e non a quella esercitata dal medesimo verso gli altri mediatori al fine di suddividere la provvigione stessa.

Ratio Legis

La norma in esame stabilisce un caso di prescrizione ancora più breve rispetto alle precedenti (v. artt. 2947, 2948 e 2949), ossia con decorrenza soltanto di un anno, sempre comunque in deroga al termine ordinario decennale ex art. 2946.

Spiegazione dell'art. 2950 Codice Civile

Limiti di efficacia della prescrizione. Initium praescriptionis
La prescrizione del diritto del mediatore al pagamento della provvigione non è nuova, risale al codice del commercio del 1882, che però la limitava solo ai mediatori pubblici (art. 58), fu estesa poi a qualsiasi mediatore da quello successivo, ed è stata poi accolta dal codice vigente che ha ridotto ad uno il termine di due anni, entro cui poteva compiersi.
Su tale specie di prescrizione il vecchio codice aveva dato origine ad una importante controversia che, ancor oggi, può riproporsi : se, cioè, quella colpisca pure i mediatori che esercitano la mediazione non professionalmente. Intanto si noti che l'esercizio della mediazione non è riservato ad una determinata categoria di persone, di guisa che ad altri, fuor di queste, essa debba ritenersi inibita. Ciò posto, la mediazione, secondo il nostro ordinamento, può venir esercitata da chiunque, sia personalmente che per mezzo di altri, tanto in società come da solo, e per un solo affare come per più affari. Nulla impedisce, dunque, che la mediazione possa venir esercitata accidentalmente, per cui anche chi esplica in tal modo opera di mediazione, ha diritto alla provvigione che spetta al mediatore di professione.
La prescrizione del diritto del mediatore decorre dal giorno della conclusione dell'affare : ciò il codice non precisa nell'articolo in esame, ma lo dichiara nell'art. 1755: «il mediatore ha diritto alla provvigione ... se l'affare è concluso per effetto del suo intervento ». Se la conclusione del contratto è sottoposta a condizione sospensiva; allora il diritto del mediatore sarà anch'esso condizionato e la prescrizione non si inizia se non al verificarsi della condizione (art. 1757, 10 comma) ; si noti, pero, che deve trattarsi di una condizione apposta al concludersi dell'affare perché ove questo sia stato condotto a termine mercé l'opera del mediatore e solo la sua esecuzione venga condizionata o ritardata dalle parti, è chiaro che il diritto alla provvigione spetterà al mediatore sin dal momento in cui l'affare è stato concluso. Se il contratto è sottoposto a condizione risolutiva, il diritto alla provvigione non venendo meno al verificarsi di questa (art. 1757, secondo comma), la prescrizione relativa decorrerà dal giorno in cui l'affare venne concluso ; lo stesso deve dirsi se il contratto è annullato o rescisso ed il mediatore non conosceva la causa di invalidità (art. 1757, terzo comma).

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)

1208 Assorbita nel codice civile gran parte delle materie regolate dal codice di commercio, occorreva disciplinare talune delle brevi prescrizioni che quest'ultimo stabiliva nel quarto libro. L'ambito della prescrizione quinquennale in materia di società iscritte nel registro delle imprese è delineato dall'art. 2949 del c.c., primo comma, con una formula che si adegua all'insegnamento della migliore dottrina. Mi sembra che la nuova formula eviti le critiche e le gravi difficoltà d'interpretazione alle quali l'art. 919, n. 1, del codice di commercio apriva l'àdito, parlando di « azioni derivanti dal contratto di società o delle operazioni sociali », sì che, considerata nella sua letterale accezione, la norma poteva indurre a ritenere che alla prescrizione quinquennale fossero soggetti anche i diritti derivanti dai rapporti posti in essere dalla società con i terzi nell'esplicazione della sua attività. Lo stesso termine di cinque anni è stabilito per la prescrizione dell'azione di responsabilità che spetta ai creditori sociali verso gli amministratori (art. 2949, secondo comma). Quanto al diritto del mediatore al pagamento della provvigione, il termine prescrizionale di due anni (art. 922 del codice di commercio) è ridotto a un anno (art. 2950 del c.c.). La prescrizione dei diritti derivanti dal contratto di spedizione e dal contratto di trasporto è regolata dall'art. 2951 del c.c., che eleva i termini, eccessivamente brevi, stabiliti per il trasporto di cose dall'art. 926 del codice di commercio. Rimane immutato il termine di un anno per la prescrizione del diritto al pagamento delle rate di premio nel contratto di assicurazione, ma, circa la prescrizione degli altri diritti in materia assicurativa, a differenza del codice di commercio (art. 924), che non poneva distinzione alcuna, l'art. 2952 del c.c. distingue quelli che derivano dal contratto di assicurazione da quelli che derivano dal contratto di riassicurazione: per i primi è stabilito il termine di un anno; per i secondi il termine di due anni. Particolari disposizioni regolano la decorrenza di questi termini e la sospensione di essi. Ad eliminare il dubbio, in ordine ai diritti per i quali la legge stabilisce una prescrizione più breve di dieci anni, se, intervenuta sentenza di condanna passata in giudicato, torni a decorrere la prescrizione breve a cui è soggetto il rapporto deciso ovvero inizi il suo corso il termine di prescrizione ordinaria, provvede l'art. 2953 del c.c., il quale risolve la questione in quest'ultimo senso.

