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Articolo 2815 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 26/11/2024]

Ipoteca sul diritto del concedente e sul diritto dell'enfiteuta

Dispositivo dell'art. 2815 Codice Civile

Nel caso di affrancazione, le ipoteche gravanti sul diritto del concedente [2810 n. 4] si risolvono sul prezzo dovuto per l'affrancazione [2742](1); le ipoteche gravanti sul diritto dell'enfiteuta si estendono alla piena proprietà [2814].

Nel caso di devoluzione [974] o di cessazione dell'enfiteusi per decorso del termine [958], le ipoteche gravanti sul diritto dell'enfiteuta si risolvono sul prezzo dovuto per i miglioramenti [975], senza deduzione di quanto è dovuto al concedente per i canoni non soddisfatti [2763](2). Il prezzo dei miglioramenti, se da atto scritto non risulta concordato con i creditori ipotecari, deve determinarsi giudizialmente, anche in contraddittorio dei medesimi. Le ipoteche gravanti sul diritto del concedente si estendono alla piena proprietà.

Quando l'enfiteusi si estingue per prescrizione [970], si estinguono le ipoteche che gravano sul diritto dell'enfiteuta [2814, 2816](3).

Se per causa diversa da quelle sopra indicate vengono a riunirsi in una medesima persona il diritto del concedente e il diritto dell'enfiteuta, le ipoteche gravanti sull'uno e sull'altro continuano a gravarli separatamente; ma se l'ipoteca grava soltanto sull'uno o sull'altro diritto, essa si estende alla piena proprietà(4).

Note

(1) In questa ipotesi si verifica il trasferimento delle ipoteche sul diritto del concedente alla somma che gli spetta da parte dell'enfiteuta per attuare l'affrancazione, somma che pertanto non potrà essere versata al concedente prima della soddisfazione dei creditori garantiti da ipoteca.
(2) Nella presente ipotesi l'enfiteusi si estingue, in quanto le ipoteche che sono poste sopra tale diritto subiscono un trasferimento sulla somma dovuta all'enfiteuta stesso da parte del concedente in forza dei miglioramenti eventualmente effettuati sul bene. In questo caso il concedente non sarà libero di versare la somma al titolare dell'enfiteusi prima che sulla stessa siano stati soddisfatti i creditori.
(3) Nel caso in cui l'enfiteuta abbia lasciato che il proprio diritto venisse meno per inerzia e conseguente prescrizione (v. art. 2934), le ipoteche su tale diritto non vengono trasferite sulla somma che gli spetta per gli eventuali miglioramenti apportati.
(4) In questo caso si specifica il principio della cosiddetta consolidazione, ossia l'ipotesi in cui, nella medesima persona, si viene a concentrare sia la titolarità del diritto di proprietà, sia di quello limitato, entrambi ovviamente riferiti allo stesso bene. Qualora si verifichi la suddetta ipotesi, le ipoteche poste sul diritto del concedente e su quello dell'enfiteuta, permangono separatamente, mentre per soddisfare le pretese creditorie dovrà essere alienato il bene nella sua totalità, separando soltanto in seguito il ricavato inerente al dominio utile e al dominio diretto; se invece la garanzia ipotecaria onera esclusivamente uno dei due diritti in questione, essa, in virtù del principio di elasticità tipico del diritto di proprietà, si allarga senza dubbio a quest'ultimo.

Ratio Legis

La norma in esame è finalizzata alla tutela sia del concedente che dei creditori ipotecari, che trovano quindi soddisfazione anche se con metodi differenti. Il diritto del concedente e quello dell'enfiteuta vengono ritenuti possibili accrescimenti del diritto di proprietà, onerato dalla garanzia ipotecaria.

Spiegazione dell'art. 2815 Codice Civile

Sorte delle ipoteche costituite dal concedente in caso di affranco e di quelle costituite dall'enfiteuta in caso di devoluzione

Riguardo alle sorti delle ipoteche aventi per oggetto il diritto del concedente o il diritto dell’enfiteuta sul fondo enfiteutico, il codice preesistente risolveva soltanto alcune delle varie questioni che possono presentarsi, lasciando, quindi, all'interprete il compito di risolvere le altre che erano anche le più difficili dal punto di vista dei principi giuridici.

