Sorte delle ipoteche costituite dal concedente in caso di affranco e di quelle costituite dall'enfiteuta in caso di devoluzione
Riguardo alle sorti delle ipoteche aventi per oggetto il diritto del concedente o il diritto dell’enfiteuta sul fondo enfiteutico, il codice preesistente risolveva soltanto alcune delle varie questioni che possono presentarsi, lasciando, quindi, all'interprete il compito di risolvere le altre che erano anche le più difficili dal punto di vista dei principi giuridici.
Il nuovo codice, invece, opportunamente, con l'articolo in esame, ha regolate tutte le varie ipotesi che possono presentarsi.
Com'è noto, cause speciali dell'estinzione dell'enfiteusi, e, quindi, del diritto del concedente e dell'enfiteuta sono : la devoluzione del fondo enfiteutico al concedente nei casi determinati dalla legge (art. 972) e l'affrancazione del fondo enfiteutico del canone, proposta dall'enfiteuta dopo trascorsi venti anni. dalla costituzione dell'enfiteusi o di devoluzione dei beni enfiteutici, l'ipoteca si estingue e, quindi, il concedente non è tenuto a riprendere il fondo con gli oneri imposti dall'enfiteuta; né, viceversa, nel caso di affranco, l'enfiteuta é tenuto a sopportare i pesi imposti dal concedente. Ma la legge, per ragioni di equità, ha creduto surrogare alla cosa il prezzo. Già l'art. 1567 del codice preesistente stabiliva che, nel caso di devoluzione, le ipoteche acquistate contro l'enfiteuta (costituite, cioè, sul diritto dell'enfiteuta) si risolvono sul prezzo dovuto per i miglioramenti : nel caso di affrancazione, le ipoteche acquistate contro il concedente (costituite, cioè, sul diritto del concedente) si risolvono sul prezzo dovuto per l'affrancazione
La stessa norma è dettata dall'articolo in esame. Bisogna, però, notare che mentre l'ipoteca costituita sul diritto del concedente, in caso di affrancazione, avrà sempre un'efficacia, perché vi sarà sempre un prezzo di affrancazione, l'ipoteca costituita sul diritto dell'enfiteuta può restare inefficace se non esistono miglioramenti, e quando, perciò, nessun diritto gli compete, e codesto, anzi, sarà il caso ordinario perché la mancanza di miglioramenti è, appunto, una delle cause di devoluzione.
A questo inconveniente è posto riparo accordando ai creditori dell'enfiteuta di intervenire nel giudizio di devoluzione per conservare le loro ragioni, avvalendosi anche, allo scopo, del diritto di affranco che spetta al loro debitore (
art. 974 del c.c.).
Anzi, migliorando il sistema del codice preesistente, il nuovo codice, per una più efficace tutela dei creditori che abbiano iscritta l'ipoteca contro l'enfiteuta anteriormente alla domanda di devoluzione, e ai quali quella domanda medesima non sia stata notificata in tempo utile per intervenire, ha consentito ad essi il diritto di affrancazione anche dopo che la devoluzione sia avvenuta (art. 974), conciliando, così, l’interesse dei creditori ipotecarli di avere notizia in tempo utile della domanda di devoluzione in corso con l'opportunità di non addossare al concedente l'onere di citarli ad intervenire nel giudizio di devoluzione.
Sorte delle ipoteche aventi per oggetto il diritto del concedente in caso di affranco e di quelle aventi per oggetto il diritto dell'enfiteuta in caso di devoluzione. Varie opinioni in dottrina • Sistema adottato dal nuovo codice
Il codice preesistente non prevedeva l'ipotesi di ipoteche costituite sul diritto del concedente per determinarne la sorte in caso di devoluzione che fa ritornare il fondo nelle mani del concedente in ipotesi di ipoteche costituite sul diritto dell'enfiteuta per stabilire la sorte delle ipoteche nei caso di affranco che libera dal peso del canone il fondo posseduto. In altri termini, quel codice prevedeva l'ipotesi di estinzione del diritto del costituente l'ipoteca, che, di per sé, porterebbe all’estinzione di questo, pel principio
resoluto iure dantis resolvitur et ius accipientis, se non si adottava il temperamento della surrogazione del prezzo alla cosa, ma non prevedeva nè regolava l'ipotesi di reintegrazione del pieno dominio nel debitore, che ha costituita l'ipoteca.