Massime relative all'art. 2950 Codice Civile

Cass. civ. n. 20537/2020

In tema di mediazione, il termine di prescrizione per l'ottenimento, in sede di rivalsa, della somma dovuta a titolo di IVA decorre dal momento dell'emissione della fattura.

Cass. civ. n. 18489/2020

In tema di rapporti tra mediazione e procacciamento di affari, costituisce elemento comune a dette figure la prestazione di un'attività di intermediazione diretta a favorire tra terzi la conclusione di un affare, con conseguente applicazione di alcune identiche disposizioni in materia di diritto alla provvigione, mentre l'elemento distintivo consiste nel fatto che il mediatore è un soggetto imparziale, e nel procacciamento di affari l'attività dell'intermediario è prestata esclusivamente nell'interesse di una delle parti; ne consegue che sono applicabili al procacciatore d'affari, in via analogica, le disposizioni del contratto d'agenzia, ivi comprese quelle in materia di prescrizione del compenso spettante all'agente, diverse da quelle sulla prescrizione del compenso spettante al mediatore.

Cass. civ. n. 26370/2016

In tema di rapporti tra mediazione e contratto atipico di procacciamento di affari, dette figure, pur accomunate dallo svolgimento di un'attività di intermediazione diretta a favorire la conclusione di un affare tra terzi, con conseguente applicazione di alcune identiche disposizioni in materia di diritto alla provvigione, divergono tra loro in quanto il mediatore presta la propria opera in posizione di imparzialità tra le parti, mentre il procacciatore di affari agisce, al contrario, nell'esclusivo interesse di una di esse, sia pur in virtù di un rapporto di collaborazione privo del carattere della stabilità, con conseguente applicazione analogica, nei confronti dello stesso, delle disposizioni del contratto d'agenzia, ivi comprese quelle in materia di prescrizione del diritto al compenso.

Cass. civ. n. 7519/2005

Il diritto alla provvigione di cui all'art. 1754 del codice civile sorge quando possa ritenersi concluso un affare, che, nel linguaggio comune, è l'equivalente del contratto, anche se il legislatore ha voluto utilizzare l'espressione "affare" in contrapposizione a "contratto"; pertanto, un affare può ritenersi concluso quando si verificano gli estremi di cui all'art. 1321 del codice civile, e cioè quando sia stato concluso un contratto che presenti i requisiti essenziali per la sua validità. (Fattispecie in cui il diritto alla provvigione è stato ritenuto spettante in relazione alla conclusione di un preliminare di vendita di un immobile privo della concessione edificatoria).

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Consulenze legali
relative all'articolo 2950 Codice Civile