Il nuovo codice, invece, opportunamente, con l'articolo in esame, ha regolate tutte le varie ipotesi che possono presentarsi.

Com'è noto, cause speciali dell'estinzione dell'enfiteusi, e, quindi, del diritto del concedente e dell'enfiteuta sono : la devoluzione del fondo enfiteutico al concedente nei casi determinati dalla legge (art. 972) e l'affrancazione del fondo enfiteutico del canone, proposta dall'enfiteuta dopo trascorsi venti anni. dalla costituzione dell'enfiteusi o di devoluzione dei beni enfiteutici, l'ipoteca si estingue e, quindi, il concedente non è tenuto a riprendere il fondo con gli oneri imposti dall'enfiteuta; né, viceversa, nel caso di affranco, l'enfiteuta é tenuto a sopportare i pesi imposti dal concedente. Ma la legge, per ra­gioni di equità, ha creduto surrogare alla cosa il prezzo. Già l'art. 1567 del codice preesistente stabiliva che, nel caso di devoluzione, le ipoteche acquistate contro l'enfiteuta (costituite, cioè, sul diritto dell'enfiteuta) si risolvono sul prezzo dovuto per i miglioramenti : nel caso di affranca­zione, le ipoteche acquistate contro il concedente (costituite, cioè, sul diritto del concedente) si risolvono sul prezzo dovuto per l'affran­cazione

La stessa norma è dettata dall'articolo in esame. Bisogna, però, notare che mentre l'ipoteca costituita sul diritto del concedente, in caso di affrancazione, avrà sempre un'efficacia, perché vi sarà sempre un prezzo di affrancazione, l'ipoteca costituita sul diritto dell'enfiteuta può restare inefficace se non esistono miglioramenti, e quando, perciò, nessun diritto gli compete, e codesto, anzi, sarà il caso ordinario perché la mancanza di miglioramenti è, appunto, una delle cause di devoluzione.

A questo inconveniente è posto riparo accordando ai creditori del­l'enfiteuta di intervenire nel giudizio di devoluzione per conservare le loro ragioni, avvalendosi anche, allo scopo, del diritto di affranco che spetta al loro debitore (art. 974 del c.c.).

Anzi, migliorando il sistema del codice preesistente, il nuovo codice, per una più efficace tutela dei creditori che abbiano iscritta l'ipoteca contro l'enfiteuta anteriormente alla domanda di devoluzione, e ai quali quella domanda medesima non sia stata notificata in tempo utile per intervenire, ha consentito ad essi il diritto di affrancazione anche dopo che la devoluzione sia avvenuta (art. 974), conciliando, così, l’interesse dei creditori ipotecarli di avere notizia in tempo utile della domanda di devoluzione in corso con l'opportunità di non ad­dossare al concedente l'onere di citarli ad intervenire nel giudizio di devoluzione.


Sorte delle ipoteche aventi per oggetto il diritto del concedente in caso di affranco e di quelle aventi per oggetto il diritto dell'enfiteuta in caso di devoluzione. Varie opinioni in dottrina • Sistema adottato dal nuovo codice

Il codice preesistente non prevedeva l'ipotesi di ipoteche costituite sul diritto del concedente per determinarne la sorte in caso di devoluzione che fa ritornare il fondo nelle mani del concedente in ipotesi di ipoteche costituite sul diritto dell'enfiteuta per stabilire la sorte delle ipoteche nei caso di affranco che libera dal peso del canone il fondo posseduto. In altri termini, quel codice prevedeva l'ipotesi di estinzione del diritto del costituente l'ipoteca, che, di per sé, porterebbe all’estinzione di questo, pel principio resoluto iure dantis resolvitur et ius accipientis, se non si adottava il temperamento della surrogazione del prezzo alla cosa, ma non prevedeva nè regolava l'ipotesi di reintegrazione del pieno dominio nel debitore, che ha costituita l'ipoteca.

Alcuni scrittori ritennero che le ipoteche si estinguevano, Perché dopo la devoluzione, o l'affranco, non si pub più parlare nè di diritto del concedente né di diritto dell'enfiteuta. Altri sostennero che l’ipoteca gravante sul diritto dell'enfiteuta e sul diritto del concedente si estendeva al dominio pieno che si è reintegrato presso il concedente o presso l'enfiteuta, a seconda che si tratti di devoluzione o di affranco.

