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Articolo 2445 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 26/11/2024]

Riduzione del capitale sociale

Dispositivo dell'art. 2445 Codice Civile

La riduzione del capitale sociale può aver luogo sia mediante liberazione dei soci dall'obbligo dei versamenti ancora dovuti, sia mediante rimborso del capitale ai soci, nei limiti ammessi dagli articoli 2327 e 2413(1).

L'avviso di convocazione dell'assemblea deve indicare le ragioni e le modalità della riduzione. Nel caso di società cui si applichi l'articolo 2357, terzo comma, la riduzione deve comunque effettuarsi con modalità tali che le azioni proprie eventualmente possedute dopo la riduzione non eccedano la quinta parte del capitale sociale.

La deliberazione può essere eseguita soltanto dopo novanta giorni dal giorno dell'iscrizione nel registro delle imprese, purché entro questo termine nessun creditore sociale anteriore all'iscrizione abbia fatto opposizione.

Il tribunale, quando ritenga infondato il pericolo di pregiudizio per i creditori oppure la società abbia prestato idonea garanzia, dispone che l'operazione abbia luogo nonostante l'opposizione.

Note

(1) Comma sostituito dall'art. 7, comma 3 sexies, D. L. 10 febbraio 2005, n. 5, convertito con modificazioni dalla L. 9 aprile 2009, n. 33.

Ratio Legis

La norma disciplina le modalità di esecuzione della riduzione volontaria (o facoltativa) del capitale sociale, apprestando delle particolari cautele in favore dei creditori sociali che possano risultare pregiudicati da una simile operazione.

Spiegazione dell'art. 2445 Codice Civile

La norma disciplina l’ipotesi della riduzione reale del capitale sociale, in quanto la riduzione nominale del valore del capitale è accompagnata da una contestuale riduzione del patrimonio sociale.

In passato si è discusso di riduzione del capitale per esuberanza rispetto alle risorse necessarie all’attuazione dell’oggetto sociale, ma una simile definizione risulta superata, dato che l’esuberanza del capitale non costituisce presupposto della riduzione volontaria.

La riduzione reale può essere deliberata esclusivamente nel caso in cui:
- Non determini la riduzione del capitale sociale al di sotto del minimo legale (v. art. 2327).
- In seguito alla riduzione, il rapporto tra il valore del capitale ed il valore complessivo delle
obbligazioni, si mantenga entro i limiti fissati all'art. 2412.
- Non vi siano perdite di esercizio.

La riduzione reale del capitale può essere attuata mediante:
1) liberazione dei soci dall’obbligo di eseguire il conferimento;
2) rimborso del capitale ai soci;
3) riscatto e annullamento delle azioni;
4) passaggio di parte del capitale a riserva.

La norma tutela i creditori anteriori all'iscrizione nel registro delle imprese della delibera di riduzione, i quali possono svolgere opposizione innanzi al Tribunale entro novanta giorni dall’iscrizione della delibera . La delibera di riduzione diverrà efficace solo una volta decorso il termine per la proposizione dell’opposizione.
Il Tribunale, in sede di opposizione, dovrà valutare la sussistenza di un eventuale pregiudizio per i creditori sociali anteriori derivante dalla riduzione.

Massime relative all'art. 2445 Codice Civile

Cass. civ. n. 25677/2006

In tema di imposta di registro, la riduzione del capitale sociale per esubero, con rimborso ai soci di somme di denaro proporzionali alle rispettive quote, non è qualificabile come assegnazione ai soci, assoggettabile ad imposta proporzionale ai sensi dell'art. 4, lettera d), della parte I della tariffa allegata al d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, rientrando invece tra le modifiche statutarie di cui alla lettera c) del medesimo articolo, che soggiacciono ad imposta in misura fissa: tale operazione, infatti, diversamente dall'assegnazione del residuo che consegue alla liquidazione della società, costituisce un atto di organizzazione orientato ad una più sana gestione mediante la liberazione di una parte del capitale di rischio, e non comporta pertanto un trasferimento di ricchezza, potendo essere realizzata anche mediante la liberazione dei soci dall'obbligo di eseguire i versamenti ancora dovuti, la cui sottoposizione ad un regime tributario differenziato risulterebbe d'altronde priva di ragionevolezza. (Rigetta, Comm. Trib. Reg. Bolzano, 15 Giugno 1999).

Cass. civ. n. 543/2006

La riduzione facoltativa del capitale sociale per perdite inferiori al terzo è un'operazione destinata per sua stessa natura ad incidere sull'assetto sociale, e quindi ad interferire nella sfera soggettiva dei soci, in particolare sul loro diritto alla distribuzione degli utili, nonché a spiegare influenza sui diritti dei terzi, e segnatamente dei creditori sociali, le cui ragioni sono garantite proprio dal capitale sociale; essa non è contemplata specificamente né dall'art. 2445 c.c., che si riferisce alla diversa ipotesi di esuberanza del capitale, né dagli artt. 2446 e 2447, che prevedono la riduzione obbligatoria per perdite, ma deve ugualmente attuarsi secondo un modello predefinito che offra adeguate garanzie di protezione ad entrambe le predette categorie di soggetti; nel silenzio del legislatore, la sua disciplina dev'essere ricavata, ai sensi dell'art. 12, secondo comma, disp. prel. c.c., dai principi generali desumibili dall'art. 2446, con gli adattamenti resi necessari dalla discrezionalità dell'operazione, connessa alla minore entità della perdita: ne consegue che l'amministratore, mentre non è tenuto a convocare senza indugio l'assemblea, deve rendere edotti i soci dell'effettivo stato patrimoniale della società, mediante una situazione patrimoniale riferita ad una data prossima a quella dell'adunanza; tale situazione patrimoniale può essere surrogata anche dall'ultimo bilancio di esercizio, purché sia rispettata quell'esigenza di continuità temporale, rispetto alla data di convocazione dell'assemblea, che garantisce un'idonea informazione dei soci, e non siano nel frattempo sopravvenuti fatti significativi.

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