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Giovanni chiede
domenica 26/04/2020 - Piemonte
“Salve, ho firmato un preliminare d’acquisto davanti al notaio in data 03/04/19 con agenzia e costruttore presenti e trascritti nel contratto. All’interno vi è riportato l’impegno di stipula entro il 31/05/20.
Nel preliminare vi è inoltre riportato il mio impegno a versare all’agenzia il 2% più iva divisi in questa maniera 1000 a fine giugno 2019, 1000 euro a fine luglio e altri mille a fine agosto 2019( che non ho versato ma compaiono nel rogito), e la restante parte dei 6400 al rogito. Ora mi trovo a rogitare il giorno 27 aprile 2020, quindi dopo un anno dal preliminare firmato. Posso richiedere la restituzione, anche in parte, delle provvigioni in base alla articolo 2950 del codice civile?”
Consulenza legale i 29/04/2020
Per prescrizione, ai sensi dell’art. 2934 del c.c., si intende l’estinzione di un diritto a causa del mancato esercizio di quest’ultimo da parte del titolare, per il periodo di tempo determinato dalla legge.
Il termine ordinario di prescrizione è di dieci anni (art. 2946 del c.c.); la legge stabilisce poi, in relazione ad alcuni diritti, termini inferiori. Si tratta delle cosiddette prescrizioni brevi, tra le quali vi è, appunto, quella prevista dall’art. 2950 del c.c., secondo cui il diritto del mediatore al pagamento della provvigione si prescrive in un anno.
Da quanto si inizia a “contare” il tempo necessario alla prescrizione?
L’art. 2935 del c.c. stabilisce che la prescrizione comincia a decorrere dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere.
Nel caso del diritto del mediatore alla provvigione, il termine decorre dalla conclusione dell’affare, conformemente a quanto previsto dall’art. 1755 del c.c.
Secondo l’orientamento prevalente in giurisprudenza, per “conclusione dell’affare” può ben intendersi anche la stipula del contratto preliminare.
Si veda ad esempio Corte d'Appello Palermo, Sez. III, sent. 15/04/2019, nella locuzione “conclusione dell'affare”, “rientra a pieno titolo la stipula del contratto preliminare di compravendita”.
Secondo la più risalente Cass. Civ., Sez. III, sentenza n. 7400/1992, per “conclusione dell'affare” deve intendersi "il compimento di un'operazione di natura economica generatrice di un rapporto obbligatorio tra le parti, di un atto cioè in virtù del quale sia costituito un vincolo che dia diritto di agire per l'adempimento dei patti stipulati o, in difetto, per il risarcimento del danno, sicché anche la stipulazione di un contratto preliminare è sufficiente a far sorgere tale diritto”.
Naturalmente, l'accordo tra le parti potrebbe benissimo "posticipare" il sorgere del diritto alla provvigione al momento del rogito, eventualità espressamente contemplata da Tribunale Rovigo, 19/10/2012, secondo cui "nella mediazione tipica il diritto alla provvigione del mediatore sorge nel momento della conclusione dell'affare di cui all'art. 1755 c.c., cioè quando tra le parti poste in relazione dal mediatore si sia validamente costituito un vincolo giuridico che abiliti ciascuna di esse ad agire per l'esecuzione del contratto e un contratto preliminare di compravendita deve considerarsi atto conclusivo dell'affare, salvo che le parti abbiano inteso derogare alla disciplina legale attribuendo il diritto alla provvigione al momento della sottoscrizione del contratto definitivo di compravendita".
Non pare questo, tuttavia, il nostro caso, dal momento che il contratto prevede che il pagamento del compenso spettante all'agenzia debba essere ultimato proprio entro la data del rogito.
A questo proposito, peraltro, risulta che la provvigione è stata pagata solo in parte, non solo per quello che pare un inadempimento del promissario acquirente, ma soprattutto perché il contratto stesso prevede un pagamento rateizzato della provvigione.
Sul punto, la giurisprudenza (Cass. Civ., Sez. VI - 2, ord. n. 1947/2018), ha precisato che "nel caso in cui il termine di adempimento dell'obbligazione sia stabilito, per esplicita volontà delle parti o per presunzione legale ex art. 1184 del c.c., a favore del debitore, la prescrizione estintiva del diritto di credito comincia a decorrere solo dopo la scadenza del termine, in quanto, precedentemente, il creditore non può esigere la prestazione dovuta".
Concludendo, alla luce delle considerazioni svolte, non risulta che, nel caso esposto nel quesito, si sia verificata alcuna prescrizione del diritto alla provvigione del mediatore.
Inoltre, occorre tener presente che, anche nell’ipotesi di intervenuta prescrizione, non sarebbe comunque possibile chiedere la “restituzione” degli importi già versati, dal momento che l’art. 2940 del c.c. stabilisce che “non è ammessa la ripetizione di ciò che è stato spontaneamente pagato in adempimento di un debito prescritto” (in altre parole, se un credito è prescritto il creditore non può pretenderne l’adempimento, ma se il debitore paga spontaneamente non può chiedere la restituzione di quanto versato).