Altri, infine, negarono ogni estensione, ritenendo, pero, che, non ostante la riunione in una sola persona del dominio diretto e dell'utile, le ipoteche continuavano a sussistere come prima, nei limiti, cioè, del dominio diretto e dell'utile su cui furono originariamente co­stituite.

La prima opinione, sebbene apparisca, dal punto di vista formale ed astratto, la più logica, era contraria alle esigenze pratiche e giuridiche. Sarebbe, infatti, strano che il concedente o l'enfiteuta potessero libe­rarsi, a loro talento, delle ipoteche con l'esercizio della devoluzione o dell'affranco quando ciò importa non già una diminuzione, ma un accrescimento del diritto, che è stato vincolato a vantaggio dei creditori ipotecari. D'altra parte, se la devoluzione o l'affranco dovesse nuocere ai creditori iscritti essi potrebbero disconoscere l'efficacia di un negozio giuridico compiuto in loro danno.

La terza opinione aveva il grande difetto di far risorgere l'enfiteusi dopo la sua estinzione.

Opportunamente, quindi, nuovo codice, ha adottata la seconda opinione disponendo che in caso di affranco le ipoteche gravanti sul di­ritto dell'enfiteuta si estendono alla piena proprietà, e in caso di devoluzione o di cessazione dell’enfiteusi per decorso del termine, le ipoteche gravanti sul diritto del concedente si estendono alla piena proprietà. La norma ha un fondamento di ragione. Infatti, chi ha dato in enfiteusi un fondo conserva sempre potenzialmente il pieno dominio per il caso che si verifichi la devoluzione, come, d'altro canto, l'enfiteuta è, potenzial­mente, domino in pieno nel caso che si verifichi l'affranco. Sia la devo­luzione che l'affranco non costituiscono un nuovo acquisto, ma sono nient'altro che lo scioglimento del diritto preesistente. Il concedente, avverandosi la devoluzione, e l'enfiteuta, verificandosi l'affranco, non fanno che realizzare, rispettivamente, i loro diritti potenziali l'uno di riprendere il fondo, se il canone non viene pagato o non si eseguano i miglioramenti l'altro di divenire pieno ed. assoluto proprietario del fondo, se si redime il canone.


Sorte di tali ipoteche nell'ipotesi di riu­nione in una sola persona del diritto del concedente e di quello dell'enfiteuta

Abbiamo detto che, fra le soluzioni che si proponevano, vi era quella di ritenere che nell'ipotesi di riunione in una sola persona del diritto del concedente e di quello dell'enfiteuta le ipoteche continuassero a sussistere come prima.

Il nuovo codice ha adottata anche questa opinione, limitatamente, però, all'ipotesi che le ipoteche gravassero sull'uno e sull'altro diritto, mentre se la ipoteca grava solo su uno di essi, torna il principio dell'esten­sione alla piena proprietà.


Sorte di esse nell'ipotesi che l'enfiteusi si estingua per prescrizione

Finalmente, l'articolo in esame prevede l'ipotesi che l'enfiteusi si estingua per prescrizione e dispone che le ipoteche, che gravano sul di­ritto dell'enfiteuta, si estinguono, dovendo tornare il fondo libero e franco al concedente come conseguenza dell'estinzione del rapporto di enfi­teusi.

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)

