La riforma operata con il d. lgs. 6/2003 ha fissato
l'ammontare minimo del capitale sociale per le s.p.a in euro 120.000 a partire dal 1° gennaio 2004. Tale importo è stato, successivamente, ridotto ad
euro 50.000 dalla legge n. 116 del 2014.
Il capitale è sempre espresso in termini monetari e, pertanto, prescinde dalla natura dei beni che hanno formato oggetto dei conferimenti dei soci e non muta con il variare dei beni inizialmente conferiti. Viene determinato convenzionalmente, nei limiti di legge, e non varia con il variare del
patrimonio. La legge si preoccupa di assicurare l'effettività e l'integrità del capitale sociale, infatti nell'
atto costitutivo il capitale deve essere indicato con la sua integrale
sottoscrizione e, una volta formato, deve rimanere integro. Per assicurare l'effettività del capitale, la legge pone come principio che il
conferimento debba farsi in denaro (
2342 c.c.), pur consentendo che oggetto del conferimento sia qualsiasi prestazione suscettibile di valutazione economica, con esclusione delle sole prestazioni di opera o servizi.
La nozione di capitale sociale ha un fondamentale rilievo nelle s.p.a.: la partecipazione del socio è partecipazione al capitale, non anche partecipazione al patrimonio della società. Ne consegue che il socio ha un credito nei confronti della società, iscritto come tale al passivo di
bilancio. Invece il socio non vanta un diritto reale
pro quota sul patrimonio sociale. Al capitale sociale sono commisurati anche i diritti sociali, quindi i poteri del singolo socio sono proporzionati alla sua partecipazione al capitale sociale. In funzione del capitale si determinano gli utili e le perdite di esercizio, che sono i risultati di bilancio e cioè le differenze che emergono dalla determinazione convenzionale dei singoli cespiti e delle singole passività all'inizio e alla fine dell'esercizio sociale.
Il fatto che il capitale sociale debba essere iscritto al passivo di bilancio, non comporta che si debba considerare una posta debitoria, il cui annullamento o la cui riduzione comporti un vantaggio patrimoniale alla società. Infatti tali poste non costituiscono passività, ma identificano l'eccedenza delle attività rispetto alle vere e proprie passività, rappresentando, in tal modo, il valore netto di cui la società può disporre. Dunque l'iscrizione del capitale nella colonna del passivo risponde alla finalità contabile di far coincidere il totale del passivo con quello dell'attivo.