Elena G. chiede
venerdì 07/03/2014 - Veneto
“Ho effettuato la proposta per un immobile tramite agenzia. La proposta è stata rifiutata dal costruttore e ho ricevuto una raccomandata da parte dell'agenzia come avviso di rifiuto della proposta. In calce trovo scritto che restano validi gli artt. del codice civile 1755, 2935, 2950. L’agenzia ha saputo che ho parlato personalmente col proprietario, incontrandolo per caso mentre visionavo altri 2 suoi appartamenti, restando però dell’idea che il migliore fosse quello su cui avevo fatto la proposta, per il quale lui chiede un prezzo maggiore di quello proposto. Senza sapere se ci fosse accordo scritto o meno (nella fattispecie non c’è) col proprietario, ho ricevuto una telefonata dall’agenzia che mi ha minacciata di ricorrere a vie legali, in quanto suppongono che io abbia acquistato direttamente dal proprietario e a loro spetta la provvigione secondo i sopra citati articoli.
Vorrei sapere se:
- è legale che l’agenzia non mi abbia esplicitato i diritti previsti da questi articoli del codice civile durante la mia proposta (nella quale non risulta alcun riferimento) e li abbia citati solo in seguito tramite la raccomandata
- non essendoci alcun accordo tra me e il proprietario dell’immobile (abbiamo fatto solo una chiacchierata davanti a un caffè), posso ritenere che l’agenzia mi abbia minacciata rivolgendomi la falsa “accusa” di aver acquistato direttamente dal proprietario (non ho emesso alcun assegno nè firmato alcun documento di impegno d’acquisto) e scrivendomi un messaggio per riferirmi di aver consegnato tutti i messaggi tra noi intercorsi durante la proposta ad un avvocato a scopo di dimostrare l’intermediazione (violando così anche la mia privacy non essendoci alcun atto di vendita o accordo scritto)? Penso che l’agenzia sia convinta che io abbia bloccato l’acquisto dell’immobile in qualche modo. Come fare per denunciarli di queste false dichiarazioni?”
Consulenza legale i 15/03/2014
L'art. 1755 del c.c. prevede il diritto per il mediatore di chiedere la provvigione da ciascuna delle parti, se l'affare è concluso per effetto del suo intervento; l'art. 2935 del c.c. riguarda il termine di decorrenza della prescrizione (dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere); l'art. 2950 del c.c. prevede che il diritto del mediatore al pagamento della provvigione si prescrive in un anno.
Si tratta di articoli di legge che non possono essere derogati dalle parti, pertanto il fatto che essi siano stati menzionati alla parte solo in un momento successivo all'inizio del rapporto con essa è irrilevante: tali norme si applicano sempre e, come noto, la legge non scusa l'ignoranza. Al massimo, è possibile riscontrare una scorrettezza nel comportamento dell'agenzia immobiliare, che però non si traduce in un danno economico facilmente risarcibile: la parte dovrebbe, infatti, dimostrare che non avrebbe proceduto con la proposta di acquisto se fosse stata adeguatamente informata, ma qui di nuovo si ripresenterebbe il problema legato alla non scusabilità dell'ignoranza della legge.

Quanto al secondo punto, è evidente che le pretese dell'agenzia circa una presunta provvigione loro dovuta sono infondate. Difatti, affinché sorga il diritto alla provvigione ex art. 1755 c.c. l'affare deve essere "concluso"; il che si verifica quando tra le parti messe in contatto dal mediatore si sia costituito un vincolo giuridico che abiliti ciascuna ad agire per l'esecuzione (o risoluzione) del contratto stesso (v. tra le tante la sentenza della Corte di cassazione 13260/2009).
Quindi, una eventuale azione civile intrapresa dall'agenzia immobiliare nei confronti delle parti che non hanno concluso alcun contratto dovrà essere respinta.

Quanto alle false accuse rivolte dall'agenzia alla parte proponente, va subito precisato che la consultazione di un legale, al quale venga mostrata la documentazione relativa ad una controversia, non si configura come violazione della privacy, posto che l'avvocato ha il dovere di mantenere il massimo riserbo su ciò che apprende nello svolgimento della sua attività e che comunque egli necessita di informazioni, anche personali, per poter adempiere ai propri incarichi. E' quindi legittimo che l'agenzia abbia chiesto la consulenza di un professionista e che gli abbia esibito tutta la documentazione del caso.