1141 Il codice del 1865 (art. 1567), regolando la sorte delle ipoteche costituite sul diritto del concedente e su quello dell'enfiteuta, si limitava a disporre che, nel caso di devoluzione, le ipoteche acquistate contro l'enfiteuta si risolvevano sul prezzo dovuto per i miglioramenti e, nel caso di affrancazione, le ipoteche acquistate contro il concedente si risolvevano sul prezzo dovuto per l'affrancazione. Non regolava però il codice anteriore nè la sorte delle ipoteche costituite sul diritto del concedente nei casi, di devoluzione del fondo, nè la sorte delle ipoteche costituite sul diritto dell'enfiteuta nel caso di affrancazione. A varie soluzioni dava origine il silenzio del codice del 1865. Si riteneva da alcuni che le prime, nel caso di devoluzione, e le seconde, nel caso di affrancazione, si estinguessero per mancanza dell'oggetto, venendo ad estinguersi, con la devoluzione o con l'affrancazione, il diritto del concedente e quello dell'enfiteuta; si riteneva da altri che le prime, nel caso di devoluzione, e le seconde, nel caso di affrancazione, si estendessero alla piena proprietà del fondo; da altri, ancora, si riteneva che, in relazione alla diversità dei casi, le prime o le seconde si conservassero nello status quo ante, come se la devoluzione o l'affrancazione non avesse luogo rispetto al creditore ipotedario. Ho accolto la seconda soluzione, considerando che, per effetto della devoluzione o dell'affrancazione, il diritto del concedente o dell'enfiteuta non si estingue, ma si accresce e si espande, e che è incoerente ammettere che tale accrescimento ed espansione conducano all'estinzione delle ipoteche. Ho pertanto disposto che, nel caso di affrancazione, le ipoteche gravanti sul diritto dell'enfiteuta si estendono alla piena proprietà, così come alla piena proprietà si estendono le ipoteche costituite sul diritto del concedente nel caso di devoluzione del fondo o di cessazione dell'enfiteusi per decorso del termine (art. 2815 del c.c., primo e secondo comma). Un'altra grave questione è risolta nel secondo comma dell'art. 2815. Si disputava, sotto l'impero del codice del 1865, se, avvenuta la devoluzione del fondo enfiteutico, il concedente avesse diritto di rivalersi dei canoni arretrati sul prezzo dei miglioramenti con preferenza rispetto ai creditori ipotecari dell'enfiteuta. Ho accolto la soluzione negativa, disponendo che, nel caso di devoluzione o di cessazione dell'enfiteusi per decorso del termine, le ipoteche gravanti sul diritto dell'enfiteuta si risolvono sul prezzo dovuto per i miglioramenti « senza deduzione di quanto è dovuto al concedente per i canoni non soddisfatti ». Non mi è parso giusto ammettere che il concedente prelevi in danno dei creditori ipotecari dell'enfiteuta quel prezzo su cui si risolvono le ipoteche da questi iscritte. Allo scopo di evitare collusioni tra il concedente e l'enfiteuta e di assicurare, in ogni modo, che non siano lesi i diritti dei creditori ipotecari, il secondo comma dell'art. 2815 esige che il prezzo dei miglioramenti, se non risulta concordato con i creditori ipotecari, sia determinato giudizialmente anche in contradittorio di questi ultimi. Quando il diritto del concedente e quello dell'enfiteuta si riuniscono nella stessa persona in seguito a devoluzione o ad affrancazione o a cessazione dell'enfiteusi per decorso del termine, non può sorgere conflitto tra le ipoteche costituite sul diritto del primo e quelle costituite sul diritto del secondo, dato che, nel caso di devoluzione del fondo o di estinzione dell'enfiteusi per decorso del termine, le ipoteche gravanti sul diritto del concedente si estendono al pieno dominio e le ipoteche gravanti sul diritto dell'enfiteuta si risolvono sul prezzo dei miglioramenti, mentre, nel caso di affrancazione, le ipoteche costituite sul diritto enfiteutico si estendono al pieno dominio e quelle costituite sul diritto del concedente si risolvono sul prezzo di affrancazione. Il conflitto invece sorge quando diritto del concedente e il diritto dell'enfiteuta si riuniscono nella stessa persona per cause diverse da quelle dianzi indicate, non essendovi prezzo di affrancazione o prezzo dei miglioramenti, sull'uno o sull'altro dei quali, secondo i casi, possano risolversi le ipoteche che non si estendono al pieno dominio. In queste ipotesi, il conflitto tra le ipoteche costituite sui due diritti non può essere eliminato se non lasciando che esse continuino a gravarli separatamente (articolo 2815, ultimo comma). Naturalmente, non v'è possibilità di conflitto se soltanto uno dei diritti è gravato da ipoteca: in tale ipotesi l'ipoteca si estende alla piena proprietà (stesso articolo e comma). Una disposizione speciale è dell'art. 2815, terzo comma, dettata per il caso che l'enfiteusi si estingua per prescrizione. E' ovvio che, estinto il diritto e non essendovi possibilità di surrogazione reale, si estinguono anche le ipoteche costituite su di esso.

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