Alcuni scrittori ritennero che le ipoteche si estinguevano, Perché dopo la devoluzione, o l'affranco, non si pub più parlare nè di diritto del concedente né di diritto dell'enfiteuta. Altri sostennero che l’ipoteca gravante sul diritto dell'enfiteuta e sul diritto del concedente si estendeva al dominio pieno che si è reintegrato presso il concedente o presso l'enfiteuta, a seconda che si tratti di devoluzione o di affranco.
Altri, infine, negarono ogni estensione, ritenendo, pero, che, non ostante la riunione in una sola persona del dominio diretto e dell'utile, le ipoteche continuavano a sussistere come prima, nei limiti, cioè, del dominio diretto e dell'utile su cui furono originariamente costituite.
La prima opinione, sebbene apparisca, dal punto di vista formale ed astratto, la più logica, era contraria alle esigenze pratiche e giuridiche. Sarebbe, infatti, strano che il concedente o l'enfiteuta potessero liberarsi, a loro talento, delle ipoteche con l'esercizio della devoluzione o dell'affranco quando ciò importa non già una diminuzione, ma un accrescimento del diritto, che è stato vincolato a vantaggio dei creditori ipotecari. D'altra parte, se la devoluzione o l'affranco dovesse nuocere ai creditori iscritti essi potrebbero disconoscere l'efficacia di un negozio giuridico compiuto in loro danno.
La terza opinione aveva il grande difetto di far risorgere l'enfiteusi dopo la sua estinzione.
Opportunamente, quindi, nuovo codice, ha adottata la seconda opinione disponendo che in caso di affranco le ipoteche gravanti sul diritto dell'enfiteuta si estendono alla piena proprietà, e in caso di devoluzione o di cessazione dell’enfiteusi per decorso del termine, le ipoteche gravanti sul diritto del concedente si estendono alla piena proprietà. La norma ha un fondamento di ragione. Infatti, chi ha dato in enfiteusi un fondo conserva sempre potenzialmente il pieno dominio per il caso che si verifichi la devoluzione, come, d'altro canto, l'enfiteuta è, potenzialmente, domino in pieno nel caso che si verifichi l'affranco. Sia la devoluzione che l'affranco non costituiscono un nuovo acquisto, ma sono nient'altro che lo scioglimento del diritto preesistente. Il concedente, avverandosi la devoluzione, e l'enfiteuta, verificandosi l'affranco, non fanno che realizzare, rispettivamente, i loro diritti potenziali l'uno di riprendere il fondo, se il canone non viene pagato o non si eseguano i miglioramenti l'altro di divenire pieno ed. assoluto proprietario del fondo, se si redime il canone.
Sorte di tali ipoteche nell'ipotesi di riunione in una sola persona del diritto del concedente e di quello dell'enfiteuta
Abbiamo detto che, fra le soluzioni che si proponevano, vi era quella di ritenere che nell'ipotesi di riunione in una sola persona del diritto del concedente e di quello dell'enfiteuta le ipoteche continuassero a sussistere come prima.
Il nuovo codice ha adottata anche questa opinione, limitatamente, però, all'ipotesi che le ipoteche gravassero sull'uno e sull'altro diritto, mentre se la ipoteca grava solo su uno di essi, torna il principio dell'estensione alla piena proprietà.
Sorte di esse nell'ipotesi che l'enfiteusi si estingua per prescrizione
Finalmente, l'articolo in esame prevede l'ipotesi che l'enfiteusi si estingua per prescrizione e dispone che le ipoteche, che gravano sul diritto dell'enfiteuta, si estinguono, dovendo tornare il fondo libero e franco al concedente come conseguenza dell'estinzione del rapporto di enfiteusi.