Per quanto riguarda, però, la telefonata in cui la parte viene "accusata" di aver concluso l'acquisto dell'immobile, si può valutare se sussista il reato di ingiuria o quello di minacce.
L'art. 594 del c.p. prevede che sia punito chiunque offende l'onore o il decoro di una persona presente, anche a mezzo telefonico. E' prevista un'aggravante nel caso in cui il colpevole abbia ingiuriato la persona offesa attribuendole un fatto determinato.
La legge non specifica, com'è naturale, cosa si debba intendere per offesa all'onore (di solito riguardante le qualità morali della persona) o al decoro (attinente anche al valore sociale dell'individuo): pertanto, solo il giudice potrà valutare con il suo prudente apprezzamento se l'offesa sussista. Nei delitti contro l'onore, quali l'ingiuria, rileva la obiettiva capacità offensiva delle espressioni usate dall'ingiuriante, da giudicarsi in base al significato socialmente condiviso delle parole e delle espressioni utilizzate (Cass. Pen., sent. 10188/2011).
Il reato di minacce, invece, previsto dall'art. 612 del c.p., prevede una sanzione penale per chiunque minacci ad altri un danno ingiusto. Per danno si intende qualsiasi lesione di un interesse giuridicamente rilevante che sia contraria alla legge, quindi anche un danno patrimoniale (come il pagamento della provvigione non dovuta). Addirittura, nella minaccia di far valere un diritto inesistente la Cassazione (con sent. n. 48733 del 17 dicembre 2012) ha rinvenuto un'ipotesi - più grave - di estorsione ex art. 629 del c.p. ("anche la minaccia di esercitare un diritto, come l’esercizio di un’azione giudiziaria o esecutiva, può costituire illegittima intimidazione idonea ad integrare l’elemento materiale del reato quando tale minaccia sia finalizzata al conseguimento di un profitto ulteriore, non giuridicamente tutelato").

Sia l'ingiuria che la minaccia sono reati perseguibili a querela di parte: il diritto di querela va esercitato entro il termine di tre mesi dal giorno in cui la persona offesa ha avuto notizia del fatto che costituisce il reato (nel caso di specie, dal giorno della telefonata).
L'estorsione, invece, è un delitto perseguibile d'ufficio e quindi non deve necessariamente essere presentata querela entro tre mesi.

Francesca S. chiede
giovedì 06/12/2012 - Sicilia
“sono la titolare di un'agenzia immobiliare, nel mese di dicembre 2010, grazie al mio intervento, due miei clienti giungono ad accordarsi per la compravendita di un immobile, firmano regolare preliminare di compravendita dinanzi ad un notaio e nel suddetto preliminare viene esplicitato che l'affare in questione si è potuto avere grazie all'intervento della mia agenzia immobiliare. Al momento del preliminare una delle due parti mi paga e quindi nei suoi confronti tutto è ok. L'altra parte dapprima prende tempo, poi si fa negare. nel mese di marzo 2011, in quanto società sono tenuto ad emettere regolare fattura nei confronti della parte ancora inadempiente, la invio e ancora nessuna risposta. nel mese di ottobre 2011, abbondantemente prima della prescrizione di un anno, chiedo con lettera raccomandata la somma al mio debitore. l'altro ieri mi rivolgo al mio avvocato per emettere un decreto ingiuntivo nei confronti del mio debitore. L'avvocato pero' mi informa che essendo trascorso più di un anno dalla lettera di messa in mora sono decaduta dal mio diritto alla provvigione... cosa posso fare? Io ho pure dovuto pagare l'iva e le tasse su quella fattura, mai incassata. cosa posso fare? E' possibile che, avendo io spiccato regolare fattura, ci troviamo dinanzi ad un credito che vada esente dalla prescrizione breve e invece si prescriva nel termine di 5 anni? grazie. spero possiate darmi risposta.”
Consulenza legale i 07/12/2012

Ai sensi dell'art. 2950 del c.c. il diritto del mediatore ad ottenere il pagamento della provvigione si prescrive in un anno dal momento in cui tale diritto sorge. Secondo l'opinione, pressoché unanime, della giurisprudenza il diritto sorge se l'azione del mediatore abbia rappresentato un contributo causale alla conclusione dell'affare. Il termine prescrizionale di cui alla predetta norma deve essere interrotto tramite un atto di intimazione di pagamento, scritto e diretto al debitore, il quale deve essere costituito in mora ai sensi dell'art. 1219 del c.c..

Nel caso di specie, l'ultima intimazione di pagamento inviata al debitore, idonea ad interrompere il decorso del termine prescrizionale, risale al mese di ottobre 2011. Pertanto, entro il mese di ottobre 2012 sarebbe stato necessario inviare una nuova lettera di intimazione di pagamento per interrompere la prescrizione breve prevista dalla legge. Dagli elementi indicati nel quesito si evince che tale nuova intimazione non è intervenuta entro il termine di anno dalla precedente richiesta di pagamento, determinando inevitabilmente la prescrizione del diritto ad ottenere il pagamento della provvigione.

Infatti, l'emissione della fattura e l'avvenuto pagamento dell'iva e delle altre imposte, non sono idonei a far sì che il termine prescrizionale aumenti da uno a cinque anni. Il termine prescrizionale è sempre quello di cui all'art. 2950 del c.c., stante anche il disposto di cui all'art. 2936 del c.c. che indica l'inderogabilità delle norme relative alla disciplina della prescrizione.


Marco chiede
giovedì 25/10/2012 - Lombardia
“Buon giorno,
cercando per comprar casa , ho fatto una proposta di acquisto per un appartamento presso un’ agenzia. La proposta non è stata accettata e l'agenzia si è rifiutata di fare ulteriori proposte se non per cifre al di fuori della mia portata. Ho così ritirato la proposta e cessato i rapporti con questa agenzia (15/4/2011).
Mesi più tardi (dicembre 2011) ho rivisto lo stesso appartamento presso un'altra agenzia che ha invece ottenuto un prezzo favorevole a me e con la quale sono andato a rogito (2/2/2012) per l'appartamento in questione.
Tempo dopo (26/6/2012) mi sono visto intimare per raccomandata il pagamento della provvigione dalla prima agenzia con la motivazione del diritto per aver contribuito a mettere in contatto le parti e di essere partecipe della mediazione così come l’agenzia con cui ho effettivamente concluso , anche se con tempi differiti ed ignoranza delle altre parti (io,la seconda agenzia, il venditore).

Vorrei sapere quindi il vostro parere a proposito della mia opinione:
-non ritengo legittimi i diritti della richiedente poiché la "mediazione" non c'è stata, dal momento che non si è concluso alcun affare ne la mediazione è andata oltre la prima proposta rifiutata (distanza tra proposta e richiesta circa 10% del valore). La prima agenzia si è "rifiutata" di proseguire senza un'offerta che per me sarebbe stata troppo elevata, non ha ritentato una mediazione ragionevole (distanza elevata tra i due valori), ha cercato di farmi alzare il prezzo in modo non accettabile senza cercare di favorirmi in alcun altro modo (es. riduzione della provvigione, ulteriore tentativo di proposta)
-successivamente, il mandato del venditore alla prima agenzia è scaduto intorno al 15/9/11; il venditore ha quindi incaricato la seconda agenzia con mandato esclusivo: non avrei quindi neanche potuto continuare con la prima agenzia, anche se lo avessi voluto, dal momento che ho ricominciato le trattative intorno a dicembre 2011.
-il tempo intercorso tra i due eventi (proposta rigettata e affare concluso/rogito arriva a 9 mesi) è notevole e nessun eventuale tentativo di recupero è mai stato fatto nel frattempo dalla prima agenzia.
-alla prima richiesta di pagamento della provvigione (26/6/11) ho risposto rifiutando qualsiasi addebito con le motivazioni sopra ma sono stato citato in giudizio (comunicazione del 23/10/12) con udienza il 15/4/13.

Vorrei sapere la vostra opinione circa la legittimità del mio diritto a non pagare alcunché e quali sarebbero i termini per una eventuale prescrizione e relativa richiesta .


Molte grazie e saluti”
Consulenza legale i 29/10/2012

La disciplina del codice civile prevede che il diritto del mediatore ad ottenere il pagamento della provvigione sorga ogni qualvolta l'affare venga concluso per effetto del suo intervento (art. 1755 del c.c.). Inoltre, dal combinato disposto dell'art. 2950 del c.c. e dell'art. 2957 del c.c. si ricava che il diritto del mediatore si prescrive in un anno dal compimento della prestazione, che nel caso della mediazione coincide la stipulazione del contratto.

La giurisprudenza ha precisato ulteriormente che tale diritto alla provvigione nasce in tutte le ipotesi in cui l'attività svolta dal mediatore si possa considerare quale contributo causale per la conclusione dell'affare, ovvero vi sia un nesso di causalità tra questa e l'opera del mediatore.

Nel caso di specie bisogna considerare se l'affare è stato concluso grazie all'intervento di entrambe le agenzie che hanno svolto l'attività per mettere in contatto le due parti, perché se così fosse dovrebbe applicarsi l'art. 1758 del c.c. che dispone che nel caso in cui l'affare venga concluso per l'intervento di più mediatori, ciascuno di essi ha diritto ad una quota della provvigione.

I fatti esposti portano a dubitare che vi sia stato un contributo causale del primo mediatore alla conclusione dell'affare. Infatti, parte della giurisprudenza ritiene che sia escluso il diritto alla provvigione in favore del mediatore che abbia partecipato ad un prima fase di trattative poi abbandonate, ma successivamente riprese in modo autonomo dalle parti sino alla conclusione dell'affare (Cass. 97/1566).

E' bene precisare che, se venisse invece giudizialmente accertato che l'attività svolta dalla prima agenzia abbia contribuito alla conclusione dell'affare - ad esempio per aver comunque mostrato per primo l'immobile all'acquirente (la giurisprudenza non è univoca sul punto) - il termine prescrizionale del diritto ad una quota di provvigione non risulta essere venuto a scadenza dato che il contratto è stato stipulato il 2.2.2012 e la richiesta di pagamento è intervenuta il 26.6.2012.


Antonio chiede
martedì 11/05/2010

“Salve, ho emesso fatture a ottobre del 2008 per mediazioni, e ad oggi dopo continui rinvii non sono riuscito ad incassare la somma dovuta. Premetto che i miei solleciti sono stati sempre verbali, circa due mesi fa ho fatto un decreto ingiuntivo alla controparte. Mi risponde il suo avvocato dicendo che la somma è prescritta perché trascorso un anno dalla data di emissione. Potreste dirmi come posso recuperare la mia somma? C'è qualcosa che posso fare?? Grazie.”

Consulenza legale i 20/12/2010

Secondo l’art. 2950 del c.c. il diritto del mediatore al pagamento della provvigione si prescrive in un anno e ai fini interruttivi il debitore avrebbe dovuto essere costituito in mora mediante intimazione o richiesta fatta per iscritto, ex art. 1219 del c.c.
Tuttavia, siccome il termine di detta prescrizione breve, ex art. 2957 del c.c. decorre dal compimento della prestazione, cioè dal giorno della conclusione dell'affare (se trattasi a titolo di esempio di mediazione immobiliare: conclusione del contratto), potrebbe ravvisarsi una causa di sospensione della prescrizione ai sensi dell'art. 2941 del c.c. n. 8, nell'ignoranza di tale evento, nella quale versi il mediatore medesimo, sempre che dipenda dal dolo dei soggetti tenuti alla corresponsione della provvigione, coincidendo in tal caso la cessazione dell'effetto sospensivo della prescrizione con la data in cui il mediatore ha acquisito la consapevolezza della conclusione dell'affare.


A. I. chiede
mercoledì 16/10/2024
“A luglio 2024 ho fatto una proposta di acquisto ad un mediatore immobiliare per un appartamento, proposta che non è stata accettata dal venditore. Per decadenza della proposta ho quindi ritirato l’assegno dato in garanzia alla agenzia. Ho poi contattato personalmente il venditore con cui ad ottobre 2024 ho concluso l’affare tramite un compromesso ad un prezzo molto più alto di quello proposta dalla agenzia. L’agenzia non è al corrente di questa transazione.
L’atto di compravendita definitivo sarà effettuato tra un anno e oltre.
Se la agenzia non viene informata della transazione da me o dal venditore (il contratto preliminare non viene trascritto dal notaio) da quando decorre il termine di prescrizione?
Incorro in sanzioni qualora l’agenzia dovesse comunque accertare la stipula del compromesso ?”
Consulenza legale i 25/10/2024
Per rispondere ai quesiti posti è necessario fare riferimento alla disciplina in materia di mediazione.
Brevemente, l’art. 1754 c.c. definisce il mediatore come “colui che mette in relazione due o più parti per la conclusione di un affare, senza essere legato ad alcuna di esse da rapporti di collaborazione, di dipendenza o di rappresentanza”.
Quanto ai presupposti del diritto alla provvigione, l’art. 1755 c.c. stabilisce che "il mediatore ha diritto alla provvigione da ciascuna delle parti, se l'affare è concluso per effetto del suo intervento”.
Dunque, affinché il mediatore possa pretendere la provvigione, è necessario che sussista un nesso di causalità tra l’attività svolta del mediatore e la conclusione dell’affare.
Nel nostro caso non si può escludere che l’agenzia sostenga di aver diritto alla provvigione; naturalmente spetterà al mediatore dimostrare l’esistenza del citato nesso causale.

Analizziamo, in particolare, la giurisprudenza della Corte di Cassazione sull’argomento.
Ad esempio, secondo Cass. Civ., Sez. II, ordinanza 08/04/2022, n. 11443, “il diritto alla provvigione sorge tutte le volte in cui la conclusione dell'affare sia in rapporto causale con l'attività intermediatrice, che sussiste quando il mediatore abbia messo in relazione le parti, si da realizzare l'antecedente indispensabile per pervenire alla conclusione del contratto, secondo i principi della causalità adeguata”.
Ancora, per Cass. Civ., Sez. II, ordinanza 16/01/2018, n. 869, “il diritto del mediatore alla provvigione sorge tutte le volte in cui la conclusione dell'affare sia in rapporto causale con l'attività intermediatrice, non occorrendo un nesso eziologico diretto ed esclusivo tra l'attività del mediatore e la conclusione dell'affare, poiché è sufficiente che il mediatore - pur in assenza di un suo intervento in tutte le fasi della trattativa ed anche in presenza di un processo di formazione della volontà delle parti complesso ed articolato nel tempo - abbia messo in relazione le stesse, sì da realizzare l'antecedente indispensabile per pervenire alla conclusione del contratto, secondo i principi della causalità adeguata”.

È dunque possibile, almeno in astratto, che l’agenzia immobiliare - qualora venga a conoscenza dell’avvenuta stipula del preliminare - faccia valere il proprio asserito diritto alla provvigione, e ciò anche se, nel nostro caso, le parti hanno interrotto il rapporto con l’agenzia e si sono accordate successivamente in separata sede e per un prezzo diverso.
Come abbiamo già detto, comunque, l’onere della prova del nesso causale - ossia il compito di dimostrare che l’affare è stato concluso per effetto dell’attività del mediatore - grava sull’agenzia immobiliare.

Per quanto riguarda l’eventuale prescrizione del diritto del mediatore, l’art. 2950 c.c. stabilisce un termine annuale, che decorre dalla conclusione dell’affare.
Per “conclusione dell’affare” deve intendersi (si veda Cass. Civ., Sez. III, 16/06/1992, n. 7400) “il compimento di un'operazione di natura economica generatrice di un rapporto obbligatorio tra le parti, di un atto cioè in virtù del quale sia costituito un vincolo che dia diritto di agire per l'adempimento dei patti stipulati o, in difetto, per il risarcimento del danno, sicché anche la stipulazione di un contratto preliminare è sufficiente a far sorgere tale diritto”.
Rispetto al caso in cui - come spesso accade - il mediatore sia all’oscuro della conclusione dell’affare, la giurisprudenza afferma che “l'ignoranza circa l'avvenuta conclusione determina una mera impossibilità materiale di esercizio del credito e, pertanto, può assumere rilievo non ai sensi dell'articolo 2935 del c.c. ma come causa di sospensione della prescrizione ai sensi dell'articolo 2948, n. 1, del c.c. ove la detta ignoranza sia attribuibile a dolo o frode dei soggetti dell'affare intermediato, coincidendo in tal caso la cessazione dell'effetto sospensivo della prescrizione con la data in cui il mediatore ha acquistato consapevolezza della conclusione dell'affare. Ai fini della possibile sospensione della prescrizione è dunque necessaria la prova da parte del mediatore, da un lato, della mancanza della conoscenza dell'avvenuta conclusione dell'affare, dall'altro, del dolo o della frode da parte dei soggetti tenuti al pagamento della provvigione” (così ad esempio Tribunale di Bologna, 18/01/2005).

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